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IL MERCATO DI CURA PRIVATO

3.3 GLI INCENTIVI AL MERCATO REGOLARE

3.3.2 GLI INCENTIVI DAL LATO DELL’OFFERTA

Dal lato dell’offerta Gori e Da Roit suggeriscono l’adozione di alcune misure a sostegno del care privato, nella fattispecie “contribuire alla riduzione dei costi dei se rvizi, avvicinando le tariffe praticate nel mercato regolare a quelle del sommerso […] -e ancora- incentivare la nascita e lo sviluppo di soggetti che organizzino i lavoratori individuali”20. Weinkopf a questo proposito afferma che il problema delle ridotte possibilità di contatto e scambio di esperienze tra operatori oltre che delle poche opportunità di accedere a corsi di formazione o di veder riconosciuto a livello economico e sociale il proprio lavoro, potrebbe essere affrontato con una netta separazione di ruoli tra datori di lavoro e utenti dei servizi, e la creazione di agenzie che impieghino in prima persona i lavoratori da adibire alle attività di assistenza domestica21. Lo stesso autore rileva però che la presenza di un soggetto che fa da intermediario tra chi eroga e chi riceve il servizio determina costi aggiuntivi al servizio stesso22. Egli auspica che vengano individuate opportunità di incontro tra domanda ed offerta di lavoro tali da garantire, da un lato, accessibilità, flessibilità, garanzie di sicurezza e buona qualità all’utente, dall’altro, una tutela giuridica, occasioni di formazione e riconoscimento sociale al lavoratore, come avviene nel caso francese per mezzo dell’istituzione di agenzie locali per l’impiego, o nel caso tedesco con un tentativo da parte dell’ente pubblico di coordinare misure di natura diversa23.

Solamente un intervento congiunto da parte dell’ente pubblico, sia dal lato della domanda che dell’offerta di servizi, come avviene per il case management che stiamo per presentare, potrebbe portare concretamente allo sviluppo di un mercato regolato dell’assistenza agli anziani non autosufficienti.

3.3.3 IL CASE MANAGEMENT

Un aspetto su cui oggi le amministrazioni pubbliche puntano molto per cercare di conciliare domanda e offerta nel mercato dell’assistenza e aumentare gli effetti positivi che possono derivare da un sistema concorrenziale di fornitura dei servizi nel rispetto delle regole concorrenziali e del mercato del lavoro, è quello di focalizzare l’attenzione sui bisogni e le necessità degli utenti, dando loro un’effettiva possibilità di scelta del percorso di cura con la creazione o il potenziamento degli uffici in cui è presente personale che può aiutare i soggetti nella fase decisionale (i cosiddetti case managers di cui abbiamo parlato in precedenza).

20 In Gori, 2001, p. 308.

21 1998.

22 Op. cit.

Il problema della presenza di operatori qualificati in grado di venire incontro alle esigenze degli utenti è strettamente legato alla disponibilità di risorse che oggi sembrano scarseggiare, soprattutto nel settore dei servizi sociali in cui i risultati e gli effetti degli interventi non sono spesso visibili nell’immediato o misurabili con metodi scientifici che, valutando costi e benefici, possano dire se è conveniente investire nella promozione di servizi di sostegno.

Vi sono molti esempi in Europa di misure volte all’introduzione di case managers in grado di dare un’opportunità di “ voice” oltre che di “ exit” all’utente, di venire incontro alle esigenze delle singole famiglie, di considerare ogni caso a sé, di valutare i bisogni che ogni anziano esprime e progettare con la famiglia percorsi di cura ad hoc24. L’opportunità di scelta dell’utente in questo caso non è più solo quella di cambiare fornitore di servizi nel momento in cui questo non sembra rispondere più alle proprie esigenze (opportunità di exit), ma di poter scegliere già all’inizio il percorso di cura più rispondente alle proprie necessità. Apparentemente potrebbe sembrare, sostiene Ranci, che la figura del case manager limiti la libertà di scelta dell’utente, ma n on bisogna dimenticare che, se la sua attività ha effetti positivi, le prestazioni risultano più adattabili e appropriate delle prestazioni alle esigenze dei singoli25.

