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Insegnare lingua e cultura bosniaca in Slovenia

6. Le lezioni di madrelingua

6.3. Insegnare lingua e cultura bosniaca in Slovenia

L’insegnamento della lingua bosniaca in Slovenia non è particolarmente diffuso. Prima di dare

attenzione all’insegnamento della lingua bosniaca presso la scuola Livada, dal colloquio con l’insegnante è emersa una panoramica dell’insegnamento della lingua bosniaca in Slovenia e delle molteplici problematiche a esso legate.

L’insegnante di madre lingua bosniaca, nata e cresciuta a Velenje, grazie alla propria esperienza non solo professionale94, ma anche personale è riuscita a fornire un utile punto di vista sulla situazione concreta in cui si ritrova ad operare.

Data la mancanza di fonti bibliografiche concrete, verrà dato in questo lavoro ampio spazio al colloquio con l’insegnante.

 

L’insegnamento della lingua e della cultura bosniache per i bambini ed i ragazzi di prima o delle seguenti generazioni d’immigrazione dalla Bosnia è attivo già da diversi anni, in particolare nella cittadina di Velenje, dove vi è una forte comunità bosniaca e dove opera con continuità anche l’insegnante.

Qui negli ultimi anni è stato possibile portare a termine un progetto per l’apprendimento della lingua bosniaca dalla durata di quindici mesi, dall’aprile 2012 al luglio 2013, sostenuto dalla Confederazione svizzera, intitolato Korijeni u Bosni, stablo u Sloveniji95 – Radici in Bosnia, tronco in Slovenia-. Tale progetto ha fatto sì che si potessero trovare i mezzi per poter dare il via concretamente al già esistente progetto didattico proposto da parte del Ministero per gli affari sociali bosniaco e formulare un proprio programma didattico. Frutto, ancora unico nel suo genere, di tale lavoro è stata la realizzazione del libro di testo Škola bosanskog jezika i kulture (Imširović 2013: 5) – Corso di lingua e cultura bosniaca- , rivolto ai ragazzi dalla sesta classe in poi. Il volume, suddiviso in due parti, antologia ed eserciziario, riunisce entrambe le tematiche cultura e grammatica comprendendo anche alcune linee guida per gli insegnanti. Dalle parole dell’insegnante, curatrice del volume, traspare il desiderio di diffondere la consapevolezza dell’importanza dell’apprendimento della madrelingua per i bambini ed i ragazzi non sloveni, non solamente per conservare la lingua come elemento fondamentale dell’eredità culturale di cui si è portatori, bensì anche per poter scindere al meglio la lingua slovena e quella bosniaca.

                                                                                                               

94  L’insegnante è una delle responsabili della Bošnjaško mladinsko kulturno društvo , Associazione bosgnacca giovanile, di Velenje. Quest’associazione, che riunisce i giovani fino ai 30 anni d’età, conta attualmente 120 membri e è particolarmente attiva sul piano culturale (organizzazione di eventi, corsi di balli e canti folkloristici bosniaci, teatro in lingua bosniaca).

 

La grammatica e gli esercizi grammaticali proposti nell’eserciziario riguardano in particolare le differenze tra le due lingue, e gli elementi linguistici che spesso vengono “presi in prestito” dallo sloveno al bosniaco e viceversa.

Dalle parole dell’insegnante traspare come insegnare la madrelingua ai bambini bosniaci nati in Slovenia non sia compito facile. La loro conoscenza pregressa, le loro basi linguistiche risultano generalmente molto deboli. È importante ricordare a tal proposito, che non sono stati scolarizzati nella terra d’origine dei loro genitori e che la loro base culturale è diversa, come il sistema di valori venutosi a formare anche in base all’ambiente dove il bambino è cresciuto ed ai rapporti che intesse con i coetanei.

Per quanto riguarda i finanziamenti delle lezioni di lingua bosniaca, l’insegnamento avviene su base prevalentemente volontaria a meno che non si riescano a reperire fondi grazie a qualche progetto; stessa sorte per quanto riguarda la lingua serba, mentre il macedone viene finanziato dal proprio governo.

