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il pneuma symphyton nel quadro dell'ilomorfismo aristotelico

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI CIVILTÀ E FORME DEL SAPERE

CORSO DI LAUREA MAGISTRALE IN FILOSOFIA E FORME DEL SAPERE

Il pneuma symphyton

nel quadro dell’ilomorfismo aristotelico

Relatrice

Candidato

Prof.ssa Maria Michela Sassi Cesare Crocini

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ἐπεὶ καὶ τὸ τῷ πνεύματι ἐργάζεσθαι τὰ πολλὰ εἰκὸς ὡς ὀργάνῳ - οἷον γὰρ ἔνια πολύχρηστά ἐστι τῶν περὶ τὰς τέχνας, ὥσπερ ἐν τῇ χαλκευτικῇ ἡ σφύρα καὶ ὁ ἄκμων, οὕτω καὶ τὸ πνεῦμα ἐν τοῖς φύσει συνεστῶσιν.

È anche verisimile che la maggior parte delle cose sia fatta col pneuma come con uno strumento: come alcuni oggetti nelle arti sono utili in vario modo (nell’arte del forgiare il martello e l’incudine) così anche il pneuma in ciò che si costituisce naturalmente (ARIST., De gen. an., V, 8, 789b 8 – 10)

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Indice

Introduzione ... 5

Capitolo primo Da Archiloco ad Aristotele: osservazioni sulla storia semantica del pneuma 1. Un uso eterogeneo ... 12

2. Tra universo e respiro: il pneuma nei filosofi naturalisti e nei Pitagorici ... 14

3. La lunga arte: il pneuma nel Corpus Hippocraticum ... 24

Capitolo secondo Corpi animati, forme materiate: la psicofisiologia di Aristotele 1. Leggere Aristotele ... 37

2. Forma materiata, materia informata: l’inscindibile unità del vivente ... 46

3. Strati e operazioni del composto vivente ... 51

4. L’intelletto nel perimetro dell’ilomorfismo ... 59

Capitolo terzo Bolle nel sangue: il pneuma tra le parti strumentali dell’anima 1. Aria esterna, pneuma, pneuma connaturato ... 65

2. Lo strumento della vita: il calore vitale ... 73

3. Il pneuma connaturato e il calore vitale ... 80

Capitolo quarto Di genitore in figlio: il pneuma nei processi riproduttivi 1. Il pneuma nella generazione sessuale ... 85

2. Vita dall’inanimato: pneuma e generazione spontanea ... 96

Capitolo quinto Psicofisiologia dei sensi a distanza: il pneuma, i sensori e i sensibili 1. I sensi a distanza: vista, udito, olfatto ... 102

2. Le affezioni sensibili e la sensazione comune ... 112

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4 Capitolo sesto

L’attore della locomozione: il pneuma nel movimento degli animali

1. Retroterra e temi del De motu animalium ... 125

2. Analogie e movimento: verso il pneuma nel De motu animalium ... 134

3. ᾧ δὲ κινεῖ ὀργάνῳ: il pneuma tra ossa, giunture e cuore ... 148

4. Input, output e pneuma ... 161

Conclusione ... 165

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Introduzione

Pneuma, forma e materia

Nella classica edizione delle opere biologiche di Aristotele, curata da Mario Vegetti e Diego Lanza, quest’ultimo ha dedicato in introduzione al De generatione animalium un

intero paragrafo al pneuma connaturato (πνεῦμα σύμφυτον), posto da Aristotele in stretta

relazione con il calore vitale1. L’approfondimento del termine è d’obbligo. Infatti un

lettore contemporaneo fatica a non sentirsi disorientato allorché trova nelle opere di Aristotele il “pneuma symphyton”, al punto da non aver chiaro neanche quale traduzione sia più idonea, giacché, a fronte delle diverse funzioni svolte dal pneuma symphyton nel corpo umano, una resa semplicistica quale “aria connaturata/respiro connaturato” rischia di snaturarne gran parte della portata semantica. Secondo Diego Lanza “per la

definizione di pneuma symphyton l’accezione di respiro non è da sola soddisfacente”2; e

se per noi il termine pneuma symphyton pone un problema esegetico, “doveva invece risultare trasparente al lettore greco, pur essendo espressione nuova, coniata per indicare

un’entità nuova”3. A fronte di tale opacità esegetica la scelta migliore, compiuta da

pressoché tutti gli studiosi a noi noti, è traslitterare il termine pneuma e tradurre

symphyton con “connaturato/innato”. Nel lavoro che segue si è scelto di privilegiare la

traduzione “connaturato” per evitare gli echi semantici che il termine “innato” porta con sé in ambito filosofico: tutti estranei alla dottrina aristotelica.

La difficoltà di traduzione del termine pneuma symphyton è un riflesso della sua opacità concettuale, giacché l’unico luogo nel quale Aristotele affronta le funzioni del

pneuma symphyton sotto un profilo unitario è un generico riconoscimento della sua

plurifunzionalità, scollegata da ogni commento che spieghi come e perché certe funzioni possono essere svolte dal pneuma symphyton.

ἐπεὶ καὶ τὸ τῷ πνεύματι ἐργάζεσθαι τὰ πολλὰ εἰκὸς ὡς ὀργάνῳ - οἷον γὰρ ἔνια πολύχρηστά ἐστι τῶν περὶ τὰς τέχνας, ὥσπερ ἐν τῇ χαλκευτικῇ ἡ σφύρα καὶ ὁ ἄκμων, οὕτω καὶ τὸ πνεῦμα ἐν τοῖς φύσει συνεστῶσιν.

1 Aristotele, Opere biologiche (a cura di Diego Lanza e Mario Vegetti), UTET, Torino, 1971, pp. 788 –

796.

