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Gli obblighi di proteggere l'altrui sfera giuridica Duty of care

Il concetto di duty of care è tipico del common law, ed è strettamente collegato alle varie teorie di negligence che ne costituiscono il fondamento. Esso si è evoluto particolarmente quando nel XIX secolo si è passati da una concezione assolutistica della responsabilità all'introduzione della imputabilità per colpa, quando cioè la

negligence è diventata una base autonoma per la responsabilità in tort se non

addirittura un particolare tipo di tort367. Infatti, in coincidenza con l'elaborazione del

concetto di negligence, le corti hanno sviluppato parallelamente anche il principio di

duty.

Una tradizionale definizione inglese statuisce che non può concedersi alcuna azione per violazione di un duty, e quindi riconoscerne la sussistenza, che nei confronti del danneggiato368. Quest'ultimo deve preliminarmente individuare una

obbligazione legale che possa vederlo come destinatario della tutela, e solo dopo si procede con la valutazione di merito sulla colpa del danneggiante369. La negligenza

del danneggiante non può essere ritenuta un concetto astratto privo di rilevanza pratica, ma contempla un obbligo legale di una parte su un'altra370.

367W. V. H. ROGERS, Winfield & Jolowicz on Tort, Melbourne, 2006, p. 9, secondo i quali “negligence may mean a mental element in tortious liability or it may mean an indipendent tort”. V. anche P. H. WINFIELD, The History of Negligence in the Law of Torts, cit., pp. 184 ss, il quale afferma che il tort di negligence assume rilevanza autonoma rispetto agli altri torts.

368Vaughan v. Menlove, 1837, 3 Bing. N.C. 468, 132 Eng. Rep. 490; Langridge v. Levy, 1836, 2 M.&W. 519, 150 Eng. Rep. 863, affirmed, 1838, 4 M.&W. 337, 150 Eng. Rep. 1458; Winterbottom

v. Wright, 1842, 10 M.&W. 109, 152 Eng. Rep. 402.

369La questione circa la sussistenza di una responsabilità per colpa non può essere presa in considerazione sinché non sia determinato che sull'uomo che si è comportato negligentemente incombeva un qualche duty verso l'altra parte. In questi termini si esprime Lord Esher, in Le Lievre

v. Gould, [1898] 1 Q.B. 491, 497.

370F. POLLOCK, Law of Torts, London, 1929, p. 468. In giurisprudenza il principio è stato ribadito in

Tappen v. Ager, 10th Cir. 1979, 599 F.2d 376, 379; Shore v. Town of Stonington, 1982, 187 Conn.

Negli Stati Uniti la definizione di duty è stata il frutto di una evoluzione giurisprudenziale. Nel caso Heaven v. Pender, il giudice Brett statuisce che “quando un soggetto si trova in rapporto ad altri in una situazione tale da far ritenere a individui normali che se non avesse usato diligenza e abilità usuali avrebbe causato pericoli e danni alle persone o alle cose in proprietà, sorge un dovere di far impiego della diligenza e abilità usuale per evitare quel pericolo”371. Questa formulazione è

stata oggetto di critiche per la sua eccessiva vaghezza. In taluni casi, infatti, sul convenuto non incombe nessun obbligo giuridicamente vincolante di agire con la cura e l'attenzione dell'uomo di media avvedutezza verso un particolare attore. Pertanto, egli non è responsabile anche se la sua condotta non soddisfa lo standard of care, e per l'effetto qualcuno ne risulta danneggiato372.

Tale definizione di duty pone l'accento sul suo aspetto relazionale, con particolare riguardo alla prevedibilità del rischio373. Perché si possa parlare di negligence in un determinato fatto, è necessario che ricorra l'antecedente logico

dell'esistenza di un dovere del soggetto agente nei confronti del danneggiato, di una qualche relazione o rapporto dell'uno nei confronti dell'altro. Negligence e duty sono indissolubilmente intrecciati, e non si può definire l'uno senza l'ausilio dell'altro374.

