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Le problematiche e le soluzioni offerte dalla travagliata evoluzione delle regole della law of torts anglo-americana rivelano una notevole vicinanza con le problematiche proprie della responsabilità civile italiana, pur basandosi su istituti e tradizioni differenti. Questo sembra dimostrare che, pur rovesciando gli schemi tradizionali di un particolare ordinamento, o addirittura quelli di un sistema giuridico, e nonostante la differenza di punti di partenza, esistono identiche tendenze a tutelare nello stesso modo certi interessi socialmente rilevanti.

In particolare, per i fini che a noi maggiormente interessano, pare opportuno analizzare più dettagliatamente la figura della diligenza. Come si è avuto modo di accennare, il sistema nordamericano ha posto proprio la diligenza a fondamento della responsabilità400. Essa è, in virtù della sua fluidità, genericità ed adattabilità, lo

è l'esempio più fulgido essendo utilizzato come extrema ratio. In secondo luogo è opportuno ricordare che è lo Stato a garantire la sicurezza dei cittadini attraverso le forze di polizia ed

intelligence, e la sicurezza privata richiesta ai privati (ad esempio le guardie giurate nei grandi

centri commerciali o negli esercizi commerciali ubicati in un quartiere con un alto tasso di criminalità) è soltanto un supplemento che si rende eccezionalmente necessario alla luce della situazione concreta. Le considerazioni dell'Autore paiono invece cogliere nel segno se si intende la

enterprise liability come uno strumento di responsabilizzazione sociale delle imprese, tanto da

renderle concorrenti con lo Stato per prevenire eventi lesivi dei soggetti a loro più direttamente vicini.

400V. infra, pr. 1. Per tutti,ingiurisprudenza v. Heaven v. Pender, cit.; Donoghue v. Stevenson, cit. Tra i numerosi contributi dottrinali, in particolare v. P. H. WINFIELD, The History of Negligence in the

Law of Torts, cit., pp. 184 ss.; A.T. STREET, The Foundations of Legal Liability, I, N.Y. Northport,

1906, pp. XXV ss.; W. L. PROSSER, The Law of Torts, cit., pp. 142 ss.; FILES, On Treatment of

Negligence, in Digest English Civil Law, s.l., 1910, pp. 545 ss.; C. O. GREGORY, Trespass to Negligence to Absolute Liability, 37 (1951) Va. L. Rev., pp. 359 ss.; J. H. WIGMORE, Responsability for Tortious Acts: Its History, in 7 (1894) Harv. L. Rev., pp. 315, 441, 453; J. B.

AMES, History of Assumpsit, in 2 (1888) Harv. L. Rev., pp. 1 ss.; G. WILLIAMS, The aims of the

Law of Torts, in 4 (1951) Curr. Leg. Probl., pp. 152 ss.; N. ARTERBURN, The Origin and First Test of Public Callings, in 75 (1927) U. Pa. L. Rev., pp. 411 ss.; F. H. BOHLEN, The Basis of Affirmative Obligation in the Law of Torts, in 53 (1905) Am. L. Reg., N.S. pp. 209, 293; D. PAYNE, The Tort of Negligence, in 6 (1953) Curr. Leg. Probl., pp. 236 ss.; J. CHARLESWORTH, On Negligence a cura di R. A. Persy, London, 1962, n. 1 ss; M. A. MILLNER, Negligence in Modern Law, London, 1971, passim.

Numerosi sono anche gli studi dedicati a questo tema dalla dottrina italiana: per un approccio preliminare v. M. BESSONE, Responsabilità per negligence e teoria dell'illecito (Del caso

strumento più idoneo per garantire tutela giuridica ad interessi nuovi che vengano considerati rilevanti dall'ordinamento attraverso la manipolazione controllata del duty

of care, della sua violazione e del danno401.