2 Ivi¸ p. 792. 3 Ibidem.

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È anche verisimile che la maggior parte delle cose sia fatta col pneuma come con uno strumento: come alcuni oggetti nelle arti sono utili in vario modo (nell’arte del forgiare il martello e l’incudine) così anche il pneuma in ciò che si costituisce naturalmente (ARIST., De gen. an., V, 8, 789b 8 – 10).

Identità, caratteristiche e funzioni del pneuma connaturato si pongono in primo luogo come un tema “biologico”, legato cioè all’universo degli esseri viventi. Tuttavia prima di provare a dirimere la difficoltà interpretativa del pneuma symphyton dobbiamo svolgere alcuni chiarimenti di tipo terminologico e concettuale. Quasi un terzo del

Corpus Aristotelicum è composto dalle cosiddette opere biologiche. Va sottolineato, a

questo riguardo, che il riconoscimento dell’esistenza di una biologia aristotelica è un’operazione intellettuale particolarmente facile da mettere in opera oggigiorno, ma potenzialmente fuorviante se non la si opera all’interno di una costellazione ermeneutica consapevole. Infatti alla sensibilità moderna per quello spazio materiale e scientifico che va sotto il nome di biologia corrisponde una feconda messe di ricerche aristoteliche che lo stesso filosofo riconobbe legate l’una all’altra dal comune aver a che fare con gli esseri dotati di vita4. Ciononostante l’illusione di una concordanza totale tra la nostra idea di biologia e la biologia di Aristotele si dissipa velocemente ad una analisi più attenta: basti pensare al fatto che Aristotele considerò gli astri come esseri divini dotati

di vita e di desiderio5 per rendersi conto che quello di Aristotele è un “cosmo” ben

diverso dal nostro. Simili conseguenze si traggono anche leggendo le opere psicologiche (primo tra tutti il De anima e complementariamente ad esso i Parva

Naturalia), e invano cercheremo nei capitoli della Fisica qualcosa che assomigli alla

nostra fisica matematica di derivazione newtoniana. La fisica aristotelica è altra cosa, e se paragonata alla nostra è più simile ad “una metafisica del mondo sensibile”, come

ebbe a dire Giovanni Reale6.

Un altro mondo, dunque, il mondo di Aristotele: cosmologicamente diviso in due regioni, una sublunare e una superlunare, le quali possiedono conformazioni totalmente

differenti. Lo spazio superlunare (ὁ περί τᾶς ἄνω φορᾶς) ha come proprio e unico elemento

4 Come bene ha sottolineato lo studioso Paolo Accattino, «giacché esiste un complesso di scritti

abbastanza ben delimitabile in cui Aristotele tratta dei viventi» è coerente ritenere «che i termini “biologia”, “biologico”, e di conseguenza il significato biologico del termine physis, assumano tutte quelle connotazioni che è possibile desumere da tali opere». Pertanto, facendo attenzione a non proiettare una pregiudiziale idea di “biologia” su alcune parti del Corpus Aristotelicum, escludendone altre, è legittimo individuare a posteriori, sulla base dell’uniformità dell’argomento trattato (la ricerca sui viventi), una componente biologica nel pensiero di Aristotele. Al riguardo cfr. P. Accattino, “Il problema di un metodo biologico nella politica di Aristotele”, Acta Academiae Scientiarum Taurinensis, 112 (1978), p. 174.

5 In ARIST., De coelo, II, 12, 292 b 32 gli astri sono chiamati “theia somata”. Al riguardo cfr. anche

Metaph., 9, 8, 1074 a 29 - 30.

6 Aristotele, Metafisica (introduzione, traduzione, indice e apparati a cura di Giovanni Reale), Rusconi,

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l’etere7, mentre lo spazio sublunare è formato da quattro sfere contenenti un elemento

ciascuna per un totale di quattro elementi: aria, acqua, terra e fuoco. Lo spazio superlunare è incorruttibile, mentre quello sublunare è soggetto alle dinamiche di

generazione e corruzione che prendono avvio dall’interazione dei quattro elementi8. Tra

le due regioni del cosmo non c’è commistione di principi materiali, e mentre nella regione sublunare il moto locale è di diversi tipi e possiede sempre un termine, nella regione superlunare dove l’unico elemento è l’etere assistiamo ad un moto circolare senza fine, cioè eterno (ARIST., De coelo, 279 b 3); e per questo motivo Filopono chiama l’etere aristotelico anche con il nome di “corpo che si muove circolarmente” (σῶμα κυκλοφορητικόν, PHILOP., Contra Proclum, 520.)

Il cosmo così bipartito è indissolubilmente legato alle ricerche che ne mettono in luce gli aspetti, e sotto il profilo gnoseologico è compartimentato in tre ampi campi del sapere che sono gli ambiti di indagine delle scienze teoretiche, pratiche, e poietiche (ARIST., Metaph. 1025 b 1ss). Si tratta, fondamentalmente, di un universo dotato di

sezioni onto-gnoseologiche a sé stanti, che possono ulteriormente specificarsi in diverse sotto-sezioni all’interno delle quali si muovono ricerche particolari. Tra le scienze

teoretiche, a loro volta tripartite in scienza della natura, matematica e teologia9, la prima

indaga gli enti “che hanno in se medesimi il principio del movimento” e che sono

“separati” (ARIST., Metaph. 1064 a 31-32), laddove il termine “movimento” (κίνησις)

indica genericamente i quattro tipi di mutamento distinti da Aristotele (ARIST., Phys.,

III, 200 b 32-35), mentre l’essere separato (χωρὶς) riguarda l’autosussistenza

indipendente dall’attività cognitiva umana.

