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L’immigrato dall’ex Jugoslavia come uno dei protagonisti della cultura popolare slovena

2. La figura dell’immigrato dall’ex Jugoslavia nella società slovena contemporanea

2.3. L’immigrato dall’ex Jugoslavia come uno dei protagonisti della cultura popolare slovena

Se, da un lato, gli stereotipi che la società slovena ha modellato in riferimento agli immigrati dalle ex repubbliche non siano lusinghieri, la figura dell’immigrato è diventata col tempo una delle protagoniste della cultura popolare slovena moderna.

Dare una definizione univoca di cultura popolare non è semplice, come ricorda anche Holt N. Parker nel suo saggio Towards a definition of popular culture (2011).

Per poter raggiungere tale scopo, dalle sei definizioni di cultura popolare proposteci da Storey (2006: 5), è stata selezionata la prima, più pertinente al contesto in esame, che vede la cultura popolare come una cultura diffusa, vissuta da gran parte della popolazione come particolarmente piacevole, che comprende non solo la letteratura d’intrattenimento ma anche i programmi televisivi e le proiezioni cinematografiche.

Proprio in questi tre ambiti la figura dell’immigrato dall’ex Jugoslavia, di prima o seconda generazione è ben presente sulla scena slovena.

Provenienti dall’ex confederazione sono ad esempio i personaggi di uno dei romanzi sloveni che ha destato più interesse negli ultimi anni: Čefurji, raus! di Goran Vojnović. Quest’opera (che prende il titolo da un graffito comparso sui muri di Lubiana), pubblicata per la prima volta nel 2008, in Slovenia ha ottenuto un enorme successo e rappresenta l’esempio più famoso di letteratura d’immigrazione nel panorama letterario sloveno.

Con tale romanzo Goran Vojnović, scrittore, commentatore e regista di origine bosniaca ha vinto i premi letterari sloveni più prestigiosi: il premio France Prešeren ed il premio Kersnik come miglior romanzo dell’anno. Questo successo ha fatto sì che il romanzo venisse tradotto e pubblicata in diversi paesi quali Croazia, Bosnia ed Erzegovina, Montenegro, Serbia ed Italia47. In Slovenia dal romanzo è stato tratto uno spettacolo teatrale che ha al suo attivo più di 130 repliche. Per la grande popolarità raggiunta nel 2013 è stata realizzata una versione cinematografica del racconto, dallo stesso titolo, che ha risvegliato l’interesse sia degli spettatori che della critica.

Benché non sia il primo romanzo a trattare il fenomeno dell’immigrazione proveniente dai paesi dell’ex Jugoslavia in Slovenia, è tuttavia il primo ad avere come figura principale un rappresentante della seconda generazione di quest’immigrazione.

                                                                                                               

47 In Italia è stato pubblicato dalla casa editrice Forum nel novembre 2015 con il titolo Cefuri raus! Feccia del Sud via

Protagonista e voce narrante del romanzo è il diciassettenne Marko Đorđić, che guida il lettorenel microcosmo del quartiere lubianese di Fužine, conosciuto per l’alta percentuale di abitanti provenienti dall’ex Jugoslavia. Questa parte della città, costruita tra gli anni ottanta e novanta del ventesimo secolo, è vista come un mondo a sé stante, separata dalla società slovena e dalle altre parti della città. Questa divisione, marginalizzazione non solo di natura fisica, ma anche mentale, è lo sfondo di tutta la narrazione. Tra i čefuri e gli sloveni non vi è integrazione, il che viene riassunto da una frase del narratore:

ova je njihova država

questa è la loro nazione (Vojnović 2008: 109)

L’autore, sebbene con senso dell’umorismo, tratta tematiche tutt’altro che leggere. Egli spazia, infatti, dalle problematiche tipiche dell’adolescenza come ad esempio le incomprensioni con i genitori e con l’autorità in generale, a problemi sociali come la tossicodipendenza, la solitudine, fino alle problematiche che interessano direttamente questo specifico movimento migratorio come la questione dei così detti ‘cancellati’ e l’eco delle guerre degli anni novanta.

Nel corso di tutta la narrazione emerge la mancanza di una vera e propria identità, non solo del giovane protagonista ma anche di tutte le figure che lo accompagnano.

Interessante l’uso che Vojnović fa degli stereotipi, utilizzati come strumento per indurre il lettore a riflettere. I titoli di ogni capitolo del romanzo, che sintetizzano le caratteristiche che la società slovena attribuisce a tale immigrazione iniziano con la formula: Perché …, come ad esempio:

- Zakaj čefurji nabijajo muziko v avtu – Perché i čefuri in macchina sparano la musica a palla; - Zakaj so komšije boljše od sosedov- Perché i komšije 48 sono meglio dei vicini di casa;

il che ricorda le enciclopedie per bambini o i Libri del perché. Tramite quest’espediente, l’autore cerca di introdurre il lettore nella narrazione e nel mondo del protagonista il più approfonditamente possibile.

