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IL LUNGO PERCORSO CHE HA PORTATO ALL'ISTITUZIONE DEL MINISTERO DELL'AMBIENTE

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INDICE

- INTRODUZIONE………...PAG. 3

- CAPITOLO PRIMO

Il MINISTERO E I SUOI PRODROMI

1.1 Il riparto di competenze per la tutela dell’ambiente prima dell’istituzione del Ministero dell’Ambiente………...PAG. 5 1.2.1 Le iniziative degli anni ’70 a sostegno dell’ecologia. Il CIPA e la nascita del Ministero senza portafoglio con delega ai problemi dell’ambiente………..PAG. 9 1.3 L’istituzione del Ministero e l’affermazione di una concezione monista dell’Ambiente………..PAG. 13 1.3.1. Segue. Il contributo della giurisprudenza………...PAG. 19 1.3.2 Segue. Il contributo delle leggi………...PAG. 24

- CAPITOLO SECONDO

IL MINISTERO DELL’AMBIENTE. NASCITA ED EVOLUZIONE

2.1. La Legge n. 349 del 1986: l’istituzione del Ministero dell’Ambiente..PAG. 31 2.2.1. La struttura. Le procedure di concertazione………...PAG. 36 2.2. La progressiva estensione delle competenze del Ministero. L’istituzione dell’ANPA………PAG. 40 2.3. L’istituzione del Ministero dell’Ambiente e del Territorio………...PAG. 43 2.4. Il riordino dei Ministeri ad opera della legge 59/1997 e dei D. Lgs nn. 300 e 303 del 1999………..PAG. 49

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2.4.1. Segue. L’impatto della riforma sul Ministero dell’Ambiente. La nascita del Ministero dell’Ambiente e della tutela del Territorio………..PAG. 58 2.5. Il d.lgs.152/06………PAG. 62 2.6. Il d.l. n. 112 del 2008 che istituisce l'ISPRA (l’istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale)……….PAG. 65

- CAPITOLO TERZO

STRUTTURA E ORGANIZZAZIONE DEL MINISTERO DELL’AMBIENTE OGGI.

E’ ANCORA UN MINISTERO SNELLO?

3.1. Organizzazione interna……….……… PAG. 68 3.2. Direzioni e Uffici…….……….PAG. 71 3.3. L’ISRA e SOGESID S.p.A………..PAG. 75 3.4. Organi permanenti di alta consulenza.………..PAG. 79 3.5. Le funzioni del Ministero……….PAG. 81

- CONCLUSIONI

E’ ancora un Ministero snello. Ma è la scelta giusta?...PAG. 84 - BIBLIOGRAFIA………PAG. 94

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INTRODUZIONE

Quando è stato istituito il Ministero dell’Ambiente, nel 1986, esistevano già numerosi organismi preposti alla tutela dell’interesse ambientale.

Le funzioni erano allocate presso vari soggetti, sia a livello centrale che a livello periferico, ed erano dunque sprovviste di una qualsiasi forma di coordinamento. Si avevano funzioni ambientali, per esempio, in capo al Ministero per i beni culturali e ambientali, istituito nel 1975, per ciò che riguardava la tutela delle bellezze naturali.

Il Ministero della sanità era investito di poteri contro la lotta all’inquinamento, mentre la protezione della natura era di competenza del Ministro dell’agricoltura. Ancora, il Ministero dei lavori pubblici si occupava della difesa del suolo e della tutela delle risorse idriche, mentre il Ministero dell’industria esercitava competenze in materia di energia, cave e torbiere.

Vi erano, infine, altri organismi dell’amministrazione centrale, diversi dai ministeri, dotati di competenze tecniche od operative rilevanti in materia ambientale, come ad esempio il dipartimento della protezione Civile situato presso la Presidenza del Consiglio.

L’istituzione del Ministero non ha determinato uno sconvolgimento in questo assetto organizzativo, infatti solo una parte delle competenze già esercitate da altri soggetti sono state trasferite e concentrate nella nuova amministrazione. Si sono inoltre stabilite nuove competenze, non aventi però carattere settoriale ma generale, come la vigilanza, la prevenzione e la repressione delle violazioni compiute in danno all’ambiente.

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Per altre materie ancora l’incidenza dell’interesse ambientale si è concretizzato nell’attribuire al Ministero un potere da esercitarsi in concerto (talvolta in qualità di amministrazione concertante, talaltra di amministrazione concertata) con altre amministrazioni.

Solo una parte di queste interferenze sono state in seguito superate con un incremento delle attribuzioni del Ministero dell’ambiente, che ha assunto prima la denominazione di Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio (d.lgs 30 luglio 1999 n. 300) e poi quella attuale di Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare ( Legge 17 luglio 2006, n. 233).

Nel presente lavoro cercherò di ripercorrere le tappe fondamentali del percorso del Ministero dal 1986 ad oggi, analizzando la sua struttura attuale e soprattutto la sua coerenza con le funzioni che oggi è chiamato a svolgere.

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CAPITOLO PRIMO

Il MINISTERO E I SUOI PRODROMI

1.1. Il riparto di competenze per la tutela dell’ambiente prima dell’istituzione del Ministero dell’Ambiente

La “trasversalità” dell’interesse all’ambiente, la sua caratteristica d’incidere su una pluralità di altri interessi ha posto un problema di carattere scientifico-dogmatico: esiste l’ambiente come oggetto definito, delimitato, individuabile separatamente dagli altri? L’ambiente è una materia? È un quid suscettibile di formare oggetto di diritti? Oppure è una mera sintesi verbale con la quale si indica un complesso di cose tra loro differenti?

I dubbi e le incertezze che hanno caratterizzato la discussione in tema ambientale hanno avuto fin da subito un immediato riscontro sul piano dell’organizzazione amministrativa. In effetti, la legge n. 349 istitutiva del Ministero dell’Ambiente, come vedremo, porterà con sè il segno di tutte queste incertezze.

Fino all’istituzione del Ministero dell’Ambiente, infatti, le funzioni che potevano avere incidenza in materia ambientale erano suddivise, a livello centrale, tra numerose amministrazioni1:

- l’amministrazione dei Lavori Pubblici aveva competenze in materia di pianificazione urbanistica, di opere idrauliche, di opere di navigazione interna e polizia delle acque navigabili, di utilizzo delle acque pubbliche, di opere pubbliche igieniche (acquedotti, fognature, ecc.) e, in piccola parte, di inquinamento delle acque interne. Di grande rilievo, seppur

1 V. Onida, La ripartizione delle competenze per l’ambiente nella Pubblica Amministrazione, in Riv. Giur. Amb., 1986, pg. 9 e ss.

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scarsamente utilizzata, era la competenza2 relativa all’identificazione , in sede di indirizzo e coordinamento, delle linee fondamentali dell’assetto del territorio nazionale, con particolare riferimento all’articolazione territoriale degli interventi di interesse statale, nonché alla tutela ambientale ed ecologica del territorio e alla difesa del suolo3;

- l‘amministrazione dell’Agricoltura e Foreste aveva competenze in materia di bonifica idraulica, di opere di sistemazione dei terreni montani, di opere di trasformazione fondiaria, di opere irrigue, di foreste, di vincolo idrogeologico e forestale, di caccia, di pesca nelle acque interne, di parchi e di riserve naturali4;

- l’amministrazione della Marina Mercantile aveva competenze in materia di navigazione marittima, di uso del mare e delle spiagge appartenenti al demanio marittimo, di pesca marittima, di protezione dell’ambiente marino, di inquinamento del mare e delle coste, di riserve marine;

- l’amministrazione dei Trasporti aveva competenza in materia di navigazione interna;

- l’amministrazione dell’Industria aveva competenza in materia di miniere e cave, di coltivazione delle acque minerali, di ricerca e coltivazione di idrocarburi e delle risorse geotermiche5(anche nel mare territoriale e nella piattaforma continentale), di impianti di produzione e distribuzione dell’energia elettrica e di fonti di energia in generale, di lavorazione e

2 Attribuita dal d.p.r. 616 del 1977

3 Sempre il d.p.r. 616 del 1977 attribuiva all’amministrazione dei lavori pubblici la formazione e l’aggiornamento degli elenchi delle zone dichiarate sismiche e l’emanazione delle norme tecniche per le costruzioni in zona sismica

