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Incapacità legata agli strumenti musical

MUSICI E CANTORI IN LUCIANO

4.9 Incapacità legata agli strumenti musical

Un altro motivo che trova spazio negli schemi lucianei è quello dell’incapacità legata a un’attività umana: numerosi sono ad esempio i richiami nell’ Adversus Indoctum, e anche nel campo musicale troviamo alcuni modelli che ricalcano le stesse caratteristiche.

Nel primo dei Dialogi marini la ninfa Doride si prende gioco della figlia Galatea perché di lei si è innamorato il ciclope Polifemo330. Galatea è indispettita da questo atteggiamento della madre e cerca di mettere in luce i pregi del suo spasimante, affermando che è comunque figlio di Poseidone, e che il solo occhio spicca in mezzo alla fronte e vede come fossero due, inoltre Galatea riconosce una certa invidia nella madre e nelle altre ninfe perché tra tutte Polifemo ha scelto per bellezza lei. La madre insiste nel disprezzo del ciclope e anche della figlia, affermando che si è invaghito di lei solo perché la pelle bianca di Galatea ricorda a Polifemo il latte e il formaggio, suoi pasti abituali. Allora la figlia aggiunge un nuovo particolare alla figura di Polifemo, ella dice che il ciclope si intende di musica (mousikov" ejsti)331.

Subito Doride zittisce la figlia per questa affermazione perché lei e le altre Nereidi lo hanno sentito mentre eseguiva un canto d’amore per Galatea, e a loro parere la performance è stata tutt’altro che lodevole. La prima immagine che Doride richiama è quella del verso di un animale: il canto di Polifemo sembrava come il suono di un asino che ragliasse (o[non a[n ojgka'sqai). Anche il suo equipaggiamento musicale era tutt’altro che appropriato e alquanto rozzo, anzi ferino, e lugubre: la sua lira (hJ phkti;") era infatti formata da un cranio di cervo (kranivon ejlavfou), al posto dei bracci (phvcei") venivano utilizzati i corni (tav kevrata), attaccati così come si trovavano al cranio, erano uniti da un giogo e le

330 Sulla figura di Polifemo in Luciano cf. Perotti 2005.

331 D. mar. 1.3. Vd. Mereu 2007, p.55. Luciano riprende la vicenda narrata da Teocrito nell’idillio XI, in cui il giovane pastore Polifemo è innamorato di Galatea; respinto tuttavia dalla ninfa, sfoga il suo amore cantando e grazie al canto riesce a liberarsi dalla sua passione. Theocr. Id. 11. 13-14 o} de; ta;n Galavteian ajeivdwn / aujto;" ejp j ajiovno" katetavketo fukioevssa"; Id. XI, 17-19 ajlla; to; favrmakon eu|re, kaqezovmeno" d j ejpi; pevtra" / uJyhla'" ej" povnton oJrw'n a[eide toiau'ta. Per le riletture latine del mito di Polifemo e Galatea cf. Pellegrino 2009.

corde erano applicate (ejnavya" ta; neu'ra) senza avvolgerle intorno al bischero, (oujde; kollavboi" peristrevya").

Da questo tetro strumento Polifemo traeva suoni sgraziati e stonati (ejmelwv/dei a[mousovn ti kai; ajpw/dovn), urlando lui stesso (bow'n), o accompagnandosi con la lira (hJ luvra uJphvcei): una tale esibizione suscitava immediatamente il riso (to;n gevlwta) delle ninfe. Doride aggiunge un successivo particolare per svilire ancora di più l’autore della serenata: la stessa Eco, che di solito è molto loquace (lavlo"), non voleva rispondere a quel canto simile al muggito di una mucca (brucomevnw/), e si vergognava che si sapesse che aveva imitato un canto così rozzo e ridicolo (mimoumevnh tracei'an wj/dh;n kai; katagevlaston).

Luciano costruisce la sua descrizione utilizzando tutta l’arte della mixis per distorcere in modo ridicolo la figura di Polifemo: in questo caso irrinunciabile è un confronto con lo strumento a corde costruito da Hermes e descritto nel dialogo divino tra Efesto e Apollo332.

Per sottolineare la natura ferina, agreste e anche grottesca di Polifemo sostituisce, come cassa di risonanza, il guscio di tartaruga con un cranio di cervo; è possibile fare due considerazioni a riguardo: la prima di carattere prettamente musicale e acustico, in quanto la forma concava del carapace della tartaruga permetteva un certo tipo di risonanza alla vibrazione delle corde mentre un cranio di cervo non ha una forma certamente idonea per amplificare il suono delle corde. Una seconda considerazione è legata al carattere selvaggio e incolto che Luciano vuole rilevare nel ciclope: da un lato l’ignoranza musicale di Polifemo sulle leggi che regolano l’acustica, dall’altro il suo legame con il mondo ferino nella scelta di un cervo, animale che peraltro emette un verso poco melodioso, per costruire lo strumento. Una connessione al mondo animale viene data anche dall’utilizzo del termine ta; neu'ra invece di tw`n cordwvn; tutti e due i termini sono attestati nelle fonti333 e fino all’invenzione delle corde in metallo e plastica vengono utilizzate corde di budello per tutti i cordofoni, è probabile però che Luciano utilizzi ta; neu'ra, nervi o budelli animali, per sottolineare ancora di più la natura ferina di Polifemo.

