• Non ci sono risultati.

L’INCONTRO CON IL DESIGN THINKING

La presente tesi, come accennato nell’introduzione al lavoro, nasce dall’idea originale di un progetto artistico che possiede l’ambizione di risolvere il problema del consumo di testi poetici. Tale progetto prevede la creazione di una “storia telematica”: una storia in cui le varie parti della narrazione sono affidate a medium artistici differenti (ibridati con la poesia o “puri”), nella credenza che ogni medium possegga delle sue specificità comunicative, insostituibili e per questo adatte alla trasmissione di un particolare tipo di messaggio invece che un altro. Una delle chiavi del progetto è nella sicurezza che la poesia oggi possa funzionare solo attraverso le sue ibridazioni con altri generi, all’interno di un circuito informatico più che cartaceo.

L’incontro con la disciplina del Design Thinking è servito proprio a mettere in discussione questa sicurezza e a impostare il discorso per la sua verifica. Il Design Thinking più che misurare delle risposte è una metodologia manageriale che, attraverso degli strumenti pratici e teorici, costringe a porsi le giuste domande rispetto ad un problema, di modo da testare concretamente le assunzioni che ci si è precedentemente dati e così correggere di volta in volta l’andatura. Quindi è una disciplina manageriale che punta ad essere «open-ended, open- minded, and iterative»128, in cui mettere in discussione le proprie certezze serve anche a

configurare delle soluzioni problem-specific e user-specific che conducono a risultati difficilmente imitabili.

Il metodo del design thinking è ormai utilizzato dalle grandi aziende di tutto il mondo, in campi che vanno dall’IT al sociale, ma la natura creativa e interattiva con cui agisce il design thinking lo rende particolarmente adatto a progetti di tipo culturale. Le specificità dei prodotti culturali è nel loro essere complessi, ambivalenti, e contraddittori129 , e nell’essere sottoposti a una

forte incertezza ricettiva. Il grado di rischio connesso alla produzione e diffusione dei prodotti potrebbe essere parzialmente ridotto assimilando l’approccio human center, tipico del design thinking, alle più comuni strategie utilizzate dall’industria culturale in generale, ed editoriale nel nostro caso specifico. Al momento attuale, seguendo il modello presentato da

128 Tim Brown, Change by design, (USA: HarperCollins, 2009), 17.

72

Hesmondhalgh, in cui si sottolineano i tratti distintivi delle industrie culturali, alla problematica dell’incertezza (così come alle altre principali problematiche), si oppongono risoluzioni per lo più focalizzate ad affiancare la debolezza dell’offerta culturale con espedienti corollari a questa: concentrazione, integrazione e aggregazione della pubblicità; utilizzo dei format; alto controllo su marketing e distribuzione, ecc. Il design thinking permette invece, fin dall’inizio, proprio in nome della natura esperienziale dei suoi strumenti, di costruire una proposta culturale forte, focalizzando il problema, decontestualizzandolo grazie al lavoro di menti divergenti, individuando il giusto target, aggiustando l’offerta culturale in base ai feedback ricevuti.

A questo proposito è stato anche dimostrato come il design thinking aiuti non solo nella creazione dei progetti ma, in questo mentre, sia un importante agente per migliorare l’organizzational culture di un’organizzazione, ovvero tutte quelle «norme, valori e assunzioni che stanno alla base di un’organizzazione e che definiscono il “modo giusto” di comportarsi»130. Questo processo è agevolato proprio dall’utilizzo degli strumenti tipici del

design thinking, che Kimberly Elsbach e Ileana Stigliani dividono in tre categorie: «(1)

needfinding tools (es. strumenti come l’osservazione etnografica, interviste immerse nel

contest trattato, o customer journeys utilizzati per riuscire ad empatizzare con quest’ultimi e capire le necessità finali degli utenti), (2) idea-generation tools (es. strumenti come il brainstorming e la coocreazione/coodesign usati per generare possibili soluzioni ai problemi), (3) idea-testing tools (es. strumenti quali la prototipazione rapida e la sperimentazione in piccolo scala usata per testare le idee e determinare la loro desiderabilità, la flessibilità tecnica, e reale fattibilità di business)»131; riporto l’intero elenco in quanto è possibile

rintracciare gran parte di questi strumenti nei procedimenti utilizzati per indagare il problema affrontato in tesi. È interessante inoltre notare che proprio «la natura sperimentale degli strumenti che il DT utilizza si pone in contrasto con molti strumenti del management tradizionale, che tendono ad essere altamente quantitativi, razionali»132 e quindi astratti

rispetto al problema presentato e inadeguati a favorire le dinamiche di organizzational

culture. Ad esempio, strumenti come il decision tree e la forecasting analisi, o anche l’analisi

130 Kimberly D. Elsbach e Ileana Stigliani, “Design Thinking and Organizational Culture: A Review and Framework for Future Research”, Journal of Management, Vol. 44, No. 6 (2018): 6.