Infatti, i contorni dell'obbligo da rispettare sono a propria volta definiti dalla rischiosità dell'azione. In altre parole, sussiste il duty of care se secondo l'ordinaria diligenza è in concreto prevedibile che l'azione determini un danno. Quindi, laddove non sussista il rischio di arrecare danno non esiste il corrispondente duty of care. La

371Heaven v. Pender, cit., che in lingua orginale recita nel modo seguente: “Whenever one person is by

circumstances placed in such position with regard to another that every one of ordinary sense who did think would recognize that if he did not use ordinary care and skill in his own conduct with regard to these circumstances he would cause danger of injury to the person or property of the other, a duty arises to use ordinary care and skill to avoid such danger”.Tale enunciazione ha come

connotato fondamentale la “diligenza” e “cura” che sono assimilabili al concetto di diligentia della tradizione romana. Per un'analisi più approfondita della diligenza, v. infra § 2.

372Le critiche sono giunte già nel 1893 da Lord Esher nelle motivazioni del caso Le Lievre v. Gould, cit., dove si osserva che una proposizione così generica è adeguata solo nei casi ordinari di negligenza, dove il convenuto ha compiuto alcune azioni come ad esempio guidare un'automobile. In tal caso, il guidatore dovrebbe, alla stregua di un uomo di media avvedutezza, prevedere che la sua condotta coinvolgerà un rischio imprevedibile per gli altri guidatori o pedoni. Pertanto, su di lui incombe il duty of care di fare o non fare determinate azioni.

373Palsgraf v. Long Island R. Co., 248 N.Y. 339, 344, 162 N.E. 99, 100, 59 A.L.R. 1253, 1256-1257 (1928). Contemporaneamente, uno dei più creativi accademici americani ha definito il duty come un complesso di fattori tra i quali si annoverano quelli amministrativi, economici e morali, v. L. GREEN, The duty problem in Negligence Cases (pts. 1-2), 28 Colum. L. Rev. 1014, 29 Colum. L.

Rev. 255 (1929).

374L. J. BOWEN, in Thomas v. Quartermaine, 18 Q. B. D. 685, 694, secondo il quale, testualmente, “the ideas of negligence and duty are strictly correlative”.

sussistenza del rischio instaura a sua volta una particolare relazione tra potenziale danneggiante e danneggiato in quanto è proprio nei confronti di quest'ultimo che sorge il duty, distinguendolo così dalla generalità dei consociati375. Ne consegue che la negligence, come il rischio, è una modalità per instaurare una relazione tra i soggetti,

il cui contenuto è quello proprio del duty in quel momento considerato. Così, il duty concerne la relazione tra individui, ne determina il contenuto e pone a carico di uno un'obbligazione legale per il beneficio di un altro. Da ciò consegue che il duty può essere definito come l'obbligazione di conformarsi ad un particolare standard comportamentale nei confronti dell'altro, la cui violazione genera la responsabilità del contravventore.

Questa impostazione “relazionale” del duty non è da alcuni considerata essenziale nel diritto continentale, che anzi l'ha classificata come inutile ai propri fini, e generatrice di confusione nel sistema anglosassone376. Tuttavia, l'artificiosità della

definizione di duty è stata ritenuta solo apparente. Infatti, quando le corti hanno voluto trovare il fondamento di una responsabilità, hanno individuato facilmente la necessaria relazione che fondasse la sussistenza del duty377. I termini della questione

possono essere rovesciati, e l'interrogativo se sussista o meno il duty può essere risolto capendo se l'attore vanti o meno un interesse giuridicamente protetto nei confronti del convenuto378. Ad ogni modo, emerge che il duty non è una entità naturalisticamente

preesistente, bensì l'espressione della somma dei valori che portano la legge a dire che all'attore deve essere concessa tutela379.

