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Incidenza della struttura complessa dell'obbligazione nella nascita degli obblighi di protezione

La nozione di obbligazione come rapporto complesso è stata introdotta nella dottrina italiana sulla scorta delle teorie tedesche sul punto, ed ha portato ad una nuova visione della struttura del rapporto obbligatorio70. Secondo tale filone

dottrinale, che in Germania costituisce la quasi totalità della letteratura in tema di obbligazioni, l'obbligazione non è un rapporto a struttura lineare ai cui estremi si posizionano le figure del creditore e del debitore. Essa è invece rappresentabile come una struttura complessa nella quale, al nucleo costituito dall'obbligo primario di prestazione, si affiancano una serie di obblighi collaterali o accessori, la cui funzione è quella di guidare il rapporto obbligatorio verso quel risultato utile che di per sé stesso è diretto a realizzare. Per giungere a tale conclusione, si parte dalla idea di fondo che l'utilità del risultato finale non riguardi solo il creditore, il quale ha diritto a conseguire la prestazione, ma anche il debitore, il quale ha l'interesse all'estinzione del

vinculum iuris. Questi obblighi, a differenza dell'obbligo principale di prestazione,

possono gravare su ambedue le parti del rapporto obbligatorio71.

70 In realtà, una prima distinzione ante litteram tra obbligo principale e obblighi accessori pare essere fornita da A. ASQUINI, La responsabilità del vettore per infortunio del viaggiatore, in Riv. dir.

comm., 1919, II, pp. 359 ss., il quale rileva che “il debitore di un'obbligazione è tenuto a tutte le

obbligazioni accessorie che rappresentano il mezzo necessario per il raggiungimento dello scopo economico dell'obbligazione principale”. In particolare, egli osserva che “le obbligazioni accessorie cui si allude devono essenzialmente comprendere l'obbligazione di curare l'incolumità della persona umana durante l'intero svolgimento del rapporto”. Tale prospettazione subisce l'influsso delle obligations de sécurité francesi, elaborate attorno agli anni 1911/1913 nell'ambito proprio del rapporto tra vettore e cliente trasportato. Per un quadro generale della materia, v. F. TERRÉ – P. SIMLER – Y. LEQUETTE, Droit civil, Les obligations, Paris, 2002, p. 544 ss.

71 E. STAUB, Die positiven Vertragsverletzungen und ihre Rechtsfolgen, in Festschr. F. den XXVI

Deutschen Juristentag, 1902, passim, tradotta in italiano da G. Varanese, col titolo di Le violazioni positive del contratto, con prefazione di R. Favale, Napoli, 2001, passim. La soluzione propugnata

da Staub venne ripresa ha Heirich Stoll che, senza negare il giudizio di carenza normativa in materia di inadempimento nell'ordinamento tedesco, considera l'indagine sul comportamento del debitore insufficiente per risolvere il problema messo in luce da Staub. Egli suggerisce una soluzione dogmaticamente più completa muovendo dagli interessi che entrano in gioco nel rapporto

Tale ricostruzione, qui semplificata nelle sue linee essenziali, non è ancora integralmente accolta dalla dottrina più tradizionale. Essa rimane fedele alla concezione di stampo romanistico dell'obbligazione come semplice scambio delle prestazioni. Secondo questi autori, tali doveri, lungi dal porsi come obblighi accessori con autonomia di contenuto e di oggetto, o costituiscono niente più che specificazioni dell'obbligazione, il cui contenuto unitario si determina in relazione alla natura della prestazione ed alle modalità di esecuzione, oppure si traducono in puri e semplici oneri, cioè limiti formali riguardanti l'esercizio di un diritto, i quali non sono immediatamente deducibili dalla normativa di correttezza ma vengono esplicitamente previsti da singole disposizioni di legge ad essa ispirate72.

Tale inquadramento è stato criticato dalla dottrina ormai maggioritaria, la quale ha superato le critiche che negano l'autonomia degli obblighi di protezione, accogliendo la teoria della buona fede con funzione integrativa73.