Modificando l'approccio strettamente casistico e rimediale tipico del common

law, il tort di negligence non si caratterizza per l'offesa di un peculiare bene, ma

connota al contrario un comportamento che in astratto può risultare lesivo di un numero indeterminato di beni. Esso deve essere separato dalla sua connotazione soggettiva che lo qualifica come elemento psicologico (frame of mind), accezione che lo avvicinerebbe alla culpa romana. Infatti, il tort di negligence individua un comportamento che risulta irragionevolmente pericoloso per i terzi, indipendentemente dall'interesse che l'evento dannoso abbia pregiudicato.

Come già detto in precedenza, nelle motivazioni del caso Heaven v. Pender il giudice Brett ha enunciato il principio secondo cui “quando un soggetto si trova in rapporto ad altri in una situazione tale da far ritenere a individui normali che se non avesse utilizzato diligenza ed abilità usuali avrebbe causato pericoli e danni alle persone o alle cose in proprietà, sorge un dovere di far impiego della diligenza e abilità usuale per evitare quel pericolo”402. Così enunciato, il principio generale di alterum non laedere viene specificato dalla diligenza, parametro attraverso il quale

valutare il comportamento dell'agente403.

Per pervenire ad un giudizio di responsabilità, si devono risolvere principalmente tre questioni: a) ragionevolezza del comportamento dell'agente (reasonableness); b) prevedibilità del danno (foreseeability); c) inosservanza del dovere di diligenza (breach of duty of care)404.

L'elaborazione del concetto di reasonable man adempie una funzione precisa. Tradizionalmente si insegna che la reasonable conduct è la condotta dell'uomo medio in ogni particolare circostanza, incluse quelle in cui la legge lo rende destinatario di adempimenti vincolanti. In realtà, la figura del reasonable man consente al giudice di

TESAURO – G. RECCHIA, Torts, voce del Noviss. dig. it., vol XIX, Torino, 1973, pp. 418 ss.; G. ALPA, Responsabilità dell'impresa e tutela del consumatore, Milano, 1975, pp. 383 ss.

401M. A. MILLNER, Negligence in Modern Law, cit., p. 2. 402Heaven v. Pender, cit.

403A ben considerare, i concetti di diligence e care sono perfettamente sovrapponibili al concetto di

diligentia della tradizione romanistica.

404Tale impostazione è fornita da R. V. M. DIAS, The Breach Problem and the Duty of Care, in 30 (1956) Tul. L. Rev., pp. 402 ss.

compiere una doppia operazione. Da un lato essa fornisce un metro di valutazione della diligenza dell'agente che si deve adeguare alla normalità dei comportamenti dei singoli, in considerazione delle circostanze di specie. Dall'altro isola un criterio di apprezzamento della diligenza commisurato sulla base del costo economico del rischio che l'agente si è assunto, comportandosi in quel modo, e del costo che avrebbe dovuto assumere se si fosse comportato diligentemente.

Negli Stati Uniti, la diligence richiesta nella vita quotidiana è quella della

reasonable person of ordinary prudence, che deve essere valutata secondo le

particolari circostanze del caso concreto405. Per la definizione teorica di tale figura si

405Il Restatement (Second) of Torts, § 283, Comment c, spiega che è stato scelto lo standard della

reasonable person come parametro per la diligenza ordinaria perchè garantisce "sufficient flexibility, and leeway, to permit due allowance to be made.. for all of the particular circumstances of the case which may reasonably affect the conduct required". Nella necessità di trovare un

parametro uniforme per la valutazione della negligenza, da applicare nell'infinità varietà di situazioni che possono verificarsi, la comunità deve affidarsi ad uno standard che sia esterno ed oggettivo. In giurisprudenza, v. Vaughan v. Menlove, 1837, 3 Bing.N.C. 468, 475, 132 Eng.Rep. 490, 492; Massey v. Scripter, 1977, 401 Mich. 385, 258 N.W.2d 44. Per fare ciò, le corti hanno dovuto affrontare la difficoltà di creare il parametro della reasonable person of ordinary prudence, la cui applicazione concreta si rinviene in modo paradigmatico in una sentenza della Court of Appeals of New York nel caso Bethel v. New York City Transit Authority, 92 N.Y.2d 348, 703 N.E.2d 1214, 681 N.Y.S.2d 201. In dottrina, v. anche H. HARPER, F. JAMES, JR. & O. GRAY,

