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1.2. Il popolo lusitano come comunità viator durante l’epoca d’oro delle scoperte d’oltremare

1.2.1. L’incontro con l’altro da sé

La condizione dinamica del viaggio ha caratterizzato dunque, sin dagli albori, la storia della formazione e della consolidazione della nazione lusitana nello scenario politico europeo. Essa ha così acquisito una posizione di prestigio soprattutto nei secoli XVI e XVII. Il viaticum ha fortemente definito da un lato l’assetto socio- culturale e politico del popolo portoghese e dall’altro la formazione della rispettiva lingua che si è evoluta a livello morfologico, fonetico e lessicale in seguito al contatto diuturno tra gli idiomi nativi delle comunità autoctone iberiche (le cosiddette lingue di sostrato del latino) con quelli delle popolazioni provenienti da diversi territori sia europei (come i Romani e i popoli di origine germanica), sia extra-europei (come, per l’appunto, i gruppi musulmani provenienti da diverse zone dell’Impero islamico).

Nei secoli XVI e XVII il viaggio di espansione politico-territoriale segna in modo determinante e costante la storia dello stesso Portogallo: tale epoca di rinascita politico-intellettuale, nonché economica e commerciale, si deve principalmente alle navigazioni e alle scoperte geografiche marittime intraprese dal popolo portoghese verso nuovi mondi, che danno origine a una vera e propria espansione coloniale. I dominatori vengono a loro volta a contatto con popolazioni e alterità culturali di cui, in Occidente, non si ipotizzava nemmeno l’esistenza.

Il processo di espansione marittima, avviato dalla Corona Portoghese nei territori dell’Africa, dell’Oriente e dell’America del Sud, ha indotto il popolo lusitano a esplorare territori del tutto incogniti, permettendo all’Occidente di confrontarsi con l’altro da sé e scoprendo diversi canoni socio-culturali che la mentalità etnocentrica dell’esploratore dell’epoca considerava, inevitabilmente, come incomprensibili, estranei, oscuri e barbari55.

Luís Filipe Barreto afferma a tale proposito:

Os Descobrimentos são algo bem mais profundo que uma sucessão cronológica de descobertas e conquistas. O essencial da sua importância reside no facto de estabelecerem, pela primeira vez, um sistema permanente

55

Per approfondimenti cfr. Luís Filipe Barreto, Descobrimentos e Renascimento - Formas de pensar

nos séculos XV e XVI, 2ª ed., Imprensa Nacional-Casa da Moeda, Lisboa, 1983 (1ª ed. 1982) e Fernando

Cristóvão (coord.), O olhar do viajante. Dos Navegadores aos Exploradores, Almedina, Coimbra, 2003.

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e global de comunicação entre as diferentes sociedades, de gerarem uma estrutura de trocas materiais e espirituais entre as diversas civilizações, fazendo assim emergir a realidade e ideia de Humanidade, isto é, de homem plural/global com uma unidade/identidade no para além de toda a diversidade56.

Il contatto prolungato dei Portoghesi con le popolazioni locali, le quali presentano caratteri somatici, valori, usi e costumi del tutto differenti rispetto a quelli occidentali, genera atteggiamenti di estraneità e di incomprensione da parte degli Europei nei confronti delle tribù native, che in ambito antropologico sono stati scientificamente definiti con il termine etnocentrismo. Tale atteggiamento induce le popolazioni occidentali ad avvalersi, come parametro di giudizio nei confronti dell’alterità, dei propri schemi culturali e cognitivi per comprendere il “luogo di arrivo”, in modo da identificare un significato tanto denotativo quanto connotativo per interpretare la nuova realtà. Gli schemi culturali europei assumono la funzione di “correlativo oggettivo” o di lente interpretativa dell’ignoto, atteggiamento che induce l’Occidente a considerare gli indigeni delle terre d’oltremare come esseri rozzi, barbari e animaleschi, i cui comportamenti vengono letti come socialmente inaccettabili e inappropriati, ragione per la quale si considera necessario “correggere” questi atteggiamenti guidando le popolazioni native verso la strada di una civiltà già nota, di un progresso e di un ordine sociale costituiti in altri luoghi rispetto alle terre di nuovo approdo.

