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La struttura Le procedure di concertazione

IL MINISTERO DELL’AMBIENTE NASCITA ED EVOLUZIONE

2.1. La Legge n 349 del 1986: l’istituzione del Ministero dell’Ambiente Come evidenziato nel capitolo precedente, si dovette attendere il 1986 per avere

2.2.1. La struttura Le procedure di concertazione

Il Ministero quindi, come evidenziato efficacemente da Manna “manteneva aree di sovrapposizione funzionale con i precedenti apparati ministeriali, a testimonianza del processo tuttora incompiuto di enucleazione di una nuova e diversa prospettiva dell’ambiente e delle difficoltà che incontrava l’unificazione, oltre che concettuale, anche operativa, dell’ambiente come “bene giuridico” dotato di una sua specificità”57.

Detto altrimenti, la consapevolezza ormai acquisita della complessità multidisciplinare ed intersettoriale delle tematiche ambientali non aveva generato modelli gestionali strutturati in forme innovative rispetto alla consueta organizzazione per Ministeri ; anzi il legislatore aveva creato più che un modello ministeriale “trasversale”58, un modello che è stato definito in dottrina “dimidiato”59, in quanto privo di essenziali strumenti operativi.

Il modello organizzativo di tutela pubblica presentava delle analogie con quello realizzato nel ministero della sanità: mancavano strutture periferiche proprie; la dotazione di organi consultivi (consiglio nazionale dell’ambiente) era presente solo a livello centrale; il ministero si avvaleva di un corpo militare, quale il N.O.E. (nucleo operativo ecologico dei carabinieri) per compiti di vigilanza ispettiva; venivano utilizzati a livello periferico organismi locali eterogenei nei fini quali le unità sanitarie locali; le funzioni di amministrazione attiva, prevalentemente, erano attribuite al sistema regionale e locale. Rileva Manna

57 M.Manna , LA TUTELA DELL’AMBIENTE E DEL PAESAGGIO DOPO LA MODIFICA DEL TITOLO V DELLA COSTITUZIONE:LA COMPLESSA TRAMA DI RAPPORTI TRA STATO, REGIONI ED ENTI LOCALI, Tesi di dottorato,a.a. 2004/05, su http://www.fedoa.unina.it/809/1/tesi_di_dottorato_manna.pdf

58 P. Dell’Anno, Manuale di diritto ambientale, Padova, 2003, pag. 120 e ss.

59 P. Dell’Anno, La legislazione ambientale italiana:prospettive evolutive e strumento di coordinamento delle discipline settoriali, in Il difficile governo dell’ambiente (a cura di N. Greco), 1988, pag. 85.

come il modello fosse peraltro oggetto di critiche da chi riteneva che non avrebbe consentito il perseguimento dei livelli minimi di efficacia che si richiedono ad una struttura ministeriale, alla quale il legislatore aveva affidato delicati compiti di intervento e di gestione60.

Non solo. La sopravvenuta “entificazione”61 della funzione ambientale, inoltre, se era valsa a conferire ad un centro unitario di riferimento dell’interesse pubblico i poteri di coordinamento delle azioni politico-amministrative nel settore, aveva tuttavia mantenuto il cosiddetto “regime consolare”62 con altri Ministeri: il grande numero di “concerti”, “proposte”, “intese”63 aiuta a comprendere come la nuova struttura non fosse riuscita- almeno inizialmente- a proporti come reale centro di interesse, rimanendo così parzialmente vanificato il proclamato intento istitutivo. Si tratta dunque di materie nel quale l’incidenza dell’interesse ambientale si era concretizzato nell’attribuire al Ministero dell’ambiente un potere da esercitarsi in concerto (talvolta in qualità di amministrazione concertante, talaltra di amministrazione concertata) con altre amministrazioni64.

Così, per le competenze in materia di cave e torbiere era stato previsto il concerto con il Ministro dell’industria; per varie competenze a difesa del mare, quello con il Ministro della marina mercantile.

