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Input, output e pneuma

In un saggio sulla spiegazione aristotelica della locomozione animale232, Klaus

Corcillius e Pavel Gregoric hanno proposto di identificare un vero e proprio modello teoretico-esplicativo nella dottrina aristotelica, che hanno chiamato “CIOM model”, cioè “centralized incoming and outcoming motions”. Un modello che permette di osservare il reale funzionamento, in rapporto all’ambiente circostante, della motilità animale, quadripartita nelle sue componenti psicosomatiche fondamentali e distribuita su più livelli funzionali a seconda della volontarietà dell’azione e del grado di razionalità pratica insito in essa. Un tale schema esplicativo ci permette di rispondere in maniera pervasiva e sistematica alla domanda sollevata da Pierre-Marie Morel in un saggio dedicato ai tre tipi di mutamenti interni all’animale che Aristotele ha distinto: a quali condizioni possiamo attribuire all’animale i movimenti che non ha provocato

intenzionalmente?233 Corcillius e Gregoric hanno riconosciuto lo schema basilare del

CIOM model nell’undicesimo capitolo del De motu animalium, laddove Aristotele, dopo aver ribadito l’importanza del cuore, parla del rapporto che intercorre tra esso e le parti periferiche, valendosi di un nuovo supporto grafico.

232 K. Corcilius e P. Gregoric, Aristotle’s model of animal motion, “Phronesis”, 58 (2013), pp. 52-97. 233 P.-M. Morel, “Volontaire, involontaire et non-volontaire dans le chapitre 11 du DMA d’Aristote”, in

A. Laks e M. Rashed (a cura di), op. cit., p. 168. Morel prosegue sostenendo che “la difficulté général, qui est de savoir si nous pouvons rendre compte de manière univoque de la diversité des mouvements de l’animal, est celle que pose le projet même du DMA”.

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δεῖ γὰρ νοῆσαι τὸ Α ἀρχήν. αἱ οὖν κινήσεις καθ' ἕκαστον στοιχεῖον τῶν ἐπιγεγραμμένων ἐπὶ τὴν ἀρχὴν ἀφικνοῦνται, καὶ ἀπὸ τῆς ἀρχῆς κινουμένης καὶ μεταβαλλούσης, ἐπειδὴ πολλὰ δυνάμει ἐστίν, ἡ μὲν τοῦ Β ἀρχὴ ἐπὶ τὸ Β, ἡ δὲ τοῦ Γ ἐπὶ τὸ Γ, ἡ δ' ἀμφοῖν ἐπ' ἄμφω. ἀπὸ δὲ τοῦ Β ἐπὶ τὸ Γ τῷ ἀπὸ μὲν τοῦ Β ἐπὶ τὸ Α ἐλθεῖν ὡς ἐπ' ἀρχήν, ἀπὸ δὲ τοῦ Α ἐπὶ τὸ Γ ὡς ἀπ' ἀρχῆς.

È poi logico che i movimenti avvengano dal principio alle parti e dalle parti al principio, e così l’uno raggiunge l’altro. Si deve infatti pensare A come il principio: i movimenti corrispondenti a ciascuna lettera di quelle tracciate sopra giungono al principio, e dal principio che si muove e si trasforma, poiché in potenza sono parecchi, il principio di B a B, quello di C a C, quello di entrambi ad entrambi. Da B a C invece si ha col passaggio da B ad A in quanto verso il principio e da A a C in quanto dal principio (ARIST., De motu an., 11, 702 b 26 - 35).

