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Segue L’impatto della riforma sul Ministero dell’Ambiente La nascita del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio

IL MINISTERO DELL’AMBIENTE NASCITA ED EVOLUZIONE

2.4. Il riordino dei Ministeri ad opera della legge 59/1997 e dei D Lgs nn 300 e 303 del

2.4.1. Segue L’impatto della riforma sul Ministero dell’Ambiente La nascita del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio

Come abbiamo visto, la configurazione della struttura ministeriale dedicata alla tutela dell’ambiente aveva attirato su di sé un nugolo di critiche fin dal suo atto di nascita.

Oltre ad essere stata giudicata poco favorevolmente la scelta di organizzare il Ministero secondo uno schema tradizionale, anziché realizzare una struttura amministrativa di tipo nuovo, era stata pure stigmatizzata la sua collocazione trasversale, così che le sue competenze finivano per collocarsi in modo incerto rispetto agli altri apparati centrali110.

Se già con la legge n. 59 si era provveduto ad una ridistribuzione delle funzioni dal centro alla periferia, la svolta veramente significativa si è registrata però con il D.Lgs 30 luglio 1999 n. 300, che nel contesto di una complessiva riorganizzazione di tutti gli apparati ministeriali, poneva mano anche ad una riforma del Ministro dell’Ambiente.

In questo ambito il nuovo apparato assume la denominazione di Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio, convogliando in un'unica struttura amministrativa compiti e funzioni dei soppressi Ministeri dell’Ambiente e dei Lavori Pubblici, per quest’ultimo nella parte concernente la definizione delle linee fondamentali dell’assetto del territorio con riferimento ad i valori ambientali e naturali, alla difesa del suolo e alla tutela delle risorse idriche.

Vengano altresì attribuite al Ministero le “funzioni ed i compiti attribuiti al Ministero delle politiche agricole in materia di polizia forestale ambientale”111 . Con il decreto legislativo 287 del 2002 viene poi affidata al Ministero dell’ambiente anche la tutela dell’ecosistema, recependo le indicazioni che promanavano dalla modifica dell’art. 117, comma 2, lett. s, della Costituzione112. Rinnovatosi lo scenario, sembra doveroso il confronto tra la struttura disegnata dalla legge 349/86 e quella che si delinea nel contesto del decreto legislativo n. 300/99, per capire se l’organizzazione rinnovata sia in grado di porre rimedio alle carenze messe a nudo dall’esperienza passata. Può dirsi che con questo intervento di riforma almeno un difetto, assai consistente, può considerarsi superato.

Si era infatti rimproverato al legislatore del 1986 che l’istituzione del Ministero dell’Ambiente fosse stata concepita al di fuori di un quadro di riferimento organico e generale113.

Questa sensazione di asistematicità sembra venir meno leggendo il testo del decreto legislativo n. 300.

Tale atto ha proprio come obiettivo principale quello di porre mano ad un opera di razionalizzazione complessiva dell’organizzazione ministeriale, provvedendo ad una redistribuzione delle competenze e ad una riduzione del numero dei Ministeri. Rimangono però altri interrogativi non risolti dalla riforma, «con particolare riguardo almeno a tre ordini di problemi:

111 Cfr. ultima parte del terzo comma dell’art. 35 del decreto 300.

112 Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: (…) s) tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali.

f) la separazione tra le funzioni in tema di ambiente e quelle in tema di paesaggio, da una parte, e la concomitante scissione tra le competenze ambientali e quelle afferenti all’urbanistica e al territorio;

g) il ruolo effettivo del Ministro dell’Ambiente, in perenne oscillazione tra la più spiccata propensione ad esercitare funzioni di indirizzo, programmazione ed alta vigilanza e la ineluttabile necessità di farsi carico di un pacchetto, sia pur circoscritto, di compiti di gestione;

h) l’esigenza di accorpare e razionalizzare funzioni fino ad ora parcellizzate ed affastellate, riducendo il ricorso a quegli innumerevoli strumenti di raccordo endoprocedimentale che –soprattutto in ragione del loro numero eccessivo- non avevano riscosso alcun favore»114.

Il Decreto 300 non elude questi problemi, riuscendo a smarcarsi con decisione solo dall’ultimo. A dire il vero, cerca comunque di risolvere anche gli altri due, con qualche risultato che si lascia comunque apprezzare.

Costituiva una doglianza comune nella dottrina, che dei tre profili della tripartizione di Giannini in tema di ambiente venisse fatta una gestione separata e intestata a diversi apparati ministeriali.

