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L’inclusione scolastica e i “Bisogni educativi speciali” (“Special educational needs”) nella letteratura italiana e internazionale

dell’inclusione scolastica e sociale

3.2. L’inclusione scolastica e i “Bisogni educativi speciali” (“Special educational needs”) nella letteratura italiana e internazionale

Alla luce della complessità dei contesti sociali ed educativi attuali, è essenziale favorire lo sviluppo di una salda vita sociale e culturale, l‟acquisizione delle competenze legate ai saperi di cittadinanza e ai linguaggi della conoscenza, la valorizzazione delle capacità critiche, decisionali, progettuali e creative della persona, nel rispetto delle diversità dei “bisogni speciali” individuali e sociali, come indicato dalle Raccomandazioni europee (EU, 2006, 2008)563 e dagli obiettivi per lo sviluppo sostenibile (economico, sociale, ambientale) individuati dall‟ONU nell‟ambito della Risoluzione Trasformare il nostro mondo: l‟Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile.

561 Ianes D., Universal Design for Learning, http://www.raiscuola.rai.it/articoli-programma-puntate/dario-

ianes-universal-design-for-learning/39201/default.aspx

562 Dainese R. (2016), Le sfide della Pedagogia Speciale e la Didattica per l‟inclusione, FrancoAngeli,

Milano, p. 25.

563 Vedasi: EU (2006), Raccomandazione del Parlamento europeo e del consiglio relativa a competenze

chiave per l‟apprendimento permanente, http://www.amblav.it/Download/l_39420061230it00100018.pdf;

EU (2008), Quadro europeo delle qualifiche per l‟apprendimento permanente (EQF). Raccomandazione

del Parlamento europeo delle qualifiche per l‟apprendimento permanente,

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«[…] nessuno è escluso, né deve essere lasciato indietro lungo il cammino necessario per portare il mondo sulla strada della sostenibilità»564.

Negli ultimi decenni l‟inclusione scolastica e la promozione di contesti formativi equi ed integrativi è diventata uno dei principali temi di interesse degli organismi e delle istituzioni internazionali orientati alla costruzione del paradigma inclusivo, derivato da quello dell‟integrazione, costellato di valori simbolici, anche educativo-didattici e di prospettive future. L‟ottica inclusiva, promossa dalla Pedagogia e dalla Didattica speciale, in una visione fortemente integrata con le competenze della scuola, della famiglia e del territorio, non si limita a proporre l‟integrazione in un contesto già istituito, ma va “oltre”565

: la sua dinamica e costruttiva struttura considera la persona con “bisogni speciali” come soggetto attivo e partecipante, non solo come oggetto di diritti sociali all‟interno di un contesto preconfezionato. L‟inclusione percorre e invade «tutte le sfere vitali e sociali, i luoghi concettuali e quelli spaziali, per diventare un processo culturale e mentale e non solo un intervento organizzativo»566.

Il processo inclusivo in ambito italiano e internazionale comprende un paradigma di teorie e di pratiche volto alla progettazione di contesti formativi e sociali universalmente riconosciuti e condivisi: essere inclusi corrisponde ad esercitare il diritto alla dignità e alla partecipazione umana e, in particolare, prevede la reciproca, dinamica e attiva interazione tra tutti gli alunni, a prescindere dalla presenza della condizione di disabilità567. La scuola dall‟orizzonte realmente inclusivo, in grado di accogliere la sfida delle diversità e delle peculiari caratteristiche individuali, è centrata sulla possibile, auspicabile e condivisa co-costruzione di itinerari e di azioni progettuali scolastici ed extrascolastici volti a favorire l‟inclusione di tutti e di ciascun alunno, a prescindere dalla natura delle differenze e a rimuovere gli ostacoli, le barriere all‟apprendimento e alla

564 Vedasi: ONU (2015), Trasformare il nostro mondo. L‟agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, op. cit.

L‟Agenda 2030 rappresenta l‟esito dei lavori delle principali conferenze delle Nazioni Unite: il Resoconto

della Conferenza delle Nazioni Unite sull‟ambiente e lo sviluppo (ONU, 1992), il Resoconto della Conferenza internazionale sulla popolazione e lo sviluppo (ONU, 1994), il Resoconto della Quarta Conferenza mondiale sulle donne (ONU, 1995).