Ciò premesso, nelle pagine che seguiranno cercheremo di tenere fede alle partizioni aristoteliche senza rinunciare all’utilizzo di una catalogazione ormai impostasi per definire certi complessi di ricerche (“biologia”, “psicologia”, “chimica” aristoteliche, etc...), che non deve tuttavia essere intesa in maniera acritica attraverso la sovrapposizione dei significati veicolati dal linguaggio scientifico odierno. Un linguaggio, e una mentalità scientifica post-cartesiani, che se usati senza una preventiva presa di coscienza ermeneutica possono condizionare anche il modo di comprendere l’ilomorfismo aristotelico: la dottrina secondo cui ogni ente sensibile è un composto di

7 ARIST., Μeteor., 339b, 16-18.

8 Per la “chimica” aristotelica del mondo sublunare, la dinamica delle qualità elementari e la formazione

degli enti cfr. infra, pp. 46 - 49.

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forma e materia, de facto inestricabili l’una dall’altra10. Tale consapevolezza

ermeneutica è offerta dalla prospettiva interpretativa proposta da Giulia Mingucci, che ha sottolineato come sia indispensabile fare un passo indietro rispetto alle principali dicotomie post-cartesiane, quali soggetto-oggetto e mente-materia, per poter comprendere pienamente la portata filosofica dell’ilomorfismo aristotelico, secondo cui

tutti i processi corporei e cognitivi sono schiettamente psicofisici11. In questo lavoro si

tenterà di essere il più possibile fedeli a tale interpretazione dell’ilomorfismo.

Il quadro di settorialità impermeabile or ora delineato è attraversato da analogie che ne raccordano i comparti ontologici senza mettere in crisi i presupposti su cui si regge

l’intero sistema. G. E. R. Lloyd ha dedicato pagine dense all’analogia12, proponendosi

di studiarne l’utilizzo all’interno del sistema aristotelico “in the stricter sense Aristotle has in mind when he speaks of to analogon or analogia, where the root meaning is proportion, as in the relationship as A is to B, so C is to D. In such four-term proportional analogies, what is claimed is that the relationship within each pair is the same, a sameness distinct from sameness in number, sameness in species and sameness

in genus, and labelled, precisely, sameness in analogy”13. Inoltre Lloyd ha sottolineato

che l’analogia, la quale è utilizzata da Aristotele principalmente in ambito metafisico e zoologico, non è sufficiente a garantire da sola la legittimità di una ricerca scientifica, che risiede sempre all’interno di un’unità generica, ma può aiutare a tracciare le coordinate entro cui la ricerca scientifica è in grado di muoversi14. Si tratta di un uso

euristico dell’analogia che incontreremo spesso durante il nostro lavoro. Del resto lo stesso Aristotele riconosce l’esistenza di una unità per analogia che raccoglie tutte le cose.

Tutte le cose hanno reciproci legami e formano una unità per analogia, giacché in ciascuna delle categorie dell’essere c’è l’analogo: come il retto sta alla lunghezza, così il piano sta alla superficie, e similmente il dispari sta al numero e il bianco al colore.

ἐν ἑκάστῃ γὰρ τοῦ ὄντος κατηγορίᾳ ἐστὶ τὸ ἀνάλογον, ὡς εὐθὺ ἐν μήκει οὕτως ἐν πλάτει τὸ ὁμαλόν, ἴσως ἐν ἀριθμῷ τὸ περιττόν, ἐν δὲ χροιᾷ τὸ λευκόν(ARIST., Metaph., 1093 b 17 - 21).

Tenere presenti questa importante prospettiva analogica, la compartimentazione del sistema aristotelico, e la costellazione ermeneutica entro cui leggere i testi di Aristotele, è indispensabile per affrontare la nostra ricerca riguardante l’identità e le funzioni del

10 Al riguardo cfr. cap. II, pp. 41 - 42.

11 G. Mingucci, La fisiologia del pensiero in Aristotele, Il Mulino, Bologna 2015.

12 G. E. R. Lloyd, Aristotelian explorations, Cambridge University Press, Cambridge 1999, pp. 138 - 159. 13 Ivi, p. 138.

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pneuma symphyton, che si impone proprio a partire da una delle più note analogie che

Aristotele traccia in ambito zoologico tra mondo sublunare e superlunare. Infatti nel De

generatione animalium mette in collegamento il ruolo e le funzioni biologiche del pneuma symphyton con quelli dell’elemento di cui sono formati gli astri, l’etere.

Πάσης μὲν οὖν ψυχῆς δύναμις ἑτέρου σώματος ἔοικε κεκοινωνηκέναι καὶ θειοτέρου τῶν καλουμένων στοιχείων· ὡς δὲ διαφέρουσι τιμιότητι αἱ ψυχαὶ καὶ ἀτιμίᾳ ἀλλήλων οὕτω καὶ ἡ τοιαύτη διαφέρει φύσις. πάντων μὲν γὰρ ἐν τῷ σπέρματι ἐνυπάρχει ὅπερ ποιεῖ γόνιμα εἶναι τὰ σπέρματα, τὸ καλούμενον θερμόν. τοῦτο δ' οὐ πῦρ οὐδὲ τοιαύτη δύναμίς ἐστιν ἀλλὰ τὸ ἐμπεριλαμβανόμενον ἐν τῷ σπέρματι καὶ ἐν τῷ ἀφρώδει πνεῦμα καὶ ἡ ἐν τῷ πνεύματι φύσις, ἀνάλογον οὖσα τῷ τῶν ἄστρων στοιχείῳ.

La facoltà di ogni anima sembra dunque avere parte di un corpo diverso e più divino dei cosiddetti elementi, e come le anime differiscono per valore le une dalle altre, così differisce anche siffatta natura. Nel seme di tutti gli animali è presente ciò che rende fecondi i semi: ciò che è chiamato caldo. Questo però non è fuoco, né una facoltà simile al fuoco, ma il pneuma racchiuso nel seme e nella schiuma e la natura contenuta nel pneuma, che è analoga all’elemento di cui sono costituiti gli astri (ARIST., De gen. an., II, 3, 736b 30 - 737a 1).

