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FASI DEL PIANO DI RICERCA

4.1. I modelli della ricerca empirica

Il paradigma positivista (con le sue revisioni neopositiviste e post-positiviste)687 e la prospettiva teorica fenomenologico-ermeneutica rappresentano i due grandi modelli che hanno storicamente definito le diverse tradizioni di ricerca fondate su molteplici premesse epistemologiche, rispettivamente: la ricerca quantitativa e quella qualitativa688. L‟approccio positivista, il primo ad essere utilizzato nelle scienze sociali, ha adottato, sin dalle sue prime formulazioni, una “lettura” oggettivista ed empirista della realtà, rivolta alla ricerca di leggi universali e regolarità nei comportamenti degli attori. L‟ontologia del positivismo afferma che la realtà sociale possiede esistenza effettiva ed è oggettivamente osservabile, conoscibile e controllabile, come se si trattasse di una “cosa”, “oggetto”, “dato”. Tale oggettivazione dei fatti sociali rende possibile le generalizzazioni empiriche sui fenomeni studiati mediante le descrizioni e le spiegazioni basate sulle loro manifestazioni esteriori. Dal punto vista epistemologico, esso si basa sul dualismo tra ricercatore e oggetto di studio (che non si influenzano a vicenda in nessun modo), presume di ottenere risultati veri e certi ed il suo obiettivo è quello di spiegare e di formulare leggi naturali e generali immutabili e universalmente riconosciute. La metodologia positivista prevede esperimenti e manipolazioni della realtà, con osservazioni e distacco tra l‟osservatore e l‟osservato: il suo modo di procedere è prevalentemente induttivo (dal particolare al generale); le tecniche utilizzate sono quantitative (esperimenti, statistica, test, ecc…) e si utilizzano alcune variabili689. Negli anni „50 e 60‟ del secolo scorso, accanto al modello positivista e neopositivista si sviluppa, antiteticamente il paradigma interpretativista con un approccio maggiormente attento all‟umana soggettività, all‟esperienza degli individui, alle loro interrelazioni, alle loro storie e ai loro mondi vitali690. In tale ottica, la realtà, essendo filtrata dal vissuto

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Il movimento filosofico e culturale del Positivismo, nato in Francia nella prima metà dell‟800, si ispira all‟esaltazione del progresso e alla fiducia nel metodo scientifico. Le principali idee guida che propone fanno riferimento alla scienza quale unica forma di conoscenza possibile, all‟assoluta validità del metodo scientifico quale unico strumento valido per osservare, misurare e riprodurre i fenomeni.

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Vedasi: Trinchero R. (2002), Manuale di ricerca educativa, FrancoAngeli, Milano; Cohen L., Manion L., Morrison K. (2007), Research methods in education, Routledge, London-New York.

689 Vedasi: Corbetta P. (2014), Metodologia e tecniche della ricerca sociale, il Mulino, Bologna. 690

Vedasi: Guala C. (2004), Metodi della ricerca sociale. La storia, le tecniche, gli indicatori, Carocci, Roma.

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degli individui, non è più oggettivamente osservabile ma va interpretata, con l‟obiettivo di comprendere i fenomeni, non solo di spiegarli tramite approcci di natura qualitativa. Dal punto di vista metodologico i principi positivisti e neopositivisti, quali il realismo ontologico, l‟oggettività della conoscenza e la posizione preminente dell‟osservazione empirica vengono messi in discussione dalla ricerca qualitativa, in quanto la complessità della realtà non può essere conosciuta solo tramite dati numerico-statistici, che non risultano sufficientemente in grado di cogliere tutte le sfumature di cui è composta la storia della persona. La ricerca qualitativa è un‟attività situata che colloca l‟osservazione nella realtà e

«si compone di un insieme di pratiche interpretative e fattuali attraverso le quali la realtà acquista visibilità»691.

L‟approccio conoscitivo qualitativo, nato dalle ricerche ermeneutiche e fenomenologiche ed ispirato alle logiche induttive, rifiuta l‟esclusività degli strumenti scientifici destinati all‟analisi della realtà valorizzando il ruolo attivo del soggetto studiato, non più sottoposto ad un controllo empirico e meccanicistico.

In merito alla validità di un metodo rispetto all‟altro, nel dibattito finalizzato a definire se uno dei due approcci è “scientificamente” migliore rispetto all‟altro, sono state individuate tre possibili posizioni. La prima afferma che i due approcci sono incompatibili tra di loro e i rispettivi sostenitori affermano l‟esclusiva correttezza del proprio paradigma692. I fautori del metodo quantitativo continuano ad attribuire all‟approccio qualitativo la mancata scientificità delle procedure e la non attendibilità dei semplici risultati, in quanto non sempre facilmente oggettivabili. Dall‟altro, i sostenitori del metodo qualitativo693 continuano a considerare l‟approccio numerico inadatto, inadeguato a cogliere e a comprendere il significato profondo dei fenomeni, soprattutto, quelli educativi, di conferire intenzionalità all‟attore e di considerare la realtà nella sua complessità694.