Mentre le lezioni di lingua serba vengono parzialmente finanziate dal Ministero serbo per la diaspora, il bosniaco si ritrova in una situazione ulteriormente svantaggiata, non essendo mai stato chiaramente stabilito quale organo politico od organizzazione bosniaca debba finanziare l’insegnamento della lingua bosniaca all’estero. Tale mancanza di sostegno da parte delle autorità si riflette, secondo l’insegnante, in una minore credibilità di tale insegnamento agli occhi dei potenziali apprendenti. In Slovenia è presente ed attiva la Bošnjačka kulturna zveza Slovenije, Associazione bosgnacca slovena, che però davanti alla legge e alle istituzioni slovene appare meno legittimata rispetto, ed esempio, ad un ministero.

Un’altra difficoltà che riguarda da vicino la lingua bosniaca è che influisce sulla sua immagine all’estero è che il suo status non sia ancora stato stabilito sul piano internazionale. “Molti credono che la nascita del bosniaco sia una conseguenza delle guerre degli anni novanta e della caduta della Jugoslavia ma non è così. Con l’arrivo degli Asburgo in quello che fu il territorio iugoslavo, ovvero con l’inizio del regno dei serbi, croati e sloveni, il bosniaco venne cancellato come lingua. Il bosniaco ha lo stesso diritto d’esistere come esiste il croato e come esiste il serbo. Se abbiamo una cattedra per il serbo/croato allora credo debba esistere anche una cattedra per la lingua bosniaca. A tal proposito reputo che manchi la dovuta comunicazione tra le istituzioni. Da una parte abbiamo la lenta burocrazia bosniaca, dall’altro quella slovena che non è molto aperta (…). All’università di Lubiana c’è la cattedra in lingue slave meridionali bosniaco, croato, serbo, BHS: bosanski, hrvaški in srpski jezik, così come anche alla Facoltà di filologia di Sarajevo, dove è

possibile scegliere di specializzarsi in una delle tre lingue, ma il diploma di laurea sarà di lingua bosniaca, croata e serba, perché avrete imparato le differenze, essendo, come ho detto, dal punto di vista grammaticale una lingua sola”.

Raccontando anche la sua esperienza personale come immigrata di seconda generazione, nata in Slovenia cresciuta a Velenje, seconda città slovena per numero d’immigrati dopo la capitale Lubiana, l’insegnante racconta che le prime difficoltà dal punto di vista dell’integrazione sono iniziate appena finito l’università, con il desiderio di trovare una buona occupazione, avanzando così in qualche modo sulla scala sociale e desiderando uscire dall’ambiente d’origine. Per quanto riguarda la possibilità per un alunno immigrato di raggiungere un buon successo scolastico, l’insegnante sottolinea che ciò dipende da numerose circostanze. Oltre ad essere un fatto personale, dipende, ad esempio dalle persone con cui il bambino intesse rapporti, dal successo scolastico della classe di cui l’alunno fa parte; se queste presentano in generale un alto livello di successo scolastico, porteranno l’alunno ad avere una maggiore spinta motivazionale all’apprendimento mettendosi maggiormente in gioco avendo qualcuno con cui competere.

Alla domanda in merito a che cosa possa fare un apprendente di lingua bosniaca per apprendere al meglio la lingua slovena, l’insegnante risponde che non è sufficiente che frequenti solamente il laboratorio, le ore extracurricolari di lingua slovena, bensì sarebbe auspicabile che qualcuno gli spiegasse in bosniaco il funzionamento della lingua slovena e le principali differenze tra le due lingue. “Abbiamo corsi di sloveno dove gli apprendenti di lingua bosniaca imparano il nominativ, genitiv, dativ come imenovalnik, rodilnik, dajalnik; da ciò possono derivare delle difficoltà in quanto le persone credono di non capire cosa siano ed il loro funzionamento, nessuno gli ha spiegato che sono i casi grammaticali bosniaci che vengono solamente chiamati diversamente”. I corsi di lingua slovena come L2 offerti ad esempio dalla Ljudska Univerza di Velenje registrano un buon numero di frequentati, in particolare appartenenti alle generazioni recentemente trasferitesi in Slovenia (dal 2005). Secondo l’opinione dell’insegnante, nessun immigrato nutre un forte desiderio di apprendere la lingua locale, “il problema è il modo in cui viene attuata l’offerta formativa. Non si tratta solamente di frequentare un corso di lingua, un corso lo possiamo frequentare per sei mesi, dipende cosa riusciamo concretamente ad ottenere da questo corso”. A questo proposito l’insegnante fornisce l’esempio di successo del corso di sloveno presso la Ljudska Univerza di Velenje dove ella stessa è professoressa di sloveno e di bosniaco: “ Così è più facile spiegare a qualcuno che ha frequentato la scuola in Bosnia che il caso nominativ si dice imenovalnik, che è un’espressione d’origine latina che si può usare anche in sloveno volendo…”.