Pavolini afferma che in Gran Bretagna è stata introdotta all’interno degli enti locali l a figura del “ service commissioner” che ha anche il compito di valutare i bisogni degli utenti e di svolgere il case management, strumento che ha però un difetto: pur essendo creato per aumentare il potere di scelta dell’utente, talvolta lo diminuisce in q uanto è legato a troppi vincoli burocratici che limitano la libertà di concordare gli interventi con gli utenti26. Anche il Personal Budget olandese prevede una procedura di case management: è presente infatti un ente che valuta ogni caso tenendo conto delle esigenze degli utenti. Così pure avviene in Francia, dove l’erogazione della PSD prevede la stesura di un piano d’intervento.

Pavolini ricorda che il sistema assistenziale tedesco (e anche quello italiano), in cui la maggior parte degli utenti preferisce usufruire di una somma in denaro (sulla quale non si può esercitare un controllo per un uso corretto) piuttosto che di servizi basati sul sistema di accreditamento, sembra non avere bisogno di “investire in figure professionali pubbliche, quali i case managers, che informano gli utenti su quali organizzazioni offrono servizi e a quali standard di qualità”27 (anche se in alcuni Länder tedeschi sono stati istituiti “ pool di servizi” o agenzie con lo scopo di regolarizzare i rapporti di lavoro e provvedere alla formazione del

24 Cfr. Pavolini in Ranci, 2001a, p. 71.

25 2001b.

26 Cfr. Pavolini, op. cit., p. 172.

personale garantendo una migliore qualità dell’offerta28). Questo fatto causa, continua l’autore, un’“asimmetria informativa”, poiché le decisioni prese dagli utenti alla fine si basano su considerazioni il più delle volte legate alla simpatia o gratitudine nei confronti dei soggetti fornitori.

Ranci evidenzia “uno scarto sin troppo evidente tra la numerosità di tentativi messi in atto nei Paesi considerati e la frammentazione che ancora caratterizza il panorama italiano. D’altra parte -continua l’autore - le tendenze demografiche e sociali in atto non sono nel nostro Paese meno evidenti che nel resto d’Europa, anzi per alcuni versi evidenziano una problematicità ancora superiore”29. In altre parole Ranci vuole sottolineare il fatto che la dimensione che il fenomeno dell’assistenza sta assumendo in Italia non è accompagnata da un parallelo sviluppo di politiche sociali che adeguino i circuiti di mercato alle esigenze dei singoli utenti.

Tra le proposte che l’autore fa per migliorare le politich e del settore in Italia, e in particolare per arginare il fenomeno del lavoro irregolare, vi è quella di legare “la distribuzione di cash alla stesura di piani assistenziali individualizzati che trasformino in care il beneficio ottenuto dall’utente”30. Ranci riconosce d’altra parte che per questo tipo di misura esiste una effettiva difficoltà di applicazione e il rischio di eccessiva regolazione e burocratizzazione, che andrebbero a diminuire, se non annullare, gli effetti positivi che dovrebbe avere sul percorso di cura.

3.3.4 L’ARTICOLO 33 DELLA LEGGE N. 189/2002

L’aspetto “sommerso” del lavoro di cura assume un particolare significato se consideriamo che la categoria caregivers retribuiti di cui abbiamo parlato in modo indistinto finora ha assunto negli ultimi anni caratteristiche e compiti di cura inediti rispetto al passato: a svolgere questo lavoro oggi sono soprattutto donne straniere che vivono con il proprio assistito durante tutto il periodo della prestazione lavorativa.

Nel duplice intento di promuovere la regolarità dei rapporti di lavoro nel settore del care e riconoscere l’importanza del ruolo che le assistenti agli anziani ricoprono nel nostro welfare, il Parlamento italiano ha approvato la legge n. 189/2002 sull’immigrazione, cosiddetta “legge Bossi-Fini”. L’articolo 33 di tale legge, di cui parleremo più in dettaglio al termine del capitolo, è stato redatto allo specifico scopo di far emergere tutti i casi di lavoro sommerso all’interno del mercato della cura, poiché nel periodo precedente la stesura della legge il fenomeno

28 Cfr. Castegnaro, 2002a, p. 32.

29 2001b, p. 299.

dell’assistenza in nero ai soggetti non autosufficienti da parte di caregivers a pagamento, nella quasi totalità di origine extracomunitaria, era diventato un fenomeno di dimensioni tali da non poter più essere ignorato da parte del legislatore.

3.4 IL RUOLO DEI LAVORATORI EXTRACOMUNITARI NELL’ATTIVITA` DI

CURA

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