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Piccola storia della lettura e diffusione della poesia nel secolo “breve” pt.4: l’editoria

La poesia in questo contesto che fine fa? Quali sono le case editrici o le collane di poesia che vengono accorpate e che sono attive in un contesto simile? Dove pubblicano i poeti? Ci sono casi in cui il poeta viene addomesticato dalle logiche spettacolari di mercato, o la poesia rimane sempre distante dai meccanismi frenetici e a volte grotteschi in cui si muove la cultura adesso? Quali sono, se ci sono, i

best-seller di poesia di questo ultimo e determinante ventennio del Novecento?

Provo a rispondere a queste domande, partendo dalla prima, con le parole lungimiranti pronunciate nel 1975 da Eugenio Montale al momento del conferimento del premio Nobel: «Avevo pensato di dare al mio breve discorso questo titolo: potrà sopravvivere la poesia nell'universo delle comunicazioni di massa? È ciò che molti si chiedono, ma a ben riflettere la risposta non può essere che affermativa. Se s'intende per la così detta bellettristica è chiaro che la produzione mondiale andrà crescendo a dismisura. Se invece ci limitiamo a quella che rifiuta con orrore il termine di produzione, quella che sorge quasi per miracolo e sembra imbalsamare tutta un'epoca e tutta una situazione linguistica e culturale, allora bisogna dire che non c'è morte possibile per la poesia» 66. È infine sereno Montale

nella sua previsione circa il futuro della poesia. Notiamo però come delinei già due universi di poeti: i “bellettristi” e gli “imbalsamati”, che dolorosamente ma in fondo giustamente chiamerò così. Di poesia e di letteratura se ne produce moltissima in questi anni. Per quello che riguarda l’atto artistico, notiamo una forte emersione di aspiranti autori che vanno ad alimentare il meccanismo economico dell’editoria a differenti livelli. Proliferano e sono molto frequentati concorsi e concorsetti letterari, riviste e case editrici di pubblicazione a pagamento, piccole o affibiate ai grandi gruppi. Quello che si viene a sviluppare è un folto sottobosco di bellettristi, con qualche eccezione, che dà adito alla teoria del lettore-poeta. Questi sono caratterizzati dal desiderio, spesso esibizionista, della prestazione letteraria. «Un inchiesta Doxa 1990 del resto, dirà che il 29 per cento degli italiani adulti hanno scritto nella loro vita almeno un testo poetico o narrativo, un articolo o altro»67. Sarebbe una forzatura ora

voler dimostrare che tutti quelli che hanno scritto abbiano poi tentato per i loro scritti una qualche

65 Ferretti, Il mercato delle lettere, 319.

66 Eugenio Montale, È ancora possibile la poesia, Nobel Lecture, 12 dicembre 1975. 67 Ferretti, Il mercato delle lettere, 318.

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forma di pubblicazione. Inoltre, quelli confrontati sono dati inerenti ad un contesto più ampio di quello della poesia. Concentrandoci sull’anno 1990, vediamo un notevole incremento di titoli (+75,9% dall’85) la maggior parte dei quali proveniente da nuove uscite, che secondo dati Istat, dall’’80 al ’90 crescono del 115,8%, le riedizioni del 64,7%. […]

Per quello che riguarda il settore specifico della poesia in questi anni, si nota soprattutto la ripresa della piccola editoria, ricordiamo in particolare il lavoro di editori come Scheiwiller. Le grandi case editrici hanno ormai abbandonato il loro ruolo di propulsori culturali, adottato per tutto il decennio precedente; nel 1982, ad esempio Feltrinelli chiude la sua collana di poesia sperimentale. Alcune delle motivazioni di tale scelta possono essere ricondotte a scelte sfortunate circa gli autori pubblicati, a volte poco avvedute su titoli che in poco tempo sono usciti fuori da dibattito, direttamente nel dimenticatoio. Già nel 1994 Dedier, circa il lavoro svolto da Lo Specchio, ci diceva: «[…] i dimenticati non si contano. Sarebbe sufficiente sfogliare le ultime pagine di un qualsiasi edizione dei primissimi anni ’70 […], per prendere consapevolezza di certe sviste editoriali»68. Eccezione alla regola è Guanda,

che non smentisce l’aspirazione originaria della casa editrice a dar voce alla poesia contemporanea. Per Guanda ha iniziato in questi anni la collana Fenice contemporanea, curata, altra eccezione del caso, da due poeti e critici: Conte e Magrelli. A loro si alcuni titoli di Zeichen, Sacerdoti, Paris e la prima edizione italiana di Invocazione all’Orsa Maggiore di Ingeborg Bachmann, oltre ad alcune necessarie ristampe. Ma dagli anni ’80 a questa parte persiste una immobilità generale delle case editrici, di ogni grandezza, nei confronti delle loro collane e dei giovani poeti soprattutto. Infine, è da menzionare Einaudi con la pubblicazione di tre quaderni collettivi dal 1980 al 1984.

Allo stesso tempo si nota una decrescita di interventi critici e recensioni all’interno di giornali quotidiani e settimanali, cosa che invece era alquanto comune durante tutto il resto del Novecento. Un atteggiamento simile va ad inserirsi nel contesto più ampio della “crisi del redattore”. La relegazione dell’intellettuale a margine della catena produttiva della casa editrice conduce ad una mancanza di un dibattito culturale preventivo e posteriore alle pubblicazioni, a ciò si aggiunge la diminuzione si titoli di poesia pubblicati a partire dall’inizio degli anni ’80. Grazie alle recensioni di riviste e giornali, la poesia «poteva contare su un relativo indice di attenzione e di accoglimento; poteva così rivendicare il proprio diritto ad un riscontro critico»69 e commerciale.

Parallelamente si sviluppa una cospicua realtà di riviste, vere attrici e motori del dibattito e della ricerca in poesia. Sono da ricordare le esperienze di “Alfabeta” (1979-1988), “Semicerchio” (1985), “Poesia” (1988), “Testo a Fronte” (1989), “Baldus” (1990-1996) e “Nuovi Argomenti”, che riprende la sua attività trimestrale dal 1982. “Semicerchio” e “Testo a Fronte” svolgono un ruolo fondamentale per la

68 Manacorda, Poesia ’94: Annuario, 50. 69 Manacorda, Poesia ’94: Annuario, 46.

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traduzione e l’immissione nel nostro mercato di versi stranieri; “Poesia” diventa invece la rivista totale: l’unica che viene distribuita nelle edicole e che poteva vantare il suo lancio con uno spor pubblicitario in tv.

Gli anni ’80-’90 sono infine un ventennio temporalmente ambiguo: incipienti mutamenti tecnologici ne sanciscono una fine prematura, già dal ’95 possiamo parlare di primi esperimenti in rete; mentre il sistema editoria rimane tutt’oggi quasi invariato nei suoi meccanismi dai primissimi ’80. Dal punto di vista critico invece, possiamo chiudere gli ultimi anni del secolo e aprire il nuovo millennio con un’affermazione che è ormai il cliché più battuto, venendo così al nocciolo del problema: la poesia è viva (sì, no), ma sicuramente i suoi lettori si sono quasi sicuramente estinti.

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