Il differenziarsi dei protagonisti dalla società di maggioranza non avviene solamente sul piano esclusivamente sociale, bensì anche su quello linguistico. Nella ricerca di una propria identità, la lingua è uno dei mezzi principali per stabilire e mantenere nel tempo un proprio “io”.

                                                                                                               

Elemento particolare di tale narrazione è la modalità d’utilizzo del mezzo linguistico proposto dall’autore. In generale, è possibile affermare che nel corso di tutta la narrazione, lo sloveno letterario trovi ben poco spazio. Da un lato, parte dei personaggi decide di esprimersi solamente in bosniaco non avendo mai imparato lo sloveno come riporta l’autore stesso:

Čefurji se na Fužinama niso preveč asimilirali. (…) Toliko je enih čefurjev tukaj, ki sploh ne znajo slovensko. (…) Enega slovenskega stavka ne znajo sestavit. Ni blizu.

(Vojnović 2008: 135)

I čefuri a Fužine non sono granché assimilati. (…) Ce ne sono tanti che proprio non sanno lo sloveno. (…). Non sanno costruire una frase in sloveno. Nemmeno lontanamente.

Marko, che rappresenta la seconda generazione, è figlio di genitori che non si sono mai sentiti in linea con lo stile di vita sloveno, il che, appunto viene espresso anche dalla scelta dell’utilizzo dello strumento linguistico. Tra le mura di casa l’unica lingua parlata è il bosniaco.

Come sottolinea Bugarski, la scelta di utilizzare la propria lingua e non quella della maggioranza, che in questo caso particolare è possibile grazie alla parentela tra lo sloveno ed il bosniaco (croato e serbo) che facilita la comprensione uno dell’altro, rappresenta la scelta del parlante di presentarsi all’altro come appartenente ad una ben precisa comunità e non ad un’altra (Bugarski 2002: 39).

Dall’altro lato, altra varietà linguistica utilizzata dall’autore come mezzo d’espressione dei suoi personaggi è la così detta fužinščina – la lingua di Fužine - o čefurščina, la lingua dei così detti čefur-i-, un socioletto49 che racchiude in sé elementi della lingua slovena, bosniaca, croata e serba, come anche della parlata tipica di Lubiana.

Come ricorda Š. Brecelj (2008: 1) nella critica a questo romanzo, con questa scelta linguistica l’autore ha rischiato di compromettere il successo del romanzo. La così detta fužinščina non è del tutto comprensibile a tutti i lettori, soprattutto a prima vista. Tale espediente linguistico, infonde alla narrazione un carattere dinamico, rappresenta una vera e propria sfida di cui l’autore ha deciso di prendersi la responsabilità e che alla fine si è rivelata come vincente.

                                                                                                               

49 Dalla definizione di Andrej E. Skubic (2006) con socioletto si intende quella variante linguistica che caratterizza il singolo parlante o il suo gruppo, comunità sociale; può avere rappresentazioni molto differenti , a seconda della provenienza geografica e sociale del parlante.

Oltre che in Čefurji, raus! il personaggio dell’immigrato dalle ex repubbliche jugoslave è presente anche in altre opere letterarie tra cui ricordiamo Fužinski Bluz50 di Andrej E. Skubic del 2001 e Jugoslavija, moja dežela51 , dello stesso Goran Vojnović, edito nel 2010.

Tale figura sta inoltre diventando sempre più presente sia sul piccolo che sul grande schermo. Un esempio molto conosciuto nella cinematografia slovena, di grande successo sia in Slovenia che all’estero, è il film Kajmak in marmelada – Kajmak52 e marmellata-. Regista e protagonista di questa è Branko Đurić che interpreta Božo, un bosniaco disoccupato che nel corso del film s’impegna per far capire alla moglie slovena e alla società intera l’infondatezza dei pregiudizi nei suoi confronti.

Per quanto riguarda il mezzo televisivo, l’immigrato proveniente dai paesi dell’ex Jugoslavia è presente in diverse serie televisive slovene come ad esempio: Naša mala klinika, Danes dol, jutri gor, Teater Paradižnik, TV Dober dan.