565

Thomas G., Vaughan M. (2004), Inclusive education: readings and reflections, Open University Press, Maidenhead.

566

Larocca F. (1999), Nei frammenti l‟intero. Una pedagogia per la disabilità, FrancoAngeli, Milano, p. 60.

567

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partecipazione di ognuno.A livello internazionale un numero crescente di organizzazioni che si occupano di educazione568 sostengono il modello della scuola inclusiva quale sistema in grado di promuovere i processi di partecipazione, cittadinanza, appartenenza e di accessibilità nei micro e macro contesti formativi scolastici ed extrascolastici nel rispetto dei diritti umani, secondo la logica che accoglie e valorizza il fondante ruolo culturale e antropologico delle differenze e delle diversità, riducendo ogni forma di marginalità. A tale proposito diviene di fondamentale importanza

«proporre la pluralizzazione “nella” formazione e “nella” educazione attraverso il sostegno e l‟incentivazione dei percorsi e delle modalità individuali: in questa direzione “le differenze” non vengono collocate nella eccezionalità, come incidenti, ma nella normalità e nelle relazioni di tutti i giorni (ad esempio fra alunni e alunne, fra insegnanti-alunni-genitori)»569.

L‟inclusive education570, promossa dalla Dichiarazione di Salamanca nel 1994, quale processo finalizzato ad eliminare possibili forme di discriminazione571 mediante l‟offerta dell‟educazione di qualità nel rispetto dei differenti e diversi bisogni e capacità degli alunni, fa principalmente riferimento alla strategia globale dell‟Education for all572 e alla Convenzione delle nazioni unite sui diritti delle persone con disabilità del 2006573. Esortando i governi e le organizzazioni internazionali ad adottare il principio dell‟educazione inclusiva, L‟UNESCO, tramite il World Education Forum574, ribadisce il ruolo dell‟istruzione nella creazione di società più inclusive ed eque sostenendo che i fenomeni di esclusione scolastica e sociale, non producendo sistemi di qualità, possono dare luogo a disuguaglianze, esplicite o implicite, a livello culturale, istituzionale,

568 Vedasi: World Health Organization-World Bank (2011), World Report on Disability, Geneva; UNICEF

(2013), Children with disabilities. The state of the World‟s Children, UNICEF, Paris.

569 Fornasa W., Medeghini R. (2003), Abilità differenti. Processi educativi, co-educazione e percorsi delle

differenze, FrancoAngeli, Milano, p. 81.

570 Vedasi: UNESCO (1994), The Salamanca Statement and Framework for Action on Special Needs

Education, op. cit.

571 Vedasi: Weigel J. (2009), Il circo della farfalla, Produzione indipendente, USA.

572 Vedasi: Farrell P., Ainscow M. (2002), Making Special Education Inclusive, Routledge, London. 573

Vedasi: ONU (2006), Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, op. cit.

574

Nel documento si afferma la necessità di radicare l‟educazione sul principio di equità e inclusione suggerendo l‟adozione di cambiamenti nelle policy di settore e una maggiore focalizzazione sulle categorie più svantaggiate. Vedasi: UNESCO (2015), World Education Forum 2015. Final report, http://unesdoc.unesco.org/images/0024/002437/243724e.pdf

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legislativo, economico e politico generando condizioni emarginanti, soprattutto nei riguardi delle persone con disabilità quale target di popolazione maggiormente vulnerabile verso cui prestare adeguata attenzione. Le politiche educative nei riguardi delle persone con disabilità assunte dai vari Paese aderenti attestano una situazione molto diversificata a livello nazionale e, addirittura, soluzioni diverse all‟interno del medesimo territorio a causa della specificità del contesto politico, sociale, culturale e scientifico di ogni Stato indagato575.

Ad una “lettura” fortemente specialistica della disabilità corrisponde, di solito, un intervento riabilitativo ed educativo separato e settoriale che depotenzia, di fatto, l‟incidenza degli itinerari inclusivi progettati a scuola. Quanto più un sistema scolastico è centralizzato, tanto più risulta difficile realizzare sistemi educativi flessibili e democratici, adeguati ai bisogni speciali di tutti e di ciascuno ed efficacemente portavoci di intenzionalità educativa inclusiva.

