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1.7 Il Palazzo della Sapienza nel Novecento

1.7.7 Inaugurazione del Palazzo nel

Come abbiamo potuto apprendere delle perizie eseguite nel 1909, i fondi stanziati dalla prima legge del 1903 nonché dalle ulteriori varianti che vi erano susseguite, non furono comunque sufficienti al completamento del progetto originario di sistemazione del palazzo. I funzionari del Genio Civile, insieme al rettore dell’Università e al Ministero della Pubblica

156 Ibidem 157

Cfr. Relazione finale della Commisione per la sistemazione edilizia dell’Università di Pisa. Roma, 9 Giugno 1910. ASPi, Fondo Genio Civile, Classe XXVII, cart. 49, fascicolo 287 A

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Istruzione, decisero di non eseguire, almeno per il momento, i lavori previsti dal progetto originario non ancora in fase di esecuzione, al fine di portare a termine quelli già iniziati. Ufficialmente, i lavori furono conclusi il 19 Agosto 1910, come si evince dal verbale di ultimazione lavori.

Ciò che nel 1911 mancava per il completamento dei lavori, era, per quanto riguarda la sistemazione del lato sud prospiciente su via della Sapienza, la riorganizzazione dei locali al piano terreno e a primo piano, e la costruzione per intero del secondo piano con le relative scale di accesso, mentre per il lato ovest, che non doveva essere molto modificato ne a piano terra ne a primo piano - vista la presenza dell’aula magna storica e della biblioteca - doveva essere completata la costruzione del secondo piano e della torretta con la specula per le osservazioni con la relativa terrazza, e della relativa scala di accesso. Come possiamo leggere nel paragrafo precedente, mancava ancora tutta la parte decorativa del palazzo, oltre la sistemazione del cortile interno e del porticato del piano terreno e del primo piano. Quello che invece era stato completato, era il lato nord su via B. Tanucci e il lato est su via XXIX Maggio, nei quali erano stati completamente modificati gli ambienti interni con interventi di risanamento e di ampliamento, ma soprattutto erano stati terminati i due prospetti, che garantivano alla Sapienza quel carattere unitario che era mancato fino ad ora. Il 29 Maggio, data in cui ricorreva il 63° anniversario della battaglia di Curtatone e Montanara, vennero inaugurati i lavori.

I giudizi emersi sull’intervento erano molto discordanti tra loro: se da un lato veniva salutata dalla stampa cittadina come “la maggiore opera d’arte moderna che vanta la città di Pisa”158, dall’altro lato si nutrivano dei dubbi sul ricorso ad uno stile architettonico neorinascimentale che bene si adattava all’orientamento generale imposto all’edilizia pubblica tra Ottocento e Novecento.

Il progetto del Pilotti, non piacque a coloro che erano legati alle tradizioni medioevali pisane, che videro in esso un pensiero sbagliato, in quanto non si spiegava come uno che avesse fatto più di cento tavole di rilievo della chiesa della Spina, “volesse imporre una facciata di stile bramantesco che stonava con tutte le tradizioni artistiche e storiche di Pisa”159.

L’ingegnere Simonelli, già alcuni anni prima dell’inaugurazione, si interrogava nelle pagine del Il Pinte di Pisa sulla questione scrivendo: “Una solo cosa a noi premerebbe di conoscere

158

La sistemazione edilizia dell’Ateneo Pisano, “Il Mattaccino”, n° 21,21-21/5/1911 159 “Il Giornale di Pisa” n° 24, 16/06/1909

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ed è questa: lo stile quattrocentista adottato per il nuovo palazzo della Sapienza sorge a Pisa, città che diede il proprio nome ad uno stile architettonico, fu proposto dall’Ing Pilotti o fu a lui imposto?”160.

Altre polemiche si innescarono soprattutto per la scelta dei materiali e per la negazione della loro intrinseca sincerità espressiva. L’uso del cemento al posto del marmo, e le decorazioni a stampo ripetute, anzi che quelle dipinte o scolpite dai bottegai, non piacquero particolarmente ai cittadini.

Anche Antonio Bellini Pietri in “Notizie dell’arte” esprimeva già prima del 1911, il suo disappunto contro il Regio Governo che secondo lui aveva avuto troppo poco rispetto e considerazione per un edificio di quella importanza, e che avaro nei finanziamenti aveva costretto ad un uso eccessivo del cemento e dello stucco, che ne avevano snaturato anche l’idea artistica. Scrive: “Purtroppo, l’arte non ha tenuto a battesimo il nuovo edificio della Sapienza […]. Qui […], non il cemento, ma la dura pietra e la bella sincerità del marmo avrebbe dovuto trionfare, e tutto essere escluso quanto sa di posticcio e di falso, quanto andrà inevitabilmente e miserevolmente sgretolandosi per pochi geli e poche piogge. […] Né in questo consisterebbe il male; perché non solo il cemento ripugna a qualunque dignitoso concetto architettonico, ma anche ad ogni ragione estetica. Parere e non essere è pessima regola d’Arte, com’è nella vita; il cemento tinto non potrà mai dare occhio gli stessi effetti della pietra; esso è uggioso, freddo, troppo liscio, troppo uguale, e cosi rende anche più grave quella monotonia che è difetto principale del nuovo palazzo, nel quale la decorazione ripetuta cogli stampi e non animata da alcuno nobilita di materiale, sazia ed annoia. […] La coloritura data dall’intonaco delle facciate, a finto verrucano, ha intonazione simpatica; si poteva peraltro raggiungere uguale risultata con una tinta unita. Piuttosto che fingere sempre, conveniva lasciare almeno all’intonaco la natura d’intonaco onesto e non mascherato”.161

Insomma il nuovo edificio sembrò cosi disastroso da far dire esplicitamente ai polemisti che l’unico modo per poter riscattare era di mitigarne lo spoglio prospetto con degli affreschi del De Carolis, dal quale lo stesso Bellini Petri sperava per la facciata sulla via XXIX Maggio in “un qualche sincero accenno d’arte”.

160

R.Simonelli, Edifici Universitari in “Il ponte di Pisa”, n° 39, 26/09/1909.

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