Nonostante le critiche rivolte alla sentenza, deve evidenziarsi che essa ha creato per la prima volta la figura del tort of negligence, derivante dalla inosservanza di un dovere legale di prestare attenzione alle circostanze o alle conseguenze di un atto o di una omissione che provoca danno a terzi. Il punto centrale di tale

375W. A. SEAVEY, Negligence - Subjective or Objective, 41 Har. L. Rev., I, (1927), p. 6. Il principio è stato successivamente ribadito anche in Palsgraf v. Long Island R. Co., cit.; Boronkay v. Robinson

& Carpenter, 247 N. Y. 365.

376P. H. WINFIELD, Duty in Tortious Negligence, cit., pp. 41 ss; BUCKLAND, The Duty to Take

Care, 1935, 51 L. Q. Rev. 637.

377Al riguardo è interessante il confronto delle motivazioni del giudice C.J. Cardozo nei casi

MacPherson v. Buick Motor Co., 1916, 217 N.Y. 382, 111 N.E. 1050, e H.R. Moch Co. v. Rensselaer Water Co., 1928, 247 N.Y. 160, 159 N.E. 896.

378L. GREEN, The duty problem in Negligence Cases, cit., p. 255; W. L. PROSSER, Palsgraf

Revisited, 1953, 52 Mich. L. Rev., p. 1. In giurisprudenza, cfr. Earp v. Nobmann, 1981, 122

Cal.App.3d 270, 175 Cal. Rptr. 767.

379Brennen v. City of Eugene, 1979, 285 Or. 401, 591 P.2d 719; Bigbee v. Pacific Telephone &

elaborazione è proprio il concetto di duty of care, che assurge per la prima volta a termine tecnico.

Cogliendo gli spunti forniti dalle critiche precedenti, il giudice Brett adotta una formula più circoscritta in una successiva sentenza. Nella decisione Le Lièvre v.

Gould egli sancisce che “se un soggetto è vicino ad un altro, o vicino alla proprietà di

un altro, su di lui grava l'obbligo (duty) di non compiere azioni che potrebbero causare un danno alla persona o alla proprietà dell'altro”380. Seppur ritenuta vaga e priva di

una netta e chiara applicabilità, questa formulazione attribuisce al duty of care il fondamentale ruolo di “vero e proprio pilastro del regime della responsabilità civile”381.

Un ulteriore e decisivo passo avanti viene compiuto con la decisione

Donoghue v. Stevenson, dove si propone una nuova definizione, in ordine alla quale

bisogna adottare una ragionevole cura per evitare atti od omissioni che è ragionevole prevedere danneggino il “vicino”. Il vicino, da un punto di vista giuridico, è individuato in colui il quale è in contatto o comunque in una situazione di prossimità con il soggetto agente, e viene direttamente toccato dai suoi atti. Con tale assunto viene abbattuto il muro della doctrine of privity of contract, in base alla quale un soggetto può chiedere il risarcimento del danno soltanto in virtù di un contratto con il danneggiante382.

Inoltre, viene stabilito che “chiunque, in una situazione determinata, sia a conoscenza del fatto che il suo comportamento potrebbe arrecare danno ad altri, è obbligato ad esercitare quella diligenza che gli altri possono da lui ragionevolmente pretendere”. Tale teorizzazione trova la sua ratio in motivi etici e di equità, che

380Le Lièvre and Dennes v. Gould, 1893, I Q.B., 491, che letteralmente recita: “If one man is near to

another or is near to the property of another, a duty lies on him not to do that which may cause a personal injury ti that other or may injure his property”.

381A. J. MILLNER, Negligence in Modern Law, London, 1971, p. 4.

382Donoghue v. Stevenson, [1932] A.C. 562, 580, dove Lord Atkin testualmente scrive: “The rule that

you are to love your neighbor becomes in law, you must not injure your neighbor; and the lawyer's question, Who is my neighbor? receives a restricted reply. You must reasonable care to avoid acts or omissions which you can reasonably foresee would be likely to injure your neighbor. Who, then, in law is my neighbor? The answer seems to be – persons who are so closely and directly affected by my act that I ought reasonably to have them in contemplation as being so affected when I am directing my mind to the acts or omissions which are called in question”.