Si tratta di una analogia molto potente, giacché mette in relazione una realtà del mondo sublunare con una realtà del mondo superlunare senza esplicitare quale sia il motivo per cui la natura contenuta nel pneuma e l’elemento di cui sono costituiti gli astri sono analoghi. A ciò bisogna aggiungere che la complessità, l’importanza e l’oscurità delle funzioni esercitate dal pneuma symphyton hanno spinto molti studiosi a considerarlo non soltanto come analogo all’etere nel senso che tra i due sussiste

un’uguaglianza di rapporti, bensì come identico ad esso15. Inoltre, sulla base di quella

che vedremo essere una forzatura dell’analogia pneuma-etere, il passo sul pneuma

symphyton è stato anche collegato all’ancor più oscuro accenno di Aristotele ad un nous

che nel processo di ontogenesi proviene dal “di fuori” anziché appartenere alla dinamica

biologica della generazione animale16.

Scopo del presente lavoro è mettere a fuoco i termini dell’analogia tra pneuma ed etere, concentrandoci su quello che tra i due ha consentito, per la sua oscurità interpretativa, il fiorire di divergenti posizione sul passo del De generatione animalium citato poc’anzi. Per far ciò è necessario intraprendere un percorso che affronti alcuni tra i nodi concettuali più complessi della filosofia di Aristotele, senza i quali è impossibile mettere a fuoco in maniera equilibrata e unitaria tutti gli aspetti del pneuma connaturato che possiamo rinvenire nel Corpus Aristotelicum. Infatti solamente una ricognizione complessiva di tutte le funzioni svolte dal pneuma symphyton nel Corpus Aristotelicum,

15 Per una rassegna dei principali autori che hanno valorizzato a tal punto il pneuma vedi infra, cap. 2 e

cap. 3.

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e la sua collocazione in rapporto alle dinamiche fisiologiche dell’essere vivente possono permetterci di comprendere il vero significato dell’analogia di De gen. an., II, 3, 736b 30 - 737a 1.

A partire dalle più recenti posizioni storiografiche sulla biologia e la psicologia di Aristotele, si è deciso di valorizzare l’ilomorfismo come perimetro concettuale irrinunciabile per una messa a fuoco del pneuma symphyton che sia coerente con il resto del sistema aristotelico. Infatti, prima di cercare nel mondo superlunare i termini concettuali necessari a spiegare, contra Aristotele, un attore corporeo del mondo sublunare, è opportuno provare a comprenderlo nell’ambito di quei principi che dominano tutti gli altri fenomeni sublunari ai quali è associato, cioè i fenomeni della vita biologica e della psicologia. La prospettiva dell’inestricabilità ilomorfica grazie alla quale i fenomeni della vita biologica sono pienamente comprensibili sarà dunque utilizzata per cercare di comprendere il pneuma symphyton. Ciò che ci proponiamo è una sua “normalizzazione”, ottenibile dimostrando la compatibilità del suo statuto e delle sue funzioni con i principi cardine della scienza dei viventi. Siffatta operazione non è affatto impropria né unilaterale, giacché tutte le occorrenze rilevanti del pneuma connaturato nel Corpus Aristotelicum cadono in luoghi di opere, biologiche o psicologiche, fortemente condizionate dalla teoria ilomorfica, e del tutto incomprensibili a prescindere da essa. Questo è il motivo per cui si è deciso di evitare facili semplificazioni che colleghino, in modo tale da sopravvalutarne la portata cosmologica, il pneuma connaturato con le vere o presunte cosmologie giovanili di Aristotele, o ancora con posizioni protostoiche.

All’inizio del nostro lavoro percorreremo una breve storia semantica del sostantivo

pneuma per meglio poter affrontare il contributo, innovatore, che Aristotele diede ad

essa (cap. 1); e giacché la stessa concezione di un pneuma connaturatoall’essere umano

si trova in testi intrisi d’ilomorfismo, non potremo proseguire l’analisi senza una preventiva messa a fuoco dei principi cardine di quella che è opportuno chiamare la “psicofisiologia aristotelica”, cioè l’ilomorfismo inestricabile dei composti viventi (cap. 2). Dopodiché, a seguito della collocazione del pneuma connaturato tra le dinamiche del corpo vivente ed in rapporto ai principi del pensiero e della ricerca aristotelici (cap. 3), indagheremo le molteplici funzioni che Aristotele attribuisce al pneuma connaturato: riproduttiva (cap. 4), sensitiva (cap. 5) e motoria (cap. 6). In ultimo, nella conclusione, sottolineando la legittima inclusione del pneuma all’interno della dottrina dell’inestricabilità del composto ilomorfico e riassumendone la plurifunzionalità,

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daremo una risposta alla domanda:“che cosa significa che il pneuma connaturato e l’etere sono analoghi?”.

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Capitolo primo

Da Archiloco ad Aristotele: osservazioni sulla storia semantica del pneuma

1. Un uso eterogeneo

“Diciamo per esempio che il pneuma è aria in movimento” (ARIST., Top., 127a 3-4) scrive Aristotele offrendo, nei Topici, un caso concreto per rendere più comprensibile un principio generale; e difatti, sotto un punto di vista fisico universale, pneuma è il soffio o la raffica, o al plurale i soffi o le raffiche, pneumata, dei venti della natura. Il classico dizionario etimologico della lingua greca suppone all’origine del termine