691 Denzin N.K., Lincoln Y.S. (2000), Handbook of qualitative research, London, Sage, p. 3.

692 Vedasi: Mantovani S. (a cura di) (1998), La ricerca sul campo in educazione. I metodi qualitativi, Bruno

Mondadori, Milano.

693 Vedasi: Campelli E. (1996), «Metodi qualitativi e teoria sociale», in C. Cipolla, A. De Lillo (a cura di),

Il sociologo e le sirene. La sfida dei metodi qualitativi, FrancoAngeli, Milano, pp. 17-36.

694 Vedasi: Calvani A. (1998), «Ricerca qualitativa e costruttivismo. Tra vecchie questioni e nuovi

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«La ricerca qualitativa è aperta, esplora un ambito o testa delle ipotesi sulla base di dati non strutturati, senza avere il vincolo di definire operativamente i concetti che studia e di trasformarli in variabili prima della raccolta dei dati. La ricerca qualitativa utilizza tecniche d‟indagine che non definiscono a priori lo spazio delle possibili risposte che si potranno ottenere, raccoglie quindi dati non strutturati e utilizza tecniche di analisi che conducono, almeno in parte, all‟identificazione di proprietà/concetti nuovi, che non stava cercando. In entrambi gli approcci si cerca qualcosa, nella ricerca quantitativa si sa il dove, il come e il che cosa in tutti i dettagli. Nella ricerca qualitativa si sa il dove, si conosce (o si dovrebbe conoscere) il come, ma si conosce il che cosa solo in termini molto generali, il resto va scoperto attraverso i dati. La ricerca quantitativa trova quello che cerca e non sappiao niente di tutto quello che non ha cercato. La ricerca qualitativa trova quello che trova e non sappiamo niente di tutto quello che non ha trovato»695. Nello specifico, il mondo dell‟educazione, rappresentato da fenomeni unici ed irripetibili, sfugge ai dispositivi epistemici di tipo positivistico che tentano di comprenderlo e di ridurlo seguendo procedure rigide e prioristicamente determinate. L‟approccio ermeneutico-fenomenologico696 è maggiormente applicabile all‟ambito educativo, in quanto sposta l‟attenzione dalla descrizione del fenomeno alla comprensione del significato che l‟esperienza e i suoi significati assumono per i soggetti della ricerca697. Il secondo punto di vista, relativo ad una possibile compatibilità dei due metodi, si ritrova nei neopositivisti, che affermano l‟utilità dell‟approccio qualitativo, ma solo in una prospettiva preliminare di stimolazione intellettuale, in una sorta di brainstorming che resta, tuttavia, esterno alla fase scientifica vera e propria, attribuendo così un ruolo ancillare alla ricerca qualitativa. La terza posizione sostiene la pari dignità dei due metodi ed auspica lo sviluppo di una scienza sociale che, a seconda delle circostanze e delle opportunità, possa scegliere per l‟uno o per l‟altro approccio, in virtù dei preziosi contributi derivati sia dalle ricerche quantitative, che dalle ricerche qualitative. Secondo L. Mortari, la complessità dei contesti educativi non è

695 Lucidi F., Alivernini F., Pedon A. (2008), Metodologia della ricerca qualitativa, il Mulino, Bologna,

pp. 32-33.

696 Vedasi: Husserl E., Heidegger M. (2003), Fenomenologia, Unicopli, Milano. 697 Vedasi: Mortari L. (2007), Cultura della ricerca e pedagogia, Carocci, Roma.

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«comprimibile nei dispositivi epistemici di cui disponiamo, tanto meno in quelli di tipo algebrico che caratterizzano molte ricerche nelle scienze dell‟educazione, dispositivi questi che perdono per strada molte delle informazioni non computabili dentro metodi che algoritmiche. Il prendere coscienza dell‟impossibilità di arrivare ad una comprensione dell‟esperienza umana comprimendo la ricerca empirica dentro il paradigma positivistico si è concretizzato in una critica al prevalere degli approcci quantitativi che segnò negli anni ottanta una svolta verso il qualitativo. Gradualmente si sviluppò la consapevolezza che non è disponibile un modo privilegiato di accesso alla conoscenza dei fenomeni e che l‟elaborazione algoritmica non è più rigorosa di altri metodi, perché la conoscenza matematica ha il carattere dell‟esattezza che non coincide con il rigore. Ogni oggetto d‟indagine chiede uno specifico metodo di ricerca, e richiedere esattezza alla scienza dell‟educazione, che ha un oggetto così complesso qual è l‟esperienza umana, significa stabilire un obiettivo non sostenibile»698.

