Il 15 ottobre del 2002, cinque dei tredici rapiti tornarono in Giappone per quella che avrebbe dovuto essere una visita di pochi giorni, ma che divenne permanente quando la forte pressione pubblica spinse il governo giapponese a mettere da parte l'accordo fatto con Pyongyang.259 Per quanto riguarda gli altri otto rapiti, le
spiegazioni fornite da Pyongyang sia sulle circostanze del loro decesso, sia sull'impossibilità di riportare i loro corpi alle famiglie e più tardi ancora la questione che circondò il test del DNA su quelli che la Corea del Nord affermava essere i resti di una delle vittime, provocò sull'opinione pubblica giapponese un forte shock. Sarebbero state proprio le numerose incongruenze nelle prove presentate da Pyongyang a convincere le famiglie delle vittime della possibilità che i loro parenti fossero ancora in vita e a spingerli a chiedere a gran voce che venissero riportati a casa, anche con l'uso della forza.260
Il clima che venne a crearsi sia in Giappone che sulla scena internazionale, come già accennato, fece sì che le trattative per la normalizzazione delle relazioni tra Giappone e Corea del Nord si bloccassero fino al 2004. In questo periodo di tempo, sebbene i due Stati rimassero in contatto, a rallentare i progressi nel loro dialogo fu
257 HUGHES C. W., The Political Economy of Japanese Sanctions Towards North Korea: Domestic Coalitions
and International Systemic Pressures, pp. 462 – 463; SCHOFF J. L., Political Fences & Bad Neighbors: North Korea Policy Making in Japan & Implications for the United States, p. 5.
258 DIFILIPPO A., Still at Odds: The Japanese Abduction Issue and North Korea’s Circumvention, p. 144. 259 WADA H., MCCORMACK G., op. cit., p. 5; SCHOFF J. L., Political Fences & Bad Neighbors: North Korea
Policy Making in Japan & Implications for the United States, p. 5.
l'irritazione di Pyongyang per l’insistenza del Giappone non solo affinché i cinque sopravvissuti potessero rimanere in Giappone, bensì affinché potessero essere raggiunti dalle loro famiglie rimaste in Corea del Nord.
La questione dei rapimenti assunse grande rilevanza nella politica estera giapponese dopo il vertice del 2002. Questo fu dovuto anche al ruolo di primo piano giocato da una serie di attori emersi in Giappone nel corso degli anni '90. Questi avevano come principale obiettivo quello di spingere l'opinione pubblica e i leader politici giapponesi a chiedere l'applicazione della massima pressione possibile sul regime di Pyongyang al fine di liberare tutti i giapponesi rapiti e le loro famiglie.261 Tra i gruppi
che componevano questo crescente movimento centrale fu l’attività svolta dall'Associazione Nazionale per la Liberazione dei Giapponesi Rapiti dalla Corea del Nord (Sukuu-kai, o "Associazione per la Liberazione"), dall'Associazione delle Famiglie dei Giapponesi Rapiti dalla Corea del Nord (Kazokukai, o "Associazione delle Famiglie"), e dall'Associazione dei Membri della Dieta per i Rapiti Giapponesi (Rachi Giin Renmei).262 La loro critica nei confronti delle politiche attuate dal Giappone nel
passato per trattare con Pyongyang colpì in modo particolare il Ministero degli Affari Esteri del Giappone (MOFA). Infatti, questi gruppi criticarono con molta forza le politiche del MOFA, poiché percepite come troppo deboli e, per tanto, non in grado di produrre dei risultati accettabili.263 Dopo il 2002, quindi, il MOFA perse l'iniziativa
e venne eclissato dalle forze politiche che chiedevano l’adozione di una linea più dura contro la Corea del Nord.264 Sarebbe stato proprio questo a convincere il primo
ministro Koizumi che fosse necessario dare formalmente l'incarico di seguire la questione dei rapimenti al Vice Capo della Segreteria del Gabinetto, Abe Shinzo.265
Il crescente clima di odio verso il regime di Pyongyang, inoltre, venne rafforzato anche dall’attività dei mass-media. Questi saturarono i canali televisivi con servizi su
261 WADA H., MCCORMACK G., op. cit., p. 7.
262 Ibidem; SCHOFF J. L., Political Fences & Bad Neighbors: North Korea Policy Making in Japan &
Implications for the United States, p. 5.
263 SCHOFF J. L., Political Fences & Bad Neighbors: North Korea Policy Making in Japan & Implications for
the United States, p. 5.
264 Ibidem, pp. 8 – 10. 265 Ibidem.
aspetti terribili dello Stato e della società nord-coreana: i rapimenti, la corruzione, i disertori, la carestia, i programmi missilistico e nucleare. E ciò ebbe come conseguenza l’emergere di ulteriori critiche e, in alcune occasioni, il verificarsi di atti d'intimidazione contro quelle figure che erano state coinvolte nelle trattative per la normalizzazione delle relazioni con Pyongyang.266 Una delle persone che venne
colpita da questi atti di intimidazione fu proprio Tanaka Hitoshi, che come già accennato si era occupato delle trattative che avevano preceduto il Summit di Pyongyang. Infatti, nel settembre del 2003 una bomba venne ritrovata nel garage della sua abitazione.267
Norihito Kubota, a proposito della concentrazione dell’opinione pubblica giapponese sulla questione dei rapimenti268, dice che una possibile spiegazione potrebbe trovarsi
nel fattore emozionale, poiché:
"[...] abductions took place during the Cold War when few Japanese saw North Korea as a threat. Thus, Japan cannot accept the irrationality of these incidents. Besides, two abductees in particular, who were reported to be dead, were very young women when they were abducted and the Japanese feel sympathy for them and their families. Furthermore, the abduction of Japanese on Japanese territory is regarded as an infringement of Japanese sovereignty."269
Inoltre, identifica come altra possibile causa quello che chiama "an expanded definition of terrorism".270 A tal riguardo, è importante notare che nel 2003 Tokyo
aveva cominciato a cercare di convincere l'amministrazione Bush ad includere la questione dei rapimenti tra le ragioni per cui la Corea del Nord era inserita nella lista
266 WADA H., MCCORMACK G., op. cit., p. 8.
267 SCHOFF J. L., Political Fences & Bad Neighbors: North Korea Policy Making in Japan & Implications for
the United States, p. 6.
268 vedi KUBOTA N., op. cit., pp. 28 – 32. 269 Ibidem, p. 29.
degli Stati che sponsorizzavano il terrorismo del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti, cosa che ottenne nell'aprile del 2004.271