4 Da segnalare, in particolare, le attribuzioni ex art. 71, d.p.r. n. 616 del 1977, relative alla ricerca e alla sperimentazione scientifica di interesse nazionale in materia di valorizzazione dell’ambiente naturale

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distribuzione degli oli minerali e dei carburanti, di smaltimento degli oli usati;

- l’amministrazione della Sanità, da un lato, aveva competenze in materia di igiene del suolo e dell’abitato, di igiene ambientale e in generale di inquinamento atmosferico, di controlli sulle acque minerali e sull’acqua potabile; in attuazione della direttiva CEE n. 76/1606 le erano attribuite anche funzioni in tema di acque di balneazione; inoltre, la legge n. 833 del 1978 le attribuiva le funzioni concernenti la promozione, il mantenimento e il recupero dello stato di benessere psicofisico della popolazione, da realizzare anche attraverso l’incentivazione e la salvaguardia della salubrità e dell’igiene dell’ambiente di vita e di lavoro;

- l’amministrazione dei Beni Culturali aveva competenze in materia di cose di interesse artistico e storico e di bellezze naturali (queste ultime gestite, tramite delega, delle regioni); tra queste competenze assumerà particolare importanza quella relativa alla pianificazione paesistica;

- l’amministrazione degli Interni aveva competenza in materia di protezione civile, anche per i casi di calamità naturali e di servizi antincendi.

Alle competenze distribuite tra questi plessi amministrativi andavano poi ad aggiungersi quelle facenti capo ulteriormente alle amministrazioni della Ricerca scientifica, del Mezzogiorno e del Turismo.

Le ragioni della frammentarietà del quadro competenziale sono da ricondurre al fatto che Parlamenti e i Governi italiani cominciano ad affrontare i problemi ambientali solo in occasione della elaborazione, anche sotto la pressione

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dell’opinione pubblica, delle leggi contro l’inquinamento dell’aria (a partire dalla legge n. 615 del 1966) e delle acque (a partire dalla legge n. 963 del 1965 e dalla più specifica legge n. 319 del 1976, la cosiddetta “legge Merli”), dalle norme sulla biodegradabilità dei detersivi e su vari altri temi che allora portavano ancora l’etichetta di ecologia e non di ambiente7.

Questo era anche dovuto al fatto che la Costituzione italiana non conteneva, a differenza di altri testi costituzionali più recenti, alcuna formulazione relativa all’ambiente. Prima che l’elaborazione della Corte Costituzionale raggiungesse un livello soddisfacente, dottrina e giurisprudenza che avevano affrontato l’argomento si erano trovate di fronte ad un vuoto che era stato necessario colmare facendo riferimento, in via interpretativa, ad altre norme costituzionali, e in particolare agli artt. 2, 9 e 32 della Costituzione.

Prendere le mosse dagli articoli della Costituzione che si occupavano del diritto alla salute e della tutela del paesaggio, quindi, non consentiva di ricostruire la rilevanza giuridica dell’ambiente in maniera differenziata dagli interessi che in via diretta sono implicati dalle norme stesse. Gli articoli sopra citati erano semmai gli appigli formali per ancorare alla Costituzione la rilevanza giuridica dell’ambiente, ma l’individuazione dei contorni dei relativi interessi, e quindi il percorso che portava alla nascita del Ministero dell’Ambiente avrebbe dovuto percorrere necessariamente altre strade.

7 Ecologia intesa come scienza dei rapporti fra gli esseri viventi e l’ambiente fisico circostante e dei rapporti fra gli esseri viventi, nell’accezione delbiologo tedesco Ernst Haeckel (1834-1919).

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1.2.1. Le iniziative degli anni ’70 a sostegno dell’ecologia. Il CIPA e la nascita del Ministero senza portafoglio con delega ai problemi dell’ambiente

Nel 1971, all’alba dell’ecologia, con grande intuizione politica, l’allora Presidente del Senato Amintore Fanfani costituì una commissione “speciale” mista di senatori e studiosi sui “problemi dell’ecologia” che produsse tre volumi di atti, oggi quasi introvabili.

Nel ’72 il senatore Chiarello si fece portavoce dei risultati raggiunti dalla commissione, e pose in evidenza la necessità di un aggiornamento della scarsa normativa esistente, anche alla luce della legislazione straniera, delle direttive e raccomandazioni contenute in organismi internazionali e nazionali8.

Nel corso degli anni successivi si susseguirono poi diversi dibattiti parlamentari9 da cui scaturirono diverse leggi “ambientali”. Nonostante ciò, la tutela dell’ambiente non riusciva a sottrarsi ad una certa episodicità, che ha fatto da ostacolo a quella visione organica complessiva dei problemi che sarebbe stata invece auspicabile in un Paese come il nostro, in cui l’ambiente è patrimonio comune.

A questo si univa, come abbiamo detto, la frantumazione delle competenze in materia di tutela dell’ambiente, rapportata ai diversi settori interessati, come la pesca, l’agricoltura, la sanità, i trasporti, l’urbanistica, gli inquinamenti conseguenti ad un processo di evoluzione industriale e tecnologico sempre più convulso.

8G.Nebbia

La contestazione ecologica. Storia, cronache e narrazioni su www.academia.edu/19744042/The_ecological_conflicts

9 Con la mozione n. 10001 del senatore Cifarelli ed altri si auspicava addirittura la ricostituzione della commissione speciale per l’ecologia a cui si è fatto prima riferimento

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Se il quadro non era certo confortante dal punto di vista politico e legislativo, non è giusto trascurare gli sforzi compiuti a favore dell’ambiente da studiosi, ricercatori e organizzazioni culturali. E’ da ricordare innanzitutto che il CNR fin dal 1951 aveva creato la Commissione di studio per la Conservazione della Natura, con il compito di studiare i problemi ecologici più importanti delle varie parti del territorio italiano. Allo stesso CNR va il merito di aver pubblicato nel 1971 un’opera dal titolo “Libro bianco della natura in Italia” che offre un quadro di sintesi del livello dell’inquinamento delle acque e dell’atmosfera, rileva la necessità di creare dei parchi nazionali e si conclude con una lista di suggerimenti agli uomini politici circa le misure da prendere a protezione della natura10.

Ecco perché un certo rilievo (anche se solo politico) assume la creazione, nel 1973, di un Ministro senza portafoglio con delega alla difesa dell’ambiente. E’ chiaro che i complessi problemi connessi con la tutela ambientale avrebbero potuto trovare organica e definitiva soluzione solo con la costituzione di un vero e proprio Ministero, con competenze e compiti definiti, con strutture e risorse finanziarie adeguate.

Ad ogni modo, nel 1973 l’onorevole Achille Corona veniva nominato Ministro senza portafogli con delega ai problemi dell’ambiente. Nel settembre del 1973 lo stesso Ministro Corona si faceva promotore di uno schema di provvedimento legislativo inteso a promuovere la tutela dell’ambiente mediante la istituzione di un apposito Ministero che avrebbe dovuto caratterizzarsi come un organismo rivolto al coordinamento delle iniziative e delle attribuzioni in materia ambientale e alla elaborazione delle linee direttive di una organica politica del settore delle

10 S.Pinna, “La protezione dell’ambiente. Il contributo della filosofia, dell’economia e della geografia” Franco Angeli, 1995, pag. 30 e ss.

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sue tre componenti fisiche: aria, acqua e suolo. Contemporaneamente, lo stesso Ministro Corona proponeva che nelle more del perfezionamento del disegno di legge istitutivo del nuovo Ministero, fosse intanto adottato, per arrestare la degradazione dell’ambiente, un provvedimento legislativo urgente articolato in una serie di interventi ritenuti non più dilazionabili.

Entrambe queste proposte caddero nel vuoto. Ma mentre gli interventi del provvedimento legislativo furono recepiti in seguito in singole discipline legislative di settore11, le precise attribuzioni dell’istituendo nuovo ministero comportavano inevitabili conflitti con le attribuzioni di molti altri Dicasteri (vedi paragrafo precedente) e non vennero giudicate opportune.

