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L’attività si inserisce in un percorso più articolato di passaggio dalla geometria nel piano alla geometria nello spazio. In precedenza gli allievi avevano già, nell’ordine:

• affrontato la lettura di “Flatlandia” di E. A. Abbot

• visionato il cortometraggio realizzato da M. Emmer sul medesimo testo

• utilizzato il software dinamico SketchUp per condurre attività di tipo esplorativo

• realizzato modelli in carta di solidi, costruiti a partire da consegne verbali sulle loro caratteristiche Nucleo: Geometria; nodo concettuale: altezza e perpendicolarità nello spazio

Grado: terzo anno scuola secondaria di I grado

Riferimenti alle Indicazioni Nazionali per il curricolo

Le conoscenze matematiche contribuiscono alla formazione culturale delle persone e delle comunità, sviluppando le capacità di mettere in stretto rapporto il “pensare” e il “fare” e offrendo strumenti adatti a percepire, interpretare e collegare tra loro fenomeni naturali, concetti e artefatti costruiti dall’uomo, eventi quotidiani. In particolare, la matematica dà strumenti per la descrizione scientifica del mondo e per affrontare problemi utili nella vita quotidiana, contribuisce a sviluppare la capacità di comunicare e discutere, di argomentare in modo corretto, di comprendere i punti di vista e le argomentazioni degli altri.

Obiettivi dell’attività

• Stimolare negli allievi la percezione visuo-spaziale dei poliedri • Individuare piani paralleli

• Riconoscere condizioni di parallelismo e perpendicolarità tra rette e piani nello spazio Prerequisiti: aver acquisito i concetti di altezza nel piano e di figura solida

Materiali: carta lucida, cannucce colorate, nastro adesivo, penne, stuzzicadenti, forbici, pennarello indelebile

Tempistiche: 3 ore Descrizione dell’attività Fase 1

Ai ragazzi viene distribuita la Scheda 1 con il test iniziale. L’insegnante pone la questione alla classe e poi lascia il tempo necessario alla riflessione individuale, in modo che ogni allievo si appropri del problema e inizi a cercare strategie opportune per risolverlo. Dopo una decina di minuti di lavoro individuale per trovare una soluzione, si ritirano le schede. La loro analisi consentirà di verificare se gli studenti possiedono un’idea intuitiva di altezza nello spazio e se sono o meno capaci di argomentare e formalizzare. È importante che le immagini siano scelte in modo da non rappresentare poliedri regolari e che gli oggetti siano palesemente di dimensioni differenti.

Fase 2

Si avvia una discussione collettiva preliminare sulle risposte date dai ragazzi. Buona parte dell’attività è basata sulla conversazione degli alunni a seguito dell’esperienza pratica. Occorre dedicare tempo sufficiente agli allievi perché possano argomentare, discutere le proprie soluzioni, sostenere le affermazioni, validare la propria attività matematica. Dovrebbe così emergere che Gianni deve misurare l’altezza dell’oggetto e valutare se è minore di 35 cm in modo da poter essere inserito nello scaffale.

Fase 3

A seguito del dibattito la classe viene suddivisa in piccoli gruppi di lavoro il più possibile eterogenei. A ogni gruppo viene consegnato lo sviluppo piano di un solido, precedentemente realizzato dal docente su materiale trasparente (si veda per i tasselli dello sviluppo la Scheda 2), che dovrà essere ricostruito dai ragazzi. Questo tipo di approccio laboratoriale e il lavoro percettivo-motorio permettono il confronto e la collaborazione tra gli studenti. Insieme cercano di far combaciare le facce in modo che il solido si chiuda (fig. 4).

Fase 4

Una volta costruiti i solidi, viene chiesto ai ragazzi di individuarne l’altezza/e. Anche in questo momento è importante il ruolo del docente nell’orchestrazione della discussione: deve infatti raccogliere tutte le ipotesi che emergono dai ragazzi e lasciar loro libertà di esprimersi. Nel caso in cui venga individuata solamente un’altezza, l’insegnante può appoggiare il solido su un’altra faccia e ripetere la richiesta. In questo modo gli allievi, attraverso l’esperienza pratica, giungono a comprendere che l’altezza non è unica e che essa può cadere sia internamente che esternamente al solido.