Oltre alle differenti politiche o prospettive esistenti nei micro e macro contesti nazionali576 si evidenziano sia posizioni divergenti o affini legate soprattutto all‟uso della terminologica perché riferibili ai diversi e specifici percorsi, contesti culturali e normativi di ogni Paese che, per quanto riguarda l‟Italia, sostengono la diversità come risorsa per garantire a tutti il diritto all‟educazione, all‟istruzione e a ciascuno il raggiungimento del massimo livello di educazione possibile577. L‟OCSE578 sostiene che migliorare il rendimento degli alunni con possibili ritardi o accelerazioni nell‟apprendimento e nello sviluppo, con deprivazioni socio-culturali, con difficoltà di funzionamento educativo non compromette i processi di apprendimento degli altri alunni. A livello europeo579, il

575 Vedasi: Magazzini E. (2001), «Integrazione scolastica: uno sguardo all‟Europa», in La mediazione

pedagogica, 2 (1), http://web.tiscalinet.it/mediazionepedagogica/anno_02/numero_01/Magazzini/index.htm

576 Agenzia Europea per lo Sviluppo dell‟Istruzione per Studenti Disabili (2003), L‟Integrazione dei

Disabili in Europa, https://www.european-agency.org/sites/default/files/special-needs-education-in- europe_sne_europe_it.pdf

577 Vedasi: Lascioli A. (a cura di) (2007), Pedagogia speciale in Europa, Problematiche e stato della

ricerca, FrancoAngeli, Milano.

578 Vedasi: OECD (2011), Education at a Glance, https://www.oecd.org/education/skills-beyond-

school/48631582.pdf; OECD (2012), Equity and Quality in Education: Supporting Disadvantaged Students

and Schools, https://www.oecd.org/education/school/50293148.pdf

579

Vedasi: European Commission (2012), Network of Experts in Social Sciences of Education and Training (NESSE), Education and Disability-Special Needs. Policies and practices in education, training

adn employment for students with disabilities and special educational needs in the EU. Report prepared for the European Commission. Europena Commission, DG Education and Culture, Brussels.

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concetto di educazione inclusiva580 contempla molteplici interpretazioni che fanno sinteticamente riferimento a due approcci principali: nel primo l‟educazione inclusiva ed il processo di integrazione degli alunni con “bisogni educativi speciali” nella scuola ordinaria coincidono con la conseguente attivazione di azioni di supporto, di riabilitazione didattiche di sostegno; nel secondo caso l‟educazione inclusiva è relativa al cambiamento strutturale del sistema scolastico ordinario che va trasformato in una comunità di apprendimento efficace per tutti gli alunni, compresi quelli a rischio di esclusione581. La scuola è inclusiva quando afferma e riconosce la singolarità di ogni alunno all‟interno di un luogo sociale di comune accesso e quando mette quotidianamente a disposizione di tutti gli educandi strumenti, ausili e risorse rappresentati, in primis, dall‟eterogeneità del gruppo classe prevedibilmente composto da alunni con disabilità, con disturbi evolutivi specifici, con disturbi specifici di apprendimento, con disturbi da deficit dell‟attenzione e dell‟iperattività, con funzionamento intellettivo limite, con deficit della abilità non verbali, in situazioni di disagio linguistico, socio-culturale e socio- economico, ma anche da alunni iperdotati582. Inizialmente al termine inclusione, considerato inadeguato per il sistema educativo italiano, i pedagogisti speciali hanno preferito quello di integrazione nel suo significato più positivo, ovvero la messa in pratica di una politica anti-discriminatoria e innovativa in grado di garantire la partecipazione di tutti gli alunni nella scuola ordinaria583. Solo successivamente, la scelta di utilizzare l‟“inglesismo” inclusione come attributo del concetto di integrazione, in considerazione delle lunga storia italiana dell‟integrazione, gli alunni erano già stati inclusi nelle

580

Vedasi:European Agency for Special Needs and Inclusive Education (2016), Raising the achievement of

all learners in Inclusive Education, EASNIE, Odense-Denmark; European Agency for Special Needs and

Inclusive Education (2016), Financing of Inclusive Education, EASNIE, Odense-Denmark.

