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LA RISPOSTE ISTITUZIONALI

2.2 GLI INTERVENTI DI SOSTEGNO ALLA NON AUTOSUFFICIENZA IN EUROPA

2.2.4 PAESI SCANDINAVI

Le misure adottate nei Paesi scandinavi appartengono a un regime di welfare legato più alla fornitura di servizi e ad una sostenuta regolamentazione dell’assistenza. In Finlandia ad esempio il caregiver di un anziano non autosufficiente può essere assunto dalla municipalità (misura adottata già nel 1981) e pagato con un assegno che gli viene dato direttamente. Il criterio di eleggibilità è esclusivamente sulla base del bisogno dell’anziano rispetto ad un valore minimo stabilito25.

2.2.5 DANIMARCA

“In Danimarca le imprese che rientrano nel programma dei ‘serviz i domiciliari’ ricevono un sussidio statale pari al 50% degli stipendi. In questo modo le famiglie pagano dei prezzi di fatto sovvenzionati”26.

2.2.6 OLANDA

In Olanda è stato introdotto un programma di trasferimenti monetari forniti ad utenti con specifiche caratteristiche, detto Personal budget (PB). Questo contributo è inserito dentro un più ampio schema assicurativo di copertura dei costi sanitari particolari detto Algemeine Wet Bijzondere Ziektekosten (AWBZ), che fornisce long-term care in strutture residenziali o con servizi di tipo domiciliare e territoriale. Lo schema assicurativo non è propriamente indirizzato all’assistenza (esiste quindi discrezionalità sugli importi stabiliti annualmente), ma è comunque di grande importanza perché destinato alla cura socio-assistenziale e socio-sanitaria di medio-lungo periodo (che non esiste ad esempio in Italia o altri paesi dell’Europa continentale). Nello specifico il PB ha cercato di incentivare la capacità di scelta dell’utente e dare maggiore flessibilità al compito di cura.

Una particolarità dei criteri di allocazione del trasferimento è che non esistono vincoli di necessità. Inoltre la somma ricevuta assicura la copertura dell’intera spesa sostenuta per l’acquisto di beni e servizi. Rispetto al sistema tede sco, in Olanda la scelta tra trasferimenti monetari (sistema di PB) o servizi (AWBZ) non comporta il conferimento di importi diversi, mentre in Germania lo scarto tra valore economico dei servizi e dei trasferimenti monetari è notevole. Rilevante è il fatto che il Personal budget non venga dato direttamente all’utente, ma venga gestito per la maggior parte dalla Banca di Assicurazione sociale che ha il compito di monitorare il modo in cui la cifra è spesa, assicurandosi che i servizi siano prestati con un contratto regolare di lavoro, questo per evitare la creazione di un mercato sommerso.

25 Cfr. Pavolini in Ranci 2001a, p. 96.

Il problema fondamentale di questo tipo di misura è che la cifra spesa per le persone non autosufficienti ammonta solamente all’1,3% della quota destinata al PB. I cittadi ni continuano quindi a preferire il sistema tradizionale di erogazione dei servizi, esattamente il contrario di quello che accade in Germania. Vi sono altri punti oscuri, quali lo scarso universalismo del programma, la limitata informazione, l’eccessiva bu rocrazia e l’assenza di un servizio di sostegno adeguato per gli utenti27. D’altra parte esistono anche alcuni fattori positivi che si riscontrano nell’uso del sistema di PB: ad esempio la previsione di interventi mirati che cercano di valutare il contesto nel quale è inserito il soggetto, oltre che il suo effettivo bisogno di assistenza, oppure l’alto grado di soddisfazione riscontrato tra coloro che hanno utilizzato il PB.

2.2.7 GRAN BRETAGNA

Per quanto riguarda la situazione della Gran Bretagna, è interessante notare che è il Paese, tra quelli europei, che si è mosso nella direzione della creazione di un vero e proprio mercato sociale già a partire dalla seconda metà degli anni ‘80 sotto la spinta del Governo conservatore di allora28. Il compito di finanziamento dei servizi sociali è stato trasferito agli enti locali con il vincolo di usare l’85% delle risorse a disposizione per l’acquisto di servizi presso fornitori privati. Lo Stato, da parte sua, ha mantenuto una funzione di controllo sugli enti locali.