La questione è dibattuta anche in F. POLLOCK, The Snail in the Bottle, and Thereafter, 1933, 49 L.

Q. Rev 22; P. S. P. S. ATIYAH, Accidents, Compensation and the Law, London, 2006, p. 71; H.

STREET, The Law of Torts, London, 1976, p. 105; M. A. HEUSTON, Salmond on the Law of Torts, London, 1973, p. 197.

rivoluzionano ogni principio tradizionale sulla responsabilità civile.

Anche tale formulazione, tuttavia, è stata tacciata di eccessiva vaghezza. Anche la “teoria relazionale” di cui sopra viene ritenuta insoddisfacente, perché non chiarisce con esattezza nei confronti di chi si debba osservare il dovere di diligenza, ed in che modo quest'ultimo possa essere identificato383. Il superamento di tali lacune

avviene attraverso la teoria dello scopo della norma violata, in ragione della quale possono essere risarciti solo i soggetti che vantano una posizione riconosciuta come giuridicamente rilevante dall'ordinamento, e come tale fonte obbligatoria e meritevole di tutela attraverso il risarcimento del danno384. Dall'esistenza di un interesse

giuridicamente protetto consegue automaticamente la sussistenza di un duty of care. La scelta degli individui e delle categorie di interessi da proteggere sono determinati dalla public policy. Questo significa anche che l'esistenza di un duty of care dipende dalle scelte di policy, con l'effetto che tale duty diviene una tecnica di selezione degli interessi, che tuttavia si tende a presentare come tecnica di valutazione del comportamento dell'agente385.

Una visione più evolutiva ritene che il concetto di relazioni umane muti nel tempo, e la legge segua parallelamente tale cambiamenti386. In realtà, la posizione che

pare essere maggiormente condivisibile individua in una molteplicità di elementi i fattori che hanno determinato la suddetta posizione giurisprudenziale, tra i quali si possono annoverare questioni di opportunità dell'amministrazione, la capacità delle parti di sopportare le perdite subite, la politica di prevenire danni futuri, la responsabilità morale in capo al danneggiante ed altre ancora387.

383Le critiche più puntuali sono state formulate dal giudice L. J. SCRUTTON in Farr v. Butters Bros., 81932) 2 K.B. 606, 613-614; Haseldine v. Daw, (1941) 2 K.B. 343, 362; Bourhill v. Young, (1943) A.C. 92, 98; Candler v. Crane, Christamas & Co., (1951) 2 K.B. 164, 189, 192. Tali puntualizzazioni sono apprezzate dallo stesso Lord Atkin in East Suffolk Rivers Catchment Board v.

Kent, (1941) A.C. 74, 79.

384Per un'analisi comparatistica con l'ordinamento italiano della regola dello scopo della norma violata, v. M. BARCELLONA, “Scopo della norma violata”, interpretazione teleologica e tecniche

di attribuzione della tutela aquiliana, cit., pp. 313 ss.

385L'applicazione della teoria dello scopo della norma violata al duty ne comporta delle applicazioni sostanzialmente inique, e questo è senz'altro un paradosso per un sistema rimediale e pragmatico come quello di common law. L'esempio più clamoroso riguarda il risarcimento del danno del danno meramente patrimoniale (economic loss), v. Cattle v. Stockton Waterworks Co. (1875), L.R., 10 Q.B., 453; Derry v. Peek (1877), 14 App. Cas., 337; Simpson v. Thompson (1877) 3 App. Cas., 279;

Robinson Dry Dock & Repair Co. v. Flint, 275 U.S. 303 (1927). Nel panorama statunitense, v. Ultramares Corp. v. Touche, 255, N.Y., 170, N.E., 441 (1931). In dottrina, v. F. JAMES, Limitations on Liability for Economics Loss caused by Negligence, in 25 (1972) Vand. L. Rev., pp. 43 ss.

