3 Le tradizioni culturali maya
4.3 Influenze spagnole
Nel Códice Pérez la presenza spagnola è molto forte, e si trova perlomeno a tre livelli: a livello lessicale, visto che in tutto il manoscritto si fa abbondante uso di prestiti linguistici dallo spagnolo; a livello storico, poiché nella II parte del Libro si trascrivono le famose profezie dello stregone Chilam Balam, concernenti l’imminente arrivo degli spagnoli; e infine a livello etnografico, poiché nella I parte del Códice troviamo una descrizione dettagliata delle credenze spagnole medievali relative ad astronomia e astrologia.
Per prima cosa è interessante soffermarsi sull’aspetto con cui il manoscritto in questione si presenta a noi. Il testo che noi oggi possediamo non è un originale maya,
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ma bensì una copia che ne fece Juan Pío Pérez nel 1837, e dalle sue annotazioni possiamo presumere fosse una copia del Chilam Balam di Maní, con l’aggiunta di alcune parti dei Libri di Kaua e Ixil, tutti ormai perduti. Quindi quello che possediamo non è un originale, ma un testo “non maya”.
Anche la lingua in cui è scritto risente dell’influenza della dominazione spagnola, infatti la lingua utilizzata è il maya, ma con caratteri dell’alfabeto latino adattati alla fonetica maya.
Dalle date che appaiono nel manoscritto, lasciate dai vari scriba che lo conservarono e lo aggiornarono, sappiamo che fu compilato in più riprese, tra il XVI e il XIX secolo: le date indicano il momento in cui furono fatte le traduzioni o le annotazioni corrispondenti a ciascuna, e abbracciano un periodo che va dal 1544 al 1811.88 Quindi alcuni testi sono molto antichi,
addirittura risalenti ai primi anni dell’insediamento spagnolo in Yucatán (Mérida è stata fondata nel 1542).
4.3.1 Prestiti linguistici
Come abbiamo detto, la lingua usata per compilare il manoscritto è il maya yucateco classico, cioè la lingua del XVI secolo; ma nonostante sia un maya piuttosto
88 Alfredo Barrera Vásquez e Silvia Rendón, El Libro de los Libros de
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antico è già arricchito da numerosi prestiti linguistici dallo spagnolo, e non solo per definire idee o oggetti importati dai conquistatori, ma anche per nominare realtà preesistenti l’arrivo degli spagnoli.
Ad esempio non c’è da stupirsi se per descrivere il calendario cristiano il compilatore abbia usato i termini spagnoli: años89, semanaob90, orae91 etc., visto che gli
stessi concetti in maya non sono esattamente equivalenti, e dire Haab o Tzolkin, le due maniere per calcolare lo scorrere degli anni secondo i maya, non si può semplificare in anno; o visto che la settimana per i maya non esiste come la concepiamo noi, ma il tempo è diviso in cicli di tredici giorni ciascuno. Chiaramente i nomi dei mesi e dei giorni della settimana non possono essere tradotti poiché non ne esiste nessun corrispettivo in maya, e quindi non stupisce trovarli inalterati nel manoscritto.
Anche per quanto riguarda la religione cristiana, importata dai primi frati che misero piede sulla penisola, la descrizione delle credenze e del culto non trova traduzione, e quindi Cristo resta Chrizto92, solo con un
anelo di ipercorrettivismo che trasforma la s in z, e il fedele diventa un Chriztianoil93. L’Arzobispo resta
89 Ermilo Solís Alcalá, Códice Pérez, Mérida, 1949, p. 154. 90 Ibid., p. 54.
91 Ibid., p. 50. 92 Ibid., p. 136. 93 Ibid., p. 140.
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invariato, visto che è una figura del culto che prima non esisteva; e lo stesso Dio, essendo un Dio diverso da tutte le divinità indigene, e probabilmente anche più potente, visto che ha permesso la vittoria degli spagnoli, resta
Dioz (anche questa volta con z finale), entrando ad
arricchire il pantheon e il vocabolario maya.