pneuma una onomatopea, e valorizza come strettamente collegato ad esso il sostantivo pnoe/pnoie riferito al campo semantico della respirazione 17. Similmente, senza offrire una etimologia comparata, il dizionario etimologico della lingua latina suppone una onomatopea all’origine del corrispettivo latino di pneuma, spiritus, che deriverebbe dal verbo spiro: del tutto analogo al greco pneo nel significare il soffiare18. In entrambi i casi il campo semantico è molto vasto: “souffle, respiration, haleine, odeur, esprit, dans le Nouveau Testament l’Esprit Saint ou les mauvais esprits” secondo lo Chantraine; “souffle, air, respiration, aspiration (grammaire), exhalaison, souffle divin, esprit divin, inspiration, d’où esprit âme” secondo l’Ernout-Meillet. Ma se all’origine del termine ricostruiamo una onomatopea che lo lega all’ambito della respirazione del vivente, la prima attestazione del termine pneuma che possediamo ce lo presenta riferito al vento, dando una priorità storico-cronologica a quell’uso consuetudinario di cui abbiamo visto che anche Aristotele era solito servirsi. Infatti, assente nell’opera omerica, dobbiamo aspettare all’altezza del VII secolo a. C. Archiloco di Paro per leggere, nel suo frammento n. 188, dei “soffi dei venti invernali”.

οὐκέ]θ’ ὁμῶς θάλλεις ἁπαλὸν χρόα, κάρφετα[ι γὰρ ἤδη ὄγμοι]ς, κακοῦ δὲ γήραος καθαιρεῖ ….] ᾀφ'ιμερτοῦ δέ Θọρών γλυκύς ἵμερος π[ροσώπου πέπτω]κεν· ἦ γάρ πολλά δή σ'εφῆιξεν πνευμ]ατα χειμερίων ἀνέμων, μάλα πολλάκις δ᾿ε[!|

17 P. Chantraine, Dictionnaire étymologique de la langue grecque, Klincksieck, Paris 2009, p. 887a. 18 A. Ernout - A. Meillet, Dictionnaire étymologique de la langue latine, Klincksieck, Paris 1994, p.

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“Tuttavia tu non sei più in fiore nel tenero corpo: già Appassisce

Di rughe, e di orrenda vecchiezza la distrugge... ...il dolce desiderio fuggendo dall’amabile volto ...perché davvero iniziano ad assalirti

molti soffi di venti invernali (πνευμ]ατα χειμερίων ἀνέμων), e spesso soprattutto...

A partire da questa prima attestazione del termine pneuma come aria in movimento, e tenendo presente il legame etimologico che intrattiene con la respirazione e dunque con il fenomeno biologico della vita, possiamo seguirne la storia semantica fino al suo impiego nel Corpus Aristotelicum. Parlando di storia semantica, intendiamo prendere atto del rapporto in cui lo storico si trova rispetto a certi termini utilizzati nelle fonti della cultura greca: Llyod, paragonando l’utilizzo greco del termine pneuma all’uso cinese del termine qi, ha sottolineato che “the Greeks did not just continue to disagree about the answers to the questions, of what soul is and of how it affects the body; they went on disagreeing also on the basic senses and references of many of the key

terms”19. Quando volgiamo l’attenzione a parole del lessico scientifico-filosofico,

dobbiamo quindi pensare a termini dotati di costellazioni semantiche diacroniche, ricostruibili attraverso la messa a fuoco del significato assunto nei diversi sistemi concettuali in cui occorrono. Questa chiamiamo storia semantica, e ad onor del vero va sottolineato come premessa che le nostre osservazioni sulla storia semantica del termine

pneuma non hanno alcuna pretesa di esaustività. Anzi saranno parziali, perché

finalizzate a condurci appunto alle soglie del Corpus Aristotelicum e non oltre, ed orientate in un senso ben determinato, perché il riferimento ad Aristotele si impone come criterio di selezione e valorizzazione delle occorrenze del termine studiato. Tuttavia, il limite esistente nel non offrire una ricostruzione sciolta da una prospettiva interpretativa forte può essere minimizzato riconoscendo il ruolo epocale avuto da Aristotele nella speculazione sul pneuma, e dunque il suo imporsi, indipendentemente dalla volontà dello studioso, come soluzione di continuità nel percorso dell’evoluzione semantica del lemma.

La storia semantica che ci accingiamo a ricostruire è molto eterogenea, e si basa sulla preliminare presa d’atto dell’interscambiabilità esistente anche a livello “specialistico”, fino per lo meno ad Aristotele, tra il termine greco pneuma e, tra i termini che condividono con esso il campo semantico dei fenomeni aerosi (aer, physa, anemos,

aither), il termine aer. Tale riconoscimento, pur problematizzando la nostra

19 G. E. R. Lloyd, Pneuma between body and soul, “Journal of the Royal Anthropological Institute”, 13

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ricognizione, non ci impedisce di mettere in luce quei nuclei di significato che ritroveremo, arricchiti e ridefiniti attraverso variazioni concettuali di prim’ordine, nel

Corpus Aristotelicum. Principalmente affronteremo le ricorrenze del termine pneuma in

due ambiti di riflessione particolarmente influenti sull’opera di Aristotele e che, si può affermare senza timore di fraintendimento, in essa trovano ampia eco: le dottrine dei presocratici, e la ricerca medica ippocratica raccolta nel vasto Corpus che porta il nome dell’antico medico di Cos. Vediamole nel dettaglio.