Aristotele, nel passo citato, identifica tre tipi di interscambi possibili all’intero del composto organico: dalle parti al cuore, dal cuore alle parti, da una parte all’altra passando per il cuore. La prima categoria corrisponde alla sensazione in atto, e consiste in una alterazione che si propaga dal sensorio periferico al sensorio centrale; la seconda categoria è l’attivazione di una catena cinetica, grazie alla capacità trasformativa del

pneuma, che a partire da una alterazione su cui si appunta la orexis genera un moto

locale; la terza categoria è particolarmente degna di interesse perché a differenza delle altre due riguarda più parti periferiche. Infatti è una relazione a tre fattori: due parti periferiche ed il cuore. La posizione di Aristotele è che un mutamento che avviene in una parte periferica non può influenzarne un’altra senza passare dal cuore dove l’impulso viene in certo modo “elaborato” e trasformato. La terza categoria di trasmissione dei mutamenti è senza dubbio quella che capita più di frequente nella casistica quotidiana di un essere vivente dotato di movimento. Infatti è comune che l’occhio veda una cosa ed entrambi gli arti inferiori si muovano per raggiungerla, e come questo esempio molti altri potrebbero venire proposti. Ciò che Aristotele vuole guadagnare dal punto di vista concettuale proponendo questo schema è proprio il riconoscimento della centralità del cuore per qualsiasi interscambio di mutamenti avvenga nel corpo umano, compresi quelli che apparentemente non coinvolgono l’agente in maniera consapevole. Ci troviamo di fronte ad un modello al quale si applica agevolmente la metafora computazionale di ricezione ed elaborazione delle informazioni, dal sapore assai cognitivista. Sulla base del loro schema di azione e reazione è possibile, ad ogni modo, effettuare una partizione dei differenti tipi di

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reazione alle alterazioni provenienti, direttamente o indirettamente, dall’ambiente circostante, intersecandole con il riconoscimento di diversi tipi di movimento riconoscibili per la relazione che intrattengono, o non intrattengono, con una orexis

consapevole234. Vediamole nel dettaglio.

λέγω δ' ἀκουσίους μὲν οἷον τὴν τῆς καρδίας τε καὶ τὴν τοῦ αἰδοίου (πολλάκις γὰρ φανέντος τινός, οὐ μέντοι κελεύσαντος τοῦ νοῦ κινοῦνται), οὐχ ἑκουσίους δ' οἷον ὕπνον καὶ ἐγρήγορσιν καὶ ἀναπνοήν, καὶ ὅσαι ἄλλαι τοιαῦταί εἰσιν

.

Definisco involontari per esempio i movimenti del cuore e del pene (spesso essi sono mossi dall’apparizione di qualche cosa senza un comando dell’intelligenza), non volontari invece movimenti come il sonno e la veglia, la respirazione e tutti gli altri di questo tipo (ARIST., De motu an., 11, 703 b 2 - 5).

Al grado zero dei mutamenti dell’animale si trovano tutti i mutamenti non volontari (οὐχ ἑκουσίους) a cui la orexis è indifferente, cioè i mutamenti della vita vegetativa le cui

analisi troviamo nel filone argomentativo ad essa dedicato dei Parva Naturalia: il sonno, la veglia, la respirazione, et cetera. Si tratta di mutamenti che abbiamo già trovato citati da Aristotele nell’ottavo libro della Fisica, laddove ha messo in chiaro

secondo quali termini si dà l’autocinesi umana in rapporto al mondo circostante235. Se

utilizziamo il CIOM model per interpretare tali mutamenti, che sono alterazioni di tipo qualitativo e quantitativo, inscrivendoli nel complesso dell’organismo ilomorfico che sta in rapporto all’ambiente, dobbiamo ammettere che sullo sfondo delle dinamiche di azione e reazione che l’organismo intrattiene con l’ambiente esiste un retroterra di mutamenti svincolati non solamente dalla orexis, ma anche da un rapporto diretto ed immediato con le alterazioni causate dal mondo circostante.