“Nonostante lo sloveno ed il bosniaco siano due lingue imparentante, ci sono molti dettagli che fanno la differenza agli occhi di una società che giudica molto volentieri il modo di parlare, ad esempio se il parlante utilizza la l palatale (tipica del bosniaco, croato e serbo), se non sa accentare le parole nel modo giusto e non sa parlare correttamente …”.

Rispetto alle leggi slovene riguardanti l’immigrazione, l’insegnante crede che si sia ancora qualche punto da rivedere come ad esempio l’impossibilità di ottenere borse di studio per chi non è in possesso della cittadinanza slovena, ricordando che ci sono molti giovani promettenti, arrivati in Slovenia da poco che frequentano la scuola superiore o l’università slovena. Non si pensa, infatti, che questi giovani rappresentino un’eventuale risorsa molto importante per la Slovenia.

6.3.1. L’insegnamento della lingua e cultura bosniaca presso la scuola Livada

La scuola elementare Livada offre la possibilità ai suoi alunni, di frequentare lezioni di lingua bosniaca tenute da un’insegnante madrelingua, specializzatasi presso l’Università di Sarajevo, ogni giovedì pomeriggio dalle due alle tre.

L’insegnate ha iniziato ad insegnare anche alla scuola elementare Livada tramite la Bošnjački kulturni savez Slovenije (BKSS)96 dove lavorava già come insegnante di lingua bosniaca, svolgendo lezione in diverse sedi, sia per bambini che per adulti. Dall’anno scorso insegna anche alla scuola elementare Livada, il cui preside si è mostrato estremamente interessato a queste attività, il che, come sottolinea l’insegnate, è un grande vantaggio quando l’iniziativa parte direttamente dalla direzione scolastica.

L’insegnante ha notato alla scuola Livada un fenomeno molto interessante. Durante il Medkulturni dan, durante il quale ha organizzato un laboratorio sul tema degli stereotipi, per la prima volta nella sua carriera, ha notato che gli alunni di origine bosniaca nutrono dei pregiudizi nei confronti della popolazione slovena, derivati, naturalmente, dalla non conoscenza di questa. Da una parte, infatti, ci sono i bosniaci, simpatici, alla mano, belli; poi ci sono gli sloveni che sono tutto il contrario. Alla domanda posta dall’insegnante: “Ma conosci qualche sloveno che sia proprio come l’hai descritto?” la risposta è stata: “No”, dal proseguo della conversazione è emerso                                                                                                                

96    Il Bošnjački kulturni savez Slovenije (BKSS)- L’Unione culturale bosniaca della Slovenia è l’organizzazione cardine in cui confluiscono tutte le associazioni culturali bosniache registrate sul territorio sloveno. Fine che tale Unione di prefigge è la salvaguardia della cultura, della tradizione e della lingua bosniaca.

che questi alunni non hanno nemmeno un amico sloveno. L’unico contatto con l’ambiente sloveno sono gli insegnanti. Ci si trova quindi probabilmente di fronte ad una minoranza che chiudendosi in sé stessa ha iniziato a discriminare la maggioranza. “D’altro canto” afferma l’insegnante, “sono ancora molto presenti anche gli stereotipi e i preconcetti da parte slovena verso i bosniaci. Fino a che tale discriminazione rimane a livello delle barzellette su Mujo e Haso non si presenta particolarmente pericolosa. Si aggiungono però preconcetti più gravi nel momento in cui i bosniaci vengono additati come stupidi, puzzolenti e così via. Le scuole lavorano su questo aspetto, ad esempio organizzando manifestazioni come il Medkulturni dan, tuttavia dipende quanto si focalizzano sui “vicini” provenienti dal sud”.

La scuola Livada, data la provenienza della maggior parte degli alunni, riesce in un certo modo a dare attenzione alla minoranza proveniente dai paesi dell’ex Jugoslavia mentre, nelle scuole slovene in generale, secondo l’insegnante, la giusta attenzione viene data alla popolazione rom per combattere la discriminazione razziale nei confronti di questa, mentre ancora troppo poca viene riservata alle popolazioni provenienti dalle nazioni dell’ex Jugoslavia.

