3.2.1.3. Colophon
Évora, B.P.E., Res. 300
L’ultima pagina, costituita dal foglio [B XVI] v, non riporta l’usuale colophon che illustra le informazioni sul luogo e sull’anno di pubblicazione. Nonostante ciò, il foglio riporta l’immagine dello stemma araldico della casa regnante degli Aviz, costituito dallo scudo adottato nel 1481 e ancora oggi in uso. Il modello dello scudo impiegato è semirotondo o gotico moderno, in quanto presenta la parte inferiore arrotondata, definendo una sorta di semicerchio. In posizione centrale vi è un ulteriore scudo che contiene altrettanti cinque scudi di ridotte dimensioni, ognuno contraddistinto dalla presenza di cinque bisanti. Ricordiamo che il numero cinque, nell’araldica portoghese, ha un duplice significato connotativo, uno storico-politico e l’altro religioso: da un lato, rimanda al numero dei re musulmani che D. Afonso I sconfisse nella battaglia di Ourique e, dall’altro, alle cinque ferite di Cristo. Inoltre, tale scudo centrale è bordato esternamente da sette piccoli castelli araldici composti da tre torri, di cui quella centrale presenta un’altezza maggiore rispetto alle altre. I sette castelli raffigurati rappresentano il Regno di Castiglia, con il quale il Portogallo ha avuto nel corso della storia diverse relazioni e vicissitudini politiche.
Tale scudo presenta anche un ornamento esteriore costituito da due insegne, ossia dal capo di un sovrano, riconoscibile dalla rispettiva corona, e da un drago alato nascente con le fauci aperte, il quale rappresenta il supporto araldico principale che sostiene lo scudo centrale. Il drago, emblema di valore militare, è una figura chimerica che simboleggia vigilanza, custodia e fedeltà.
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La presenza di tale stemma araldico esalta la magnificenza della dinastia degli Aviz la quale, come abbiamo già analizzato nel secondo capitolo, si avvale del prezioso contributo della stampa per promuovere le campagne di algabetizzazione verso il portoghese e di evangelizzazione nelle diverse colonie dell’impero ultramarino.
Évora, B.P.E., Res. 300 A
L’ultima pagina, costituita dal foglio [B XVI] r, riporta l’usuale colophon che illustra le informazioni sul luogo di pubblicazione (Lixboa, em casa de Germão Galhardo); nel verso dello stesso foglio ([B XVI] v), invece, vi è un’immagine costituita da diversi elementi, sia araldici, sia religiosi che sottolineano la stretta alleanza tra potere spirituale della Chiesa e quello temporale della corona lusitana nel periodo d’oro dell’impero ultramarino.
Al centro dell’illustrazione è posizionato lo stemma araldico della casa regnante degli Aviz, costituito dallo scudo adottato nel 1481 ancora oggi in uso. Il modello dello scudo impiegato è semirotondo o gotico moderno, in quanto presenta la parte inferiore arrotondata, definendo una sorta di semicerchio. In posizione centrale vi è un ulteriore scudo con all’interno altri cinque scudi di ridotte dimensioni, ognuno contraddistinto dalla presenza di cinque bisanti. Tale numero ha, nell’araldica portoghese, un duplice significato connotativo, già analizzato nel paragrafo dedicato all’analisi peritestuale della Cartinha Res 300: da un lato, esso rimanda al numero dei re musulmani che D. Afonso I ha sconfitto nella battaglia di Ourique e, dall’altro, alle cinque ferite di Cristo. Inoltre, tale scudo centrale è bordato esternamente con sette piccoli castelli araldici composti da tre torri, i quali rappresentano il Regno di Castiglia.Tale scudo presenta anche un ornamento esteriore costituito da una corona a cinque punte, simbolo di nobiltà che si riferisce alla casa regnante degli Aviz.
Al lato sinistro dello scudo vi è un’immagine dell’iconografia cristiana che riporta, su un supporto regale, un cerchio all’interno del quale vi è raffigurata la Vera Croce, ossia il legno sul quale venne crocifisso Gesù, circoscritta dalla frase in latino in hoc signo vincis. Tale icona ricorda l’evento celeste prodigioso vissuto in prima persona dall’imperatore romano Costantino I (274-337), il quale, secondo il racconto tramandato dal vescovo Eusebio di Cesarea (265-340), avrebbe visto comparire in cielo la scritta in hoc signo vincis, accanto a una croce, prima della battaglia di Ponte Milvio che mise fine al regno di Massenzio (278-312).