2. Tra universo e respiro: il pneuma nei filosofi naturalisti e nei Pitagorici

Da tempo la comunità degli studiosi è stata messa in guardia dal leggere con gli occhi di Aristotele la storia della filosofia a lui precedente: necessità ermeneutica impegnativa, che allargata all’intero campo della tradizione antica impone di ricostruire il pensiero di chi riporta l’informazione sui filosofi antichi oltreché il pensiero contenuto nei testi conservati, facendo attenzione a non sovrapporre il primo al secondo. Ciò che vale per i singoli autori vale a maggior ragione per tutta la produzione del pensiero antico, e interpretazioni tradizionali quali il celeberrimo passaggio da mythos a

logos non sono più sufficienti, da sole, a rendere conto delle ragioni che portarono, in

Grecia e non altrove, alla nascita di quella forma di pensiero che chiamiamo filosofia. Guardare così a quei filosofi antichi che per tradizione consolidata (ancora una volta aristotelica...) chiamiamo “naturalisti” per rilevare in alcuni di essi le ricorrenze e gli usi di un termine, è un’operazione intellettuale imprescindibile dal riconoscimento di certi caratteri generali che li accomunano e che legittimano l’utilizzo di questa categoria storiografica. In primo luogo l’orientamento speculativo orbitante attorno al concetto di

natura (φύσις) e via via concretizzato su nuclei dicotomici di interesse comune come

vita-morte, anima-corpo, sensazione-pensiero, essere-divenire. Da ciò le loro indagini che toccano molteplici settori disciplinari che per noi sono oggigiorno rigorosamente separati ma che, allora, in un’epoca di frontiere interdisciplinari variabili vivevano in stretta osmosi (dallo studio della natura alla politica) e si sostanziavano spesso in cosmogonie e cosmologie a prima vista elementari e purtroppo, in molti casi, lacunosamente tramandateci. Figure poliedriche di pensatori, tra di esse possiamo trovare il razionalista religioso Senofane di Colofone, che metteva in guardia dall’immaginare gli dei con le fattezze degli uomini, ed il sapiente Empedocle di Agrigento che pare si dichiarasse capace di resuscitare i morti; ma in tutti, anche nelle

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correnti misterico-religiose degli Orfici e dei Pitagorici, troviamo la ragione critico-speculativa, quell’elemento al quale più ci sentiamo vicini e che ci sentiamo di chiamare filosofico, votarsi alla missione di schiudere i segreti di ciò che circonda l’uomo e dell’uomo stesso.

Nei frammenti dei naturalisti presocratici rileviamo spesso la scarsa presenza del termine pneuma, persino in quelle forme di pensiero laddove il termine ad esso strettamente apparentato aer riveste il ruolo cosmogonico di archè. Nelle testimonianze posteriori in cui, invece, rileviamo il termine pneuma, la datazione bassa e gli usi linguistici dell’autore che tramanda le informazioni ci impediscono di attribuire con sicurezza l’utilizzo del termine al filosofo oggetto di studi. Ciononostante possiamo affermare che il campo semantico della respirazione, a cui il pneuma è etimologicamente collegato, riveste nella speculazione presocratica grande importanza. I Pitagorici, la cui riflessione sulla natura va contestualizzata tra le attività speculative proprie del loro movimento comunitario-religioso, attribuirono all’intero universo la facoltà respiratoria, facendo di esso una sorta di animale vivente la cui dinamica di inspirazione ed espirazione cosmica, costruita grazie all’analogia con la respirazione degli animali terrestri, assume una funzione cosmologica di primo piano.

εἶναι δ'ἔφασαν καὶ οἱ Πυθαγόρειοι κενόν, καὶ ἐπεισιέναι αὐτὸ τῷ οὐρανῷ ἐκ τοῦ ἀπείρου πνεύματος ὡς ἀναπνέοντι καὶ τὸ κενόν, ὃ διορίζει τὰς φύσεις, ὡς ὄντος τοῦ κενοῦ χωρισμοῦ τινὸς τῶν ἐφεξῆς καὶ [τῆς] διορίσεως·

Anche i Pitagorici ammettevano l’esistenza del vuoto e dicevano che esso, attraverso il soffio infinito (ἀπείρου πνεύματος), avanza nel cielo come se questo respirasse, e che è proprio il vuoto a delimitare le cose della natura, quasi che il vuoto fosse un elemento che separa gli enti consecutivi e li delimita (ARIST., Phys., 213b 22-24, trad. di A. Russo leggermente modificata).

Il vuoto penetra tra gli enti attraverso la respirazione cosmica, e differenzia le cose l’una dall’altra. A questo riguardo il pitagorico Filolao di Crotone ha precisato, stando alla testimonianza del peripatetico Menone tràdita nell’anonimo londinese, il rapporto intercorrente tra il cosmo vivente, pervaso dall’aria grazie alla respirazione cosmica, e gli animali presenti al suo interno sotto il punto di vista della nascita e dello sviluppo.

με[τὰ γὰρ] τὴν ἔκτεξιν ευθέως [το] τὸ ζῷον ἐπιστᾶται τὸ εκτός πνεῦμα ψυχρὸν ὄν· εἶτα πάλιν καθαπερεὶ χρέος ἐκπέμπει αυτό. διὰ τοῦτο δὴ καὶ ὄρεξις τοῦ εκτὸς πνεύματος, ἵνα τῆ[ι] ἐπ<ε>ισάκτῳ τοῦ πνεύματος όλκῇ θερμ[ό]τερα ὑπάρχοντα τὰ ἡμέτερα σώματα πρὸς αυτοῦ καταψύχηται.

Subito dopo la nascita l’animale inspira l’aria esterna (τὸ εκτός πνεῦμα), che è fredda; dopodiché la espira come se dovesse restituirla. Senza dubbio è per questa ragione che c’è desiderio di aria esterna (τοῦ εκτὸς πνεύματος), affinché i nostri corpi, che prima di inspirare sono eccessivamente caldi, vengono raffreddati grazie all’inspirazione dell’aria (τοῦ πνεύματος) dall’esterno (DK, 32A27).

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Anche in altri pensatori troviamo i fenomeni del campo semantico coperto dalla coppia interscambiabile aer-pneuma rivestire un ruolo cosmologico di primaria importanza e stabilire una relazione analogica tra il macrocosmo naturale e il microcosmo umano: una testimonianza di Aezio su Anassimene di Mileto, all’interno della quale viene generalmente riconosciuta una citazione diretta dell’antico filosofo, ci presenta proprio questa interrelazione, assieme al rilievo linguistico della sinonimia esistente tra i termini aer e pneuma.