Il fondamento positivo dell'obbligazione come struttura complessa trova giustificazione già nell'art. 1175 c.c., inserito nelle “disposizioni preliminari” al titolo I del libro IV, rubricato “Delle obbligazioni in generale”74. A questa disposizione ne

obbligatorio. All'interno di questa struttura giuridica, vi è da un lato l'interesse alla prestazione, e dall'altro l'interesse del creditore e del debitore a non subire lesioni alla propria persona o alle proprie cose (Schutzinteresse).Il primo viene soddisfatto mediante obblighi di prestazione

(Leistungspflichten), che si determinano attraverso il contenuto dell'obbligazione, mentre il secondo

viene salvaguardato mediante obblighi di protezione, originati dalla regola di buona fede (Treu und

Glauben) dettata dal § 242 BGB, ed aventi per contenuto un facere o non facere a seconda

dell'esigenza di tutela destata dalla sfera giuridica della controparte. Così, H. STOLL, Abschied von

der Lehre von der positiven Vertragsverletzung, in Arch. Civ. Pr. 136, 1932, 288. Per una

ricostruzione completa della dottrina tedesca sulle violazioni contrattuali positive (positive

Vertragsverletzungen) come genesi degli obblighi di protezione (Schutzpflichten), v. L. LAMBO, Gli obblighi di protezione, Padova, 2007, pp. 30-66.

72 Le critiche sono state così riassunte da L. BIGLIAZZI GERI, voce Buona fede (dir. civ.), in Dig.

disc. priv., sez. civ., II, Torino, 1988, p. 171. In questo senso, v. U. BRECCIA, Le obbligazioni, cit.,

pp. 355 ss.; U. NATOLI, L'attuazione del rapporto obbligatorio, cit., pp. 17 ss.; C.M. BIANCA,

Dell'inadempimento delle obbligazioni, in Commentario codice civile Scialoja – Branca, Artt. 1218-1219, Bologna-Roma, 1993, pp. 35 ss.

73 E. BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, I, Milano, 1953, pp. 68 ss.; L. MENGONI,

Obbligazioni di “risultato” e obbligazioni di “mezzi”, (Studio critico), in Riv. dir. comm., 1954, I,

p. 368; G. F. MANCINI, La responsabilità contrattuale del prestatore di lavoro, Milano, 1957, 87 ss.; U. MAJELLO, Custodia e deposito, Napoli, 1958, pp. 55 ss.; F. BENATTI, Osservazioni in

tema di “doveri di protezione”, in Riv. trim. dir. proc., 1960, pp. 1342 ss.; ID, voce Doveri di protezione, in Dig. disc. priv., sez. civ., VII, Torino, 1991, pp. 221 ss.; G. VISINTINI, La responsabilità contrattuale, Napoli, 1979, p. 158; C. CASTRONOVO, Obblighi di protezione e tutela del terzo, in Jus, 1976, p. 123 ss.; F. CARUSI, voce Correttezza (obblighi di), in Enc. dir.,

Milano, 1962, p. 711 ss.; A. DI MAJO, Delle obbligazioni in generale. Artt. 1173-1176, in

Commentario Scialoja-Branca, Libro IV delle Obbligazioni, Bologna, 1988, p. 121 ss.; S.

CICARELLO, Dovere di protezione e valore della persona, Milano, 1988, cui si rinvia per altri riferimenti.

seguono altre in ambito contrattuale, ed in particolare agli artt. 1366 e 1375 c.c. che vengono considerati come una specificazione più puntuale del dovere di buona fede nelle obbligazioni derivanti da contratto.

Come è noto, la dottrina tedesca ha scelto una suddivisione degli obblighi in oggetto sulla base del loro contenuto, mentre quella italiana ha preferito una distinzione più essenziale elaborata in termini funzionali75. In proposito, si

individuano tre categorie: obblighi secondari di omissione, obblighi integrativi strumentali e di obblighi di protezione. I primi sono considerati nient'altro che il rovescio dell'obbligo positivo di prestazione. I secondi sono volti all'approntamento di quanto è necessario od opportuno per l'esatto adempimento. Gli obblighi di protezione, che sono quelli che maggiormente interessano in questa sede, insistono su ciascuna parte del rapporto obbligatorio, ed hanno la finalità di permettere la loro conservazione della sfera giuridica, a tutela delle possibili lesioni che possono verificarsi con maggiore probabilità a causa dell'esistenza stessa del rapporto obbligatorio.