Altro ambito lessicale in cui lo spagnolo viene adottato dal maya è quello dell’astrologia e astronomia spagnole. I nomi dei pianeti, che con il loro influsso determinano il corso delle vite umane, restano in spagnolo. Non è che in lingua maya non esistessero i nomi dei pianeti, anzi erano ottimi astronomi e conoscevano perfettamente le orbite dei pianeti nel cielo e li consideravano addirittura divinità. Ma la Luna, nel momento in cui governa i nati nel giorno di lunedì, non è la stessa :U: (cioè Luna in maya).
Più curioso è invece vedere come anche alcune parole di uso comune, esistenti anche in maya, vengano mutuate dallo spagnolo. Ad esempio Juztizia94, scritto
indifferentemente con j o con h come iniziale, (quindi anche Huztizia95) visto che h e j in maya sono omofone.
L’idea di giustizia non era certo estranea alla realtà maya, e per secoli era stata nominata come halach. Ma forse la Juztizia portata dagli spagnoli (per i maya
españolesob), e impartita dal Jueze, non era la stessa halach impartita dall’halach uinich.
94 Ibid., p. 132. 95 Ibid., p. 140.
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Altro esempio è quello di alcune professioni. Nel testo vengono nominate le professioni di pittore e di maestro, e per entrambe anziché scegliere la parola maya (rispettivamente ah bon e kambesah) viene utilizzata la parola spagnola: pintorob96 e maestrob97.
4.3.2 Aspetti storici
La II parte del manoscritto ci offre un riassunto della storia maya a partire dai tempi in cui questi si spostarono dal sud per raggiungere le terre basse del nord, fino all’arrivo degli spagnoli. Sono qui contenute le predizioni dei sacerdoti e la famosa profezia dell’oracolo Chilam Balam, che dà nome al libro e a cui abbiamo già fatto riferimento.
Qui l’avvento degli spagnoli è citato chiaramente, talvolta in modo esplicito, ma più frequentemente attraverso l’uso del linguaggio metaforico che caratterizza i testi sacri, e lo scriba si sofferma sulle sventure che sarebbero derivate al popolo maya da questa invasione. Gli interpreti della vicenda in moti passi sono sostituiti da animali: laboriose api i maya e fiere assetate di sangue i conquistatori, quasi a volersi inserire nella tradizione allegorica medievale risalente al
Roman de Renard: con toni ben più tragici e dolenti, ma
96 Ibid., p. 50. 97 Ibid., p. 56.
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con l’analogo uso dell’antropomorfismo per mettere in luce pregi e difetti degli attori.
Altri avvenimenti storici sono citati molto più chiaramente, anche se la memoria di questi avvenimenti è ormai perduta e quindi i passaggi del testo acquistano nuovo mistero leggendo di personaggi che hanno lasciato un segno della loro esistenza solo nei Libri di Chilam
Balam ma sono stati irrimediabilmente cancellati dalla
storia ufficiale. È questo il caso di Don Antonio Martínez y Saúl98, citato diffusamente sia nel Códice Pérez che in
altre versioni dei Libri di Chilam Balam ma che non compare affatto nelle fonti classiche della storia dello Yucatán. Potrebbe essere stato un pirata, che promise agli indigeni di liberarli dal giogo spagnolo99. Questa
ipotesi è suffragata dal fatto che nello stesso episodio vengono nominati i francesi (franzesob100) e si fa
riferimento ad una grande quantità di navi: è documentato infatti che pirati francesi, assieme a pirati inglesi e olandesi, durante il XVII secolo infestarono il mare dei Caraibi, saccheggiando città e navi da carico battenti bandiera spagnola.
98 Ibid., p. 136.
99 Vedere Chiara Bollentini, Libro di Chilam Balam di Chumayel,
Roma, 1998.
LXXXV 4.3.3 Contenuto etnografico
Il manoscritto abbonda anche di riadattamenti di idee europee a concetti preispanici. Nel Chilam Balam di Maní si cita che ogni pianeta ha il suo angelo101 e questi
vengono nominati come segue:
el del Sol, rafael; el de la Luna, Gabriel; el de Marte, Samuel; el de Mercurio, Miguel y Saturno, Capsiel.102
Si aggiunge poi che gli stessi pianeti esercitano una marcata influenza sulle diverse parti del corpo umano: il Sole influisce sul cuore; il Lunedì è il giorno della Luna e chi nasce in questo giorno sarà alto di statura, avrà le ciglia unite e passo rapido; e così di seguito.