In generale, è possibile affermare che, sia nelle serie televisive quanto nei film, permanga una stereotipizzazione della figura dell’immigrato, visto il più delle volte come un individuo dal basso livello di studio, che non è in grado di parlare uno sloveno corretto, impiegato in professioni sottopagate o attività criminali (Velikonja 2002: 81).

Il fatto che i così detti čefuri siano un tema interessante, personaggi letterari o cinematografici controversi che attirano l’attenzione del pubblico, viene confermato anche dalle numerose discussioni sui forum di discussione in internet come ad esempio alla pagine Piro Forum (2013), dove gli utenti si chiedono non solo chi è veramente un čefur, ma anche se sia possibile parlare, a questo proposito, di una nuova subcultura nella società slovena.

Dell’esistenza o meno di una subcultura dei čefuri si sono occupati principalmente i media, in particolare la stampa nazionale. Essendo un fenomeno in continuo sviluppo, non è semplice

                                                                                                               

50 Fužinski bluz (Skubic 2001) è ambientato il 13 giugno 2000, giorno della partita Slovenia-Jugoslavia, utile alle qualificazione agli Europei di calcio. Anche in questo caso, come in Čefurji, raus! l’ambientazione è il quartiere lubianese Fužine. La partita di calcio e il dilemma per chi tifare sono in realtà solo un espediente per introdurre la ricerca di una propria identità che caratterizza i personaggi del romanzo, immigrati dalle ex repubbliche jugoslave e non.

51 Jugoslavija, moja dežela – Jugoslavija, il mio paese- di Goran Vojnović (2011) non ha come tema centrale

l’immigrazione dalle ex repubbliche jugoslave in Slovenia; tuttavia troviamo un protagonista in continua ricerca delle proprie radici, diviso tra l’origine slovena della madre e quella serba del padre, un tempo ufficiale dell’Armata popolare jugoslava.

riuscire a darne una definizione precisa e stabilire le caratteristiche degli appartenenti a questo gruppo.

Per delineare i contorni e i contenuti di questa forma di subcultura, fenomeno culturale escluso dalle correnti principali della cultura slovena (Velikonja 2002: 81), è possibile fare riferimento all’articolo di Bajič e Protner (2012) You see them, surely you recognize the right away!: discourse on the appearance of čefur, Li vedi e li riconosci subito! Discorso sull’apparenza del čefur. Gli autori hanno svolto un’indagine tra gli studenti di diverse facoltà dell’Università di Lubiana al fine di scoprire se per gli studenti esistesse effettivamente tale subcultura e, in caso affermativo, quali fossero le caratteristiche dei suoi appartenenti.

Le risposte non solo ne hanno confermato l’esistenza, ma hanno disegnato i tratti caratterizzanti la figura del čefur, riferiti prevalentemente all’aspetto fisico.

Come abbigliamento tipico gli studenti hanno indicato la tuta da ginnastica, solitamente blu o nera con una o due righe lungo i pantaloni. Dalle descrizioni emerge che i čefuri siano gli unici ad osare pantaloni bianchi e magliette strette dai colori accesi con ben impressa la marca o il nome dello stilista. Anche la componente femminile di tale subcultura, secondo le risposte degli studenti, non passa di certo inosservata. Secondo le risposte fornite nel corso dell’indagine, le così dette čefurke danno molta attenzione al proprio aspetto fisico, fin troppa, optando per un trucco vistoso ed un abbigliamento in genere succinto. Per tutti gli appartenenti a tale subcultura è inoltre caratteristico l’indossare occhiali da sole in ogni occasione e della bigiotteria molto appariscente (Bajič, Protner 2012: 137).

Dalla descrizione fornita dagli intervistati traspare il carattere della diversità, dell’eccesso degli appartenenti a questa subcultura rispetto alla maggioranza della società.

Secondo le risposte ricevute, oltre all’aspetto fisico, gli appartenenti di questa subcultura sono caratterizzati da un comportamento non sempre accomodante verso il prossimo, appartengono alle classi sociali più basse e vivono nei grandi complessi di appartamenti, non rispettano l’autorità e le regole della società di maggioranza (Bajič, Protner 2012:136).

Da quanto esposto fino a questo punto, è quindi possibile affermare che l’immigrazione proveniente dalle ex repubbliche jugoslave abbia sicuramente avuto un impatto sulla società slovena la cui forza non pare diminuire.

Conclusioni

Nel presente capitolo si è cercato di dare un volto alla figura dell’immigrato dalle ex repubbliche jugoslave in Slovenia secondo quanto emerso da commenti ad alcune notizie sul tema dell’immigrazione in Slovenia presenti in rete, considerati prove scritte degli aspetti stereotipizzati che caratterizzano tale personaggio.