Venne invece istituito, con decreto legge 14 dicembre 1974 n. 67512, il Ministero per i beni culturali e ambientali. In realtà, di problemi ambientali intesi in senso moderno (ecologia) se ne trattava davvero poco nella legge istitutiva del nuovo Ministero, se non per un cenno a studi e programmazione di iniziative e ricerche in materia di parchi e riserve naturali13 che peraltro non risultano essere mai stati concretizzati.

Successivamente, con decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 7 novembre 1979 il Presidente del Consiglio Cossiga istituì un Comitato Interministeriale per l’Ambiente (CIPA), composto da 14 Ministri, la cui segreteria fu affidata al Gabinetto del Ministro per la ricerca scientifica.

Nel frattempo andavano in porto alcune iniziative legislative importanti, su cui ci soffermeremo maggiormente nel paragrafo successivo. Nessuna di queste

11 Ad esempio la Legge 10 maggio 1976 n. 319 “ Tutela della acque da inquinamento” c.d. “legge Merli”

12 Convertito nella legge 29 gennaio 1975 n. 5 13 Art. 2, penultimo comma, L. 5/75

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iniziative legislative ipotizzava però la costituzione di un nuovo Ministero per l’ecologia, mentre si tendeva ad assicurare almeno qualche forma di coordinamento, di impulso e di finanziamento delle attività operative che si intendevano di competenza regionale.

In materia di ecologia, in effetti, sussisteva la competenza regionale in più di un settore, nonché la competenza dei comuni ai sensi dell’art. 78 del d.p.r. n. 616/77, mentre residuava alla titolarità dello Stato una serie di funzioni non solo di studio, di indirizzo e coordinamento, ma anche operative14.

Sarebbe stato necessario attendere il 1983 per avere un altro Ministero dell’Ecologia, peraltro di nuovo senza portafoglio. L’allora Presidente del Consiglio Craxi conferì infatti al Ministro senza portafogli Alfredo Biondi la delega all’ecologia. Seguirà poi l’onorevole Zanone, sempre incardinato all’interno del “Dipartimento per l’Ecologia”.

I compiti del Ministro ricomprendevano (di nuovo) lo studio e la programmazione, la promozione e la sollecitazione del coordinamento relativamente alle attività riconducibili alla protezione dell’ambiente, alla preservazione delle specie animali e vegetali, al mantenimento degli equilibri biologici che erano di interesse generale. Il Ministro inoltre promuoveva e manteneva rapporti di cooperazione con gli organismi internazionali e delle comunità europee, ferme restando le competenze del Ministero degli affari esteri. Poteva anche assumere ogni utile iniziativa tesa a sensibilizzare sulla materia l’opinione pubblica, anche attraverso la scuola.

Ma nulla più.

14 Parchi nazionali e riserve naturali dello stato; talune opere in bacini idrografici dello Stato; interventi di protezione civile in occasione di frane, alluvioni o altro, uso di mezzi aerei nello spegnimento di incendi boschivi, difesa del mare etc..)

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Si dovrà attendere il 1986 per avere una vera struttura amministrativa, con competenze e fondi di cui poter disporre liberamente .

1.3. L’istituzione del Ministero e l’affermazione di una concezione monista dell’Ambiente

Quanto evidenziato nei paragrafi precedenti impone una considerazione: come mai sul piano istituzionale non si sentiva la necessità di una figura di Ministro con piene competenze e poteri?

Il problema certamente è dovuto in parte alla multidimensionalità dell’ambiente, alla quale si è già fatto riferimento.

L’interesse alla tutela dell’ambiente si presenta, in buona sostanza, come interesse composito, polivalente. Il suo contenuto appare sfuggente, non rigidamente delimitato o delimitabile a priori, mai formulabile in modo esaustivo: esso trova definizione in concreto solo in conseguenza di un bilanciamento tra una molteplicità di elementi, frutto della combinazione di apporti tecnico scientifici e di opzioni squisitamente politico-discrezionali15.

Al fine di effettuare una concreta enucleazione della nozione giuridica di ambiente, l’indagine deve prendere le mosse dai contributi offerti dalla dottrina, a partire dagli anni ’70.

In tale contesto vengono tradizionalmente individuati due fondamentali filoni ricostruttivi, che si differenziano per il fatto di attribuire o meno autonomo rilievo giuridico alla nozione di ambiente, potendosi così distinguere le relative teorie in pluraliste e moniste.

15 M. Cecchetti, S. Grassi “Governo dell’ambiente e formazione delle norme tecniche” Giuffrè 2006, pag. 88

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I fautori delle prime tesi ricostruiscono l’ambiente non in termini unitari, bensì in modo frazionato, quasi sempre trovando conferma nella disciplina positiva, che come visto sopra, almeno inizialmente, aveva affrontato le questioni ambientali in maniera settoriale. Anche per questo motivo risultano in qualche modo anacronistiche, storicamente legate a contesti in cui il diritto dell’ambiente non aveva ancora affinato i propri strumenti. Il capofila di questa teoria, Massimo Saverio Giannini16 correla la nozione di ambiente ad un sistema di riferimento tripartito17 che assorbe gli istituti riguardanti la tutela delle bellezze paesistiche e culturali, gli istituti riguardanti la lotta contro gli inquinamenti, gli istituiti riguardanti il governo del territorio. Il primo insieme delle suddivisioni indicate evidenzia come la nozione di ambiente sia pertinente a quei beni rispetto ai quali l’Autorità pubblica esercita una potestà dispositiva18.

Per quanto attiene al secondo insieme Giannini rileva che proprio in materia di protezione delle risorse naturali dalle possibili attività aggressive dell’uomo,

16 Cfr. M. S. Giannini, “Ambiente : saggio sui diversi suoi aspetti giuridici”, in Riv. trim. dir. pubbl., 1973, 1, 15 e ss, p.15 ss.; dello stesso Autore si vedano anche: “Difesa dell’ambiente e del patrimonio naturale e culturale”, ivi, 1971, 1122 ss.; Primi rilievi sulle nozioni di gestione dell’ambiente e di gestione del territorio, ivi, 1975, 479 ss.. La nozione giuridica di ambiente è stata trattata ampiamente anche da altri esponenti della dottrina tra i quali si ricordano: E. Capaccioli, A. Dal Piaz, voce Ambiente, in Nss. D.I., App. I, 1980, 257 ss.; P. D’Amelio, voce Tutela dell’ambiente, in Enc.Giur., 1991, II, 1 ss.; P. Dell’Anno, voce Tutela dell’ambiente, in Enc. Dir., 1992, XLV, 413 ss.; F.Fonderico, La tutela dell’ambiente, in S. Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, Vol. V, Diritto amministrativo speciale, 2003, 2015 ss.; A. Montagna, Ambiente (dir. pen.), in A. Cassese (a cura di), Dizionario di diritto pubblico, Milano, 2006, 229 ss.; R. Ferrara, Voce Ambiente (dir. amm.), in S. Patti (a cura di), Il diritto (enciclopedia giuridica Il Sole 24 Ore), 2007, Vol. I, 290 ss.; F. Giunta, voce Ambiente (dir. pen.), in S. Patti (a cura di), Il diritto, cit., Vol. I, 280 ss..

17 In relazione a tale suddivisione categorica Cfr. P. Carpentieri, La nozione giuridica di paesaggio, in Riv. Trim. Dir. Pubbl., 2004, 363 ss.

18 Le deduzioni dell’ autore prendono le mosse dai risultati della cd. “Commissione Franceschini”, istituita con Legge n.310 del 1964, la quale pervenne alla definizione dei beni “culturali ambientali” definendoli come « le zone corografiche costituenti paesaggi, naturali o trasformati ad opera dell’uomo, e le zone delimitabili costituenti strutture insediative, urbane e non urbane, che presentando particolare pregio per i loro valori di civiltà, devono essere conservate al godimento della collettività». In particolare, la Commissione precisava altresì che «sono specificamente considerati beni ambientali i beni che presentino singolarità geologica, flori-faunistica, ecologica, di cultura agraria, di infrastrutturazione del territorio, e quelle strutture insediative anche minori o isolate, che siano integrate con l’ambiente naturale in modo da formare un’unità rappresentativa».