La scoperta di questa alterità sociale e culturale stimola gli intellettuali e gli scrittori dell’epoca a riflettere su tale stadio della storia dell’umanità, ponendo, in questo periodo di conoscenza pre-scientifica, le prime basi ideologiche che porteranno alla formazione del futuro campo di studi dell’antropologia. Colui che risulta diverso per usi e costumi all’epoca delle grandi scoperte geografiche, viene connotato come un essere “barbaro”. Tale atteggiamento, sorto dunque in seguito all’occupazione occidentale dei territori d’oltremare, viene analizzato da vari intellettuali dell’epoca, come dal filosofo francese Michel de Montaigne (1533-1592) nei suoi Essais, anticipando in questo modo la definizione scientifica del comportamento etnocentrico:

Ognuno chiama barbarie quello che non è nei suoi usi; sembra infatti che noi non abbiamo altro punto di riferimento per la verità e la ragione che

56

Cfr. Luís Filipe Barreto, Os Descobrimentos e a ordem do saber - Uma análise sociocultural, Gradiva, Lisboa, 1987, p. 5.

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l’esempio e l’idea delle opinioni e degli usi del paese in cui siamo. Ivi è sempre la perfetta religione, il perfetto governo, l’uso perfetto e compiuto di ogni cosa57.

Gli indigeni delle terre extra-continentali, su cui approdano i naviganti portoghesi, vengono dunque considerati come genti primitive che non hanno attraversato l’usuale processo di antropogenesi che induce verso lo stadio della società civilizzata, rimanendo costantemente in un primordiale livello di esistenza, come se in questi territori il tempo si fosse fermato all’epoca preistorica58.

Per limitarci all’ambito brasiliano, nel Diálogo sobre a conversão do gentio del missionario gesuita padre Manuel da Nóbrega (1517-1570), si esplicita in modo diretto e palese il comportamento degli Occidentali nei riguardi degli indigeni autoctoni, i quali vengono paragonati a esseri brutali, dal momento che il loro unico interesse consiste nell’uccidere sia animali, sia umani, al fine di nutrirsi: posizione che porta inesorabilmente alla condanna della pratica socio-culturale del cannibalismo. Le popolazioni locali, da acculturare ed evangelizzare in tempi rapidi, sono così descritte nella prima pagina dell’opera del missionario gesuita:

Por demais hé trabalhar com estes; são tão bestiais, que não lhes entra no coração cousa de Deus; estão tão incarniçados em matar e comer, que nenhuma outra bem-aventurança sabem desejar; pregar a estes, hé pregar em deserto ha pedras59.

57

Cfr. Michel de Montaigne, Saggi, Edizione bilingue con testo francese a fronte a cura di Fausta Garavini e André Tournon, Bompiani, Milano, 2012, Libro I, Cap. XXXI, p. 373. In lingua originale: “Or je trouve, pour revenir à mon propos, qu’il n’y a rien de barbare et de sauvage en cette nation, à ce

qu’on m’en a rapporté : sinon que chacun appelle barbarie ce qui n’est pas de son usage. Comme de vrai il semble que nous n’avons autre mire de la vérité et de la raison que l’exemple et idée des opinions et usances du pays où nous sommes. Là est toujours la parfaite religion, la parfaite police, parfait et accompli usage de toutes choses”, (Cfr. p. 372).

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Su questo fenomeno di etnocentrismo si veda in particolare Vittorio Lanternari, L' Incivilimento dei

barbari - Problemi di etnocentrismo e di identità, Bari, Dedalo Edizioni, 1983; Hugh Donald Forbes, Nationalism, ethnocentrism, and personality, University of Chicago press, Chicago, 1985; Vernon Reynolds-Vincent Falger-Ian Vine (eds.), The Sociobiology of Ethnocentrism: Evolutionary Dimensions

of Xenophobia, Discrimination, Racism, and Nationalism, Univeristy of Georgia Press, Athens (GA),

1987; Domenico Losurdo, Universalismo e etnocentrismo nella storia dell'Occidente, Quattro Venti, Urbino, 2000; Stephen Mailloux, Making Comparisons: First Contact, Ethnocentrism, and Cross-

Cultural Communication, in John Carlos Rowe (eds.), Post-Nationalist American Studies, University of

California Press, Barkeley, 2000, pp. 110-128.