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Al lato destro dello scudo, invece, vi è un mappamondo stilizzato al di sopra del quale è posta una croce: tale immagine potrebbe essere un evidente elogio all’istituzione del Patronato Regio, grazie al quale nel periodo delle scoperte marittime, vale a dire nei secoli XV e XVI, la religione cristiana riesce a diffondersi ad ampio raggio nelle zone extracontinentali.
Al di sotto di questi tre elementi, che occupano la prima metà dell’illustrazione, vi è un cartiglio che presenta la scritta in latino Rhinocerom, al di sotto del quale vi è raffigurato un rinoceronte indiano, simbolo di forza e potenza, in posizione laterale e passante, in atto di camminare. Tale immagine, secondo Artur Joaquim Anselmo369, allude a un episodio storico avvenuto durante il regno di D. Manuel I: il re indiano Modafar di Khambhat aveva mandato come omaggio al sovrano, tramite Afonso de Albuquerque, un rinoceronte indiano che, quando arriva a Lisbona il 3 giugno 1515, desta la curiosità di tutti coloro che erano presenti a corte.
Infine, nel margine inferiore del foglio, vi è una sorta di fregio orizzontale dallo stile tipicamente rinascimentale con motivi floreali e vegetali, con foglie imbricate che gli danno l’aspetto di un lungo festone, al centro del quale si può intravedere un volto maschile con barba e baffi allungati.
Évora, B.P.E., Res. 300 B
L’ultima pagina, costituita dal foglio [A XX] v, non riporta l’usuale colophon che illustra le informazioni sul luogo di pubblicazione, ma presenta soltanto un’immagine religiosa che rafforza l’intenzionalità didascalica e religiosa del testo.
Al centro dell’illustrazione vi è la Vergine Maria raffigurata a corpo intero e a mani giunte, con l’aureola sul capo, i capelli ondulati e lunghi e con indosso una semplice tunica. Ella è circondata da diversi elementi che hanno un determinato significato connotativo religioso. Di fatti, alla sua sinistra, vi sono due alberi rigogliosi di olivo, simbolo di pace e di fede, in mezzo ai quali è posizionato un pozzo d’acqua, elemento che rimanda alla purificazione dell’anima. In fondo, invece, si scorge una piccola chiesa, sulla quale sovrasta la luce del sole, simbolo di vita e di divinità. A i piedi della Vergine, inoltre, si scorge un libro, probabilmente il Vangelo che ricorda la predicazione di suo figlio Gesù. Alla sua destra, invece, all’altezza del capo, vi è raffigurata una luna, immagine associata dalla tradizione cristiana alla Madonna in
369
Cfr. Artur Joaquim Anselmo, Origens da Imprensa em Portugal, Imprensa Nacional Casa da Moeda, Lisboa, 1981, pp. 195-196.
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quanto simbolo di fertilità e di maternità. Ritroviamo anche una piccola raffigurazione di una chiesa su un monte, probabilmente sul Golgota a Gerusalemme, con accanto un albero di olivo, un altro pozzo d’acqua e, vicino alla luna, la figura stilizzata di un tabernacolo. Inoltre, vi è una stella a otto punte utilizzata nell’iconografia religiosa per indicare divinità di genere femminile. Infine sulla parte superiore dell’immagine, in posizione centrale, vi è Dio onnipotente in atto benedicente, circondato da nuvole e raggi di luce che evidenziano la propria regalità e magnificenza. Di fatti, egli sovrasta un cartiglio che riporta l’espressione in latino Tota pulchra est Maria, che esalta il dogma della virginità della Madonna.
In calce a questa immagine religiosa, infine, vi è il timbro ovale in rosso della Biblioteca Pública Eborense/Arquivo Distrital.
3.2.1.4. Iconografia religiosa
I sillabari analizzati sono ricchi al loro interno di illustrazioni di natura religiosa che completano la presentazione dei testi sacri: di fatti, viene impiegato il supporto iconografico per favorire la memorizzazione dei concetti esposti nelle strutture cognitive della memoria enciclopedica del discente, dando quindi origine a un apprendimento di tipo significativo370. L’uso dell’iconografia religiosa, quindi, serve per educare attraverso le immagini le popolazioni autoctone locali verso i dogmi del Cristianesimo.