Il modello del mercato sociale è stato creato grazie all’introduzione di meccanismi competitivi tra fornitori, una separazione netta dei compiti tra fornitori e finanziatori pubblici, l’istituzione di un case management all’interno di ogni ente locale per indirizzare l’utente verso la scelta di servizi rispondenti ai propri bisogni. Questa tendenza a privilegiare il sistema di mercato è stato portato avanti negli anni anche dall’attuale Governo laburista, anche se in forma più leggera.

Dal 1997 è stato introdotto il meccanismo facoltativo del direct payment, ovvero la possibilità per gli utenti di decidere il tipo di assistenza che vogliono ricevere grazie a un trasferimento monetario che viene dato dopo che l’ente locale ha valutato il grado di bisogno ed è usato per pagare le spese dei servizi domiciliari e territoriali, escludendo quelli residenziali e il pagamento dei caregivers conviventi. L’utente può comunque scegliere di associare i trasferimenti monetari (del cui uso è responsabile sotto il profilo legale) con la fruizione di servizi.

Questo nuovo sistema ha visto una crescita sostenuta dei servizi per anziani, soprattutto di quelli intensivi a domicilio, e più in generale della prassi del convenzionamento nella gestione dei servizi unite al rafforzamento della figura del case manager (anche se la funzione

27 Cfr. Pavolini in Ranci, 2001b.

resta ancora poco sviluppata). D’altra parte però è richiesta all’utente una partecipazione ai costi sostenuti dagli enti locali, che hanno principalmente le funzioni di supporto degli utenti e regolazione dell’attività dei fornitori (soprattutto privati), e di enabling, cioè di rendere i servizi idonei alle esigenze dei cittadini grazie all’aumento del numero di assistenti sociali e di dirigenti dei servizi all’interno degli uffici29.

Si sta quindi delineando in Gran Bretagna un modello di mercato sociale che ha il proprio punto di forza nelle organizzazioni private che forniscono servizi di tipo intensivo per persone con ampie difficoltà di autosufficienza. Il modello di mercato sociale inglese è sostanzialmente simile al modello di welfare che si sta delineando in Italia: anche da noi è avvenuto infatti un passaggio graduale da un sistema di gestione pubblica a uno misto, con una diminuzione parziale degli operatori pubblici e una crescita del ruolo dei privati30.

2.3 CONSIDERAZIONI SULLO SVILUPPO DEI MERCATI SOCIALI

Complessivamente possiamo individuare, a livello europeo, due modelli principali di politiche per il sostegno alla cura: da una parte l’assicurazione obbligatoria che offre a tutti una protezione contro il rischio di non autosufficienza: è il caso di Germania e Olanda. D’altra parte c’è un modello, rintracciabile principalmente in Francia o in Gran Bretagna, che fa derivare le risorse (della cui distribuzione sono responsabili gli enti locali) dalla fiscalità generale e con un criterio di eleggibilità basato sulla “prova dei mezzi” ( means tested). Per l’Italia il discorso è un po’ diverso, in quanto da noi non esiste un vero e proprio programma generale che copra in modo uniforme su tutta la penisola il bisogno di cura. L’assistenza ai soggetti non autosufficienti è affidata piuttosto a programmi pubblici assai frammentati e differenti da Regione a Regione, e soprattutto all’impegno delle famiglie31.

Senza considerare nello specifico l’orie ntamento politico che porta un Governo ad adottare un provvedimento piuttosto che un altro o l’orientamento culturale di fondo presente in un sistema di welfare, possiamo dire che negli ultimi anni i Paesi europei hanno attuato politiche assistenziali e sociali che cercano di creare maggiore flessibilità nella fornitura di servizi adattabili alle esigenze dei singoli cittadini secondo il loro livello di bisogno, oltre a dare all’utente un maggiore potere di scelta tra fornitori di servizi accreditati in co mpetizione.

Assegni di cura, vouchers, assicurazioni sociali, assunzioni di caregivers, sono solo alcuni degli strumenti adottati nei diversi Paesi europei per indicare l’orientamento progressivo

29 Wistow et al., 1994.

30 Cfr. Pavolini in Ranci, 2001b.

verso la costruzione di mercati sociali a fronte di bisogni che si fanno crescenti nel settore dell’assistenza. L’assegno di cura che troviamo nel welfare italiano (introdotto in varie realtà regionali anche se in tempi differenti) è rintracciabile in Austria, anche se qui non esistono soglie minime di reddito necessarie per potervi accedere; il voucher è in un certo senso comparabile allo chèque emploi service francese.