Sopra ai mutamenti non volontari, troviamo i cosiddetti mutamenti involontari (ἀκουσίους), cioè quelli che si compiono anche contro la ragione pratica. Nel De motu

animalium Aristotele cita ad esempio i battiti cardiaci, la cui accelerazione non si può

controllare, e l’erezione del pene conseguenti ad un eccitamento. In questo caso si tratta ancora una volta di fenomeni di alterazione qualitativa e quantitativa, ma la orexis non è indifferente, perché la ragione pratica può opporsi e quindi concentrarsi su di essi, tuttavia senza successo alcuno. Entrambi gli esempi addotti da Aristotele dipendono dal cuore, di cui è ancora una volta affermata, a questo modo, la centralità, e dipendono da qualcosa di esteriore che si presenta all’agente come sensibile in atto o sotto forma di

234 È interessante sottolineare, seguendo Morel, che i due tipi di mutamenti diversi da quelli volontari

sono definiti sempre in opposizione implicita a quelli volontari. Cfr. P.-M. Morel, “Volontaire, involontaire et non-volontaire dans le chapitre 11 du DMA d’Aristote”, in A. Laks e M. Rashed (a cura di), op. cit., p. 173.

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phantasma236. Inscritti nel CIOM model i movimenti involontari costituiscono reazioni

irriflesse a stimoli provenienti dall’esterno, la cui elaborazione è esclusa dal perimetro della ragione pratica.

La terza categoria è costituita dai mutamenti volontari che producono moto locale, ed

è ciò di cui tratta principalmente il De motu animalium (Πῶς μὲν οὖν κινεῖται τὰς ἑκουσίους

κινήσεις τὰ ζῷα, ARIST., De motu an., 11, 703 b 3). Abbiamo visto che l’orexis può avere come proprio correlato cognitivo un sensibile in atto, un phantasma oppure un

noema. Il primo caso è il più semplice dei tre, ed è su di esso che l’impalcatura del

CIOM model si innesta perfettamente senza aver bisogno di ulteriori specificazioni, mentre gli altri due casi consistono in una reazione ad un qualcosa proveniente dall’ambiente esterno soltanto in forma mediata, perché l’immagine o il pensiero derivano dalla sensibilità ma sono altra cosa rispetto ad essa. È proprio la mediazione, su cui Corcillius e Gregoric si soffermano poco, a garantire la libertà pratica dell’essere umano rispetto agli animali meno complessi, alcuni dei quali hanno senza dubbio una qualche forma di progettualità legata alla phantasia. Ma il poter ponderare differenti beni pratici, secondo diverse modulazioni della orexis, è ciò che contraddistingue l’agente umano e gli permette di innalzarsi ben al di sopra dell’immediato e dell’irriflessivo.

Concludendo, il pneuma connaturato, in quanto veicolo somatico dell’orexis, è ciò che rende possibile la trasformazione del mutamento di tipo qualitativo e quantitativo proveniente dall’esterno dell’organismo in moto locale dell’organismo stesso. Esso si inscrive perfettamente nella spiegazione aristotelica della motilità animale senza mettere in crisi l’impianto concettuale in cui lo troviamo inserito. Ora abbiamo tutte le informazioni per rispondere alla domanda con cui abbiamo aperto questo lavoro: perché il pneuma è analogo all’etere?

236 “En tout état de cause, l’essentiel aux yeux d’Aristote n’est pas ici de savoir de quel type de

représentation il s’agit, mais de retenir que quelque chose d’extérieur provoque, par l’intermédiaire d’une représentation, un mouvement interne. Ces mouvements sont «involontaire» parce que leur principe premier est externe” (Ivi, p.172).

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Conclusione

Il pneuma e l’eternità biologica della vita

Abbiamo aperto il presente lavoro sottolineando la compartimentazione aristotelica del sapere, l’autonomia dei principi di ciascuna scienza generica da quelli delle altre, la partizione cosmologica tra una regione sublunare ed una regione superlunare, e l’esistenza di una trama analogica che percorre l’intera intelaiatura dell’essere in quanto essere. Sullo sfondo di questi capisaldi universalmente riconosciuti alla dottrina di Aristotele abbiamo concentrato la nostra attenzione su un componente degli esseri viventi, il pneuma connaturato, riguardo al quale Aristotele offre, nell’arco dei suoi scritti esoterici, un’affermazione apparentemente capace di mettere in crisi il rigoroso impianto onto-gnoseologico del suo sistema. Si tratta della famosa analogia tra l’elemento del mondo superlunare, l’etere di cui sono composti gli astri, e lo stesso