Si calcola che circa il 50 percento di questi Libri proviene da almanacchi conosciuti con il nome di
Reportorio de los Tiempos che fu molto popolare tra la
classe dominante fin dai primi tempi della Colonia, e che offre marcati parallelismi con gli antichi almanacchi dell’epoca preispanica. Come si può facilmente supporre, questa intrusione di materiale europeo è stata reinterpretata dalla mentalità indigena, per cui risulta
101 p. 53.
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difficile separare ciò che è autenticamente indigeno da ciò che è copiato.103
Esempio di similitudine tra i codici maya e gli almanacchi spagnoli è il Codex Dresdensis, uno dei tre codici pittografici sfuggiti alla furia evangelizzatrice dei primi frati, che, secondo Thompson104, include nozioni di
astrologia, astronomia, mitologia, calendario, profezie, oroscopo, religione, malattie, agricoltura e altri temi affini.
Tutti temi che appaiono anche nei succitati
reportorios, anche se con maggior ampiezza e dettagli,
visto che questi libri erano per gli spagnoli compendi di cosmografia e astrologia.
Fin dai primi anni della Colonia se ne conoscevano alcuni, ma il più apprezzato fu quello redatto dal cosmografo tedesco Heinrich Martin, che si stabilì a Città del Messico dal 1589; la sua opera si chiamava
Reportorio de los tiempos y historia natural de la Nueva España e venne pubblicata nel 1606. Interi paragrafi di
questo testo si possono ritrovare nei Libri di Chilam
Balam, cosa che evidenzia il fatto che gli scriba indigeni
ebbero accesso a questo tipo di letteratura.
103 Alfonso Villa Rojas, “Valor Histórico y etnográfico de los libro de
Chilam Balam”, en Anales de Antropología, num. XXI, 1986.
104 J.E.S. Thompson, A Comentary on the Dresden Codex, a Maya
Hierogliphic Book, American Philosophical Society, Philadelphia,
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La loro influenza fu tale che nel Chilam Balam di Ixil sono inclusi talmente tanti dati provenienti da questi almanacchi, tanto che, secondo Roys:
l’autore mostra maggiore interesse verso il folklore europeo contenuto negli almanacchi spagnoli dell’epoca, che per le antiche tradizioni e costumi maya. 105
Secondo alcuni studiosi questi reportorios furono considerati dai maya come libri di alta sacralità venuti dal cielo, in cui erano contenuti i destini di ogni Katun, o periodo di 20 anni.106 A suffragio di questa ipotesi si può
leggere nel Chilam Balam di Chumayel, considerato quello più vicino alla tradizione maya:
Este es el registro de la sabiduría del libro en que está asentado el curso del katun ... ya sea bueno o malo ... viene de lo alto ... desde los comienzos de la tierra, desde los comienzos de la humanidad ... es la verdadera palabra de la Santa Escritura, es el libro llamado Reportorio (Repulsorio). No
105 Ralph L. Roys, The book of Chilam Balam of Ixil, Carnegie
Institution of Washington, 1946. La traduzione è mia.
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tiene error; el sello en el libro ha sido cuidadosamente revisado.”107
Secondo Roys108, questo è lo stesso libro menzionato
nel Maní, dove si dice che
fue escrito o copiado de “signos” en la villa de Bacalar en el día 18 del mes Zac, febrero 15 de 1544.109
Ma Roys credette sempre che questi reportorios fossero codici preispanici, cosa che manifesta in modo categorico nel suo commento al Chilam Balam de Ixil dove dice:
questi riferimenti suggeriscono che i maya del periodo coloniale occasionalmente designavano certi manoscritti geroglifici come Reportorios.110
Anche Mediz Bolio e Munro Edmonson, traduttori rispettivamente del Chilam Balam di Chumayel e del
107 Ralph L. Roys, The book of Chilam Balam of Chumayel, University of Oklahoma Press, 1967, p. 146.
108 Ibid., p. 147.
109 Ermilo Solís Alcalá, Op. Cit., 1949, p. 227.
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Tizimín lasciano intendere la stessa ignoranza riguardo a
questo tipo di almanacchi; il primo afferma che
Repulsorio pretende decir que está expurgado, en un barbarismo medio español y medio latín111
Edmonson dal canto suo afferma che il vocabolo
reportorio è un raro ispanicismo presente nel testo112.