The law of Torts, Boston, 1986, pp. 389-390, dove si approfondisce il concetto di reasonable person,

chiarendo che con esso si indica il modo in cui una "reasonably prudent person", dotato di comuni conoscenze ed abilità, agirebbe nella particolare circostanza. Per una panoramica più completa sul parametro dell'uomo prudente, cfr. L. GREEN, The Negligence Issue, 1928, 37 Yale L.J. 1029, ristampato in Judge and Jury, 1930, pp. 153 ss.

Non pare essere questa la sede più opportuna per approfondire il concetto di "uomo medio" che regola la diligenza del buon padre di famiglia nella prospettiva comparatistica con l'Italia. Tuttavia, è utile ricordare che al riguardo vi sono diverse visioni. La dottrina più tradizionale, basandosi sugli insegnamenti del diritto romano che provengono da Columella e Catone, identifica il parametro dell'uomo medio con la medietà dei comportamenti adottati nella pratica quotidiana, per tutti v. E. BETTI, Diritto romano, Parte generale, I, Padova, 1935, p. 420. Altra corrente dottrinale, oggi maggioritaria, adotta una visione aristotelica, più dinamica della figura de qua, identificandola con un soggetto che agisce in modo virtuoso, che tra i tre gradi di colpa si colloca in posizione mediana, v. M. GIORGIANNI, Buon padre di famiglia, ora in Scritti minori, Napoli, 1988, pp. 313 ss.; L. BARASSI, Teoria generale delle obbligazioni, Milano, 1948, p. 16; A. DI MAJO, L'adempimento

delle obbligazoni, in Obbligazioni e contratti, Bologna, 1993, p. 43. In tal modo viene superato il

concetto di uomo medio ricavabile dalla pratica della media statistica. Si fa largo l'idea di uomo che non ha nulla a che fare con la media normalità dell'uomo comune, perché bisogna considerare la capacità di fare determinate cose in ciascuna singola arte, v. Relazione al codice civile, n. 559. Essa afferma in termini enfatici che il modello è quello "di cittadino e di produttore, che a ciascuno è offerto dakka società in cui vive; modello per sua natura mutevole secondo i tempi, le abitudini sociali, i rapporti economici, il clima politico. Oggi il buon padre di famiglia è, in conformità con la dottrina fascista, il cittadino e il produttore memore dei propri impegni e cosciente delle relative responsabilità". Da ciò consegue che "il parametro dell'uomo medio non sarebbe l'opposto, ma il fondamento di una tipizzazione di diversi modelli ideali di riferimento in relazione ai diversi soggetti coinvolti", P.G. MONATERI, La responsabilità civile,cit., p. 31, che fa riferimento anche a R. C. FEENSTRA, Théories sur la responsabilité civile, Paris, 1959, pp. 157 ss.; H. THIEME,

Qu'est-ce que nous, les juristes, devons à la seconde scolastique espagnole?, in La seconda scolastica ecc., Milano, 1973, p. 721; J.L. GAZZANIGA, Introduction historique au droit des

sono registrate numerose evoluzioni406. Evitando di ripercorrere tutte le sue numerose

tappe evolutive, la formulazione più recente, conclusiva dell'evoluzione, sancisce che essa corrisponde ad un modello di uomo il cui comportamento è la personificazione di un comune ideale di comportamento ragionevole, determinato dal giudizio popolare della giuria407. La ragionevolezza si sostanzia nella mancata assunzione di un rischio

palese di causare un danno408. L'uso consolidato dell'espressione "due care" per

descrivere una condotta non negligente mette in luce che l'essenza della negligenza non è necessariamente la mancanza di sollecitudine verso coloro i quali potrebbero essere negativamente toccati dalle azioni dell'agente, ma piuttosto indica un comportamento riconosciuto come potenzialmente generatore di un pericolo irraggionevole per gli altri409. In questo caso il rischio considerato è quello

riconoscibile, ovvero quello che sulla base di un giudizio prognostico, fondato sulla conoscenza degli elementi di fatto, fa presumere che dal comportamento rischioso possa derivare un danno410.