Tale movimento migratorio, come spesso accade per tali fenomeni umani, è oggetto di stereotipi di carattere prettamente negativo. Anche grazie alla rappresentazione che tali stereotipi hanno contribuito a creare, il personaggio dell’immigrato dalle ex repubbliche jugoslave è uno dei protagonisti della cultura popolare slovena, presente in canzoni, trasmissioni televisive e proiezioni cinematografiche, rimanendo purtroppo ancora fortemente stereotipizzato.

È nella letteratura contemporanea, in particolare nei romanzi di Goran Vojnović, che assistiamo ad un cambiamento nella trattazione della tematica dell’immigrazione. La figura dell’immigrato viene presentata da un punto di vista particolare, dall’interno (lo scrittore appartiene alla seconda generazione d’immigrati dalle ex repubbliche jugoslave in Slovenia), fornendo così un punto di vista alternativo, anche nei confronti della società slovena.

Elemento particolarmente interessante che emerge da quest’analisi è il ruolo dello strumento linguistico come stereotipo e quindi come caratteristica atta a differenziare la popolazione immigrata dalla società slovena. Ci troviamo quindi nuovamente di fronte alla caratteristica della lingua, base della concezione di sociologia del linguaggio53 di J.A.Fishman:

“la lingua non è solo un mezzo di comunicazione e di influenza interpersonale; non è solo una

portatrice di contenuto, nascosto o manifesto, ma è essa stessa contenuto, un referente di fedeltà e

ostilità, un indicatore di status sociale e di relazioni personali, un indice di situazioni e di argomenti come anche di obiettivi della società e degli ampi ambiti di interazione carichi di valori che caratterizzano ogni comunità linguistica”(Fishman 1975: 68).

Come ogni comunità linguistica, anche quella slovena rinchiude al suo interno diverse varietà linguistiche. Mentre, durante il periodo jugoslavo la politica linguistica slovena mostrava                                                                                                                

53 Nel corso della propria attività divulgativa Fishman, mutando il titolo della propria opera da Sociolinguistics a The

Sociology of Language desidera sottolineare l’accentuata <<sociologizzazione>> della materia trattata (Mioni

1975:10); sebbene non manchino spunti strettamente linguistici, Fishman decide di concentrare le proprie ricerche ed il proprio pensiero su i fatti di correlazione tra variabili sociologiche e variabili linguistiche, nonché sulla rilevanza socio-politica dell’elemento linguistico in grandi comunità a livello mondiale.

preoccupazione per la troppa ingerenza del serbo-croato nella vita privata e pubblica slovena, oggi la preoccupazione di parte della popolazione slovena si riversa verso la parlata degli immigrati provenienti dalla ex Jugoslavia che, come abbiamo visto dai commenti, assume diverse denominazioni:

doseljeniški jezik: lingua degli immigrati; srbohrvaščina: serbo-croato;

čefurska slovenščina: sloveno dei čefuri gradbeniška slovenščina: sloveno dell’edilizia

le ultime due delle quali, particolarmente legate alla stereotipizzazione di tali attori sociali. Tranne la denominazione srbohrvaščina, è possibile affermare che le altre espressioni sopracitate siano esempi di come un movimento migratorio possa apportare innovazioni nel lessico della lingua parlata nel paese d’arrivo, non ancora registrate in alcun dizionario ma di uso comune. Leggendo i commenti citati compaiono ulteriori esempi di elementi lessicali derivati da tale movimento migratorio, in questo caso derivati dal sostantivo čefur:

čefurizacija: “čefurizzazione” ottenuto tramite il suffisso derivativo femminile sloveno cija54 creando così un sostantivo verbale dall’ipotetico verbo čefurizirati: rendere come un čefur počefurjena: con il significato di “čefurizzata” ottenuto tramite l’utilizzo del prefisso sloveno po, caratterizzante i verbi perfettivi, che va ad aggiungersi al participio femminile singolare del čefurjena.

Se la lingua e la cultura slovena sono minacciate da tale parlata, che nello Slovar novejšega besedja slovenskega jezika compare al lemma:

čefurščina

mešanica slovenščine in drugih jezikov narodov iz nekdanje Jugoslavije.

mescolanza di sloveno e delle altre lingue delle popolazioni dell’ex Jugoslavia.

viene quindi spontaneo chiedersi se il fatto che tale parlata contenga aspetti della lingua un tempo nota come serbo-croato sia il fulcro dell’atteggiamento di preoccupazione espresso nei suoi confronti.

