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La fase di progettazione è sicuramente il punto focale e più delicato perché un’attività possa raggiungere gli obiettivi prefissati. In questa fase il ruolo dell’insegnante nel promuovere i processi di apprendimento è cruciale: possiamo a ben ragione paragonare il suo ruolo a quello di un “ingegnere didattico”. Infatti l’insegnante progetta le situazioni e organizza il contesto in

base all’argomento matematico che deve essere insegnato e alle caratteristiche degli studenti; inoltre, le interazioni della classe sono immaginate in base al “contratto didattico”, che è il sistema delle aspettative, esplicite e implicite, reciproche tra l’insegnante e gli studenti riguardo alla conoscenza matematica (Arzarello & Paola, 2007). La progettazione di un’attività, e a

maggior ragione di un’attività inclusiva, non può essere qualcosa “a priori” ma, al contrario, deve essere costruita e plasmata sulla classe, sulle potenzialità degli studenti e sulle loro difficoltà. La didattica laboratoriale, nell’accezione del Laboratorio di Matematica (UMI, 2001, UMI, 2003) è alla base della progettazione delle attività inclusive sperimentate. Tale metodologia, che trova le sue radici teoriche nell’attivismo pedagogico e nel costruttivismo, fornisce infatti una strategia di insegnamento particolarmente proficua nei confronti degli studenti con bisogni educativi e permette di creare un ambiente di apprendimento che promuove la motivazione e l’inclusione attraverso percorsi di tipo cooperativo che valorizzano le competenze di ciascuno studente. Con “laboratorio di matematica” si intende un insieme strutturato di attività volte alla costruzione

di significati degli oggetti matematici. Il laboratorio, quindi, coinvolge persone, strutture, strumenti, idee, con lo scopo principale di creare un ambiente di insegnamento–apprendimento adatto alla costruzione di significati, che è strettamente legata, da una parte, all’uso di strumenti utilizzati nelle varie attività, dall’altra, alle interazioni sociali che si sviluppano durante l’esercizio di tali attività (Paola, 2004). Il laboratorio può essere paragonato a una bottega rinascimentale dove

l’apprendista impara facendo e vedendo fare, quindi non solo per tentativi e errori ma anche per imitazione degli altri apprendisti e del capomastro. Si tratta dunque di un ambiente in cui lo studente si mette in gioco, sperimenta con mano, costruisce il suo sapere nel confronto con gli altri compagni e viene stimolato e guidato nell’apprendimento dall’insegnante (UMI, 2001). Il laboratorio implica un coinvolgimento percettivo-motorio e non solo intellettuale, nella consapevolezza che un approccio attivo al sapere favorisce lo studente nella fase di appropriazione e di costruzione di significatività. Diversi studi cognitivi hanno infatti mostrato l’importanza della manipolazione diretta nella costruzione dei processi di pensiero caratteristici della matematica. Pertanto, l’approccio sperimentale non può essere uno strumento occasionale e i laboratori luoghi separati in cui rinchiudere la pratica sperimentale. Al contrario, è necessario, in una visione globale, che tutta la scuola diventi un “laboratorio” e che lo spirito dell’indagine

passi attraverso tutte le discipline (Fierli, 2007).

L’attività laboratoriale permette inoltre un’approccio sensato alla matematica, dove l’aggettivo “sensato” è da intendersi con un triplice significato: quello di legato all’esperienza, alla percezione, ai sensi; quello di legato allo sviluppo e all’uso del sapere teorico; e infine quello di ragionevole, ossia adeguato alle esigenze e alla situazione attuali della classe (Paola, 2004). Le caratteriste fondamentali del Laboratorio di Matematica sono essenzialmente tre (Paola, 2004):

1) l’uso di strumenti (poveri o ricchi, tecnologici o meno) come mediatori nei processi di insegnamento–apprendimento. Tali strumenti devono essere criticamente studiati e consapevolmente utilizzati per favorire l’evoluzione dai sensi personali degli studenti (pre- concezioni, immagini mentali, significati posseduti prima dell’attività didattica) verso i significati istituzionali (obiettivi di apprendimento) individuati dall’insegnante. È pertanto necessario che gli artefatti utilizzati nell’attività didattica diventino a tutti gli effetti strumenti di insegnamento–apprendimento e che quindi le loro modalità di utilizzazione siano consapevolmente coerenti con il progetto didattico e funzionali al conseguimento degli obiettivi:

2) una “didattica lunga”, volta alla costruzione di significato, ossia una didattica sensata. Per costruire significati è infatti necessario rispettare i diversi tempi di apprendimento degli studenti, lasciando loro il tempo di provare, di fare, di riflettere individualmente e in piccoli gruppi, di condividere, sotto la guida dell’insegnante, le conoscenze e i significati che via via si costruiscono ed evolvono:

3) una specifica attenzione agli aspetti legati all’interazione sociale e alla gestione delle emozioni e degli atteggiamenti degli studenti di fronte alla materia di studio e di fronte ai successi e agli insuccessi. Nel laboratorio è necessario prestare attenzione non solo alle conoscenze e alle competenze in possesso degli studenti, ma anche a come tali conoscenze e competenze vengono comunicate, discusse e condivise, nella consapevolezza che emozioni e atteggiamenti influiscono in modo sostanziale sui percorsi di insegnamento–apprendimento. Nel laboratorio è opportuno prestare attenzione ai processi di pensiero attivati dagli studenti nella risoluzione di un problema o nella sistemazione delle conoscenze più ancora che ai prodotti della loro attività. Pertanto è fondamentale che l’insegnante costruisca ambienti di apprendimento che favoriscano il coinvolgimento e la curiosità degli studenti.

Sottolineiamo che la metodologia del laboratorio non deve essere fraintesa con un approccio alla conoscenza semplificato o superficiale; rimane indubbio che l’approccio metodologico

– disciplinare costituisca le fondamenta su cui si basa l’intero edificio della conoscenza matematica e il cemento che dà unità e coerenza a tutte le sue parti (Chiappini, 2007). Quello

che cambia è la sequenza, l’ordine delle fasi di apprendimento: l’approccio metodologico disciplinare non è più il punto di partenza ma il punto di arrivo, la cui padronanza è l’obiettivo ultimo da raggiungere; si parte quindi da una forma di apprendimento-insegnamento di tipo percettivo-motorio per arrivare gradualmente e in modo sensato a una forma di apprendimento- insegnamento costruttivo-simbolico.

Il laboratorio di matematica è inoltre sempre più strettamente legato all’uso delle tecnologie informatiche, il cui uso non è da intendersi come dispensativo della conoscenza ma, al contrario, come strumento che favorisce l’investigazione della conoscenza da apprendere e coadiuva la sua costruzione attraverso un uso consapevole. La ricerca sottolinea infatti come la tecnologia possa essere efficacemente sfruttata per consentire di “instrumentare” tecniche matematiche che, con la mediazione della tecnologia, sono in grado di rendere investigabile la conoscenza da apprendere (Chiappini, 2007).

Con l’obiettivo di favorire l’inclusione di tutti gli studenti, nella attività progettate il lavoro è stato suddiviso in fasi successive, procedendo in maniera graduale e rispettando i tempi di apprendimento dei ragazzi. Inoltre, sono stati utilizzati canali di apprendimento diversi: da quello cinestetico e percettivo-motorio a quello visivo non verbale, per favorire le diverse abilità di ogni studente.

Particolare cura è stata poi rivolta nella preparazione dei materiali, quali le schede da dare agli studenti durante l’attività o da proiettare con l’uso della LIM, sia dal punto di vista della sintassi che dal punto di vista dell’aspetto grafico. In particolare, per quanto riguarda la sintassi si è ricorsi all’utilizzo di frasi brevi e semplici, che utilizzano parole di uso comune e familiari per gli studenti. Le domande sono state poste in modo semplice e chiaro, in modo che fossero davvero

comprensibili a tutti. Per quanto riguarda l’aspetto grafico delle schede, si sono utilizzati caratteri grandi in stile bastone, privilegiando l’uso del maiuscolo e mettendo le parole chiave in neretto. Inoltre le consegne, spesso in colore rosso, sono state incorniciate per focalizzare l’attenzione dello studente. Si è infine fatto uso di immagini collegate al testo, eventualmente accompagnate da didascalie e dall’uso dei colori.