Negli ultimi decenni, lo sviluppo della metodologia della ricerca educativa ha portato al passaggio dal paradigma positivista-quantitativo a quello interpretativo-qualitativo699, pur beneficiando di entrambi gli approcci, se assunti come modalità complementari e interdipendenti di “studiare” i processi educativi e non come paradigmi che si escludono reciprocamente700. La necessità di combinare i diversi metodi e paradigmi quanti- qualitativi è alla base di un adeguato processo di ricerca701, in quanto entrambi possono essere adatti a differenti contesti e, quindi, utili come contributi alla conoscenza dei fenomeni sociali ed educativi integrandosi vicendevolmente per una migliore comprensione della complessità della realtà. I processi educativi, per definizione dinamici, generativi reticolari ed evolutivi, non possono essere descritti, né analizzati secondo una logica puramente nomologico-deduttiva, e neppure secondo una forma esclusivamente narrativa. La ricerca educativa si avvale, quindi, della simultaneità e

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Mortari L. (2009), «La ricerca empirica in educazione», Studi sulla Formazione, XII (I-II), pp. 39-40. (pp. 33-46)

699 Calvani A. (1998), «Ricerca qualitativa e costruttivismo: tra vecchie questioni e nuovi paradigmi»,

Studium Educationis, op. cit.

700 Vedasi: Creswell J.W., Plano Clark W.L. (2011), Designing and Conducting Mixed Methods Research,

CA: Sage Publications, Thousand Oaks.

701 Vedasi: Marradi A. (2007), Metodologia delle scienze sociali, in R. Pavsic, M.C. Pitrone (a cura di), il

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della complementarietà di più metodi, apparentemente opposti, dove il ricercatore e i soggetti indagati (nei loro aspetti cognitivi, affettivo-emotivi e motivazionali) interagiscono con gli assetti socio-culturali di riferimento secondo una flessibilità, una trasversalità, una reciprocità, una dialogicità progressive, tipiche degli attuali e complessi contesti di vita. Recentemente il dibattito scientifico ha evidenziato la necessità di trovare auspicabili e possibili confluenze ed integrazioni tra vecchi e nuovi paradigmi teorici della ricerca mediante i metodi misti o mixed methods702, come evoluzione del concetto di triangolazione di informazioni provenienti da fonti diverse, allo scopo di “leggere” in modo dialogico ricorsivo e co-generativo le problematiche inerenti la ricerca empirica703. La ricerca con metodi misti si afferma ormai come l‟orientamento metodologico prevalente possedendo maggiore flessibilità metodologica e comportando operazioni di integrazione e combinazione di tecniche, metodi, approcci, concetti o linguaggi appartenenti alla ricerca quantitativa e qualitativa riversati in un unico studio. Un disegno di ricerca misto si configura come tale, poiché nei diversi stadi che compongono il percorso stesso, le decisioni metodologiche si intersecano con gli step del processo di ricerca tenendo conto della molteplicità di opportunità esplorative offerte dall‟utilizzo delle metodologie quantitative e qualitative. La scelta di avvalersi di metodi misti risulta maggiormente adeguata rispetto ai due tradizionali approcci: in primis, tale scelta può essere giustificata dalla necessità di avanzare, nella stessa ricerca, ipotesi o domande di tipo confermativo ed esplorativo, volte rispettivamente a dimostrare il legame teorico esistente tra aspetti diversi dello stesso fenomeno e a spiegarne la natura del processo sottostante704. L‟attuale panorama della metodologia della ricerca, nel tentativo di superare l‟utilizzo di un‟unica prospettiva, utilizza diverse fonti di dati per incrementarne la validità e l‟opportunità di raggiungere un livello superiore di comprensione (insight) dei fenomeni. La continuità e la necessaria interdisciplinarietà tra gli approcci di ricerca unita alla possibilità di progettare in itinere una nuova fase per un‟ulteriore investigazione del fenomeno, produce, senz‟altro, un

702 Vedasi: Bergman M.M. (2008), Advances in mixed methods research: theories and applications, Sage,

London.

703 Vedasi: Vannini I. (2017), Come cambia la cultura degli insegnanti. Metodi per la ricerca empirica in

educazione, FrancoAngeli, Milano.

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Vedasi: Tashakkori A., Teddlie C. (2003), Handbook of Mixed methods in Social and Behavioral

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cambiamento migliorativo nell‟esistente705. L‟approccio metodologico prescelto dipende, quindi, da quanto stabilito in fase di progettazione della ricerca, su come si intende mettere in interrelazione i metodi usati ed i rispettivi risultati. Nel caso della presente ricerca di dottorato, la scelta del metodo integrato è stata dettata dalla necessità di avvalersi di linee guida flessibili per ricavare elementi di riflessione consapevole e critica sull‟oggetto della ricerca ed approfondire i risultati dell‟indagine quantitativa con evidenze qualitative derivanti dall‟osservazione e dalla comparazione dei contesti scolastici presi in esame e dalle pratiche educativo-didattiche inclusive adottate dai docenti partecipanti, in vista della promozione di cambiamenti migliorativi706.