386W. L. PROSSER, Palsgraf Revisited, cit., pp. 12-15.

In giurisprudenza è stato più specificamente sancito che le Corti devono compiere un'opera di bilanciamento tra vari fattori quando determinano l'esistenza di un duty. In particolare, il riferimento è per ai seguenti elementi: a) prevedibilità di danneggiare l'attore; b) grado di certezza che l'attore abbia sofferto il danno; c) stretto nesso di causalità tra la condotta del danneggiante ed il danno; d) comportamento moralmente biasimevole da parte del danneggiante; e) politica preventiva di danni futuri; f) estensione dell'onere per il danneggiante di adottare il duty of care, e conseguente responsabilità per la relativa violazione; g) previsione e pagamento di una assicurazione a copertura del rischio coinvolto388.

Quanto appena illustrato implica un potere creatore di singoli duties, all'interno dei negligent torts, da parte delle corti. Tale potere creativo da un lato dimostra che anche nel common law vige il principio generale alterum non laedere, che di volta in volta viene reso concreto dalle corti attraverso la formulazione di un determinato duty389. Dall'altro, mette in luce che la molteplicità di elementi che

devono essere presi in considerazione rende arduo valutare uniformemente le circostanze di fatto, e quindi offrire un giudizio di responsabilità aprioristicamente sicuro.

Una tale complessità dogmatica mal si attaglia al pragmatismo della tradizione anglosassone, ed infatti non stupisce che sia stato sostenuto che il duty of care, cosi dogmaticamente complesso, è un elemento superfluo nel giudizio di negligence. Per determinare la responsabilità, secondo tale impostazione, è sufficiente basarsi sui criteri di “prevedibilità” del danno e “ragionevolezza” del comportamento, senza dover utilizzare l'inutile complicazione teorica del duty of care390. La natura

eccessivamente teorica, per i canoni anglosassoni, della figura in esame ha fatto anche sostenere, come accennato in precedenza, che il duty of care sia in realtà una

Negligence Cases, cit., p. 264; E. W. THODE, Tort Analysis: Duty-Risk v. Proximate Cause and the Rational Allocation of Functions Between Judge and Jury, cit., p. 1; O. M. REYNOLDS, Limits on Negligence Liability: Palsgraf, cit., p. 63.

388V. Vu v. Singer Co., N.D.Cal.1981, 538 F.Supp. 26, 29; Tarasoff v. Regents of University of

California, 1976, 17 Cal.3d 425, 131 Cal.Rptr. 14, 22, 551 P.2d 334, 342; Guy v. Liederbach, 1980,

279 Pa.Super. 543, 421 A.2d 333 (obbligo dell'avvocato nei confronti del testatore nel redigere un testamento conforme alla sua volontà); Pelham v. Griesheimer, 1981, 93 Ill.App.3d 751, 49 Ill.Dec. 192, 417 N.E.2d 882, affirmed, 1982, 92 Ill.2d 13, 64 Ill.Dec. 544, 440 N.E.2d 96.

389P. H. WINFIELD, Duty in Tortious Negligence, cit., pp. 41 ss.

390R. V. M. DIAS, The Breach Problem and the Duty of Care, cit., 377; P. H. WINFIELD, Duty in

Tortious Negligence, cit., pp. 96 ss arriva addirittura a sostenere che il concetto di duty potrebbe

maschera tecnica dietro la quale si cela in realtà la politica del diritto sugli interessi da proteggere391. Il duty of care diviene così lo strumento attraverso il quale la società

tutela gli interessi di nuova emersione392.

