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IL MERCATO DI CURA PRIVATO

3.3 GLI INCENTIVI AL MERCATO REGOLARE

3.4.4 IL MERCATO DEL LAVORO

3.4.6.4 QUANDO INTERVIENE UN CONTRATTO DI LAVORO…

Per le donne cui viene affidata la cura di un corpo anziano, malato, non autosufficiente, il compito di cura è sicuramente più delicato e complesso di quello in cui viene affidata la cura di un bambino che cresce. Spesso il lavoro di assistenza non viene riconosciuto come tale: se consideriamo il tipo di contratto applicato notiamo che esso non è specifico per il lavoro di assistenza continuativa, ma viene applicato quello nazionale per la collaborazione domestica che a mio parere non sembra soddisfare a pieno né le esigenze del lavoratore né quelle del datore di lavoro115.

Esiste una reale difficoltà ad inserire la badante in una delle quattro categorie previste dal contratto per il mancato riconoscimento delle sue eventuali precedenti qualificazioni professionali, e per il fatto che i primi corsi di formazione per la collaborazione domestica in Italia si sono conclusi da poco; inoltre gli orari di lavoro e i riposi settimanali non sono sempre rispettati, essendo l’orario ma ssimo giornaliero di dieci ore. Per le stesse famiglie l’orario costituisce un problema se l’anziano non autosufficiente versa in condizioni gravi, perché necessita di assistenza anche durante le ore in cui l’assistente personale non è presente o non lavora e serve quindi un sostituto alla badante in famiglie spesso già gravate da ingenti spese per la cura del proprio congiunto. Una considerazione simile vale per i 26 giorni all’anno in cui la lavoratrice ha diritto alle ferie pagate, o all’assenza per mala ttia e infortunio, o all’astensione per maternità.

I rapporti tra lavoratrice e Stato, datore di lavoro e Stato, ma soprattutto tra lavoratrice e datore di lavoro, risultano essere complicati in termini di diritti e di doveri poiché la loro relazione non è vincolata solamente ad un contratto di collaborazione domestica, ma anche a fattori relazionali di cui nessuna legge o contratto fanno menzione. La riuscita del progetto migratorio del caregiver dipenderà conseguentemente dalla sua volontà e dalla disponibilità di andare incontro alle esigenze della famiglia, e d’altra parte dal buon senso e dalla sensibilità della famiglia nei confronti dell’assistente.

Nell’applicare le regole stabilite dal contratto di lavoro non sono da sottovalutare elementi come la condizione di estraneità della lavoratrice, sia per il fatto di essere straniera, sia per il fatto di essere estranea alla famiglia che tuttavia la ospita in casa propria, la condizione di

114 Ibidem.

non autosufficienza dell’anziano che dipende totalmente da una pers ona esterna al proprio nucleo familiare, la condizione di datrice di lavoro che una famiglia si trova improvvisamente ad avere, con le conseguenze di dover gestire la casa in funzione dell’anziano e della sua caregiver e dover sostenere spese non indifferenti per il bilancio familiare.

Si crea quindi una complessità di funzioni e di rapporti spesso difficili da distinguere e da gestire, di cui lo Stato sembra farsi carico solo in parte attraverso l’offerta di servizi socio -assistenziali ed erogazioni di denaro.

3.4.7 “REGOLARITA`” E “IRREGOLARITA`”

Gori e Da Roit stimano che il numero di lavoratori stranieri impiegati nell’assistenza domestica sia aumentato tra il 1991 e il 1998 poiché “senza che il numero complessivo di lavoratori regolarmente impiegati nell’assistenza domestica sia sostanzialmente mutato, la quota di lavoratori italiani è passata dall’83,5% al 52,1%116. Anzi, Socci et al. rivelano che il numero assoluto di occupati regolari nel settore è diminuito117. De Vincenti afferma che confrontando i dati Inps con quelli dell’indagine multiscopo 1996 dell’Istat sulle famiglie risulta che nel campo della collaborazione domestica il lavoro non regolare è pari all’80% (oggi i dati potrebbero essere diversi considerando il fatto che nel frattempo ci sono state due regolarizzazioni) 118.