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l’ordinamento appronta dei rimedi diretti a ridimensionare quel fenomeno che identifica come “fatto di mutua aggressione tra l’uomo e la natura”19. In ordine al terzo insieme, (normativa nel settore urbanistico) l’autore ne pone in luce l’autonomia in quanto ambito di convergenza delle molteplici discipline in materia ambientale; in tale settore, dice Giannini, è opportuno che il legislatore attribuisca rilievo non solo al mero assetto urbanistico dell’entità territoriale considerata, ma è necessario che ponga attenzione anche alle implicazioni nascenti dai comportamenti aggressivi a danno delle risorse naturali e del patrimonio paesaggistico.

Al di là dell’indubbio valore della teoria del Giannini in ordine alla tripartizione sistematica della nozione di ambiente, deve altresì essergli riconosciuto il merito di aver rilevato l’importanza che assume la componente tecnica in tale ambito, quale unico strumento funzionale all’approfondimento della conoscenza dei fattori generatori della compromissione dei beni ambientali. La scelta, dunque, dello strumento giuridico necessario a perseguire finalità di tutela ambientale non potrà prescindere dalla conoscenza dei vari dati scientifici, rivelatori delle cause degli squilibri ambientali. Una tale teoria collima perfettamente con i presupposti che oggi sono alla base delle scelte di politica legislativa ambientale, nel contesto nazionale come in quello comunitario.

Secondo un differente orientamento20, nella materia ambientale, sarebbero individuabili due settori con funzioni omogenee: la gestione sanitaria e la gestione territoriale-urbanistica. Ad una tale conclusione perviene quella teoria che si

19 Cfr. M. S. Giannini, “Ambiente”..., cit., 24: «[...] si producono distruzione di flora e di fauna, quantomeno rischi di turbative per l’uomo, che comunque viene privato della possibilità di fruizione di terra, aria e acqua, secondo le utilitates che ciascuno di questi elementi è idoneo a prestare».

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caratterizza per il fatto di non riconoscere al settore ambientale una disciplina in termini unitari e che trova la sua fonte nelle argomentazioni dei principi di cui agli art. 9 e 32 della Costituzione. L’effetto che produce l’applicazione di tale teoria è il raggruppamento delle aree di funzioni attinenti alla salute-servizi sociali (art.32 Cost.), al suolo o governo del territorio (art.9 Cost.). In tale contesto la nozione di ambiente assurge ad elemento di coesione delle discipline che regolano l’urbanistica, i beni ambientali, gli interventi finalizzati alla protezione ambientale, i parchi e le riserve, le opere pubbliche etc.

Secondo altra opinione21, al concetto di ambiente sarebbero riconducibili delle utilità individuabili nelle energie e nelle risorse naturali, suscettibili di riproduzione o meno, nell’habitat e nelle risorse culturali tra cui quelle storico-archeologiche e paesistiche-culturali. Altri ancora22, ponendosi l’obiettivo di individuare una concreta nozione giuridica dell’ambiente, hanno proposto di periodizzare la legislazione afferente le problematiche ambientali componendo le caratteristiche di tale settore attraverso l’argomentazione delle tendenze emergenti nell’ordinamento positivo. La composizione del concetto giuridico di ambiente effettuata ad opera delle tesi pluraliste ha trovato una sua concreta collocazione, come già detto, nello specifico momento storico politico al quale è riferibile. In tale contesto temporale, infatti, il diritto ambientale si sostanziava in una sequenza di produzioni legislative, disomogenee e frammentarie, dirette a disciplinare la tutela di distinte categorie.

21 V.A. Albamonte, Il diritto all’ambiente salubre:tecniche di tutela, Giust. Civ., 1980, II, 479 ss. 22 P. Dell’Anno, Manuale di diritto ambientale, Padova, 2003.

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Autorevole dottrina23 individua tre rilevanti fasi del diritto dell’ambiente. Una prima fase, che arriva fino alla metà degli anni sessanta, caratterizzata dall’intento del legislatore, più che a tutelare in modo diretto l’ambiente, a garantire la protezione di interessi pubblici correlati ad esso quali la sanità pubblica o l’ordinato assetto urbanistico. La seconda fase, che si estende fino alla metà degli anni ottanta, in cui la maggiore attenzione data ai singoli fattori ambientali rimane pur sempre connessa alla protezione di altri interessi pubblici; infine una terza fase in cui si nota una definitiva emancipazione del Legislatore rispetto alla disciplina pregressa in favore del riconoscimento di un autonoma tutela all’ambiente.

E’ in questo contesto che nasce una nozione unitaria di ambiente24 e un interesse anche sovranazionale in materia: l’attualità sempre crescente delle questioni ambientali, l’attenzione ad essa riservata sia in ambito internazionale sia all’interno delle istituzioni comunitarie, la conseguente espansione della produzione normativa hanno posto le premesse per superare le impostazioni pluraliste, consentendo l’emersione di ricostruzioni unitarie dell’ambiente.

Nell’ordinamento comunitario, in particolare, la preoccupazione relativa alla tutela ambientale era già presente nel Trattato di Roma del 195725 ma solo nel 1987, con l’Atto Unico Europeo, sono stati aggiunti tre nuovi articoli, n. 130 R, 130 S e 130 T, al Trattato CEE, i quali consentono alla Comunità «di salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell’ambiente; di contribuire alla

23 Cfr. F. Fonderico, La tutela dell’ambiente, in S Cassese (a cura di), Trattato di diritto amministrativo, a cura di S. Cassese, Milano, 2003, 2015 ss.

24 B. Caravita, Diritto dell’ambiente, Bologna, 2005,17.

25 Trattato 25 marzo 1957, Trattato che istituisce la Comunità europea, Ratificato con legge 14 ottobre 1957, n. 1203, in G.U. 23 dicembre 1957, n. 317, S.O.

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protezione della salute umana; di garantire un’utilizzazione accorta e razionale delle risorse naturali».

L’interesse delle Istituzioni comunitarie verso il settore ambientale trova ampio riscontro, poi, nel Trattato di Maastricht del 199226, il quale oltre a modificare parzialmente i contenuti di cui agli articoli citati dell’Atto Unico Europeo, introduce tra i compiti di cui investe la Comunità quello di promuovere «un elevato livello di protezione dell'ambiente e il miglioramento di quest'ultimo». Successivamente, il trattato di Amsterdam del 199727 consolida tale principio prevedendo all’art. 3 C (poi art. 6) la necessità che le esigenze correlate all’ambiente siano integrate nella definizione ed attuazione delle politiche e azioni comunitarie, riconducibili all’art.3, e nello specifico nell’ottica di promuovere lo sviluppo sostenibile.

Il graduale interesse mostrato dalle Istituzioni comunitarie, che ha trovato la sua concretizzazione in una copiosa produzione normativa28, ha posto i fondamenti per l’enucleazione di un concetto unitario di ambiente29.

Nel diritto interno, la propensione per il medesimo interesse, emersa tardivamente rispetto ad altre esperienze statali, si è manifestata, appunto , solo a partire dagli

26 Trattato 07 febbraio 1992, Trattato sull'Unione europea, in G.U.C.E. 29 luglio 1992, n. C 191 e ratificato con legge 3 novembre 1992, n. 454. Firmato a Maastricht il 7 febbraio 1992 ed entrato in vigore il 1° novembre 1993.

27 Trattato 2 ottobre 1997, Trattato che modifica il Trattato sull’Unione europea, i Trattati che istituiscono le comunità europee e alcuni atti connessi, in G.U.C.E. 10 novembre 1997 n. C340; firmato ad Amsterdam il 2 ottobre 1997. Disposizioni di contenuto simile si rinvengono anche negli artt. II-97 e III-119 del Trattato 29 ottobre 2004, che adotta una Costituzione per l’Europa, in G.U.U.E. 16 dicembre 2004, n. C 310.

28 Sono rilevanti, in tale contesto, i contenuti della Direttiva sulla valutazione di impatto ambientale (Direttiva 85/337/Cee del 27 giugno 1985) in quanto stabiliscono una linea di orientamento di politica legislativa comunitaria in materia ambientale, tuttora attuale. In tale Direttiva, difatti, viene sovrapposto all’indirizzo del command and contol quello della previsione-prevenzione come obbligo metodologico e funzionale in campo ambientale, riconoscendo, in via definitiva, l’importanza ordinamentale della formazione tecnica per un effettivo governo dell’ambiente.

29 Si esprime in tal senso P. Lombardi, I profili giuridici della nozione di ambiente: aspetti problematici, in Foro Amm. –TAR, 2002, 2, 764 ss.