                                                                                                               

54 Da Slovenski pravopis, Ortografia della lingua slovena (Toporišič et al.: 2003): -cija:

1. 'dejavnost' ákcija, subskrípcija, distribúcija 2. 'prostor, mesto' dislokácija

3. 'rezultat dejanja' transkrípcija, konstitúcija

Per capire quale sia lo status del serbo-croato nella Slovenia di oggi, o meglio, quali sia l’opinione della società slovena in merito alle lingue parlate nei territori dell’ex Jugoslavia è possibile analizzare i risultati dell’indagine condotta nel luglio del 2009 all’interno del progetto Slovenski jezik-bazične in aplikativne raziskave, La lingua slovena – ricerche basiche ed applicative,, diretto dal professor Vojko Gorjanc della Facoltà di lettere e filosofia dell’Università di Lubiana. La ricerca, condotta tramite interviste telefoniche, ha coinvolto 700 intervistati, nel complesso rappresentanti i vari esponenti della società slovena dai 18 ai 61 anni d’età55, si è riproposta di ottenere delle risposte in merito al rapporto con le lingue straniere ed il loro utilizzo da parte della popolazione slovena, volgendo particolare attenzione agli nuovi standard linguistici nati dal serbo-croato.

Dai risultati ottenuti si evince che le lingue dell’ex nazione (croato, serbo, bosniaco, montenegrino e macedone) vengono utilizzate dal 12,6% degli intervistati sul posto di lavoro mentre nella comunicazione personale in ambiente familiare o all’estero la percentuale sale al 34,4%. Dato particolarmente interessante, come sottolineato da Požgaj Hadži, Bulc e Miheljak (2009), autori dell’inchiesta, è rappresentato da più della metà degli intervistati che risponde di non avere alcun contatto con gli abitanti delle ex repubbliche jugoslave (37,7%) o che questi siano molto sporadici (15,9%). Per quanto riguarda la lingua utilizzata nella comunicazione con gli abitanti delle ex repubbliche, il 39,1% degli intervistati dichiara di parlare lo sloveno, seguito dal 26,7% che parla croato. Secondo gli autori, sebbene la denominazione serbo-croato sia ancora esistente, utilizzata per altro dal 24,7% dei partecipanti all’indagine, è in corso la sua sostituzione con ‘lingua croata’ “più probabilmente essendo questa lingua di uno stato confinante ed anche per i contatti più intensi con gli abitanti della Croazia (principalmente per le vacanze in Croazia)” (Požgaj Hadži, Bulc, Miheljak 2009: 35).

Per quanto riguarda invece il segmento più giovane degli intervistati, nella comunicazione con gli appartenenti alle ex repubbliche jugoslave compare la lingua inglese.

Se nei primi anni novanta tra la popolazione slovena l’opinione verso il serbo-croato era tutt’altro che positiva, dati gli stravolgimenti politici e sociali del tempo, da tale indagine emerge invece un’opinione neutrale registrata per metà degli intervistati, tuttavia il 63% afferma che tale opinione sia andata peggiorando con il tempo.

Vediamo quindi come la lingua, oltre al ruolo più concreto di mezzo di comunicazione, possa rappresentare nel caso dell’immigrazione non solo una linea di divisione che ci differenzia                                                                                                                

55 Nella scelta dei 700 intervistati sono stati rispettati i seguenti parametri: sesso (50,7% donne, 49,3% uomini), istruzione (dalla licenza elementare fino all’istruzione universitaria), impiego (occupati, disoccupati, pensionati, studenti), appartenenza nazionale (93,7% sloveni), tipologia di insediamento (campagna, paese, cittadina, area urbana di Ljubljana o Maribor) e regione (Požgaj Hadži, Balažic Bulc, Miheljak (2009:33).

senza indugi dall’ ‘altro’; ma anche come possa rappresentare un’arma di difesa della propria cultura e del proprio Io.

Successive riflessioni su quest’aspetto emergeranno nel capitolo quattro di questo lavoro che presenterà i risultati rilevati dalla compilazione dei questionari sociolinguistici distribuiti agli alunni e alle famiglie della scuola elementare Livada di Lubiana. Come verrà descritto nel capitolo a seguire, questo istituto, data la particolare componente dei suoi alunni, rappresenta un microcosmo dove le difficoltà derivanti dall’immigrazione in Slovenia vanno a riflettersi in un ambiente istituzionale come quello scolastico.

               

Parte seconda: La scuola Livada e l’integrazione linguistica dei suoi alunni con l’ambiente circostante

3. La scuola Livada di Lubiana

 

Lubiana, la capitale, nonché la città più grande della Slovenia, comprende un’area di 170 km² e conta all’incirca 274.826 abitanti.

La città è anche il centro politico, economico e culturale dello Stato, nonché il maggiore centro