581 Vedasi: Ainscow M., Sandill A. (2010), «Developing inclusive education systems: the role of

organisational cultures and leadership», International Journal of Inclusive Education, 14 (4), pp. 401-416.

582 Vedasi: Tanguay P.B. (2006), Difficoltà visuospaziali e psicomotorie. Interventi per la sindrome non

verbale, Erickson, Trento; Zanetti, M.A., Renati R. (2012), «Perché un focus sulla plusdotazione?», Psicologia dell‟Educazione, VI (2), pp. 155-161; Daffi G. (a cura di) (2015), Gli alunni con Funzionamento Intellettivo Limite. Teorie, intervento didattico e proposte operative, Erickson, Trento; Fedeli D. (2018), Mio figlio non riesce a stare fermo, Giunti, Firenze.

583

Vedasi: Canevaro A. (2001), «L‟integrazione in Italia», in S. Nocera (a cura di), Il diritto

all‟integrazione nella scuola dell‟autonomia. Gli alunni in situazione di handicap nella normativa italiana,

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scuole,584 rappresenta una netta posizione per mantenere viva l‟eredità delle politiche integrative nel confronto internazionale585. Attualmente, per gli studiosi e i ricercatori italiani il processo inclusivo, certamente interpretato come forma più ampia di integrazione, è mirato all‟inclusione di alunni diversamente abili, con “bisogni educativi speciali”, e non solo, che richiedono percorsi di apprendimento individualizzati, personalizzati e differenziati. È importante sottolineare che esiste una forte differenza tra pratiche di integrazione e di inclusione: l‟integrazione si rivolge agli alunni con disabilità ovvero ad una parte di quelli con bisogni educativi speciali, mentre l‟inclusione fa riferimento alle varie prassi di risposta individualizzata e personalizzata realizzate sulla vasta gamma di bisogni educativi, speciali e non, riferiti alla globalità degli alunni di tutti gli alunni. L‟inclusione è, dunque, più ampia dell‟integrazione586.

L‟espressione alunni con special educational needs compare, per la prima volta, in Inghilterra nel 1978 nel rapporto della Commissione di indagine sull‟educazione dei bambini e dei giovani handicappati (Warnock Report)587 il quale, abolendo la categoria del minore ineducabile e il termine handicap, fa emergere il concetto di need sottolineando la necessità di modificare il sistema educativo inglese nel riconoscere e nell‟individuare i bisogni educativi in coerenza al rinnovamento pedagogico in atto nel secolo scorso588. Special educational need è un termine giuridicamente corretto, ma è utilizzato anche in ambito amministrativo e scolastico ed assume, quindi, diversi significati a seconda del contesto nel quale viene adottato, con la conseguenza che il riconoscimento di una condizione di “bisogno educativo speciale” dipende generalmente dalla scuola frequentata e dal del ruolo facilitatore o barriere del contesto secondo una

584 Vedasi: Vianello R., Di Nuovo S. (a cura di) (2015), Quale scuola inclusiva in Italia? Oltre le posizioni

ideologiche: risultati della ricerca, Erickson, Trento.

585 Vedasi: Canevaro A., Mandato M. (2004), L‟integrazione e la prospettiva „inclusiva‟, Monolite, Roma. 586 Vedasi: Ianes D. (2005), Bisogni educativi speciali e inclusione. Valutare le reali necessità e attivare

tutte le risorse, op. cit.

587 Vedasi: Warnock M. (1978), Special Educational Needs. Report of the Committee of Enquiry into the

Education of Handicapped Children and Young People, Her Majesty‟s Stationery Office, London;

Warnock M. (2005), Special educational needs: a new look, Philosophy of Education Society of Great Britain, London.

588 Il Rapporto Warnock pone molta enfasi sui needs per abbandonare il modello medico-diagnostico e

riconoscere l‟eguale diritto all‟educazione sostenendo gli alunni in condizioni di difficoltà nel processo di acquisizione di comuni traguardi di apprendimento. Nel 1981 l‟Education Act introduce l‟obbligo di documentazione delle effettive difficoltà d‟apprendimento degli alunni e introduce il Piano Educativo Individualizzato.