59

Il testo, scritto tra il 1556 e il 1557, è stato pubblicato per la prima volta nel 1880 nella “Revista do Instituto Histórico e Geográfico Brasileiro”, n. 43, parte I. Successivamente, il Diálogo è stato pubblicato nel 1954 in edizione critica dallo studioso Serafim Leite nel volume: Manuel da Nóbrega,

Diálogo sobre a conversão do gentio, com preliminares e anotações históricas e críticas de Serafim Leite, Comissão do IV Centenário da Fundação de São Paulo, Lisboa, 1954. La citazione riportata

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Soltanto nel XVII secolo e con il movimento culturale e filosofico dell’Illuminismo, si sviluppa il Mito del Buon Selvaggio grazie al critico letterario inglese John Dryden (1631-1700)60: si avrà dunque una visione più tollerante e comprensiva dell’altro da sé, analizzando con maggiore spirito critico il contesto socio-culturale delle popolazioni autoctone con cui l’Occidente è entrato in contatto a partire dal secolo XV. A tale proposito, infatti, lo stesso filosofo illuminista francese Charles-Louis de Secondat de Montesquieu (1689-1755) asserirà nelle pagine dei suoi Voyages, opera pubblicata postuma nel 1894, che “Si viaggia per vedere costumi e maniere diverse, e non per criticarli”61.

Nonostante le forti e preponderanti posizioni etnocentriche ancora esistenti assunte nei confronti delle popolazioni native durante il secolo XVIII, si afferma gradualmente in Occidente il cosiddetto fenomeno culturale dell’esotismo62, vale a dire un atteggiamento cognitivo di intensa e vivida apertura mentale verso le civiltà, i luoghi e i costumi di popoli appartenenti ad aree geografiche lontane e periferiche: grazie alla diffusione in Occidente della traduzione dall’arabo in francese de Les mille et une nuits63 dell’orientalista Antoine Gallard (1646-1715), si intensifica progressivamente un notevole e maggiore interesse per tutti gli aspetti delle civiltà più recondite64.

L’avventura e l’esperienza diretta in mare aperto costituiscono due pilastri fondamentali del viaggio di scoperta del secolo XVI, contribuendo inesorabilmente alla formazione della coscienza storica dell’epoca e all’arricchimento del bagaglio culturale dell’uomo occidentale rinascimentale, commerciante o intellettuale che sia. Tali viaggi, intrapresi inizialmente a scopo mercantile e geografico, implicano non

http://www.ibiblio.org/ml/libri/n/NobregaM_ConversaoGentio_p.pdf: Manuel da Nóbrega Diálogo

sobre a conversão do gentio, ΜεταLibri, São Paulo, 2006, p. 5. 60

Cfr. John Dryden, The conquest of Granada, Printed by T. N. for Henry Herringman, In the Savoy, 1672.

61

Cfr. Charles-Louis de Secondat Montesquieu, Voyages, G. Gounouilhou, Bordeaux, 1894, p. 138, disponibile online al seguente sito: https://archive.org/details/voyagesdemontesq01mont.

62

Per una panoramica storico-critica sul fenomeno dell’esotismo rimando ai lavori di Francis Affergan,

Exotisme et Altérité, P.U.F., Paris, 1987; Giorgio Spina, L'esotismo inglese tra Otto e Novecento,

E.R.S.U., Genova, 1987; George Rousseau, Roy Porter, Exoticism in the Enlightenment, Manchester University Press, Manchester, 1990; Victor Segalen, Essay on Exoticism: An Aesthetics of Diversity, Duke University Press Books, Durham, 2002 ; Jean-François Staszak, Qu’est-ce que l’exotisme?, in “Le Globe”, 2008, v. 148, pp. 7-30.

63

Antoine Galland, Les mille et une nuits, [s.n.], Paris, 1704-1717.

64

Cfr. a questo proposito Patrizia Bellman, Vincenzo Matera, Il Viaggio e la scrittura, L’ancora del Mediterraneo, Napoli, 2001, pp. 10 e 45-60.

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solo uno spostamento fisico e reale nello spazio oceanico, ma anche una profonda esperienza esistenziale durante la fase che comporta una situazione di transito, generando un graduale processo di trasformazione dell’io individuale e della personalità del viator a contatto con l’alterità: la presenza dell’altro, dunque, innesca il meccanismo di cambiamento interiore e di trasformazione della personalità individuale del singolo viaggiatore, il quale apprende progressivamente a filtrare la realtà secondo i modelli culturali del luogo di arrivo65.

1.2.2. La politica di espansione territoriale e commerciale della