332 D. Deor. 11(7).4. 333 Tonon 2009, p. 77.

Una simile ipotesi può essere applicata per i bracci della lira, sostituiti con le corna del cervo attaccate direttamente al cranio. Spesso i bracci della lira vengono chiamati kevrata, e sono rappresentati simili a corna di ungulati, tuttavia nella gran parte delle raffigurazioni e dei ritrovamenti archeologici sono costituiti da parti di legno lavorato334. L’ultima curiosità lessicale riguarda il vocabolo phkti;" utilizzato per indicare il cordofono di Polifemo. Tale nome, uno dei pochi nomi di strumenti musicali di origine greca, deriva dal verbo phgnuvw che significa fissare o stringere insieme e compare già in autori arcaici come Ancreonte, Saffo e Alceo335. Gli studiosi non hanno potuto riconoscere uno strumento preciso, tuttavia è stato associato spesso alla famiglia delle lire o delle arpe. Questo termine non trova altro riscontro in Luciano che probabilmente lo interpreta come sinonimo di lira per fornire una sfumatura arcaizzante e mitica alla vicenda.

Vale la pena rilevare i contatti e le diversità tra la performance di Polifemo e quelle esibite da Evangelo e Neanto nell’Adversus Idoctum, paradigmatica invettiva lucianea contro chi vuole ostentare velleità culturali o artistiche non essendo tuttavia in possesso di capacità o conoscenze sufficienti.

Secondo Doride Polifemo trae dal suo cordofono suoni sgraziati e stonati, non vi è accenno alcuno alla tecnica di percussione delle corde, il risultato appare però grezzo, letteralmente senza le Muse (a[mousovn) e fuori armonia (ajpw/dovn). Evangelo strimpella con la sua kitharis dorata qualcosa di contrario all’armonia (ajnavrmostovn) e scomposto (ajsuvntakton)336, Neanto invece tocca le corde in modo disordinato (suntaravttein ta;" corda;") poiché è un adolescente rozzo, (a[mouson), inconsapevole delle leggi delle Muse ed inesperto, perché privo di tecnica (a[tecnon)337.

Polifemo prova a cimentarsi anche nel canto, ma non sapendo modulare la propria finisce per urlare alcune note bow'n, Evangelo canta senza grazia ajpovmousovn, al contrario del Ciclope, non ha forza e fermezza nella voce tanto che produce una melodia con un filo di voce a[/dein leptovn. Un riferimento ad un’incapacità vocale simile è ravvisabile in un passaggio del Nigrinus ove

334 Tonon 2009, p. 74, pp. 94-102. 335 Maas 1988, p. 40.

336 Ind. 8. 337 Ind. 10.

Luciano nel riportare a un amico i discorsi del filosofo Nigrino non vuole essere come quegli attori che interpretano ruoli importanti come Agamennone, Creonte o Eracle ma spalancando la bocca (mevga kechnovte") emettono un filo di voce (mikro;n fqevggontai) sottile e femmineo (ijscno;n kai; gunaikw'de")338.

Identiche infine sono le reazioni a tali performances musicali: di fronte all’esecuzione di Polifemo le ninfe non possono trattenere il riso (oujde; katevcein to;n gevlwta ejdunavmeqa), Evangelo suscita una risata in tutti gli spettatori (gevlwta me;n para; pavntwn genevsqai tw'n qeatw'n), mentre Neanto non suscita scherno apparente perché prova la lira di Orfeo in un luogo appartato ed isolato, tuttavia viene sbranato da cani richiamati dalla sua nefasta esibizione, dando luogo ad una ridicola quanto triste similitudine di destino con il cantore trace.

Luciano richiama altre volte, in forma quasi di proverbio o detto popolare l’incapacità legata alla pratica musicale con vari esempi: «suonare l’aulos per chi non lo conosce» (aujlh'sai toi'" ajnauvloi")339, simile alle affermazioni «se un tale, non sapendo suonare l’aulos (ei[ ti" aujlei'n mh; ejpistavmeno"), acquistasse quello di Timoteo o di Ismenia, potrebbe forse suonarlo (a]n dia; tou'to kai; aujlei'n

duvnaito)?»e «non riuscirebbe a suonare, se non avesse imparato (kthsavmeno" aujlhvseien a]n mh; maqwvn), neppure avendo acquistato il flauto di Marsia o di un Olimpo»340.