Oppure (ed è questa l’intenzione di questo intervento), è possibile generare ed esportare il codice
PStricks o PFG/TikZ relativo a un’immagine, utilizzando i comandi GeoGebra: File → Esporta
→ Vista Grafici come PSTricks o PFG/TikZ..., ottenendo linee di comando immediatamente integrabili in un file di codice LaTeX.
Ad esempio, una generando con GeoGebra il codice PFG/TikZ relativo al grafico di una semplice cubica di equazione y = x3- 2x2+3x, si ottiene in automatico il seguente codice:
Figura 1. Codice LaTeX automaticamente generato da GeoGebra relativo al grafico di una funzione cubica
Non è questa la sede per spiegare il significato dei comandi LaTeX che compaiono nella figura 1, anche perché alcune righe servono per la definizione di alcuni parametri iniziali e non sono strettamente necessarie alla realizzazione di una figura. Ai più curiosi viene consigliata la lettura dei manuali riportati in bibliografia.
Tuttavia, è interessante notare come il codice generato da GeoGebra sia immediatamente compilabile dal motore LaTeX e fruibile mediante un qualsiasi programma per la visualizzazione di documenti in formato .pdf, nonché stampato su carta. Come accade sovente in una conversione da un formato ad un altro, sono quasi sempre necessari piccoli aggiustamenti o modifiche personali per soddisfare il proprio gusto estetico o particolari esigenze.
Ad esempio, il codice della figura 1 è stato depurato di alcuni comandi ritenuti superflui o perfezionabili, per ottenerne uno nuovo – più snello e intuitivo – riportato qui di seguito:
Figura 2. Modifiche apportate al codice LaTeX della precedente figura 1
che fornisce come risultato la cubica seguente:
Figura 3. Risultato della compilazione del codice riportato in figura 2
Le righe di comando relative alla vera e propria figura permettono la definizione di un’immagine vettoriale, con tutti i vantaggi associati a questa tecnica. Uno per tutti, si ricorda la possibilità di ingrandire arbitrariamente la figura senza che si verifichi alcuna perdita di risoluzione dell’immagine stessa.
Sitografia e manuali
Battaia, L. (2006). LaTeX, naturalmente! Una miniguida di avvio per principianti assoluti. Reperibile al sito: goo.gl/J52g1y. Ultimo accesso: 12/12/2016
Battaia, L. (2009). GeoGebra per LaTeX.
Reperibile al sito: goo.gl/W82ifH. Ultimo accesso: 12/12/2016
Oetiker, T (2000). Una (mica tanto) breve introduzione a LaTeX 2E , ovvero LaTeX 2E in 93 minuti
Carlotta Idrofano1, Monica Mattei2, Daniela Pavarino3, Ornella Robutti4, Annarosa Rongoni5, Cinzia Soldera6
L.S. “M. Curie”, Pinerolo (TO)1, Università degli Studi di Torino2,4, IC “Govone”, Priocca (CN)3,
IC “Galileo Ferraris”, Livorno Ferraris (VC)5, IC “Serra”, Crescentino (VC)6,
Abstract
Il presente articolo, a partire da una panoramica sul mondo dei Bisogni Educativi Speciali e sulla normativa che garantisce e tutela la piena inclusione di tutti gli studenti nella vita scolastica, intende presentare il lavoro svolto e i risultati ottenuti dal progetto di ricerca “Metodologie, tecnologie, materiali e attività per un apprendimento della matematica accessibile e inclusivo” finanziato dalla Fondazione CRT e sviluppato dal Dipartimento di Matematica con il coordinamento della Prof.ssa Ornella Robutti e la supervisione del Prof. Ferdinando Arzarello.
