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5. Metrica e stile

5.4. Metro e sintassi

5.4.2. Inarcature

I discorsi fin qui svolti sulla struttura dell’ottava sono altrettanto validi per una trattazione generale sui fenomeni di inarcatura. La ‘facilità’ riconducibile alle forme basilari della canzuna, al loro sostanziale procedere per distici comportano alcune macroscopiche conseguenze nel numero e nella qualità delle inarcature. Una prima

conseguenza è il loro basso numero (d’altra parte, in una scansione-tipo 2+2+2+2, il numero di enjambements possibili è appena quattro). Secondariamente queste inarcature sono per lo più di tipo debole, non investono cioè sintagmi o elementi della frase tendenzialmente indissolubili e che, quindi, se separati darebbero forte risalto al tessuto poetico del componimento. Il che non stupisce, data l’onnipresente coordinazione su cui sono costruite la maggior parte delle canzuni. Nulla di più semplice che i due elementi coordinati si organizzino simmetricamente nei due versi del distico:

a cruda morti ridduci un amanti

e di l’effettu la causa non pari. Grav 5, 7-8

prummisi a l’occhi farili abbintari

e dissi a la mia vita: «Chiù non mori!» Div 54,4-5

o che la punta di verso non faccia che separare gli elementi di un elenco, di un’enumerazione:

su’ stiddi amici a lu chiù forti ’nvernu, su’ chiari aurori a li mei notti oscuri, su’ rai ch’imparadisanu l’infernu,

su’ celi serenissimi d’Amuri. Mor 16,4-8

È certo che gli autori del nostro corpus non vedono nell’inarcatura uno degli stilemi attraverso cui far trasparire il proprio lavorio poetico. Sembra anzi che gli

enjambements siano più il risultato inerziale e inevitabile di altri tipi di organizzazione

testuale (in particolare quella interna al verso) che non precise scelte di dispositio. Non che manchino esempi di inarcatura forte, anche retoricamente tornita:

l’unda | di Lethi Div 124,5-6

e di lu mari | stizzi d’acqua Spir 116, 1-2

ma, anche a una sola prima occhiata, appare chiaro che gli elementi interessanti da questo fenomeno sono per lo più deboli. Innanzitutto gli elementi della frase sono mediamente più interessati dall’enjambement di quelli morfologici. Vi è cioè una netta preferenza per forme che – salvo perturbazioni dell’ordo verborum – meglio si mimetizzano all’interno del più generale svolgersi della frase. Quanto poi agli elementi interessati, la tendenza più evidente è quella di promuovere V2 in punta di

verso. V|O è infatti l’inarcatura che forse si incontra più comunemente: c’haia haviri | mancu bedd’occhi Bus 5,7-8

stendi | la manu Tri 10,7-8

non vidi | l’humana vita stari supra un pernu Spir 76,1-2

con O che può dilatarsi, come nell’ultimo es., fino ad occupare tutto il secondo verso. Comune è anche l’inarcatura V|C:

2 Nell’indicare gli elementi della frase mi servirò delle seguenti sigle: A = aggettivo; Aus = ausiliare;

Avv = avverbio; C = complemento; Gen. = genitivo; N = nome; O = oggetto; Part. = participio; Pred. = predicativo; Rel. = subordinata relativa; S = soggetto; V = verbo.

dari assautu | a chidda Ven 21,3-4

reluci | in celu Gal 3,5-6

V tende poi ad occupare la posizione di innesco anche con S in rejet, venendo così a creare un’arcata sintattica minimamente perturbata:

pocu po’ stari | l’anima Dav, 8,5-6

a muriri si reduci | candila Div 19,5-6

Altri elementi della frase che si trovano spesso in punta di verso sono S e C. Il primo introduce quasi sempre V e/o lo svolgimento del resto della frase:

m’assicura chi l’effettu | ben corrispundirà cu la speranza Gal 14,7-8 ma l’aspra morti | non purrà fari mai chi t’abbanduna Div 10, 7-8

e l’intellettu | non ti putendu intendiri t’adura Div 141,7-8

non a caso molto frequente in chiusa di componimento, posizione in cui può anticipare il sostantivo-chiave alla fine del v. 7 per poi utilizzare, a effetto, l’intero ultimo verso, magari perturbandolo ulteriormente al suo interno (come avviene nell’ultimo es.).