Oltre alla presenza di un rischio irragionevole, deve anche valutarsi la gravità del danno che tale rischio può causare. Maggiore è la gravità del possibile danno, maggiori devono essere le cautele approntate per scongiurare il danno anche in caso

obligations, Paris, 1992, 244, n. 212; J. GORDLEY, Tort Law in the Aristotelian Tradition, Oxford,

1995, pp. 131 ss. Nella letteratura statunitense, in senso critico verso la fumosità della figura dell'uomo medio, v. W. L. PROSSER, The border land of tort and contract, Selected topics on the

law of torts, Hann Arbor, 1953, pp. 160 ss.

406L'espressione "reasonable person" risale al caso Blyth v. Birmingham Waterworks Co., 1856, 11 Ex. 781, 784, 156 Engl.Rep. 1047, ampiamente confermata dalla giurisprudenza successiva, per tutti v.

Johnson V. Straight's, Inc., S.D. 1980, 288 N.W.2d 325; Caldwell v. Bignell, 1981, 301 Wis.2d 256,

301 N.W.2d 447; Vassos v. Roussalis, Wyo. 1981, 625 P.2d 768. La dizione "person of reasonable

prudence" è stata utilizzata ed oggetto di analisi, tra le altre, in Trentacost v. Brussel, 1980, 82 N.J.

214, 412 A.2d 436; Canty v. Terrebonne Parish Police Jury, La.App1981, So.2d 1370. L'ultilizzo dell'espressione completa "reasonably person of ordinary prudence" si riscontra in Seim v.

Garavalia, Minn.1981, 306 N.W.2d 806; Butler v. Acme Markets, Inc., 1981, 177 N.J.Super. 279,

426 A.2d 521; Massey v. Scripter, 1977, 401 Mich. 385, 258 N.W.2d 44.

407Beaumaster v. Crandall, Alaska 1978, 576 p.2d 988, 995 n. 12; B&B Insulation, Inc. v.

Occupational Safety and Health Review Commission, 5th Cir. 1978, 583 F.2d 1364, 1370. È

singolare notare che le corti vietano agli avvocati di chiedere alla giuria di sostituirsi idealmente al danneggiante, v. Beaumaster v. Crandall, cit. In senso critico verso tale posizione, v. O. M.. REYNOLDS Jr., The Reasonable Man of Negligence Law: A Health Report on the "Odious

Creature", 1970, 23 Okla. L. Rev. 410, 416; L. GREEN, The Reasonable Man: Legal Fiction or Psychosocial Reality?, 1968, 2 L.& Soc.Rev. 241.

408Il Restatement (Second) of Torts, § 282, definisce la negligence come una condotta "which falls

below the standard of established by law for the protection of others against unreasonable risk of harm".

409W. L. PROSSER, Prosser and Keeton on Torts, St. Paul, Minn, 1984, p. 169; H. W. EDGERTON,

Negligence, Inadvertence and Indifference, 1926, 39 Harv.L.Rev. 849, 860.

410Restatement (Second) of Torts, § 282, Comment g). Per un approfondimento sul punto, v. W. A. SEAVEY, Negligence – Subjective or Objective, 1927, 41 Harv.L.Rev. 1, pp. 5-7.

di scarsa possibilità che l'evento si verifichi. Ad ogni modo è bene bilanciare la necessità di evitare danni gravi, in considerazione dell'interesse protetto come ad esempio la vita umana o la salute, con l'esigenza di non paralizzare lo svolgimento della vita umana e dei traffici giuridici411. Una limitazione eccessiva in questo senso,

infatti, sarebbe lesiva degli interessi della collettività stessa, creando nel medio-lungo termine danni maggiori di quelli evitati, determinando un freno allo sviluppo della società e dell'economia. Soprattutto nell'epoca moderna, caratterizzata della diffusione di beni di massa e dalla velocità negli scambi, è necessario che ciascun individuo si accolli una piccola porzione di rischio per evitare la paralisi dell'intero sistema412.