Come sottolinea P. Chiti Il decreto legislativo di riforma dei ministeri interviene su questo problema aggiornando il concetto di tutela dell’ambiente, facendolo ruotare attorno all’idea, più moderna ed accettata anche nel contesto internazionale, di preservazione e conservazione del territorio secondo i parametri di sviluppo sostenibile.

Non solo vengono infatti riaccorpate sul territorio le funzioni di tutela ecologica, ma la nozione stessa di territorio viene ripensata sulla base di una angolazione specifica, configurandola come una costola del più ampio concetto di ambiente e attraendola nella sfera della tutela ecologica.

In una prospettiva di tal genere profili territoriali costituiscono una parte minoritaria delle funzioni attribuite, mentre la missione del nuovo Ministero si incentra sul raggiungimento dell’obiettivo dello sviluppo sostenibile, di cui la difesa del territorio rappresenta solo un aspetto, seppur qualificante115.

Una configurazione così fatta permette di scorporare il settore del governo del territorio, inteso sotto forma di programmazione, realizzazione e gestione delle reti infrastrutturali (fatte confluire nel Ministero dei trasporti e delle infrastrutture) da quello della protezione dello stesso, finalizzata a preservare condizioni di sostenibilità dello sviluppo umano (viceversa intestato al Ministero dell’Ambiente e della tutela del territorio). Ne risulta così chiarificato il segno delle funzioni da svolgere, che restano vincolate al raggiungimento di un unico obiettivo: una situazione di equilibrio ambientale tale da consentire, come detto, uno sviluppo sostenibile.

Come rileva Mario P. Chiti, non si riesce a superare completamente la distinzione tra “territorio” ed “ambiente”. La perdurante distinzione tra governo del territorio e protezione dello stesso ripropone il problema sotto una mutata (anche se aggiornata) veste116.

115 In questo P. Carbone e G. Patroni Griffi, in Il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio, in La Riforma del Governo, a cura di Pajno e Torchia, bologna, 2002, 311

2.5. Il d.lgs.152/06

L’attenzione del legislatore riposta nella materia ambientale si traduce, in un momento successivo, in una ponderosa attività di codificazione della materia, rispetto alla quale non sono mancate considerazioni critiche ad opera di autorevole dottrina117.

Tra il 1999 ed il 2006 sono stati introdotti nell’ordinamento testi unici e codici118, a riprova dell’intenzione di approdare, a partire da un sistema di tutele separate, ad un sistema organico ed unitario, quantomeno in relazione a determinati settori. Secondo la D. Siconolfi la «frammentarietà e l’ampollosità della materia ambientale, l’esigenza di un migliore coordinamento di una normativa spesso disorganica e incoerente, hanno portato all’emanazione del d.lgs.152/2006, il Nuovo Testo Unico Ambientale (Codice dell’Ambiente), il quale oltre ad unificare e coordinare le diverse fonti normative nazionali, apporta modifiche, in molti casi di rilievo sostanziale, alla disciplina dei vari settori normativi e introduce varie novità in attuazione di direttive comunitarie»119.

Come è rilevato, il Codice costituisce il provvedimento nazionale di riferimento in materia di valutazione di impatto ambientale, difesa del suolo e tutela delle acque, gestione dei rifiuti, riduzione dell’inquinamento atmosferico e risarcimento dei danni ambientali.

Il D.lgs 152/2006 pur costituendo la trasposizione nazionale di numerose direttive Ue, non esaurisce, tuttavia, il novero delle norme di matrice comunitaria relative

117 F. Fonderico, La codificazione del diritto dell’ambiente, in Italia: modelli e questioni, in Riv. trim. dir. pubbl., 2006, 613 ss.

118 D.lgs. 29 ottobre 1999, n. 490, testo unico dei beni culturali ed ambientali; D.lgs. 11 maggio 1999, n. 152, sulla tutela delle acque dall’inquinamento; D. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, recante il codice dei beni culturali e del paesaggio; D.lgs. 3 aprile 2006, n. 152, testo unico delle leggi ambientali.

119 D. Siconolfi, La Tutela dell’Ambiente tra diritto interno e comunitario, Tesi di Dottorato 2009, pag. 35.

alle materia più sopra menzionate. Accanto alla disciplina recata dal Dlgs 152/2006 bisogna, infatti, considerare le regole Ue self executing (come i regolamenti su import/export dei rifiuti ed “end of waste” dei rottami metallici), ossia regole direttamente applicabili nell'ordinamento statale senza necessità di essere veicolate da provvedimenti interni.