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anni ‘80, quando si è sentito l’esigenza di istituire un organismo centrale di governo e di amministrazione dell’ambiente.

Ancora negli anni ‘80 matura in Italia una forte produzione legislativa statale volta a dare una “lettura quadro” a diversi comparti del c.d. “ambiente fisico”: tra le altre la legge 979/1982 per la difesa del mare, la legge 431/1985, c.d. Legge Galasso (ambiente e paesaggio), la legge 183/1989 sulla difesa del suolo, la legge 394/ 1991 sui parchi e le riserve naturali.

Rilevante ai fini della ricostruzione del concetto giuridico di ambiente è stata anche la creazione di un regime amministrativo speciale dell’ambiente, il cui fondamento è da ricercare in una serie di disposizioni legislative che affidano all’amministrazione preposta alla tutela ambientale dei consistenti poteri.

1.3.1. Segue. Il contributo della giurisprudenza

L’emersione di una tendenza alla ricostruzione unitaria del concetto di ambiente è ravvisabile anche nel contesto giurisdizionale. In tale ambito, in assenza di strumenti idonei a tutelare gli interessi ambientali, la giurisprudenza ha cercato di colmare la lacuna. I giudici della Corte di Cassazione a Sezioni Unite30 hanno individuato quale elemento uniformante del concetto di ambiente, quello scaturente dalla metodica interpretazione degli art. 2 e 32 della Cost.: il diritto alla salubrità ambientale.

La tutela «si estende alla vita associata dell’uomo nei luoghi delle varie aggregazioni in cui questa si articola e, in ragione della sua effettività, alla preservazione, in quei luoghi, delle condizioni indispensabili o anche soltanto

30 Cass. Civ., SS.UU., 09 marzo 1979 n. 1463; Id., SS.UU., 06 ottobre 1979 n. 5172, entrambe in Foro It.,1979, I, 2302.

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propizie alla sua salute: essa assume in tal modo un contenuto di socialità e di sicurezza, per cui il diritto alla salute, piuttosto (o oltre) che come mero diritto alla vita e all’incolumità fisica, si configura come diritto all’ambiente salubre»31. Una tale deduzione si allinea con le tendenze dottrinarie dominanti dell’epoca32 in cui si colloca la pronunzia giurisprudenziale cui si è appena fatto riferimento, nella misura in cui viene riconosciuta natura di diritto assoluto e perfetto alla situazione soggettiva ad essa riconducibile, direttamente azionabile da parte del singolo sia nei confronti dei privati che verso la pubblica amministrazione. La pronuncia, tuttavia, verrà criticata sotto diversi profili: sia perché sostenendo il diritto alla salubrità come diritto inviolabile e assoluto, incomprimibile da parte dell’amministrazione anche quando agisca per la cura di interessi generali, questo comporta l’attrazione nell’area di competenza dell’autorità giudiziaria ordinaria di un complesso di rapporti che trovano nel procedimento amministrativo la sedi di composizione naturale; sia perché l’art. 32 Cost. canonizza la distinzione tra diritto alla salute come diritto all’integrità psicofisica, protetto in modo pieno ed assoluto, e benessere della persona nell’ambiente (c.d. qualità della vita), certamente suscettibile di imputazione esclusiva, ma protetto nella sua dimensione collettiva, come interesse prevalente, sicché la «tutela positiva del diritto ad un

31 Cass. SS:UU., 06 ottobre 1979 n. 5172

32 Cfr. A. Postiglione, Ambiente: suo significato giuridico unitario, in Riv. Trim. Dir. pubbl.,1985, 32 ss.: «Le risorse naturali, ed in particolare l’aria e l’acqua, sono in una relazione così continua ed intima con la sopravvivenza ed il benessere umano (ossia con valori essenziali della personalità) che non è immaginabile sul piano logico una loro difesa episodica, fondata sui tradizionali rapporti di tipo proprietario, peraltro difficilmente configurabili; la loro giuridicità consiste in un uso razionale e conforme alla legge nei confronti con gli altri consociati: le utilità che provengono dalle risorse naturali possono ben costituire beni in senso giuridico per altri rapporti, ma ai fini del discorso che ci riguarda costituiscono solo un mezzo indiretto per la tutela della personalità umana».

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ambiente salubre è intermedia, e a dire il vero precaria, fra tutela pubblicistica propria dell’ambiente e tutela individualistica della salute»33.

Rilevante è anche altra pronunzia della Corte di Cassazione34, nella quale si sostiene che “in tema di tutela dell’ambiente, la Costituzione con l’art. 9 collega aspetti naturalistici (paesaggio) e culturali (promozione dello sviluppo della cultura e tutela del patrimonio storico artistico) in una visione non statica ma dinamica, non meramente estetica od intrinseca, ma di protezione integrata e complessiva dei valori naturali insieme con quelli consolidati dalle testimonianze di civiltà; allo stesso modo con l’art. 32 eleva la salute a diritto fondamentale dell’individuo ed interesse della collettività; mentre sotto altri profili assicura al diritto all’ambiente, in quanto espressione della personalità individuale e sociale, una adeguata protezione: ambiente come sede della partecipazione; oggetto di difesa per tutti; sostrato necessario per l’apprendimento, l’insegnamento, l’arte, la scienza; limite alla proprietà e all’iniziativa economica;oggetto del coagularsi di forze politiche”.

Questa visione “utilitaristica” dell’ambiente in cui al centro c’è in realtà esclusivamente il bene (economico) dell’uomo e non la tutela delle risorse naturali tout court è stata non solo confermata da altre sentenze35, che giungono ad affermare che per ambiente deve intendersi «il contesto delle risorse naturali, perché la loro conservazione è ritenuta fondamentale per il pieno sviluppo della persona», ma anche dalle leggi speciali in materia che si sono susseguite negli anni.

33 F. Giampietro, La responsabilità per il danno all’ambiente, Milano, 1988, pag. 139 34 Cass. Pen., Sez. III, 20 gennaio 1983 n. 421.

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Inoltre si è tentato di ricavare un’unitaria definizione di ambiente giuridicamente significativa partendo dalle argomentazioni utilizzate dalle elaborazioni scientifiche della ecologia. Tali deduzioni si correlano a categorie quali la biosfera, l’ecosistema, i fattori biotici e abiotici, tutte riconducibili alle relazioni tra organismi e ambiente. In tale prospettiva l’ambiente e la correlata tutela ambientale, vanno intese l’una come equilibrio ecologico, di volta in volta, della biosfera o dei singoli ecosistemi di riferimento, l’altra come tutela dell’equilibrio ecologico della biosfera o degli ecosistemi considerati36. Tali teorizzazioni si riferiscono alla tutela ambientale non solo in senso esclusivamente naturale in quanto della biosfera e degli ecosistemi fa parte l’uomo e ne fanno parte ambienti creati e modificati dall’uomo: l’equilibrio ecologico ambientale è nozione coincidente con situazioni concrete dove l’uomo e gli esseri viventi operano. Di fondamentale importanza è il contributo offerto dalla Consulta alla questione della rilevanza giuridica dell’ambiente e delle connesse esigenze di tutela, attraverso una intensa attività di interpretazione del diritto positivo. Sulle fondamenta di tale contributo ha preso vita, altresì, un dibattito nazionale ed internazionale sulla valenza giuridica ed etica dei concetti di valore, principi e norma nell’ambito del diritto dell’ambiente.

Il valore ambiente si connota per il significato etico di indicatore metagiuridico di principi che ispirano diritti e doveri in capo non solo ai cittadini ma anche alle Pubbliche amministrazioni37.

Occorre premettere che nel momento in cui entrava in vigore la Costituzione della Repubblica Italiana (1948), la conoscenza delle problematiche ambientali era

36 B Caravita, Diritto dell’ambiente, cit;. 22 e ss.

37 D. Amirante (a cura di), La forza normativa dei principi. Il contributo del diritto ambientale alla teoria generale, Padova, 2006, 9.

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limitata, così come non vi era nessuna forma di solidarietà sociale nei confronti della tutela dell’ambiente.

Tuttavia, nel testo costituzionale furono inserite, rispettivamente nell’art.9 e nell’art.32, le nozioni di “paesaggio” e di “salute”.