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potenziale ampia gamma di variazione nella valutazione, nel collocamento e nell‟adozione del progetto educativo dedicato. Focalizzare l‟attenzione sui termini “bisogno” e “speciale”, inoltre, significa creare nuove etichette stigmatizzanti derivate dalle visioni diagnostico-medicalistiche che tendono a non valorizzare le differenze, ma a confinare la persona con deficit o in situazione di handicap nella categoria dell‟anormalità. P. Gaspari ricorda come

«l‟incessante proliferazione di sigle, acronimi, etichette diagnostiche (BES, DSA, PEI, PDF, ICF, PAI, ecc.) testimoni il preoccupante tentativo egemonizzante delle discipline psico-mediche a scapito delle scienze dell‟educazione, di monopolizzare il pedagogico territorio delle diversità con serie ricadute in ambito scolastico nella legittimazione del ruolo professionale dei docenti, quotidianamente chiamati a mettere in campo conoscenze, strumenti, strategie e competenze atte a favorire autentici processi di inclusione. Il linguaggio “clinico-sanitario”, se soppianta e non si integra armonicamente con quello educativo-didattico, rivela una natura spiccatamente prescrittiva dell‟umano funzionamento, trascurando la dimensione descrittivo- orientativa e relegando l‟intero corpo docente a ruoli e funzioni di natura subordinata ed esecutiva»589.

Nell‟evoluzione del dibattito pedagogico internazionale relativo alla prospettiva inclusiva, il modello dell‟Index for Inclusion tende a superare il concetto di “bisogni educativi speciali”, inerente un quadro di riferimento che continua a considerare la disabilità come problema del singolo, sostenendo con forza la proposta di sostituire tale termine con quello di “ostacoli all‟apprendimento e alla partecipazione” in virtù dell‟attenzione ai limiti dei contesti piuttosto che a quelli delle persone affinché le scuole, pur avendo diversa connotazione territoriale, diventino equamente competenti nell‟accogliere tutti gli alunni grazie all‟efficace flessibilità organizzativa e pedagogico- didattica. La posizione radicale assunta dagli autori dell‟Index, nella sostituzione dell‟espressione “bisogni educativi speciali”, induce a riflettere sul rischio di etichettare ulteriormente gli alunni con disabilità e di collocare gli interventi educativi in una prospettiva di straordinarietà.

589

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La definizione di “bisogno educativo speciale” è evidenziata in modo esaustivo ed estensivo da parte dell‟Assemblea Generale dell‟UNESCO assegnandole un prioritario posto nell‟ambito dell‟educazione e facendo esplicito riferimento al bisogno di individualizzare l‟offerta formativa, aggiungendo risorse, ri-adattando, semplificando e rendendo fruibili le attività educativo-didattiche, secondo un “accomodamento ragionevole” a garanzia di una “progettazione universale”590

.

«Il concetto di bisogno educativo speciale si estende al di là di quelli che sono inclusi nelle categorie di disabilità, per coprire quegli alunni che vanno male a scuola (failing) per una varietà di altre ragioni che sono note nel loro impedire un progresso ottimale. Se questo gruppo di bambini, più o meno ampiamente definito, avrà bisogno di adattare il curricolo, l‟insegnamento, l‟organizzazione o le risorse aggiuntive umane e/o materiali per stimolare un apprendimento efficace ed efficiente»591.

In tale prospettiva, il concetto di “bisogno educativo speciale” non corrisponde ad una certificazione medica o psicologica, né è sovrapponibile alla tradizionali categorie di disabilità, deficit ed “handicap”. Nel 2003 l‟Agenzia europea per lo sviluppo dell‟educazione per i bisogni speciali, confrontando le prassi e le normative di riferimento, riconosce come inclusivi i sistemi scolastici in Italia, Spagna, Grecia, Portogallo, Svezia, Islanda e Norvegia in quanto impegnati a farsi carico del passaggio dal concetto di disabilità tradizionale a quello di “bisogno educativo speciale” generato da diversificate cause prodotte dall‟educazione592. Le implicazioni pratiche di tale orientamento riguardano il riconoscimento più ampio, ma sicuramente più equo, del diritto all‟inclusione, sia a livello professionale che a livello di risorse. L‟estensione del concetto di “bisogno educativo speciale” risulta, in particolare, rinforzato da due importanti atti legislativi inglesi: il Children Act del 1989 e il Disability Discrimination

590 Vedasi: Convegno nazionale (2016), Didattica e inclusione scolastica. Equità, differenze e

progettazione universale, Università di Bolzano, 25 e 26 novembre, Bolzano.