Ogni Paese europeo si caratterizza per una differente capacità di coniugare cura e occupazione, orientandosi rispettivamente più verso un modello “assistenziale” oppure “occupazionale” 32. Pavolini ha individuato cinque aree sociali con caratteristiche proprie: le aree “scandinava” e “anglosassone”, orientate verso un modello occupazionale di intensità debole, che prevede un “mix fra misure di sostegn o alla domanda e misure di sostegno all’offerta, tramite agevolazioni fiscali e crediti per l’avvio di imprese”; l’area “continentale germanica” (Germania ed Austria) che appartiene al modello assistenziale di intensità forte; l’area “mediterranea” (Itali a, Spagna, Grecia, Portogallo) che appartiene al modello assistenziale di intensità debole, in cui gli interventi sono maggiormente rivolti a sostenere la domanda di cura con modalità che non sempre richiedono la presenza di un rapporto di lavoro regolare.

Nell’area mediterranea il lavoro irregolare è molto più presente rispetto alle altre aree europee e socialmente molto più accettato, risultando essere un aspetto “quasi naturale” del mercato del lavoro. In Italia il lavoro sommerso e la disoccupazione sono tuttora presenti in misura rilevante all’interno del mercato del lavoro, e d’altra parte non si è ancora sviluppata sufficientemente una cultura dei servizi. Il modello di welfare italiano rientra perciò a pieno titolo nel modello assistenziale in quanto i programmi di sostegno al lavoro di cura sono rivolti principalmente alla promozione dell’assistenza privata33.

Per Francia e Benelux, ovvero i Paesi dell’area “continentale francofona”, Pavolini parla di “modello integrato” in quanto, pur partendo da un modello occupazionale, si sono indirizzati verso politiche di tipo più assistenziale34.

La seguente tabella riassume la configurazione complessiva delle politiche

socio-assistenziali per i soggetti non autosufficienti nel panorama europeo considerando il ruolo dei vari attori sociali e seguendone la linea di sviluppo storico:

32 Cfr. Pavolini in Gori, 2002b, p. 146 e segg.

33 Pavolini, op. cit., p. 168.

Tab. 2.1

Periodo storico Fine anni sessanta- anni

settanta

Anni ottanta- metà anni novanta

Seconda metà anni novanta- oggi

Tipo di politica Politiche di innovazione

istituzionale Politiche di welfare mix

Politiche per il lavoro nel care privato Deistituzionalizzazione e inclusione sociale Coinvolgimento terzo settore Contenuti Coinvolgimento utenti e famiglie più attori a scopo di lucro Tratto da: Gori, 2002b, p. 142.

Nel nostro Paese l’impegno del settore pubblico nei servizi socio -assistenziali rimane modesto, in quanto “la spesa pubblica per servizi alle famiglie incide attualmente per un misero 0,04% sul prodotto interno lordo italiano, contro lo 0,37% della Francia, lo 0,54% della Germania, e valori ancora più elevati per i Paesi scandinavi”35. Lo Stato fornisce assistenza ai soggetti più deboli soltanto in via secondaria rispetto all’impegno espresso dalle reti informali, che rivela la persistenza di una cultura di tipo familista in cui il ricorso “all’esternalizzazione della cura [avviene] soltanto quando emergono ‘soglie di bisogno’ più elevate di quanto si verificherebbe in una cultura in cui sia più legittimata la delega di alcune funzioni di cura”36.

Sebbene negli ultimi anni le politiche pubbliche siano intervenute a questo proposito cercando di offrire incentivi dal lato della domanda di care con trasferimenti monetari, lo sviluppo dei mercati sociali in Europa e soprattutto in Italia rimane molto al di sotto delle potenzialità. L’offerta di servizi rischia di non essere sufficientemente presente proprio là dove ci sono maggiori necessità di interventi assistenziali, cioè tra le persone che per mancanza di conoscenze, di mezzi economici e sociali, più difficilmente riescono ad accedere ai servizi di cura offerti sul territorio e affidano l’attività di care alle risorse familiari (spesso non sono sufficienti a far fronte ai bisogni del soggetto non autosufficiente) o al mercato privato di prestatori d’opera indiv iduali, in cui non sempre sono garantiti gli standard minimi di qualità e i diritti dell’anziano e del lavoratore. Infatti nella maggior parte dei casi in cui l’assistenza si svolge in famiglia o nel mercato privato i trasferimenti monetari rivolti all’anz iano sono

35 Cfr. Ambrosini in Famiglia Oggi, 2002, p. 9.

utilizzati come compenso per il caregiver con il risultato di incentivare ulteriormente l’assistenza informale e il lavoro sommerso.

CAPITOLO 3

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