Fase 5

Dopo aver individuato intuitivamente le altezze si procede “materializzandole”. Agli studenti vengono forniti dei filamenti di plastica rigida o altro materiale (stecchini, cannucce, …) e si chiede loro di costruire le altezze e di applicarle al solido. A tal proposito torna utile aver costruito i solidi con materiale trasparente perché, in questo modo, possono essere visualizzate anche le altezze tracciate internamente al solido (fig. 5).

Figura 5. Alcuni solidi con rappresentate le altezze.

Fase 6

Dopo aver analizzato il lavoro dei singoli gruppi e aver discusso con tutta la classe quali siano state le difficoltà incontrate o gli eventuali errori, si perviene a una definizione precisa di altezza nello spazio. La formalizzazione è pertanto l’ultima parte dell’attività. Si ricorda infatti che è sempre utile con i ragazzi, sia DSA che normodotati, iniziare da una situazione concreta per poi astrarre e giungere alla teoria.

Fase 7

In conclusione viene riproposto il test iniziale per valutare l’efficacia dell’attività e quanto è stato appreso dai ragazzi.

Schede per lo studente

SCHEDA 1

GIANNI STA RIORDINANDO CAMERA SUA. NON HA ANCORA TROVATO DOVE SISTEMARE GLI OGGETTI CHE VEDI FOTOGRAFATI QUI DI SEGUITO. VORREBBE DISPORLI SU UNO SCAFFALE CHE HA I PIANI POSIZIONATI A 35 CM L’UNO DALL’ALTRO. RIUSCIRÀ A METTERLI SULLO SCAFFALE? UTILIZZANDO LE IMMAGINI, SPIEGA COME FARESTI PER AIUTARLO A RISPONDERE.

SCHEDA 2: ESEMPIO DI SVILUPPO DI SOLIDO

Analisi della ricaduta dell’attività sugli studenti BES

L’attività, pensata per includere i ragazzi con bisogni educativi speciali e permettere loro di apprendere in condizioni di massima accessibilità (impiego di caratteri grandi e scritte in stampatello maiuscolo, domande poste in modo chiaro, esclusione di elementi distrattori), è stata per gran parte basata sulla costruzione dei poliedri e sulla discussione orale. In questo modo gli allievi non hanno dovuto leggere e scrivere e si sono concentrati su un apprendimento di tipo percettivo-motorio. In aula si è innescata una discussione alla pari tra tutti gli studenti, discussione in cui è stato pressoché impossibile distinguere gli allievi con bisogni educativi speciali dagli altri. Anche l’alunno con disabilità grave è riuscito a partecipare al dialogo didattico durante l’attività di manipolazione, intervenendo con osservazioni pertinenti (sua l’osservazione secondo la quale, durante la fase di costruzione del solido, la disposizione proposta dai compagni non era corretta in quanto: “Così il solido non si chiude!”).

In questa fase è stato possibile osservare non solo le competenze disciplinari degli alunni ma anche quelle trasversali (capacità di discutere e di sostenere le proprie idee, di utilizzare mani e oggetti, di relazionare con i compagni e lavorare in gruppo) e comportamentali o soft skills (autonomia, fiducia in sé, flessibilità, comunicatività con gli altri, capacità decisionale, motivazione, intraprendenza, creatività).

Proporre attività dove sia possibile valorizzare le competenze trasversali e comportamentali, in cui di solito gli allievi BES hanno minori difficoltà, è un utilissimo strumento di didattica inclusiva. Si è osservata qualche difficoltà in più nella fase di formalizzazione astratta della definizione di altezza: il lessico impiegato è risultato ancora impreciso e approssimativo, ma è risultato evidente che il concetto è stato compreso. Un esempio per tutti: un ragazzo BES ha indicato come risposta al quesito iniziale della Scheda 1 che “stanno sullo scaffale gli oggetti che non sono troppo grandi”. Dalla discussione seguente è emerso come, con il termine “grande”, egli intendesse riferirsi proprio all’altezza del solido, concetto che quindi ha dimostrato di possedere.