Ἀναξιμένης Εὐρυστράτου Μιλήσιος ἀρχὴν τῶν ὄντων ἀέρα ἀπεφήνατο· ἐκ γὰρ τούτου πάντα γίγνεσθαι καὶ εἰς αὐτὸν πάλιν ἀναλύεσθαι. ‘οἶον ἡ ψυχή, φησίν, ἡ ἡμετέρα ἀὴρ οὖσα συγκρατεῖ ἡμᾶς, καὶ ὅλον τὸν κόσμον πνεῦμα καὶ ἀὴρ περιέχει’ (λέγεται δὲ συνωνύμως ἀὴρ καὶ πνεῦμα). ἁμαρτάνει δὲ καὶ οὗτος ἐξ ἁπλοῦ καὶ μονοειδοῦς ἀέρος καὶ πνεύματος δοκῶν συνεστάναι τὰ ζῶια· ἀδύνατον γὰρ ἀρχὴν μίαν τὴν ὕλην τῶν ὄντων ὑποστῆναι, ἀλλὰ καὶ τὸ ποιοῦν αἴτιον χρὴ ὑποτιθέναι· οἷον ἄργυρος οὐκ ἀρκεῖ πρὸς τὸ ἔκπωμα γενέσθαι, ἐὰν μὴ τὸ ποιοῦν ἦι, τουτέστιν ὁ ἀργυροκόπος· ὁμοίως καὶ ἐπὶ τοῦ χαλκοῦ καὶ τοῦ ξύλου. καὶ τῆς ἄλλης ὕλης.

Anassimene, figlio del milesio Euristato, ha dimostrato che l’aria è il principio degli esseri, perché da essa tutto deriva e tutto, inversamente, ritorna. Egli dice:«come la nostra anima, che è aria, ci mantiene e ci governa, così il soffio o l’aria avvolgono il mondo intero». Soffio e aria sono sinonimi. Anche lui è in errore nel pensare che gli esseri viventi siano costituiti da un soffio o da un’aria semplice e uniforme. Infatti è impossibile che la materia degli esseri consista di un unico principio, che sottostà a tutte le cose. Ma bisogna anche supporre la causa efficiente. Per esempio: l’argento non è sufficiente a produrre una coppa senza l’intervento di colui che la fa essere, cioè l’argentiere. La stessa cosa vale per il bronzo, l’oro e tutte le altre materie (13B2DK).

Se, come sostiene il dossografo, esiste o meno un’indistinzione tra pneuma e aer nel pensiero di Anassimene tale da renderli sinonimi è un quesito pressoché irrisolvibile. Ad ogni modo la difficoltà di comprensione sfuma molto se teniamo presente che, esistendo un unico principio da cui tutto deriva e a cui tutto ritorna, pneuma e aer non possono nel sistema del milesio che identificare una medesima entità, dotata di funzioni differenti a seconda del contesto e del grado di specificazione. A fronte di ciò l’interscambiabilità dei due termini resta indubbia. Rimane però da chiarire quale ruolo venga ad essi attribuito in rapporto all’essere umano e all’universo, cercando di spogliare il più possibile la testimonianza che possediamo dalle categorie interpretative e dagli usi linguistici di Aezio. In particolare l’uso da parte del dossografo del verbo

συγκρατεῖ non è affatto attribuibile ad Anassimene, comparendoessa per la prima volta

soltanto in Plutarco, e successivamente in Diogene Laerzio, come crasi di συνέχειν καί

κρατεȋν. È preferibile ipotizzare che al posto di συγκρατεῖ ci fosse, nell’originale del

filosofo naturalista, un verbo come συνέχει privo di una valenza filosofica già

consolidata. Allo stesso modo κόσμον è un termine il cui peso nella dottrina stoica può

avere influito sul suo utilizzo da parte di Aezio in sostituzione di un lemma più neutro e

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Anassimene. Sgomberato il campo dalle sovraimposizioni ermeneutiche di Aezio emerge, in questo contesto che non esiteremmo a definire ilozoista, un’idea su cui avremo da tornare in futuro: la capacità che l’indistinta l’aria-pneuma possiede di “mantenere”, di “tenere unito insieme”, tanto l’universo quanto l’essere umano, la cui anima è appunto composta d’aria.

Collegata al pensiero di Anassimene per l’affermazione che l’aria è l’archè, la speculazione di Diogene di Apollonia, la cui attività è databile nella seconda metà del secolo V a. C., non solamente ci conforta riguardo all’interscambiabilità dei termini

pneuma e aer grazie ai testi tràditi e alle testimonianze indirette che possediamo, ma

conferma che alla base di essa esiste, nel pensiero dei presocratici che se ne avvalgono, un raccordo ontologico tra microcosmo umano, connotato dal processo respiratorio quale marcatore della vita, e macrocosmo naturale, nel quale l’aria-pneuma si dispiega in funzione cosmogonica e cosmologica.

Ἐδόκει δὲ αὐτῷ τάδε· στοιχεῖον εἶναι τὸν ἀέρα, κόσμους ἀπείρους καὶ κενὸν ἄπειρον· τόν τε ἀέρα πυκνούμενον καὶ ἀραιούμενον γεννητικὸν εἶναι τῶν κόσμων· οὐδὲν ἐκ τοῦ μὴ ὄντος γίνεσθαι οὐδ' εἰς τὸ μὴ ὂν φθείρεσθαι· τὴν γῆν στρογγύλην, ἠρεισμένην ἐν τῷ μέσῳ, τὴν σύστασιν εἰληφυῖαν κατὰ τὴν ἐκ τοῦ θερμοῦ περιφορὰν καὶ πῆξιν ὑπὸ τοῦ ψυχροῦ.