Il cuore del problema, sostiene Castegnaro, è quello della differenza tra costo del lavoro regolare e irregolare. “Le spese che eccedono il puro salario, come quelle per la previdenza, le ferie, le assicurazioni e le malattie, alzando inevitabilmente il costo dei servizi disincentivano la regolarizzazione dei rapporti di lavoro”119.

Il problema della regolarità o irregolarità della posizione lavorativa dell’immigrato implica altri problemi connessi con le politiche migratorie, la condizione abitativa, lavorativa, ecc. Infatti lo studio del mercato della cura deve considerare le politiche nazionali attuate in più ambiti, da quello socio-assistenziale, a quello lavorativo fino a quello migratorio.

I problemi che si vengono a creare soprattutto nei rapporti di lavoro non regolari, aumentano nel caso si tratti di cittadini extracomunitari illegalmente residenti in Italia, ovvero irregolari (cioè stranieri che risiedono nel nostro Paese senza possedere un permesso di soggiorno valido) e clandestini (cioè stranieri entrati in Italia già in situazione di illegalità perché hanno eluso i controlli ai confini), che secondo i dati Caritas sono stimati essere tra il 25

116 In Gori, 2001, p. 286.

117 2001.

1181997.

e il 33% dei soggiornanti regolari, cioè 300-350.000120. All’interno del fenom eno della clandestinità lo Stato riesce difficilmente a identificare la dimensione dei flussi migratori, l’evasione fiscale e lo sfruttamento lavorativo; d’altra parte il lavoratore risulta essere “invisibile” per lo Stato e debole rispetto al proprio dato re di lavoro. In effetti tra gli italiani vi è la convinzione di avere una sorta di licenza di evasione contributiva sui lavoratori immigrati, oltre che la radicata tendenza per i motivi già visti a rivolgersi al mercato irregolare della cura.

All’esercito di lavoratori irregolari in Italia appartengono anche molte assistenti personali, che si sono inserite in un mercato del lavoro informale, flessibile, che dà risposte al bisogno temporaneo di una casa, di un lavoro sicuro col quale si possa guadagnare una discreta somma. “Un progetto migratorio temporaneo -dice Da Roit- potrà indurre ad accettare anche lavori umili e socialmente mal considerati purché ben retribuiti […] l’irregolarità del lavoro è poco rilevante, poiché gli obiettivi fondamentali sono l’ac cumulazione di risorse e il rientro a casa”121. Questo accade soprattutto nel momento in cui la persona arriva in Italia da clandestina e quindi non ha altra possibilità che cercare un lavoro in nero, aspettando il momento propizio di una regolarizzazione per emergere dall’invisibilità.

Per molte famiglie rivolgersi al mercato del lavoro irregolare è quasi una necessità dal momento che le richieste di assistenza continuativa ad anziani sono tantissime e le donne straniere potenziali lavoratrici con regolare permesso di soggiorno sono relativamente poche; inoltre molte di esse, dopo un periodo trascorso a lavorare come aiutanti domiciliari, cercano di trovare un lavoro a ore che consenta di avere più tempo libero.

Il mercato degli irregolari è invece molto folto, poiché gli extracomunitari senza visto d’ingresso continuano ad arrivare nel nostro territorio, pagando spesso migliaia di euro ad intermediari illeciti per poter attraversare senza problemi le frontiere o trovare un impiego. La disponibilità da parte di molte donne clandestine ad accettare rapporti lavorativi non regolari è associata a una innegabile convenienza economica da parte delle famiglie, soprattutto quelle meno abbienti, ad assumere personale in nero.