Il gruppo di alunni che quest’anno segue le lezioni di lingua e cultura bosniaca alla scuola elementare Livada è formato da bambini delle prime classe elementari, alcuni nati in Slovenia, alcuni trasferitisi da poco. Mentre ad inizio anno le lezioni venivano frequentate da una ventina di bambini, ad aprile il numero si è notevolmente ridotto, c’è chi deve uscire prima da scuola, chi è assente, chi non si ferma nel pomeriggio … . In questa scuola l’insegnante non ha ancora avuto alunni appartenenti alla terza generazione d’immigrazione, e non molti sono quelli facenti parte della seconda. Questo poiché, secondo il suo parere, questo quartiere e di conseguenza questa scuola non rappresenta altro che un luogo di transito dove la famiglie si ritrovano a vivere il momento d’arrivo iniziale in Slovenia, quello più difficile, mentre poi si trasferiscono in ambienti migliori, forse anche per allontanarsi da un ambiente altamente stereotipizzato.

Nella cornice come quella della scuola Livada, etnicamente mista, non bisogna dimenticare che la scelta della lingua da studiare come propria madrelingua è spesso determinata anche da questioni etnico e politiche, essendo vista come una modalità per dichiarare la propria appartenenza a questo popolo. Come puntualizza l’insegnante: “Dal punto di vista grammaticale si tratta della stessa lingua (serbo-croato), ma le differenze emergono nell’accentazione, nella scelta del lessico e nella scelta tra variante ekava, ijekava e ikava; dal punto di vista di un linguista questa è una lingua sola che si è ramificata in tre diverse direzioni. Oggi nel panorama linguistico dell’ex Jugoslavia compare anche la lingua montenegrina; un montenegrino non andrà a lezione di

serbo o croato o bosniaco, lui andrà a studiare solo montenegrino. Considerando che in Slovenia il croato e il serbo in qualche scuola sono materie curricolari a scelta, non capisco perché non lo debbano essere anche il bosniaco ed il montenegrino, tutti abbiamo diritto alla propria lingua materna”.

Tutti gli alunni frequentanti le lezioni extraccuricolari di lingua e cultura bosniaca parlano bosniaco a casa con i genitori, tuttavia, la maestra nota una forte tendenza al code mixing tra le due varietà parlate, anche da parte dei genitori stessi.

Per i più piccoli è più facile imparare e conservare il bosniaco anche se, aggiunge l’insegnante, anche se per questa scuola, avendo pochi alunni è difficile fare dei paragoni tra quelli più piccoli e quelli più grandi. In generale è possibile affermare che i più piccoli assorbano più facilmente le correzioni dell’insegnante, mentre i ragazzi sono già totalmente immersi nella pratica comunicativa. L’insegnante a tal proposito suggerirebbe una maggiore concentrazione sugli alunni più piccoli, anche se, purtroppo, mancano gli aiuti da parte dello Stato, come non esiste nemmeno la possibilità che la lingua materna venga studiata non come materia a scelta, bensì curricolare, ovvero che preveda una votazione finale.

Oltre alle lezioni di lingua bosniaca, che l’insegnante definisce laboratorio linguistico, a scuola non vi sono altre attività legate alla cultura bosniaca per mancanza di finanziamenti avendo il comune di Lubiana finanziato solamente il laboratorio linguistico.

Per quanto riguarda il materiale utilizzato nelle lezioni svolte alla scuola elementare Livada, considerata anche l’età degli alunni, non vi è un libro di testo. A volte l’insegnante porta delle schede, tuttavia, l’hanno precedente queste non hanno riscosso l’interesse e l’utilità sperata. A tal proposito l’insegnante sottolinea come la mancanza di materiale e libri di testo non sia la prassi. A Velenje, dove l’apprendimento della lingua bosniaca vanta già una tradizione di alcuni anni, un maggior numero di apprendenti ed una migliore organizzazione, l’insegnante utilizza il libro di testo Škola bosanskog jezika, integrato da materiale autentico reperito dall’insegnante in Bosnia ed Erzegovina. Il fatto che a Velenje l’apprendimento della lingua bosniaca esista già da diversi anni ha fatto sì che si siano già riusciti a formare dei gruppi di studio consolidati, con i quali è più facile lavorare in modo continuativo e che riescono a presentare risultati visibili anche agli occhi dei genitori, incentivando così la frequenza dei corsi anche per l’anno scolastico successivo.

Secondo un’indagine condotta a Velenje dall’insegnante stessa e da alcuni collaboratori, il successo scolastico dei bambini che hanno frequentato le lezioni della propria madrelingua per due anni, ovvero quindici mesi, nel 70% dei casi è migliorato rispetto all’anno precedente. Inoltre, nel

60% dei casi si è registrato un miglioramento anche nella conoscenza di una seconda lingua straniera, l’inglese; una percentuale minore anche nella conoscenza del tedesco.