Bisogni Educativi Speciali
L’espressione “Bisogni Educativi Speciali” (BES) indica qualsiasi difficoltà evolutiva di funzionamento in ambito educativo e/o di apprendimento che necessita di educazione speciale individualizzata finalizzata all’inclusione (Ianes, 2005, Ianes e Macchia, 2008) ed è entrata in uso nella scuola italiana a seguito dell’emanazione della Direttiva ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”. La direttiva riconosce infatti che l’area dello svantaggio scolastico è
molto più ampia di quella riferibile esplicitamente alla presenza di deficit. In ogni classe ci sono alunni che presentano una richiesta di speciale attenzione per una varietà di ragioni: svantaggio sociale e culturale, disturbi specifici di apprendimento e/o disturbi evolutivi specifici, difficoltà derivanti dalla non conoscenza della cultura e della lingua italiana perché appartenenti a culture diverse. […] Quest’area dello svantaggio scolastico, che ricomprende problematiche diverse, viene indicata come area dei Bisogni Educativi Speciali (in altri paesi europei: Special Educational Needs). Vi sono comprese tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità; quella dei disturbi evolutivi specifici e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico, culturale.
L’area dei bisogni educativi speciali non è quindi una “nuova categoria” di disturbi ma una macro-categoria che ingloba al suo interno diversi tipi di disturbi, come schematizzato nella seguente figura 1.
La Direttiva, da un punto di vista operativo, sottolinea inoltre la necessità che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta affinché venga potenziata la cultura dell’inclusione, sottolineando che un approccio educativo, non meramente clinico […] dovrebbe dar modo di
individuare strategie e metodologie di intervento correlate alle esigenze educative speciali, nella prospettiva di una scuola sempre più inclusiva e accogliente.
Sebbene il fine dell’articolo non sia quello di analizzare nello specifico le varie tipologie di bisogni educativi, si ritiene opportuno richiamare brevemente l’attenzione su due tipologie, quella degli studenti DSA e degli studenti svantaggiati, che sono sempre più presenti nelle classi, fornendo alcune osservazioni di interesse didattico.
Le Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento allegate al Decreto Ministeriale del 12 luglio 2011 indicano chiaramente che tali disturbi, che interessano studenti con funzionamento intellettivo adeguato all’età anagrafica, hanno matrice evolutiva e sono modificabili attraverso interventi mirati: posto nelle condizioni
di attenuare e/o compensare il disturbo, infatti, il discente può raggiungere gli obiettivi di apprendimento previsti. È da notare, inoltre (e ciò non è affatto irrilevante per la didattica), che gli alunni con DSA sviluppano stili di apprendimento specifici, volti a compensare le difficoltà incontrate a seguito del disturbo.
È dunque cruciale il ruolo dell’insegnate non solo nell’individuazione di un potenziale disturbo specifico dell’apprendimento ma anche, e soprattutto, nella progettazione di una didattica che tenga in considerazione le modalità di apprendimento e le caratteristiche cognitive specifiche di ogni studente e cerchi di valorizzarne le potenzialità per il raggiungimento del successo formativo.
Recenti studi evidenziano inoltre come non esista ancora una definizione operativa unanime e condivisa di discalculia, testimoniata anche dall’utilizzo di test di rilevazione diversi nelle varie nazioni e di standard che non tengono in dovuta considerazione i fattori non cognitivi (Lewis & Fischer, 2016). Una stessa tipologia di diagnosi può quindi includere studenti con profili cognitivi anche molto diversi tra loro (Karagiannakis & Baccaglini-Frank, 2014) con una conseguente ulteriore complessità nell’individuare un efficace intervento didattico.
Vogliamo infine soffermarci sull’area dello svantaggio, sempre più presente nella realtà della scuola, a cui afferiscono non solo studenti stranieri ma anche studenti che vivono in contesti socio-economici e culturali deprivanti o che, per svariati motivi personali, stanno attraversando un periodo di difficoltà. L’apertura all’area dello svantaggio è stata promossa dall’introduzione del modello diagnostico ICF (International Classification of Functioning) definito nel 2002 dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). Tale modello considera la persona nella sua totalità, in una prospettiva bio-psico-sociale, in cui le difficoltà di apprendimento non hanno necessariamente solo un’origine sanitaria ma possono derivare da un disagio legato all’interazione con l’ambiente.
Solo a partire dalla Direttiva Ministeriale 2012 tale bisogno ha iniziato a essere tutelato e, come meglio specificato nella successiva Circolare ministeriale 8 marzo 2013, per favorire la piena inclusione nella vita scolastica possono essere previsti dei provvedimenti di carattere transitorio, messi dunque in atto per il tempo strettamente necessario, privilegiando le strategie educative e didattiche attraverso percorsi personalizzati più che strumenti compensativi e misure dispensative.