In una prima fase la Corte si era mostrata propensa ad una lettura ristretta dell’espressione relativa alla tutela del paesaggio di cui all’art. 9 Cost. limitandone l’afferenza a quelle che sono le bellezze naturali, alle quali il legislatore precostituente aveva fatto riferimento38.

Un tale significato si arricchisce quando la Corte riconosce, accanto al valore estetico del paesaggio, anche quello culturale 39.

Successivamente, l’interesse sempre crescente manifestato dalle istituzioni e dalle associazioni ambientaliste in relazione alle problematiche ambientali induceva la Corte ad ampliare il novero dei fattori riconducibili alla nozione di paesaggio, includendo «ogni elemento naturale ed umano attinente alla forma esteriore del territorio»40.

Con tale riconoscimento, la Corte, non solo indicava una nozione funzionale a giustificare l’esigenza di un protezione ambientale, ma individuava la relazione esistente tra la norma che si riferisce alla tutela del paesaggio ed altri basilari principi enunciati dalla Carta costituzionale, con riferimento ai temi della solidarietà (art.2 Cost.), della salute (art. 32 Cost.) e dell’iniziativa economica (art. 41 Cost.)41.

38 Corte Cost., sent. 141/1972 39 Corte Cost. sent. 239/1982 40 Corte Cost., sent. N 39/1986.

41G.Cordini, Principi costituzionali in tema di ambiente e giurisprudenza e giurisprudenza della Corte Costituzionale, Riv. Giur. Amb. 2009, 05, 624.

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E’ dunque a partire dalla metà dagli anni 80 che la Corte, abbandonando le iniziali espressioni dal contenuto vago ed impreciso, giunge gradualmente ad affermare, in forza di una interpretazione evolutiva degli art. 9 e 32 della Costituzione, la natura giuridica dell’ambiente come “valore effettivo della collettività”. Il pregio delle pronunce che seguono questo orientamento è nell’aver offerto un chiarimento notevole in termini concettuali dell’argomento, riconoscendo alla nozione di ambiente valore di bene avente rilievo costituzionale, in considerazione dell’assenza nel testo della Costituzione di disposizioni esplicitamente rivolte a contemplare la tutela dell’ambiente nel suo complesso.

La Consulta, ha avuto modo di precisare che l’ambiente, riconosciuto come valore costituzionale e come bene giuridico meritevole di essere tutelato da norme, è un bene immateriale unitario, che si caratterizza per la eterogeneità delle sue componenti, suscettibili ciascuna, di essere autonomo oggetto di tutela. La Corte ha, indubbiamente, assegnato rilievo costituzionale ai valori ambientali, ma non ha attribuito (in una prima fase) il carattere dell’assolutezza alla tutela ambientale42, alla luce delle possibili contrapposizioni tra interessi costituzionali diversi, che presuppongono il contemperamento di interessi opposti, e che emergono nei conflitti costituzionali sottoposti al giudizio della stessa Corte43.

1.3.2 Segue. Il contributo delle leggi

Anche l’interesse del legislatore ad organizzare una puntuale disciplina riferita all’ambiente, in particolare in attuazione delle fonti sopranazionali, ha preso le mosse solo a partire dagli anni ’80, dopo che gli apporti della dottrina e della

42 Cfr. Cort. Cost. sent.n 239/ 1982; 94/1985;

43 G.Cordini, Principi costituzionali in tema di ambiente e giurisprudenza della Corte Costituzionale, Riv. Giur. Amb., cit., 623.

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giurisprudenza hanno contribuito a riconoscere alla materia ambientale una connotazione unitaria.

Tuttavia, la produzione normativa può comunque essere suddivisa in più fasi, ognuna delle quali reca caratteristiche peculiari.

Una prima fase coincide con la legislazione pre-costituente, caratterizzata dalla scarsissima considerazione data ai valori dell’ambiente, i quali per taluni aspetti si collocavano in una posizione contrastante con altri interessi, considerati all’epoca di rilievo sostanziale: sviluppo economico ed ampliamento delle aree urbane. A riprova di tale scarso interesse vi era l’esiguità della produzione normativa riconducibile al tema dell’ambiente, disseminata, oltretutto, nell’ambito di leggi create per tutelare settori pubblici o riconducibili alla disciplina penalistica.

Fra le poche eccezioni possiamo ricordare la L. n. 1497/193944, Protezione delle bellezze naturali e panoramiche, che, nel delineare il concetto di bene tutelabile, si riferiva a situazioni paesaggistiche di eccellenza, peculiari nel territorio interessato per panoramicità, visuali particolari, belvederi, assetto della vegetazione, assetto costiero.

Tali particolarità paesaggistiche per loro natura non costituivano una percentuale prevalente sul territorio, le situazioni da tutelare erano soltanto quelle individuate dai provvedimenti impositivi del vincolo paesaggistico.

44 Il legislatore del 1939 fonda la qualificazione delle bellezze naturali in termini di prevalenza del criterio estetico, individuando come tali: immobili quali ville, giardini e parchi, che si distinguono per la loro non comune bellezza; complessi di cose immobili che compongono un caratteristico quadro avente valore estetico e tradizionale; bellezze panoramiche considerate come quadri naturali. Una grande novità di questa legge è l'introduzione del piano territoriale paesistico, art. 5, previsto solo per le zone coperte da vincolo stabilito con decreto, che ha il fine di tutelare il patrimonio naturale e paesaggistico. La sua redazione è prevista di iniziativa della Sopraintendenza dei beni culturali ed i comuni sono tenuti ad uniformare i propri strumenti urbanistici ai contenuti del piano paesistico.

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A ciò sono seguiti provvedimenti statali che hanno incrementato in misura significativa la percentuale di territorio soggetta a tutela: il D.M. 21.9.1984 e la L. n. 431/1985. In particolare, dal D.M. 21.9.1984 è conseguita l’emanazione del Decreto 24.4.1985 (c.d. “Galassini”), i quali hanno interessato ampie parti del territorio, versanti, complessi paesaggistici particolari, vallate, ambiti fluviali. La L. n. 431/1985 invece ha assoggettato a tutela “ope legis” categorie di beni (fascia costiera, fascia fluviale, aree boschive, quote appenniniche ed alpine, aree di interesse archeologico, ed altro), tutelate a prescindere dalla loro ubicazione sul territorio e da precedenti valutazioni di interesse paesaggistici.

Parallelamente in questo stesso settore, si è sviluppata la normazione sulla valutazione dell’impatto ambientale dei progetti di opere pubbliche e private in attuazione delle direttive comunitarie.

La fase successiva, coincidente con l’entrata in vigore della Costituzione, si caratterizza per i contributi dottrinali45 finalizzati alla individuazione del concetto giuridico di ambiente.

Tuttavia le criticità della produzione normativa della fase in oggetto sono ancorate alla circostanza che il paesaggio e la salute assurgono a categoria di sub-settori dell’urbanistica e del territorio.

Rispetto ad allora, la relazione tra ambiente e territorio o tra ambiente ed urbanistica, dal punto di vista normativo, è stata oggetto di mutamenti sostanziali. Oggi l’ambiente può essere considerato un contenitore nel quale confluiscono

45 M.S.Giannini, Ambiente, cit.; M.Sandulli La tutela del paesaggio nella Costituzione, in Riv . giur. Ed.,1967, I, 70 e ss.; A. Pradieri, Urbanistica, tutela del paesaggio, espropriazioni, Milano 1981, B. Cavallo, Profili amministrativi della tutela ambientale: il bene ambientale tra tutela del paesaggio e gestione del territorio, in Riv. Trim.dir. pubbl. 1990, 401;V.Cerulli Irelli, Beni culturali, diritti collettivi e proprietà pubblica, in Scritti in onore di Massimo Saverio Giannini, vol.I., Milano 1988, 138.

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interessi e caratteristiche, come quelli relativi al rapporto tra territorio ed urbanistica, che costituiscono l’oggetto di una molteplicità di materie o funzioni, le quali rientrano in prevalenza nella competenza regionale e presentano vincoli ed interconnessioni con la materia ambientale.

E’ a partire dalla seconda metà degli anni ’60 che si manifestano la prime tendenze del Legislatore a disciplinare l’ambiente.