Fornita questa preliminare definizione degli obblighi di protezione, si rende ora necessario definire la loro posizione rispetto all'obbligo principale di prestazione. Secondo l'anticipazione già fornita, gli obblighi secondari di omissione rappresentano l'aspetto negativo della prestazione, mentre gli obblighi integrativi strumentali costituiscono una specificazione di quest'ultima. Da essi differiscono gli obblighi di protezione, perché sono gli unici che possono essere considerati degli obblighi accessori ed in quanto tali autenticamente autonomi rispetto all'obbligazione principale76.

cit., pp. 185 ss, 280 ss, 366 ss, gli obblighi in questione e la reciprocità dei medesimi non avrebbe potuto trovare in sede normativa riconoscimento più chiaro di quello che si rinviene nell'art. 1175 c.c.

Altri hanno messo in luce (G. STOLFI, Il principio di buona fede, in Riv. dir. comm., 1964, I, p. 166) che "il legislatore – prima di riprodurre la vecchia norma sulla diligenza del buon padre di famiglia che è imposta all'obbligato – ha avuto cura di redigere una disposizione senza precedenti(...), sancendo nell'art. 1175 c.c. Che il debitore ed il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza" con ciò prevedendosi"per la prima volta (...) che il comportamento non solo dell'obbligato, ma anche dell'avente diritto soggiace ad un medesimo criterio di valutazione".

75 Da ultimo, v. J. ESSER – E. SCHMIDT, Schldrecht. Allgemeiner Teil, I, Heildelberg – Karlsruhe, 1976, pp. 38 ss. e II, 1977, 103 ss., così come richiamato da C. CASTRONOVO, voce Obblighi di

protezione, cit., p. 1; E.BETTI, Teoria generale delle obbligazioni, cit., pp. 99 ss.; L. MENGONI, Obbligazioni "di risultato" e obbligazioni "di mezzi", cit., pp. 185; 280 ss.; 366 ss.

Come già accennato, gli obblighi di protezione trovano la loro origine nella dottrina tedesca, quando Rudolf von Jhering elabora una delle più importanti novità della civilistica moderna: la culpa in contrahendo. Tale espressione non è conosciuta dalla fonti romanistiche, e nella nuova sistematica viene collocata all'interno della responsabilità precontrattuale. Jhering si trova ad affrontare una lacuna dell'ordinamento, poiché le ipotesi di comportamento scorretto in sede precontrattuale non sembrano consentire né la sanzione contrattuale né quella extracontrattuale. Partendo da tale vuoto di tutela, egli elabora l'obbligo di comportarsi secondo buona fede nella fase delle trattative, che viene limitato al dovere di comunicare all'altra parte la presenza di eventuali cause di invalidità del contratto, regola oggi recepita all'interno dell'ordinamento italiano agli artt. 1337 e 1338 c.c. Attraverso questi articoli viene per la prima volta affermata la responsabilità anche in assenza di un contratto valido, presupposto essenziale per il riconoscimento della responsabilità contrattuale77.

Attraverso la culpa in contrahendo si viene così a creare un primo collegamento tra quello che è già un danno e ciò che non è ancora divenuto un contratto. Ne deriva un modello di responsabilità ibrido perché assume le caratteristiche funzionali di quella contrattuale, mentre i presupposti sono tipicamente extracontrattuali. A seguito di tale sviluppo teorico, nella pratica si verifica l'effetto di ascrive all'area del contratto una responsabilità i cui elementi caratteristici sono quelli della tutela extracontrattuale. L'innovazione è evidente, poiché se si fossero seguiti gli orientamenti sino ad allora impartiti si sarebbe dovuta applicare la disciplina dei rapporti tra estranei anziché quella dei rapporti tra le parti.

Altra dottrina tedesca, dedicandosi più specificamente agli obblighi di protezione, sostiene che la lesione di questi ultimi non è altro che una violazione dell'alterum non laedere iscritta nell'area contrattuale.

Se queste due posizioni vengono viste in un unico quadro d'insieme, fanno emergere una nuova prospettiva. Infatti, dal momento in cui si iniziano le trattative, e fino alla completa attuazione del rapporto obbligatorio che ne è derivato, il fatto illecito di una parte nei confronti dell'altra da origine a responsabilità contrattuale. Il

77 Allo stesso risultato si perviene in caso di danno meramente patrimoniale, che ricopre ipotesi diverse dalla lesione di entità tangibili come i beni o l'integrità personale della controparte, che secondo la visione allora dominante costituiva il presupposto della responsabilità aquiliana.

modello che ne deriva si differenzia, come anticipato, da quello di tradizione romanistica secondo il quale la responsabilità ex contractu è destinata a sanzionare esclusivamente l'inadempimento dell'obbligo di pura prestazione. Resta comunque il fatto che la responsabilità contrattuale ha un'area di applicazione più ampia rispetto a quella precontrattuale, poiché quest'ultima è diretta a tutelare solo l'interesse patrimoniale generico della controparte durante le trattative. La responsabilità contrattuale, invece, alla lesione dell'interesse patrimoniale specifico individuato dall'oggetto del contratto (o bargain secondo la terminologia anglosassone), affianca la tutela contro le violazioni degli obblighi di protezione che, come visto prima, indicano una lesione dell'interesse patrimoniale generico78.