Di particolare rilievo risultava tuttora la compartecipazione dell’allora Ministero della sanità in settori assai rilevanti, quali la balneazione, le acque potabili, i

60 M. Manna, cit., pag. 46

61 P. Dell’Anno, Manuale di diritto ambientale, Padova, 2003, pag. 65 62 P. Dell’Anno,cit.

63 Si deve sottolineare come il modulo di raccordo dei diversi interessi pubblici rilevanti in materia ambientale, in origine costituito dai comitati interministeriali, era sostituito da oneri di partecipazione procedimentale (i concerti e le intese previsti dall’art. 2 della L. n. 349/86), la cui finalità prevalente, anziché il coordinamento e l’integrazione dei vari interessi, sembrava essere quella di garantire una riserva di ingerenza agli altri ministeri, per così dire, “laici”. Cfr. M. Manna, cit.

detergenti sintetici, i combustibili, la disciplina della circolazione giuridica di prodotti e sostanze pericolose (ad es. l’amianto), il controllo delle industrie a rischio di incidente rilevante etc.

Anche il Ministero dei beni culturali ed ambientali (nella denominazione precedente al D.Lgs. 300/99) affiancava quello dell’ambiente per ciò che concerneva la protezione del paesaggio e la valutazione di impatto ambientale. La Legge n. 349/1986 prevedeva inoltre che alcune delle funzioni statali in materia di inquinamento atmosferico e acustico venissero esercitate di concerto con il Ministro della sanità, cui si aggiunge il concerto del ministro dei trasporti con riguardo all’inquinamento atmosferico prodotto da fonti veicolari (art. 2, comma 1, lettera c).

E ancora, il Ministro dell’Ambiente ha un potere di concerto nella predisposizione di piani di settore a carattere nazionale che avessero rilevanza di impatto ambientale (art. 2, comma 5); adotta, d’intesa con il Ministro dei lavori pubblici, le iniziative necessarie per assicurare il coordinamento, ad ogni livello di pianificazione, delle funzioni di tutela dell’ambiente con gli interventi per la difesa del suolo e per la tutela e utilizzazione delle acque (art. 2, comma 5); partecipa al concerto per la predisposizione del piano nazionale per la protezione civile (art. 2, comma 19).

Il Ministro per l’Ambiente e il ministro per i beni culturali e ambientali assumono di intesa le iniziative necessarie per assicurare il coordinato esercizio delle attribuzioni di rispettiva competenza (art. 3).

Come vedremo poi, solo una parte di queste interferenze sono state in seguito superate con un incremento di attribuzioni al Ministero dell’ambiente.

In questa prima fase il Ministero dell’ambiente era quindi una struttura che, pur mirando a costituire il centro di riferimento e di imputazione delle politiche ambientali, gestiva solo una parte delle competenze incidenti in materia ambientale.

I conflitti governativi, derivanti dall’obiettivo contrasto tra finalità (amplissime) e competenze (assai più ristrette) del nuovo ministero non solo erano sempre possibili, ma si riverberavano sul procedimento rischiando di determinarne la paralisi.

Non era, dunque, riuscito il processo di unificazione presso un unico centro di tutte le competenze in materia ambientale: a parte, infatti, funzioni preliminari o strumentali (di studio, di informazione dell’opinione pubblica, anche per il tramite della relazione al Parlamento sullo stato dell’ambiente, di cura delle relazioni con organismi internazionali), le funzioni del Ministero dell’ambiente si limitavano, nell’originario impianto di legge, sostanzialmente alla materia degli inquinamenti (delle acque, dell’aria, del suolo65), alle aree naturalistiche protette66 e alla gestione, in qualche modo a discapito delle regioni, dei procedimenti di valutazione dell’impatto ambientale67 .

Le ragioni di ciò sono molteplici.

Probabilmente, unitamente ai problemi definitori già ricordati, che hanno reso difficile l’individuazione delle materie da affidare al nuovo Ministero, pesavano le resistenze delle altre amministrazioni centrali68.

65 Art. 2 L. n. 349/86. 66 Art. 5, l. cit 67 Art. 6, l. cit.

2.2. La progressiva estensione delle competenze del Ministero. L’istituzione