In tale contesto si inseriscono la legge n. 615 del 13 luglio 196646 la quale allo scopo di contrastare gli effetti dell’inquinamento atmosferico causato dagli impianti industriali, dai mezzi di trasporto e dagli impianti civili, tende a regolamentare l’emissione in atmosfera di fumi, polveri, gas, e la legge n. 319 del 10 maggio 1976, c.d. legge Merli, con la quale si giunge finalmente ad una ricognizione organica della regolamentazione degli scarichi degli impianti industriali, di quelli civili, delle fognature, nonché all’introduzione dei primi criteri per la razionalizzazione dell’uso delle risorse idriche.

Comunque, anche in tale momento storico, la carenza di un riconoscimento costituzionale dell’ambiente, seppure parzialmente colmato dall’attività giurisprudenziale e dottrinaria, cui si è già fatto cenno in precedenza, contribuisce alla formazione di una solido ostacolo alla evoluzione della politica ambientale. Sempre in tale contesto storico, inoltre, si inserisce il fenomeno c.d. della “regionalizzazione”, che trova il suo fondamento nel D.P.R. 616/1977, con il

46 Prima di tale provvedimento normativo, furono emanate in Italia leggi che tutelavano fattispecie ambientali soltanto di riflesso. E’ possibile, pertanto, affermare che sino ad allora non vi era stata nessuna previsione normativa che avesse avuto ad oggetto il bene ambiente in maniera specifica e diretta. Gli interessi ai quali il legislatore attribuiva rilievo erano funzionali a tutelare il paesaggio, la salute, il decoro urbano, la proprietà. La produzione normativa dell’epoca, seppure riconoscibile oggi antesignana delle leggi in materia ambientale, non contemplava la precisa finalità della salvaguardia dell’ambiente.

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quale vengono assegnati alle Regioni, apparentemente, poteri estremamente estesi.

E’ l’epoca della cd. concezione “pan – urbanistica”47, dato che ai sensi dell'art. 80 del D.P.R. 616/77, alle Regioni spetta “la disciplina dell'uso del territorio comprensiva di tutti gli aspetti conoscitivi, normativi e gestionali, riguardanti le operazioni di salvaguardia e trasformazione del suolo nonché la protezione dell'ambiente”. Dunque il processo di riconoscimento di una autonoma disciplina inerente l’ambiente subisce un evidente ulteriore arresto, in considerazione dell’importanza assorbente attribuita dal legislatore al settore urbanistico di cui la materia ambientale ne rappresenta solo un limitato aspetto.

Secondo autorevole dottrina48, il “corpus juris” ambientale si è consolidato solo a partire dagli anni 1976/77, quando il legislatore, cogliendo gli impulsi provenienti dall’ordinamento internazionale e comunitario, ha posto in essere una florida produzione normativa in materia ambientale. In siffatta prospettiva, coincidente con una terza fase della produzione normativa ambientale, si inseriscono gli interventi in tema di difesa delle componenti idrogeologiche del territorio: le leggi sulla difesa del suolo49e del mare50.

La carenza sul piano dell’organizzazione delle funzioni viene risolta attraverso l’ istituzione del Ministero per i beni culturali ed ambientali51, una più ampia

47 La concezione pan-urbanistica ha trovato riconoscimento nell’ordinamento italiano già con la l. n.1150/1942.

48 P. Dell’Anno, Principi del diritto ambientale europeo e nazionale, Milano 2004, 36.

49 L.18 maggio,1989, n. 183 la cui caratteristica è la previsione di un riparto di competenze tra Stato, regioni ed altri enti locali che in qualche modo precorre le innovazioni dell’organizzazione pubblica in senso federalista.

50 L.28 febbraio 1992, n. 22

51 D.L. 14 dicembre 1974, n. 657, convertito nella L. 29 gennaio 1975, n. 5 - G.U. 14 febbraio 1975, n. 43

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struttura governativa destinata ad occuparsi della tutela del patrimonio storico-artistico e ambientale.

In un momento successivo si collocano la legge a tutela dell’inquinamento idrico (L. n.319/1976), e la legge relativa alla disciplina delle zone di particolare interesse ambientale (D.L. 27 giugno 1985 312, convertito dalla legge 8 agosto 1085, n. 431).

L’esigenza di preservare i beni ambientali dall’azione contaminatrice dell’uomo venne tradotta sul piano giuridico, nel d.p.r.10 settembre 1982, n. 915 già citata. In ambito amministrativo, le competenze statali in materia erano ripartite, come ricordato in apertura, tra vari Ministeri, anche in considerazione della natura trasversale tipicamente attribuita alla materia ambientale.

Il Ministero dei beni ambientali si inseriva quindi in un contesto in cui molte competenze erano affidate ad altri soggetti: il Ministero per i beni culturali e ambientali per ciò che riguarda la tutela delle bellezze naturali; il Ministero della sanità per quanto riguarda la lotta all’inquinamento; il Ministero dell’agricoltura per la protezione della natura; il Ministero dei lavori pubblici per la difesa del suolo e per la tutela delle risorse idriche; il Ministero dell’industria per l’energia, la produzione industriale, le cave e le torbiere.

Esistevano inoltre altri organismi dell’amministrazione centrale cui erano attribuite competenze in materia ambientale, quali i servizi tecnici nazionali (Suddivisi in servizio sismico, idrografico e mareografico, geologico e relativo alle dighe) e il dipartimento della protezione civile, originariamente istituiti presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

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Con l’istituzione del Ministero dell’ambiente, avvenuta con la legge n. 349 del 1986, si è cercato di risolvere il problema connesso alla frammentazione delle competenze, accorpando in un’unica struttura amministrativa statale gran parte delle competenze in materia ambientale, nel tentativo di creare un centro strategico per l’individuazione delle politiche pubbliche di protezione.

Parliamo di “tentativo” perché, a fianco dei problemi definitori, sopra ricordati (la c.d. multidimensionalità dell’ambiente) che hanno reso difficile l’individuazione delle materie da affidare al nuovo Ministero, hanno pesato moltissimo le resistenze delle altre amministrazioni centrali a cedere le proprie competenze, come analizzeremo meglio nel capitolo successivo.

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CAPITOLO SECONDO

IL MINISTERO DELL’AMBIENTE. NASCITA ED EVOLUZIONE

2.1. La Legge n. 349 del 1986: l’istituzione del Ministero dell’Ambiente Come evidenziato nel capitolo precedente, si dovette attendere il 1986 per avere un vero Ministero a tutela dell’ambiente, con poteri propri e soprattutto con un proprio portafoglio.

Gli scopi del nuovo Ministero erano indicati, in modo generico, all’art. 1 della legge n. 349 del 1986, e anche con i successivi interventi della Corte Costituzionale:

«E’ compito del Ministero assicurare, in un quadro organico, la promozione, la conservazione e il recupero delle condizioni ambientali conformi agli interessi fondamentali della collettività e alle qualità della vita, nonché la conservazione e valorizzazione del patrimonio naturale nazionale e la difesa delle risorse naturali dall’inquinamento».

Con l’istituzione del Ministero dell’Ambiente si giunse quindi finalmente alla “specificazione” della materia ambientale rispetto alle altre materie di competenza regionale.

In altre parole si affermava il principio che il bene ambiente non può essere ricondotto né all’urbanistica, né al paesaggio, né al territorio, né all’assistenza sanitaria52, pur riconoscendo l’esistenza di un “collegamento funzionale” con le medesime materie.

52 Con l’eccezione del settore dello smaltimento dei rifiuti, nel quale la Consulta individuava una finalità prevalente di “igiene pubblica” (Corte Cost. sent. n. 744/1988, n. 343/1991,www.giurcost.org), che non è compresa nella materia “assistenza sanitaria” trasferita alle regioni.

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La scelta di organizzare il punto di riferimento degli interessi ambientali secondo una struttura amministrativa tradizionale ha formato oggetto di valutazioni contrastanti: da un lato, si sostenne che si era persa l’occasione per realizzare una struttura organizzativa di tipo nuovo, sul modello delle “agenzie” o delle “autorità amministrative indipendenti”, che sarebbe stata di certo più adeguata alla gestione di interessi che si collocano in modo trasversale rispetto a tutte le tradizionali ripartizioni di materia53; da un altro lato, si notò che in Italia proprio la struttura tradizionale di tipo ministeriale, in quanto struttura centrale e consolidata, garantisce la presenza forte degli interessi di cui ci si sarebbe dovuto prendere cura nel circuito di decisione politica54.