591

Vedasi: UNESCO (1997), International Standard Classification of Education (ISCED), http://www.unesco.org/education/information/nfsunesco/doc/isced_1997.htm

592

Vedasi: Meijer C.J.W. (2003) (a cura di), Special Education across Europe in 2003. Trends in provision

142

act593 del 1995. Il Children Act introduce il concetto di “bambino in stato di bisogno” definito come un bambino che

«ha una scarsa probabilità o non ha l‟opportunità di raggiungere o mantenere un ragionevole standard di salute o sviluppo senza interventi dell‟autorità locale di natura compensativa speciale. Un bambino in uno stato di bisogno è anche quello la cui salute o sviluppo sono facilmente danneggiati in modo significativo o sono realmente danneggiati senza interventi dell‟autorità locale, oppure il bambino più tradizionalmente disabile»594.

Dal 1996 al 2002 la legislazione inglese nel promuovere ulteriori atti fondamentali, l‟Education Act595, lo Special Education Needs and Disability Act596 e il Code of Practice597, specifica che il bambino in difficoltà è considerato un bambino con “bisogni educativi speciali” distribuiti su quattro grandi aree: comunicazione e interazione; cognizione e apprendimento; sviluppo del comportamento, emozione e socialità; attività sensoriale e fisica. Rimane, comunque, aperto nel mondo anglosassone il dibattito tra la disabilità e il “bisogno educativo speciale”, in quanto le normative in atto non riescono a definire quest‟ultimo sulla base dell‟idea globale di funzionamento educativo e di apprendimento essendo legati alla doppia polarità: apprendimento e comportamento da un lato e funzionamento fisico dall‟altro598. La normativa statunitense offre, invece, una concezione del bambino con “bisogni educativi speciali” molto ampia definendolo con ritardo mentale, deficit uditivo, disturbi del linguaggio, deficit visivo, gravi disturbi emozionali, problemi ortopedici, autismo, danni cerebrali,

593 Vedasi: UK Legislation (1995), Disability Discrimination act,

http://www.legislation.gov.uk/ukpga/1995/50/contents

594 UK Legislation (1989), Children Act, https://www.legislation.gov.uk/ukpga/1989/41

595 Vedasi: UK Legislation (1996), Education Act, https://www.legislation.gov.uk/ukpga/1996/56/contents 596 Vedasi: UK Legislation (2001), Special Education Needs and Disability Act,

https://www.legislation.gov.uk/ukpga/2001/10/contents

597

Vedasi: Department for Education and Skills (2001), Code of Practice,

https://assets.publishing.service.gov.uk/government/uploads/system/uploads/attachment_data/file/273877/s pecial_educational_needs_code_of_practice.pdf

598

Vedasi: Mittler P. (1999), «Equal opportunities – for whom», British Journal of Special Education, 26, (1), pp. 3-7.

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altri problemi di salute, specifiche difficoltà dell‟apprendimento includendo anche la situazione di disabilità599.

In Italia “bisogno educativo speciale” (Special Educational Need)viene identificato, da D. Ianes ed altri, come una macrocategoria che comprende tutte le possibili difficoltà educative-apprenditive degli alunni e in particolare

«qualsiasi difficoltà evolutiva, in ambito educativo e apprenditivo, espressa in un funzionamento (nei vari ambiti della salute secondo il modello ICF dell‟Organizzazione mondiale della sanità) problematico anche per il soggetto, in termini di danno, ostacolo o stigma sociale, indipendentemente dall‟eziologia, e che necessita di educazione speciale individualizzata»600.

Da tale definizione emerge come la difficoltà ovvero il “bisogno educativo speciale” si manifesta prevalentemente in età evolutiva creando un impatto diretto a livello educativo e di apprendimento scolastico e sociale, pur esistendo anche disturbi in età adulta che compromettono gli apprendimenti di vita quotidiana della persona, lo sviluppo delle attività personali e la partecipazione ai ruoli sociali601. Inoltre, viene sottolineato il