Ciò detto, occorre precisare che in realtà il danneggiante risponde solo ove si riscontri che l'evento era prevedibile, operando in tal caso la regola della

foreseeability. Quest'ultima riguarda la diligenza che potremmo definire

"previsionale" o "pre-comportamentale", cioè quella da impiegare prima di agire per valutare e riconoscere la pericolosità della situazione dalla quale può scaturire il danno. Se le circostanze di fatto, valutate con l'ordinaria diligenza, sono tali per cui il danno era prevedibile, sorge il duty of care, dalla cui violazione consegue la responsabilità. Viceversa, se il danno non poteva essere preventivamente previsto, non sorge alcuna responsabilità, ed il danneggiante non può essere chiamato a rispondere dei danni da lui cagionati. La prevedibilità del danno, e dunque l'insorgenza del duty, è questione in stretta connessione logica con la ragionevolezza del rischio. La

negligence trova applicazione solo nei casi in cui il danneggiante sia coinvolto nella

creazione di un rischio irragionevole, che è tale quando una persona di media avvedutezza non lo avrebbe creato413.

411La regola secondo la quale "il gioco deve valere la candela" ha trovato riscontro in giurisprudenza, in Moning v. Alfono, 1977, 400 Mich. 425, 254 N.W.2d 759. Sul punto, v. anche Restatement (Second) of Torts, § 291, Comment a).

412Diversi sono state le teorie che hanno giustificato il requisito minimo della diligence nell'attribuzione della responsabilità. Tra le più importanti ricordiamo quella di O. W. HOLMES Jr,

The Common Law, Boston, 1881, p. 87, secondo cui i benefici migliori derivano da una ampia

libertà di azione, sicché "to redistribuite losses simply on the ground that they resulted from

defendant's act would offend our sense of justice". Un'altra spiegazione basata su delle fondamenta

economiche è fornita in R. A. POSNER, A Theory of Negligence, 1 J. Legal Stud. 29, 33 (1972), il quale spiega che la funzione dominante del sistema basato sulla negligence è quello di generare regole di responsabilità che se correttamente seguite porterebbero ad una gestione efficiente in termini di costi-benefici degli incidenti.

413Ovviamente, la determinazione della irragionevolezza del rischio deve essere compiuta secondo le conoscenze che il danneggiante aveva al momento della condotta, e non a quelle acquisite dopo che è occorso il danno.

Il problema principale è, a questo punto, capire come possa essere misurata la irragionevolezza. L'opinione dominante ritiene che il grado di cura ed attenzione richiesto alle persone è la risultante di tre fattori: la verosimiglianza (likelihood) che la sua condotta danneggi qualcuno, prendere sul serio il danno provocato, ed il bilanciamento dell'interesse che egli deve sacrificare per evitare il rischio414.

Successivamente, nel famoso caso United States v. Carroll Towing Co. è stata elaborata una formula algebrica per scoprire il limite entro cui il rischio è sopportabile, ed a contrario il livello oltre il quale non lo si può accollare all'agente perché troppo elevato. Per giungere a tale formulazione sono state sostituite la nozione di verosimiglianza (likelihood) con quella di probabilità (probability), il concetto di gravità dell'illecito con l'illecito tout court (injury), e l'interesse sacrificato come un obbligo (burden). Ciò premesso, la formula algebrica prevede che se la probabilità è chiamata P; l'illecito L; e l'obbligo B; la responsabilità sussiste se B è inferiore ad L moltiplicato per P, cioé se B<PL415.