La creazione di un centro di riferimento dell’amministrazione statale per le azioni pubbliche preordinate alla tutela dell’ambiente era altresì criticata da quella parte della dottrina che denunciava l’irrazionalità delle attribuzioni ministeriali incidenti nella materia e la mancanza delle discipline sostanziali.

Anziché istituire un vero Ministero per il territorio e l’ambiente, si rilevava, competente in materia di pianificazione urbanistica, tutela del paesaggio, difesa del suolo, tutela dell’ambiente, approntamento delle infrastrutture (soluzione prefigurata solo nel 1993, con la delega contenuta nella legge finanziaria n. 537/93122), si rinvigoriva il metodo del “ritaglio” delle competenze55.

53 Critico sulle modalità di istituzione ed organizzazione del nuovo ministero è R. Bettini, Modernizzazione delle istituzioni: l’ambigua sfida del Ministero dell’Ambiente, in “studi parlamentari e di politica costituzionale”, 1986, 4, pag. 7 e ss

54 V. Onida, Organizzazione amministrativa-italia, in Annuario europeo dell’ambiente, 1988; cfr. anche S. Labriola, Il Ministero dell’ambiente, in “Studi parlamentari e di politica istituzionale”, 1986

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Quando fu istituito il Ministero dell’Ambiente infatti esistevano già, come si è visto nel capitolo precedente, numerosi organismi preposti alla tutela dell’interesse ambientale.

Le funzioni erano allocate presso vari soggetti, sia a livello centrale che a livello periferico, senza alcuna forma di coordinamento.

Spettavano funzioni di tutela, per esempio, in capo al Ministero per i beni culturali e ambientali, istituito nel 1975, per ciò che riguardava la tutela delle bellezze naturali.

Il Ministero della Sanità era investito di poteri contro la lotta all’inquinamento, mentre la protezione della natura era di competenza del Ministero dell’agricoltura, il Ministero dei lavori pubblici si occupava della difesa del suolo e della tutela delle risorse idriche, ed il Ministero dell’industria esercitava competenze in materia di energia, cave e torbiere.

Vi erano infine altri organismi dell’amministrazione centrale, diversi dai Ministeri, dotati di competenze tecniche od operative rilevanti in materia ambientale: i servizi tecnici nazionali e il dipartimento della protezione civile, incardinati presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri.

L’istituzione del Ministero dell’Ambiente non ha determinato uno sconvolgimento di questo assetto organizzativo, giacché solo una parte delle competenze già esercitate da altri soggetti sono state trasferite e concentrate nella nuova amministrazione.

Esaminando più in particolare le competenze, ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. A) della legge istitutiva, spettavano al Ministero dell’ambiente:

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a) le funzioni di indirizzo, promozione, consulenza e coordinamento generali delle attività pubbliche e private connesse con l’applicazione della legge; b) la predisposizione dei criteri generali e delle metodologie per il

rilevamento delle caratteristiche dei corpi idrici, nonché dei criteri metodologici per la formazione e aggiornamento dei catasti previsti dalla legge;

c) la redazione del piano generale di risanamento delle acque, sulla base dei piani regionali, nonché il controllo della compatibilità dei piani regionali di risanamento delle acque relativi a bacini idrografici a carattere interregionale;

d) l’indicazione di criteri generali per un corretto e razionale uso dell’acqua a fini produttivi, irrigui, industriali e civili anche mediante la individuazione di standard di consumi, per favorire il massimo risparmio nell’utilizzazione delle acque, e promuovendo, fra l’altro, processi di riciclo e di recupero delle sostanze disperse;

e) la determinazione delle norme tecniche generali: 1) per la regolamentazione dell’installazione e dell’esercizio degli impianti di acquedotto, fognatura e depurazione; 2) per la regolamentazione dello smaltimento dei liquami sul suolo, anche adibito a usi agricoli, purché le immissioni siano direttamente utili alla produzione, e nel sottosuolo, esclusi i casi nei quali posano essere danneggiate le falde acquifere; 3)per la regolamentazione dello smaltimento dei fanghi residuati dai cicli di lavorazione e dai processi di depurazione; 4) sulla natura e consistenza

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degli impianti di smaltimento sul suolo o in sottosuolo di insediamenti civili di consistenza inferiore a 50 vani, o a 5000 mc.

Spettavano sempre al Ministero altre competenze attribuite in precedenza al Comitato Interministeriale del 197656, quali l’aggiornamento e la modifica dei valori degli scarichi previsti dalle tabelle allegate alla legge; concessione dell’autorizzazione per lo scarico diretto in mare di rifiuti provenienti da lavorazioni industriali o da servizi pubblici o da insediamenti di qualsiasi specie; la determinazione del canone e l’applicazione delle tariffe dovute ai comuni e ai consorzi di comuni per i servizi relativi alla raccolta, l’allontanamento, la depurazione e lo scarico delle acque di rifiuto; l’individuazione delle imprese agricole da considerarsi insediamenti civili.

Al Ministero spettavano altresì le funzioni attribuite al comitato interministeriale previsto in materia di rifiuti dal D.p.r. 915 del 1982; nonché altre funzioni, sempre in materia di rifiuti, attribuite successivamente con leggi 441/1987, 475/1988, 45/1989.

Inoltre, ai sensi dell’art. 5 della legge istitutiva, erano trasferite al ministero dell’ambiente le competenze esercitate dal ministero dell’agricoltura e foreste in materia di parchi e riserve, nonché tutti gli altri poteri statali in materia, ivi compreso un generale potere di direttiva sugli enti e organismi di gestione dei parchi.

56 Comitato previsto dalla già citata L. 319 del 1976 (Norme per la tutela delle acque dall’inquinamento), originariamente presieduto dal ministro per i lavori pubblici, composto dai ministri per la marina mercantile e per la sanità, e integrato di volta in volta dai ministri interessati.

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2.2.1. La struttura. Le procedure di concertazione

Il Ministero quindi, come evidenziato efficacemente da Manna “manteneva aree di sovrapposizione funzionale con i precedenti apparati ministeriali, a testimonianza del processo tuttora incompiuto di enucleazione di una nuova e diversa prospettiva dell’ambiente e delle difficoltà che incontrava l’unificazione, oltre che concettuale, anche operativa, dell’ambiente come “bene giuridico” dotato di una sua specificità”57.

Detto altrimenti, la consapevolezza ormai acquisita della complessità multidisciplinare ed intersettoriale delle tematiche ambientali non aveva generato modelli gestionali strutturati in forme innovative rispetto alla consueta organizzazione per Ministeri ; anzi il legislatore aveva creato più che un modello ministeriale “trasversale”58, un modello che è stato definito in dottrina “dimidiato”59, in quanto privo di essenziali strumenti operativi.

Il modello organizzativo di tutela pubblica presentava delle analogie con quello realizzato nel ministero della sanità: mancavano strutture periferiche proprie; la dotazione di organi consultivi (consiglio nazionale dell’ambiente) era presente solo a livello centrale; il ministero si avvaleva di un corpo militare, quale il N.O.E. (nucleo operativo ecologico dei carabinieri) per compiti di vigilanza ispettiva; venivano utilizzati a livello periferico organismi locali eterogenei nei fini quali le unità sanitarie locali; le funzioni di amministrazione attiva, prevalentemente, erano attribuite al sistema regionale e locale. Rileva Manna

57 M.Manna , LA TUTELA DELL’AMBIENTE E DEL PAESAGGIO DOPO LA MODIFICA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE:LA COMPLESSA TRAMA DI RAPPORTI TRA STATO, REGIONI ED ENTI LOCALI, Tesi di dottorato,a.a. 2004/05, su http://www.fedoa.unina.it/809/1/tesi_di_dottorato_manna.pdf

58 P. Dell’Anno, Manuale di diritto ambientale, Padova, 2003, pag. 120 e ss.

59 P. Dell’Anno, La legislazione ambientale italiana:prospettive evolutive e strumento di coordinamento delle discipline settoriali, in Il difficile governo dell’ambiente (a cura di N. Greco), 1988, pag. 85.

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