Il decreto legislativo, rubricato “norme in materia ambientale”, suddivide in sei parti la quasi totalità della disciplina di riferimento, escludendo alcune materie peraltro oggetto di delega (L 308/2004), come la gestione delle aree protette, che rimane vincolata alla precedente produzione normativa.

Il Testo Unico dell’Ambiente è stato sottoposto, anche a causa di molte sue carenze ed incongruenze, a due interventi correttivi, i quali hanno trovato la loro fonte nell’art. 1 della L. 15 dicembre 2004, n. 38, recante la delega al governo di adottare uno o più decreti legislativi di riordino, coordinamento e integrazione delle disposizioni legislative in materia ambientale, che ha previsto la possibilità di successivi decreti correttivi120 .

Per quello che ci interessa, la novità più importante introdotta dal nuovo Testo Unico riguarda il ruolo centrale assegnato al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio che esercita i compiti e le funzioni spettanti allo Stato in tema di tutela, prevenzione e riparazione del danno ambientali. Spetta in particolare al Ministero:

120 La Corte Costituzionale, in proposito, nella sent. 26 giugno 2001, n. 206, aveva puntualizzato, con riferimento all’istituto in esame, che esso può essere utilizzato “ soprattutto in occasione di deleghe complesse, il cui esercizio può postulare un periodo di verifica, dopo la prima attuazione, e dunque la possibilità di apportare modifiche di dettaglio al corpo delle norme delegate, sulla base anche dell’esperienza o di rilievi ed esigenze avanzate dopo la sua emanazione, senza la necessità di fare ricorso ad un nuovo procedimento legislativo”.

a) in caso di minaccia di danno ambientale, imporre ai soggetti responsabili l’adozione di misure preventive e di sostituirsi loro nell’adottarle;

b) in caso di danno ambientale verificatosi, imporre ai soggetti responsabili l’adozione di misure di ripristino e di sostituirsi loro nell’adottarle;

c) esercitare l’azione per il risarcimento del danno ambientale; d) emanare un’ordinanza immediatamente esecutiva con cui chiedere ai responsabili del danno l’adozione degli interventi di ripristino necessari;

e) in caso di inosservanza dell’ordine il ministro ingiunge agli stessi soggetti tramite nuova ordinanza il pagamento entro 60 giorni di una somma pari al danno ambientale accertato e stimato;

f) irrogare le sanzioni amministrative di propria competenza previste da leggi. Tra i vari punti critici del Testo Unico c’è da segnalare, in maniera negativa, l’aumento degli apparati burocratici. Infatti si prevede l’istituzione:

a) di una nuova Direzione generale per il danno ambientale presso il Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (articolo 299);

b) di una nuova Autorità di vigilanza sulle risorse idriche e sui rifiuti (articolo 159), avente il compito di assicurare l’osservanza, da parte di qualsiasi soggetto pubblico e privato, dei principi e delle disposizioni emanate in materia di difesa del suolo, tutela delle acque dall’inquinamento, gestione delle risorse idriche, gestione dei rifiuti e bonifica dei siti inquinati. L’Autorità è retta da un Presidente che presiede il Comitato esecutivo e il Consiglio. Il Consiglio si articola in due sezioni denominate “Sezione per la vigilanza sulle risorse idriche” e “Sezione per la vigilanza sui rifiuti”. Ciascuna Sezione è retta da un Coordinatore di Sezione ed è composta da persone dotate di alta e riconosciuta competenza nel settore.

All’interno dell’Autorità opera una segreteria tecnica, composta dai soliti esperti di elevata qualificazione ed è retta da un dirigente. Ai sensi dell’articolo 161, l’Autorità, per lo svolgimento dei propri compiti, si avvale di un Osservatorio sulle risorse idriche e sui rifiuti, cui è preposto un dirigente. E anche questo Osservatorio, per l’espletamento dei propri compiti, può avvalersi della consulenza di esperti nel settore e stipulare convenzioni con società specializzate. Ad opera della legge del 17 luglio 2006, n. 233 il Ministero cambia nuovamente denominazione in Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, senza cambiamenti rilevanti nelle sue funzioni.

2.6. Il d.l. n. 112 del 2008 che istituisce l'ISPRA (l’istituto superiore per la