Il risultato è stato che per lungo tempo queste donne hanno continuato a fare il lavoro di assistenza stando quasi nascoste tra le mura domestiche, prestando attenzione quando uscivano a non essere fermate dalla polizia e augurandosi di non ammalarsi perché non potevano essere curate dai servizi sanitari. L’opinione pubblica, i servizi socio -sanitari, le stesse forze di polizia erano al corrente del fenomeno ma tutti lo ignoravano perché ufficialmente queste lavoratrici non esistevano.

120 2002.

La figura del clandestino non è più dunque associabile alla losca figura del “«maschio minaccioso con la pistola in tasca» -dice Castegnaro- ma ad una donna che ha lasciato la propria famiglia altrove ed è qui per assistere i nostri ‘nonni’”122. “La paga in nero -afferma Morini- è l’esempio più estremo di flessibilità [ …] [in cui] il rapporto si ha solo per negazione”123. Bastarelli ricorda che questa condizione di precarietà e debolezza, e quindi anche di ricattabilità, determina “una preminenza di giudizi positivi nei confronti dei datori di lavoro”, riscontrato anche tra le intervistate che erano alla ricerca di un lavoro124.

La tendenza alla “clandestinizzazione” dell’immigrazione è stata determinata, oltre che da motivi strettamente legati ai flussi migratori, “dalla nascita di un doppio mercato del lavoro, uno per gli stranieri e l’altro per i lavoratori autoctoni”, e da un generale orientamento nel settore dei servizi domestici a mantenere i rapporti su un piano informale125. Nel corso delle regolarizzazioni che sono avvenute durante gli anni ‘90 è emersa l’importanza che i lavori domestici hanno in termini di opportunità di inserimento nel mercato del lavoro per i cittadini stranieri126.

Anche l’attuale classe politica ha riconosciuto, data la dimensione notevole del fenomeno dell’assistenza, l’indispensabilità di questi la voratori per il nostro sistema di welfare e ha cercato di far emergere la loro posizione dalla clandestinità, inserendola in un progetto più ampio di riforma della politica migratoria e di regolazione dei flussi verso l’Italia, chiesto peraltro da più parti (enti locali, Asl, associazioni di volontariato, imprenditori, ecc.), di cui è stato espressione prima il Testo Unico n. 286/1998, e poi la legge n. 189/2002.

3.4.8 LA REGOLARIZZAZIONE DELL’ATTIVITA` DI CURA

La recente legge n. 189/2002 ha affrontato la questione della regolarizzazione della posizione lavorativa delle badanti assieme a quella di colf e lavoratori dipendenti extracomunitari, in modo da far emergere dal mercato del sommerso l’elevata quota di lavoro irregolare presente nel mercato del lavoro.

All’articolo 33 (“dichiarazione di emersione di lavoro irregolare”) il legislatore afferma che “chiunque, nei tre mesi antecedenti la data di entrata in vigore della presente legge, ha occupato alle proprie dipendenze personale di origine extracomunitaria, adibendolo ad attività di assistenza a componenti della famiglia affetti da patologie o handicap che ne limitano l’autosufficienza ovvero al lavoro domestico di sostegno al bisogno familiare, può denunciare,

122 In Famiglia Oggi, 2002, p. 18.

123 2001, p. 20.

124 2000, p. 27.

125 Cfr. Garson in Baronio e Carbone, 2002, p. 26.

entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, la sussistenza del rapporto di lavoro alla prefettura-ufficio territoriale del Governo competente per territorio mediante presentazione della dichiarazione di emersione nelle forme previste dal presente articolo” (comma 1). Ogni famiglia può regolarizzare una colf e un numero illimitato di assistenti familiari, purché vi sia una certificazione della presenza di anziani o disabili in famiglia. Infatti il decreto del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali del 26 agosto 2002 specifica all’art. 3 che non ci sono limiti numerici nella regolarizzazione delle persone adibite all’assistenza familiare a componenti della famiglia affetti da patologie o da handicap.