pneuma connaturato all’uomo (ARIST., De gen. an., II, 3, 736b 30 - 737a 1). A

complicare l’armonizzazione delle affermazioni contenute in De gen. an. coopera l’opacità concettuale che riscontriamo esistere all’interno del Corpus Aristotelicum nei riguardi del pneuma connaturato, al quale viene riconosciuta da Aristotele una plurifunzionalità significativa, ma che tuttavia non è mai affrontato come argomento specifico di indagine scientifica, bensì è sempre chiamato in causa allorché Aristotele indaga altri argomenti di più vasta portata.

Per poter rispondere alla domanda con cui abbiamo aperto il lavoro abbiamo dovuto gettare uno sguardo al retroterra di storia semantica del termine pneuma, affrontarne la genesi concettuale nell’ambito della speculazione aristotelica, ricostruire la sua collocazione all’interno del dinamismo psicosomatico del vivente, e esplorarne tutte le funzioni. L’intera operazione storiografica compiuta è stata condotta nel costante tentativo di essere fedeli al principio dell’inestricabilità del sinolo ilomorfico, che i più recenti studi di psicologia aristotelica ritengono essere, se svincolata da pregiudizi post- cartesiani, la posizione interpretativa più feconda e meno problematica nell’ampio panorama di posizioni interpretative disponibili a quanti si impegnano negli studi sul

Corpus Aristotelicum.

I guadagni concettuali ottenuti attraverso il percorso intrapreso ci hanno permesso di dirimere l’opacità concettuale che aleggia intorno al pneuma symphyton, la cui

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collocazione all’interno del composto ilomorfico vivente si è rivelata coerente con lo statuto delle altri componenti. Abbiamo visto il pneuma symphyton rivestire un ruolo di primo piano nella spiegazione di importanti fenomeni psicosomatici (cognitivi, locomotori, riproduttivi...), nessuno dei quali sconfina oltre il perimetro dell’ilomorfismo del mondo sublunare. Forti di questa normalizzazione del pneuma possiamo rispondere alla domanda posta in apertura, e chiarire il rapporto che intercorre tra il pneuma e l’etere. Richiamiamo, per un’ultima volta, alla memoria il passo del De

generatione animalium sul quale ci siamo già a lungo soffermati e che rappresenta il

riferimento principale del nostro discorso.

Πάσης μὲν οὖν ψυχῆς δύναμις ἑτέρου σώματος ἔοικε κεκοινωνηκέναι καὶ θειοτέρου τῶν καλουμένων στοιχείων· ὡς δὲ διαφέρουσι τιμιότητι αἱ ψυχαὶ καὶ ἀτιμίᾳ ἀλλήλων οὕτω καὶ ἡ τοιαύτη διαφέρει φύσις. πάντων μὲν γὰρ ἐν τῷ σπέρματι ἐνυπάρχει ὅπερ ποιεῖ γόνιμα εἶναι τὰ σπέρματα, τὸ καλούμενον θερμόν. τοῦτο δ' οὐ πῦρ οὐδὲ τοιαύτη δύναμίς ἐστιν ἀλλὰ τὸ ἐμπεριλαμβανόμενον ἐν τῷ σπέρματι καὶ ἐν τῷ ἀφρώδει πνεῦμα καὶ ἡ ἐν τῷ πνεύματι φύσις, ἀνάλογον οὖσα τῷ τῶν ἄστρων στοιχείῳ.

La facoltà di ogni anima sembra dunque avere parte di un corpo diverso e più divino dei cosiddetti elementi, e come le anime differiscono per valore le une dalle altre, così differisce anche siffatta natura. Nel seme di tutti gli animali è presente ciò che rende fecondi i semi: ciò che è chiamato caldo. Questo però non è fuoco, né una facoltà simile al fuoco, ma il pneuma racchiuso nel seme e nella schiuma e la natura contenuta nel pneuma, che è analoga all’elemento di cui sono costituiti gli astri (ARIST., De gen. an., II, 3, 736b 30 - 737a 1).