A nostro giudizio queste critiche non indeboliscono la figura del duty, né tanto meno mettono in dubbio la vitale importanza che esso assume all'interno del sistema della responsabilità e delle sue fonti. Al contrario, è interessante notare che l'evolversi della sensibilità della società per la tutela di determinati interessi porta al continuo riconoscimento di nuovi duties. È proprio grazie ai duties che l'ordinamento respira e si rende permeabile alle istanze di giustizia della società, evitando uno scollamento tra la realtà giuridica e la realtà fenomenica. Il compito della legge democraticamente emanata è quello di farsi portatrice delle istanze di una comunità in un determinato momento storico, e garantire la pacifica convivenza tra i suoi consociati. Una legge distante dalla quotidianità che invece dovrebbe regolamentare, ed incurante della sensibilità della società, viene percepita come una legge ingiusta, in particolare modo in un contesto culturale pragmatico di tradizione rimediale come quello del common

law. Questo spiega perché le Corti riconoscano l'esistenza di un duty dove la

sensibilità di una persona ragionevole la condurrebbe a riconoscerebbe l'esistenza di tale obbligo393. A nostro giudizio è proprio l'esistenza del duty una delle ragioni che

hanno determinato il successo e favorito l'espansione della negligence e della responsabilità civile tutta a partire dal XIX secolo, proprio quando i mutamenti politici, sociali ed economici hanno subito una accelerazione tumultuosa, e si è reso necessario introdurre nell'ordinamento uno strumento che tenesse la legge al passo coi

391P. S. ATYAH, Accidents, Compensation and the Law, cit., pp. 51 ss.; E. SYMMONS, The Duty of

Care in Negligence: Recent Policy Element, cit.,, pp. 394 ss.; W. L. PROSSER, Handbook of the Law of Torts, cit., p. 180, il quale sostiene che “l'affermazione dell'esistenza o dell'inesistenza di un

dovere di diligenza apre la questione essenziale se gli interessi dell'attore siano suscettibili di tutela contro la condotta del convenuto”. Il duty of care diventa così un modo per esprimere “ogni considerazione di policy che concorre a formulare il giudizio di responsabilità in favore dell'attore”. 392Home Office v. Dorset Yacht Co. Ltd. (1970), AC 1004, at 1140 (HL), nella cui motivazione è

espresso il concetto che “this talk of duty or no duty is simply a way of limiting the range of liability

for negligence”.

393Sulla sussistenza di un duty in favore del figlio che abbia perso la compagnia e l'affetto dei genitori lesi da un terzo, cfr. Weitl v. Moes, Iowa 1981, 311 N.W.2d 259; Berger v. Weber, 1981, 411 Mich. 1, 303 N.W.2d 424; Ferriter v. Daniel O'Connell's Sons, Inc., 1980, 381 Mass. 507, 413 N.E.2d 690. In senso contrario, v. Salin v. Kloempken, Minn.1982, 322 N.W.2d 736; DeAngelis v. Lutheran

Medical Centre, 1981, 84 A.D.2d 17, 445 N.Y.S.2d 188; Borer v. American Airlines, Inc., 1977, 19

Cal.3d 441, 138 Cal.Rptr. 302, 563 P.2d 858. In dottrina, per tutti cfr. LOVE, Tortious Interference

with the Parent-Chil Relationship: Loss of an Injured Person's Society and Companionship, 1976,

tempi.

Tale sensazione è confortata dalla lettura delle motivazioni delle prime sentenze che pongono alla base della responsabilità anche la public policy394. D'altra

parte è acquisizione pacifica che le tecniche di giudizio elaborate in termini di prevedibilità, ragionevolezza, causalità e scopo della norma violata siano espressione di orientamenti di politica del diritto intesi a circoscrivere l'area del danno risarcibile. Sono in tempi più recenti la public policy è stata utilizzata come unico fondamento del giudizio di responsabilità. Il fatto che il tort of negligence sia divenuto l'epicentro applicativo degli interessi di nuova emersione, ma anche la disciplina da applicare a situazioni tradizionalmente assegnate all'ambito di operatività di rules proprie di altre figure di illecito, ha consolidato la sua posizione di metodo realistico di giudizio. Tale espansione della negligence “ha dimostrato che nella prassi, il neighbour principle –

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