Il provvedimento è rivolto in pratica a tutti gli extracomunitari clandestini o irregolari, cioè a coloro che sono privi di permesso di soggiorno o sono titolari di un permesso di soggiorno che non consente attività lavorativa o un’attività lavorativa limitata, che nei tre mesi precedenti il 10 settembre 2002 (data di entrata in vigore della legge) hanno svolto lavoro domestico o di assistenza. La sanatoria richiede una dichiarazione congiunta di lavoratore e datore di lavoro per far emergere il rapporto di lavoro irregolare. Il datore di lavoro non è sottoposto in questo caso a sanzioni, se non alla corresponsione della contribuzione previdenziale per i tre mesi di lavoro da regolarizzare, e alla sottoscrizione di un contratto di lavoro che garantisca una retribuzione minima di 439 euro mensili, oltre al pagamento delle spese di viaggio per il rimpatrio del lavoratore al termine del rapporto di lavoro (il contratto non deve essere inferiore ad un anno) e la garanzia di un alloggio idoneo per il dipendente. Dopo la presentazione della dichiarazione di emersione (dal 10 settembre all’11 novembre 2002), il datore di lavoro deve attendere di essere convocato per la stipula del contratto di soggiorno e il rilascio del permesso di soggiorno al lavoratore127.

I dati ufficiali forniti dal Governo relativi al giorno 13 novembre 2002, riportano che il numero totale di domande per la regolarizzazione di colf e badanti consegnate agli uffici postali sono 340.258128.

Tale articolo della legge n. 189/2002 ha suscitato tuttavia non poche perplessità tra gli addetti ai lavori. Innanzitutto possiamo notare da quanto appena riportato che la regolarizzazione della presenza in Italia e la regolarizzazione del rapporto di lavoro sono strettamente legate: se non avviene infatti la regolarizzazione del rapporto di lavoro non si può ottenere il permesso di soggiorno in Italia. Inoltre la regolarizzazione riguarda i rapporti stabilitisi nei tre mesi antecedenti l’entrata in vigore della legge, quindi lascia esclusi quelli che sono iniziati dopo la data del 10 giugno 2002, che sono molti poiché gli stranieri hanno continuato ad arrivare copiosi anche dopo tale data.

127 Cfr. il sito: www.inps.it.

La legge non ha considerato la caratteristica specifica di questo tipo di migrazione, ovvero che almeno per quanto riguarda le donne che giungono dai Paesi dell’est ci sono “strategie migratorie di breve periodo, con rapidi avvicendamenti”, e più in generale frequenti cambiamenti di famiglie che seguono l’andamento dei decessi degli anziani curati129.

Controversa è anche la questione dell’ottenimento del permesso di soggiorno in caso di morte dell’anzi ano assistito durante il periodo di attesa di regolarizzazione; non è nemmeno prevista la possibilità di far ritorno per un breve periodo in patria in attesa della convocazione per firmare il contratto di soggiorno, se non per motivi gravi.

Al di là degli specifici casi di disputa sull’interpretazione delle disposizioni dell’art. 33, rimane un non trascurabile livello di incertezza sul futuro sia da parte delle assistenti personali che non possono permettersi di far scadere il proprio permesso di soggiorno, sia da parte delle famiglie che confidano sul fatto che la loro assistente regolarizzata non se ne vada, pena il riproporsi del problema dell’irregolarità del rapporto di lavoro con la successiva lavoratrice.

A conclusione del capitolo possiamo affermare che il problema della clandestinità e del lavoro irregolare è stato risolto solo in parte da questa legge che “è stata ottenuta a partire dalle esigenze delle famiglie italiane e non delle persone straniere da regolarizzare, partendo dall’esigenza socio -sanitaria di fornire assistenza ai “nostri” anziani e dall’insufficienza delle “nostre” strutture socio -sanitarie, pubbliche e private”130.

129 Cfr. Castegnaro, 2002d, p. 19.

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