Prendendo spunto dalla dottrina tedesca, occorre adesso verificare se anche nel nostro ordinamento vi siano elementi che permettono di affermare che il rapporto obbligatorio ha effettivamente una struttura complessa. Si potrà giungere ad una conclusione positiva solo dopo aver verificato l'esistenza di obblighi di protezione accanto all'obbligo primario di prestazione. Come già anticipato, la risposta pare essere affermativa e trova nell'art. 1175 c.c. il suo fondamentale basamento. Questa norma va inquadrata in una visione che comprende anche gli artt. 1337, 1366 e 1375 c.c., che statuiscono per entrambe le parti il dovere di comportarsi secondo le regole della correttezza. Più in particolare, l'art. 1337 c.c. richiede il comportamento secondo buona fede nella fase precontrattuale; l'art. 1375 prescrive l'osservanza della buona fede nell'esecuzione del contratto (c.d. bona fides in executivis), e l'art. 1366 c.c. consacra il ruolo integrativo del contenuto del contratto della buona fede.

Queste disposizioni indicano con chiarezza che il rapporto obbligatorio non è costituito dalla sola obbligazione, e che il contratto non è un semplice affare che le parti hanno voluto sancire attraverso un vincolo. L'obbligazione, sia essa generata da un contratto o da un'altra fonte, non vive separata dalla sfera giuridica delle parti

78 Sulle categorie di origine tedesca C. CASTRONOVO, voce Obblighi di protezione, cit., pp. 2 ss, il quale afferma che "pur accomunabili sotto il profilo del risultato come categorie di un disegno storico che all'analisi ex post si rileva oggettivamnte unitario, culpa in contrahendo e

Schutzpflichten generano da punti di partenza diversi, mentre Jhering cerca di rispondere

positivamente ad un alcuna della responsabilità aquiliana tedesca (ndr tipicità illecito), i doveri di protezione sono il frutto maturo di una elaborazione sollecitata mezzo secolo più tardi da una lacuna della disciplina dedicata dal codice civile germanico, il BGB, alla responsabilità contrattuale. In esso manca ancora oggi una previsione per le violazioni contrattuali positive (positive Vertragsverletzungen), secondo l'espressione di Hermann Staub che le mise in evidenza), le ipotesi cioè in cui il debitore, pur non essendo in mora nè avendo causato l'impossibilità della prestazione, ponga in essere dei comportamenti contrari all'attuazione dell'obbligo".

contraenti, ragion per cui gli interessi di cui esse sono portatrici vengono tutelati secondo lo stesso modello che è previsto per l'inadempimento.

Se gli obblighi di protezione estendono la tutela contrattuale alla sfera soggettiva delle parti nel loro complesso, la loro funzione è sostanzialmente analoga al principio del neminem laedere che presiede all'area dell'illecito aquiliano. Ne consegue che la loro violazione è attratta al regime della responsabilità contrattuale, proprio perché deriva dalla violazione di un obbligo.

L'autonomia degli obblighi di protezione non si esplica solo sul piano funzionale, ma anche su quello strutturale. Su questo punto il panorama dottrinale si presenta composito. In primo luogo è affermato con frequenza che la fonte degli obblighi di protezione è il contratto stesso, dove essi si pongono come effetti integrativi79. Altri invece sostengono che la natura degli obblighi di protezione è in

ogni caso di fonte legale, come si avrà modo di osservare quando affronteremo il contratto con effetti protettivi per i terzi80. Al momento si può anticipare

l'affermazione secondo la quale gli obblighi di protezione sono il frutto dell'integrazione del rapporto obbligatorio generata dalla correttezza, in ossequio al principio di solidarietà costituzionale81. Essi trovano la loro fonte direttamente nella

legge, come già avviene per il rapporto obbligatorio in generale, e non solo per il contratto.

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