Anche C, da parte sua, introduce di preferenza V:

a chiddu pettu d’agghiazzatu smautu | pruvirai la tua xhiamma Ven 21,7-8

a pocu a pocu | criscendu Fic 8,5-6

Tu comu calamita | girami Div 100,3-4

Sempre a livello soprasegmentale, un’altra inarcatura che si incontra con maggior frequenza è quella, anche questa di tipo parallelistico, che coinvolge un comparativo e il secondo termine della comparazione o i due componenti di una preposizione consecutiva:

chiù crudili assai | d’ogni gran crudeltati Fic 19,5-6

Sunnu tanti li lagrimi ch’iu iettu | chi... Migl 21,1-2

t’hai ridduttu a tali | chi... Spir, 74,7-8

Se invece scendiamo al livello morfologico, oltre ai – pochi – enjambements tra A e N, notiamo che l’elemento preferito per l’innesco è senz’altro N, mentre l’elemento più frequente in rejet è Rel, seguito da Gen:

A|N stupendu | miraculu Giuf 20,1-2

N|Gen divinu aspettu | di ssi bedd’occhi Div 141,5-6

N|Rel un niuru lazzu | c〈h〉i disligai Tri 16,5-6

N|Rel iudici fidili | ch’a sempri in manu la bilanza Spir 132,3-4

Un’altra considerazione che va nel senso della ricerca di ‘facilità’, dello scarso valore dell’inarcatura entro il sistema di valori stilistici dei nostri autori è il fatto che le forme inarcate coincidenti con figure dell’ordo verborum artificialis sono molto rare, del tutto minoritarie rispetto alle forme retoricamente ‘piane’, non-marcate. Certo non mancano anche complessi fenomeni di perturbazione del normale ordine delle parole:

GenC|OVS Di li Sireni a lu cantu homicida

l’auricchi si stuppau lu grecu accortu Dur 2,1-2

C|OV cu ss’aurata trizza | sta miser’alma incatinatu l’hai DiM 11,5-6

ma in generale possiamo notare come i fenomeni di divaricazione ed inserzione tra coordinati (coincidenti, rispettivamente, con le figure retoriche dell’iperbato e dell’epifrasi) quando si trovano a dover comprendere un’inarcatura tendano a mantenere, al loro interno, il normale ordo verborum: p. es. Aus... Part, N... Rel e non viceversa. E a collocare preferibilmente in rejet il secondo elemento della figura:

non su’ li mei longhi martiri | celati Busc 5,3-4

chi sapiti l’auti mei suspiri | causati Busc 5,5-6

lu superbissimu d’Avernu | spiritu Cann 14,1-2

ad un scuntenti detti morti | chi... Cic 16,7-8

cometa apparsi | chi... Div 90,1-2

piuttosto che il primo in innesco:

lu fulmineu telu | hai ne l’aspettu, e l’alba a li masciddi Mor 19,3-4

undi li strali | Cupidu affina chiù pungenti e duri Mor 20,1-2

in questo modo la figura retorica si esaurisce nel minor spazio testuale possibile, subito dopo il passaggio di verso, con una sorta di effetto di smorzatura retorico- sintattica, di Dämpfung stilistica.3 Il perturbamento viene fatto così coincidere con due

chiusure (quella di verso e quella di figura retorica) e non innestato su di un’opposizione (apertura di figura retorica vs. chiusura di verso) che ne aumenterebbe la portata.

In conclusione possiamo poi osservare che, proprio per lo scarso interesse che i fenomeni di inarcatura sembrano ispirare nei poeti del corpus, tali stilemi raggiungono un livello di sistematicità e di funzione strutturale rilevato solo quando il componimento in sé spicca per una costruzione particolarmente articolata e serrata:

SRel(=O/CV) Vui ch’ogni duru ed agghiazzatu pettu a un vostru sulu sguardu incinniriti, SRel(=C|OV) vui chi parlandu cu ’nfocatu affettu

suggetta ogn’alma libera rinditi, SRel(=C|OV) vui c’havendu l’amari per difettu

d’ogn’affannu amurusu vi riditi, C|AvvOV un iornu infini a vostru mal dispettu

tardu l’erruri vostru chiangiriti. (Ross 12)

in questo caso le inarcature marcano i quattro movimenti andando a formare una sorta di struttura chiastica nella quale i membri centrali sono identici mentre quelli esterni, simili ma non coincidenti, marcano i momenti di incipit ed explicit.

Oppure perché proprio attraverso gli enjambements l’autore cerca di esporre in punta di verso alcune parole-chiave (in questo caso legate alla salvifica e sacrificale incarnazione di Cristo):

S(CO)|V Creari per nui celi, terra e abbissi fu opera e theatru di tia dignu,

V|O chi poi ti sviscerassi e ch’assumissi humana carni, per cui nd’era indignu, V|O fu gran bontati, e chiù poi chi patissi

l’opprobiusa morti di lu lignu; V|O ma chi ti sviscerassi e chi spandissi

lu sangu to per nui passa ogni signu! (Spir 19)

in un ordito testuale particolarmente mosso, nel cui breve giro di versi trovano posto riprese anaforiche (fu opera... fu gran bontati... vv. 2 e 5), iperbati (chi poi... fu, vv. 3 e 5) e epifrasi (sviscerassi... assumissi... e chiù poi chi patissi, vv. 3 e 5).