La formula è stata comunque ritenuta flessibile e suscettibile di variazioni alla luce dei fatti concreti, essendo difficile definire rigidamente il criterio della prevedibilità e ragionevolezza con una formula matematica416. Danneggiante e

danneggiato hanno spesso una diversa visione della probabilità, pertanto lo standar comportamentale è quello proprio della persona di media avvedutezza (reasonable

person). In sintesi, risolvendo il quesito su come una persona avveduta bilancerebbe

le probabilità di danno con la gravità dello stesso, si ottiene anche la risposta su quello che è prevedibile (foreseeable), e che quindi genera la responsabilità. In concreto, la prevedibilità consente di stabilire quando sorge la responsabilità, il che accade quando

414La posizione è del giudice L. Hand, in Conway v. O'Brien, 111 F.2d 611, 612 (2d Cir. 1940).

415United States v. Carroll Towing Co., 159 F.2d 169, 173 (2d Cir. 1947). La formula è meglio nota come "formula Hand" dal nome del giudice che l'ha creata.

416United States v. Carroll Towing Co., cit., dove il giudice Hand spiega testualmente che "there is no

general rule to determinate when the absence of a bargee or another attendant will make the owner of the barge liable for injuries to other vessels if she breaks away from her moorings... it becomes apparent why there can be no such rule, when we consider the grounds for such a liability. Since there are occasions when every vessel will break from her moorings, and since, if she does, she becomes a menace to those about her, the owner's duty, as in other similar situations, to provide against resulting injuries is a function of three variables: 1) the probability that she will break away; 2) the gravity of the resulting injury, if she does; 3) the burden of adequate precautions".

Nello stesso senso si esprime anche McCarty v. Pheasant Run, Inc., 826 F.2d 1554, 1557 (7th Cir.

1987); Greene v. Sibley, Lindsay & Curr Co., 177 N.E. 416 (N.Y. 1931). Per un'analisi dottrinale critica della sentenza, v. S. G. GILLES, The Invisible Hand Formula, 80 Va. L. Rev. 1015 (1994); R.A. POSNER, A Theory of Negligence, 1 J. Legal Stud. 29, 32-33 (1972); D. W. BARNES – L. A. STOUT, The Economic Analysis of Tort Law, 35 West Pub. Co. 1992.

il proprio comportamento diventa eccessivamente rischioso417.

La gravità del danno concretamente cagionato non è un elemento determinante per capire se sussiste o meno la responsabilità. Infatti, può verificarsi il caso che un danno sia prevedibilmente ingente, ma in concreto si venga a concretizzare esiguo per motivi fortunosi. In questo caso, la limitatezza del danno finale non deve distogliere l'interprete dalla base di analisi per il giudizio di responsabilità, che è appunto la prevedibilità del danno. Pertanto, il danneggiante è responsabile anche se il danno è di limitata entità. Viceversa, egli non è responsabile di un danno ingente se la sua prevedibilità era scarsa418.

La diligenza ha anche un profilo "esecutivo" o "comportamentale", che è proprio del momento in cui il soggetto agisce, e nel farlo deve rispettare il canone della diligenza, ossia lo standard of care desunto dalle circostanze del caso.

Più nel dettaglio, quest'ultimo tipo di diligenza consiste nella mancata adozione di quel grado di cura ed attenzione nell'agire che, secondo le circostanze di fatto, viola il duty to take care degli altri consociati. Le fonti di tale duty sono diverse: esso può sorgere dalla legge, da un rapporto obbligatorio esistente tra le parti (privity

relationship), come ad esempio un contratto, oppure essere desunto dalle circostanze

di fatto che, in base al parametro della diligenza del buon padre di famiglia (reasonable man), vengano a determinare una particolare prossimità (special

relationship) tra i soggetti coinvolti419.

I tratti salienti della diligenza esecutiva sono sostanzialmente analoghi a quelli della diligenza "previsionale", basata cioè su un comportamento conforme a quello che terrebbe l'uomo medio (reasonable man) nella stessa situazione di fatto. Esso deve essere improntato alla prudenza e precisione che ragionevolmente ci si può attendere dalla media dei consociati.

Quest'ultima struttura pare sostanzialmente ricalcare quanto disposto dal legislatore italiano. In ambito obbligazionario, il primo commma dell'art. 1176 c.c.

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