Sembra stano che questi autori non si fossero resi conto dell’esistenza di questi almanacchi, nonostante Pío Pérez avverta che
siguen las predicciones que se hallaban en los antiguos almanaques españoles y tradujo el indio que formó este libro.113
Invece i ricercatori tedeschi Hartig e Riese, studiando il Chilam Balam di Kaua, poterono determinare che il reportorio che si trova lì allegato e tradotto era stato copiato da un almanacco intitolato
Cronología y reportorio de la razón de los tiempos,
111 Antonio Médiz Bolio, Libro de Chilam Balam de Chumayel.
Traduccion del idioma maya al castellano, San José, Costa Rica,
1930, p. 99.
112 Edmonson, Munro S. (trad.), The ancient future of the Itzá,
Austin, 1982, p. 167.
XC
pubblicato a Siviglia nel 1585, per i tipi di Andrés Pascioni e Juan de León.114
Nonostante il fraintendimento di Roys riguardo all’origine dei reportorios, mi trovo in pieno accordo con lui per quanto riguarda l’atteggiamento di curiosità di carattere etnografico che muove lo scriba maya a soffermarsi sui vari aspetti della cultura spagnola medievale. Il Códice Pérez dedica addirittura tutta la prima parte a questo tema, ripetendo a volte i concetti perché risultino più chiari.
4.3.4 Il racconto della donzella Teodora
Una menzione a parte va fatta del racconto che si trova nella I parte del Códice Pérez, conosciuta come cuento de
la doncella Teodora. Il racconto è in realtà un
compendio di nozioni sulla cosmolgia cristiana medievale, inserita a titolo di exemplum per suffragare le spiegazioni di astronomia e astrologia che la precedono. Ma è interessante notare che questo racconto ha origini antichissime. L’originale era un racconto arabo in cui la protagonista si chiama Tawaddud; ne conosciamo una versione tarda che ci è stata tramandata dalle Mille e
114 Pauline Hartig y Berthold Riese, The Chilam Balam of Kaua.
Report on the Project of a Critical Edition and First result, México, Actas del XLI Congreso Internacional de Americanistas, vol. II, 1976, p. 147.
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Una Notte. Il racconto fu tradotto in spagnolo nel XIII
secolo, infatti l’originale castigliano si trova nello stesso manoscritto del Bonium. Qui la donzella si chiama già Teodor. Il racconto venne poi tramandato dalla tradizione letteraria medievale castigliana, censurando però le allusioni musulmane del testo arabo e aggiungendo invece elementi cristiani. E in questa versione ormai epurata da ogni tratto arabo la ritroviamo anche nel Nuovo Mondo.
XCIII
Criteri di edizione
La presente edizione è volta a riprodurre parte del Códice
Pérez, e più precisamente la parte che lo stasso Pío Pérez
dice essere stata da lui ritrovata nel villaggio di Maní, e che consta di una sezione della prima parte e la totalità della seconda parte del suo manoscritto.
La trascrizione dell’originale in maya è stata fatta utilizzando il manoscritto conservato nel Gabinetto dei manoscritti della Biblioteca Nacional de México, di Città del Messico.
Per la divisione in capitoli del testo ho seguito le ripartizioni del manoscritto originale, aggiungendo però il numero dei capitoli e talvolta anche il titolo: le mie aggiunte appaiono comunque sempre tra parentesi quadre.
La grafia del maya è stata mantenuta come appare nel manoscritto, nonostante sia antiquata; per questo motivo talvolta la stessa parola appare con grafie differenti.
Il titolo che ho scelto, e cioè Libro di Chilam Balam di
Maní non è mio, poiché appare già nel manoscritto di Pío
XCV
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