131 Kimberly, “Design Thinking and Organizational Culture”, 7. 132 Kimberly, “Design Thinking and Organizational Culture”, 18.

73

SWOT, considerati gli strumenti forti del management, si basano infine su comparazioni di concetti astratti accantonando l’apprendimento empatico, che ci concede invece la comprensione più profonda dell’esperienza ricercata dall’utente.

3.1 Che cos’è il Design Thinking in cinque punti

Ai fini di questo lavoro il DT può essere delineato in cinque punti essenziali che ne introducono le necessità pratiche e permettono di intravederne le caratteristiche teoriche.

I. Il Design Thinking è uno strumento del management: un metodo da applicare e un mindset da imparare.

II. È di natura integrativa in quanto punta a trovare un equilibrio tra gli utenti, la tecnologia, e il business, creando innovazione e cambiamento.

III. Design Thinking è un metodo per identificare e focalizzare le sfide, di modo da arrivare a soluzioni che siano:

fattibili desiderabili e utilizzabili

IV. Per questo ha come punto di partenza privilegiato l’utente e si identifica come approccio “human-centered” all’innovazione.

V. Il Design Thinking è un lavoro di squadra.

3.2 Il progetto di una “storia telematica” e la questione del non-user

Come accennato lo studio presentato nella tesi prende spunto da un progetto personale volto a rompere la barriera dei non-utenti della poesia, ovvero la maggiorparte dei consumatori di lettere e dei non consumatori tout court. E la caratteristica del design thinking rispetto ad altri strumenti manageriali sta soprattutto nel fondamentale ruolo che viene attributo alle persone, user, future user e non-user. Ciò nei lavori a sfondo artistico serve a mettere in discussione le convinzioni che l’artista-creatore e il produttore nutrono rispetto al proprio progetto, nella consapevolezza che parte dei fallimenti o dello scarso riscontro in termini di

74

pubblico (perché di pubblico qui si parla) possa provenire da desideri/esigenze personali e non condivise. User è forse la parola più importante del DT (come di questo progetto di tesi), che vantando un human centered approach preferisce guardare ai fruitori delle sue soluzioni non più come consumatori ma appunto come utenti (ciò si lega peraltro bene ad una recente propensione del mercato alla quale ci si riferisce come servitization). La cosa acquista ragione guardando a uno dei campi in cui viene maggiormente applicato il design thinking: il sociale, in questo senso il design thinking non può fare a meno di essere human centered. Nei casi che rispondono ad un auspicio di questo tipo, il DT crea cambiamento effettivo, ed è pertanto da considerarsi uno strumento di tipo culturale nell’accezione più ampia del termine. Cominciare dall’uomo è una sicurezza: aumenta la probabilità di sviluppare un’idea che faccia la differenza, con la sicurezza di un mercato recettivo. Per questo bisogna assicurarsi di essere il più vicini possibili agli utenti a cui si rivolge il servizio.

Uno dei modi con cui si è cercato di mettere in pratica questa lezione del DT è attraverso il confronto tra i dati ricavati da un questionario, distribuito nell’arco di due settimane ad utenti e non-utenti della poesia, e i dati reperiti dai più affidabili istituti nazionali di ricerca per quello che riguarda la cultura libraria in genere e, dove possibile, la poesia in particolare. Il questionario è uno strumento classico della ricerca di mercato, tuttavia il suo uso qui è proprio volto a simboleggiare e sottolineare la centralità della persona – attribuita qui non solo agli user, ma soprattutto ai non user – e quindi anche della ricerca di persone con cui mettere alla prova un’idea progettuale. Inoltre, vista la scarsa disponibilità di studi sull’argomento indicato, un questionario è sembrato lo strumento più adatto con cui mettere alla prova alcune assunzioni teoriche presenti in questa tesi di laurea. Quindi nel capitolo successivo si proverà a mettere a confronto i dati usciti dai questionari distribuiti nell’arco di due settimane ad utenti e non-utenti della poesia con i dati reperiti dai più affidabili istituti nazionali di ricerca per quello che riguarda la cultura libraria in genere e la poesia in particolare. Quella che segue, alla luce di quanto appena detto, è un’indagine necessaria per individuare il potenziale mercato a cui si andrà a presentare l’idea sull’ampliamento del pubblico della poesia. A partire allora dall’incontro con gli utenti attuali e potenziali e dall’elaborazione e contestualizzazione dei dati da questi ricevuti si capirà come il mercato potrà sostenere e assorbire un progetto di valorizzazione e di vendita.

75