L’apparente attribuzione di una status divino e l’analogia con l’etere hanno oscurato, in autori come Solmsen e Bos, i nuclei concettuali più schiettamente aristotelici del passo appena citato. In primo luogo dobbiamo sottolineare che la differenza di valore tra le anime è un rapporto interno allo stesso genere: l’anima sensitiva ha maggior valore di quella vegetativa perché è ontologicamente più complessa, cioè possiede una forma che struttura il corpo in cui è materiata per operare funzioni in numero maggiore e di maggior qualità rispetto all’anima che struttura un vegetale. Allo stesso modo il

pneuma differisce dagli elementi semplici, pur essendo aria calda e dunque

condividendo con questi ultimi l’appartenenza al mondo sublunare e alla categoria delle sostanze corruttibili. Tuttavia nella similitudine tra i due rapporti, gli attributi valoriali divergono. Infatti mentre un’anima è più nobile di un’altra, il pneuma è più divino degli

elementi semplici (θειοτέρου). Sottolineare il valore comparativo di questa espressione ci

aiuta a comprendere appieno che per Aristotele non è in gioco la divinità tout court del

pneuma rispetto ad enti non divini, bensì la sua supremazia su enti che sono meno divini

di esso. Ma che tipo di divinità è, allora, quella del pneuma?

La divinità secondo Aristotele è strettamente associata agli attributi dell’immortalità e dell’eternità, cioè la persistenza illimitata nel tempo. Nel De caelo Aristotele descrive

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l’attività del Dio come “immortalità, cioè una vita eterna” (Θεοῦ δ' ἐνέργεια ἀθανασία·

τοῦτο δ' ἐστὶ ζωὴ ἀΐδιος, ARIST., De caelo, II, 3, 286 a 9), perché si tratta di una attività

che non si arresta mai, senza soluzioni di continuità alcuna237. Al contrario nel mondo

sublunare, com’è noto, gli individui non sono eterni, tuttavia lo sono le loro specie: la trasmissione della forma di padre in figlio è ciò che rende la specie eterna, cioè in certo modo immortale e divina. È dunque del tutto comprensibile che la natura contenuta nel

pneuma, cioè il calore innato, sia considerato più divino degli elementi semplici, perché

consente la trasmissione della forma di padre in figlio garantendo l’eternità della

specie238. Si tratta di una divinità, possiamo dire in un modo improprio, di tipo

biologico. Pertanto, quando Aristotele sostiene che il calore innato contenuto nel

pneuma è analogo all’etere, istituisce una analogia assolutamente rispettosa della sua

compartimentazione ontologica e gnoseologica: così come l’etere, col suo moto circolare eterno, è un elemento divino che garantisce l’eternità e l’incorruttibilità dei cieli, così il pneuma che veicola il calore innato è divino perché, nell’ambito della sua plurifunzionalità, ha come funzione anche quella di garantire l’eternità delle specie animali. Nulla c’entra, dunque, il pneuma con il nous thyrathen, la cui divinità possiamo tuttavia considerare a buon diritto analoga a quella del pneuma e dell’etere, perché anch’esso, inteso seguendo Berti e la Mingucci come insieme di conoscenze transindividuali, persiste nella mutevolezza delle dinamiche di generazione e corruzione, sia pure in una forma astratta ed ereditaria.

Concludendo, alla luce di una eternità biologica garantita alle specie dalla cooperazione naturale degli individui nel corso del tempo, il mondo sublunare ed il mondo superlunare, calati nella trama dell’unità analogica e nel quadro dell’ilomorfismo, stanno in una relazione analogica pienamente in armonia con l’intero sistema aristotelico che li ha definiti, approfonditi e raccordati.

237 Al riguardo cfr. ARIST., De gen. an., II, 1, 731 b 25ss.

238 ARIST., De anima, II, 4, 415 a 26ss.; De Gen. an., II, 1, 731 b 23ss; De gen. et corrupt., II, 10, 336 b

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