Dalla propria esperienza, l’insegnate può concludere come, per la didattica della lingua materna “ è importante creare un’atmosfera, un ambiente nel quale i bambini possano sentirsi a proprio agio nella ‘propria pelle’, non devono vergognarsi di dire quello che sono, da dove provengono, quali sono le loro abitudini. Dal momento in cui non hanno vergogna nell’esprimere la propria identità si aprono anche ad altre possibilità, si iscrivono a vari gruppi scolastici come ad esempio quello teatrale, frequentano attività al di fuori della scuola.”

6.3.2. Nel vivo della lezione

Data l’appartenenza della lingua slovena e della lingua bosniaca alla stessa famiglia linguistica, quella delle lingue slave meridionali, buona parte del percorso didattico dell’insegnate è focalizzato sulla valorizzazione delle differenze tra le due lingue. Particolare attenzione viene data all’ambito fonetico, nelle lezioni osservate, ad esempio, alla diversità nella pronuncia delle parole che presentano la stessa scrittura.

Appartenendo gli alunni alle prime classi elementari, viene utilizzato un approccio prevalentemente ludico, fisicamente attivo, particolarmente amato dagli alunni, che lo richiedono a gran voce.

In generale la prima parte della lezione viene dedicata alla scrittura alla lavagna della terminologia esaminata, la seconda a giochi pensati per poter utilizzare il lessico appena imparato. Il clima delle lezioni è molto sereno, gli alunni sono molto attivi e rispondono volentieri alle domande dell’insegnante, spesso cercando di prevalere sui compagni. Gli alunni sono del resto invitati costantemente alla partecipazione da parte dell’insegnante che cerca di creare un ponte tra le due lingue, se l’alunno si esprime in sloveno non viene corretto immediatamente dall’insegnante, bensì gli viene gentilmente chiesto di ripetere la stessa cosa in bosniaco.

Come osservato, il numero di alunni è piuttosto variabile. Alla lezione da me osservata e di seguito descritta, ha presenziato circa una decina di apprendenti.

La lezione osservata è focalizzata su alcune differenze tra sloveno e bosniaco sul piano fonetico. In particolare, l’oggetto della lezione sono parole appartenenti al lessico quotidiano.

Come è possibile osservare, l’insegnante, benché naturalmente esprimendosi solamente in bosniaco, rende la lingua slovena parte integrante della lezione.

Insegnante: Kako se kaže ovu na bosanskom?

Come si dice questo in bosniaco? (indicando il proprio naso) Alunna: Nos!

Insegnante: Nòs (e lo scrive alla lavagna)

Rivolgendosi sempre alla stessa alunna l’insegnante chiede: Kako se kaže ovu na slovenskom?

Come si dice questo in sloveno ? (nuovamente indicando il proprio naso) Alunna: Nos!

Insegnante: Nos! (e lo scrive alla lavagna)

L’insegnante focalizza quindi la prima parte della lezione per sottolineare agli alunni di fare attenzione: due parole possono essere scritte allo stesso modo, in sloveno e bosniaco, ma sono accentate diversamente. A questo proposito riporta alla lavagna altri esempi simili:

bosniaco – sloveno: òblak - oblàk tabla - tabla noga - noga

Per gli alunni la comparazione tra le due lingue risulta essere interessante, essendo quasi sfidati a trovare la parola nell’una e nell’altra lingua. Essi iniziano quindi a proporre all’insegnante il lessico degli oggetti attorno a loro, il quale viene puntualmente riportato alla lavagna nelle due forme:

ruka - roka

l’insegnante propone anche alcune parole che sono invece totalmente diverse nelle due lingue: kiša - dež

prozor – okno

nonché alcuni esempi di così detti ‘falsi amici’, ovvero sostantivi molto simili nella forma, ma portatori di diverso significato:

ruža che in bosniaco vuol dire margherita mentre roža in sloveno significa fiore (in generale) cvijet – roža.

La seconda parte della lezione è ludica e vede l’insegnante che, per ripetere il lessico appena esaminato, propone agli alunni il gioco dei mimi.

Ogni alunno andrà alla lavagna e, senza poter parlare, con solo l’uso delle mani dovrà far capire ai compagni la parola che ha in mente; chi indovina riceverà una caramella.