Questi sono i punti principali del suo pensiero: l’aria è la sostanza originaria, i mondi sono infiniti e infinito è il vuoto: condensandosi e rarefacendosi, l’aria genera i cosmi; niente viene ad essere dal non-essere né si distrugge nel non-non-essere; la terra è sferica e posta stabile al centro, con la struttura che riceve grazie al movimento circolare causato dal caldo e alla solidificazione causata dal freddo (DIOG. IX 57; in DK, 64A1).

Così Diogene Laerzio sintetizza il potente quadro cosmico ideato dall’Apolloniate, e alle sue parole possiamo affiancare una testimonianza di Teofrasto, tramandataci da Alessandro d’Afrodisia, dove troviamo ancora una volta il termine pneuma utilizzato in un contesto squisitamente cosmologico.

οὗτοι δὲ (οἱ φυσικοί) γένεσιν ποιοῦσι τῆς θαλάσσης, ἀλλ’ οὐκ ἀγένητον αὐτὴν λέγουσιν ἰδίας πηγὰς ἔχουσαν, ὡς οἱ θεολόγοι. οἱ μὲν γὰρ αὐτῶν ὑπόλειμμα λέγουσιν εἶναι τὴν θάλασσαν τῆς πρώτης ὑγρότητος. ὑγροῦ γὰρ ὄντος τοῦ περὶ τὴν γῆν τόπου κἄπειτα τὸ μέν τι τῆς ὑγρότητος ὑπὸ τοῦ ἡλίου ἐξατμίζεσθαι καὶ γίνεσθαι πνεύματά τε ἐξ αὐτοῦ καὶ τροπὰς ἡλίου τε καὶ σελήνης, ὡς διὰ τὰς ἀτμίδας ταύτας καὶ τὰς ἀναθυμιάσεις κἀκείνων τὰς τροπὰς ποιουμένων, ἔνθα ἡ ταύτης αὐτοῖς χορηγία γίνεται, περὶ ταῦτα τρεπομένων· τὸ δέ τι αὐτῆς ὑπολειφθὲν ἐν τοῖς κοίλοις τῆς γῆς τόποις θάλασσαν εἶναι· διὸ καὶ ἐλάττω γίνεσθαι ξηραινομένην ἑκάστοτε ὑπὸ τοῦ ἡλίου καὶ τέλος ἔσεσθαί ποτε ξηράν. ταύτης τῆς δόξης ἐγένετο, ὡς ἱστορεῖ Θεόφραστος, Ἀναξίμανδρός τε καὶ Διογένης.

Costoro (i filosofi della natura) fanno iniziare la generazione dal mare, senza pensare però, come i teologi, che esso sia ingenerato e con origini proprie. Tra di essi alcuni pensano che il mare sia ciò che resta dell’umidità iniziale: infatti, lo spazio intorno alla terra era umido, e in seguito parte di questa umidità evaporò per l’azione del Sole e ne derivarono i venti (πνεύματά τε ἐξ αὐτοῦ) e le orbite del Sole e della Luna, come se anche questi fossero spinti a compiere le loro rotazioni da quei vapori e da quelle emissioni, e si dirigessero in quelle zone ove ce n’è in quantità. Ciò che resta di tale umidità nelle zone concave della terra è il mare: ecco perché si fa sempre più piccolo, via via prosciugato dal Sole, e alla fine

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sarà tutto in secca. A quanto dice Teofrasto erano di questo parere sia Anassimandro che Diogene (ALEX., Arist. Meteor. Libr. Comm., CAG 3. 2 ed. Hayduck).

Si tratta di una testimonianza troppo tarda per poter affermare che l’Apolloniate utilizzò il termine pneuma in riferimento ai venti cosmici. Ne possiamo però dedurre che quantomeno il dossografo non percepì come incompatibile con il pensiero di Diogene l’utilizzo del termine pneuma in quel particolare contesto. Nati dunque

dall’evaporazione dell’umidità primordiale ad opera del Sole, i venti (πνεύματα)

sembrano aver avuto la capacità di “mettere in moto” l’orbitare dei pianeti, per quanto l’utilizzo della particella ὡς in funzione comparativa lasci aperta la possibilità che si

tratti di una deduzione di Teofrasto o di Alessandro a partire dalla loro conoscenza di Anassimandro e Diogene. Ad ogni modo, trattandosi di un sistema nel quale l’azione del Sole non viene meno, l’evaporazione del mare è votata a proseguire fino al suo completo disseccamento, alimentando, nel contempo, il soffiare dei venti.

Il pensiero di Diogene di Apollonia raggiunge la sue vette speculative più alte nella riflessione riguardo al sorgere e al mantenersi delle capacità cognitive, veicolate dall’archè la quale, specificandosi nelle sue molteplici concrezioni, ne consente il manifestarsi nell’uomo, e principalmente nell’uomo adulto. La lunga testimonianza di Teofrasto riguardo a questo aspetto della filosofia diogenea è particolarmente interessante sia perché per la prima volta troviamo in maniera esplicita e sistematica, innestato su quel raccordo ontologico di fondo già messo in luce analogicamente dai Pitagorici, un collegamento tra l’aer/pneuma e la capacità cognitiva, sia perché l’interscambiabilità dei due termini è mantenuta nonostante il testo dal quale traiamo le informazioni appartenga ad un autore, qual è Teofrasto, strettamente legato all’eredità aristotelica e cronologicamente contiguo ad Aristotele, dunque edotto nella distinzione biologica che Aristotele ha elaborato, in sede di spiegazione del processo respiratorio, tra uno pneuma congenito al corpo umano e un’aria esterna ad esso che viene respirata. Ciò fa propendere il giudizio sul testo a favore dell’aderenza dell’esposizione di Teofrasto agli usi di Diogene d’Apollonia.

Διογένης δ' ὥσπερ τὸ ζῆν καὶ τὸ φρονεῖν τῷ ἀέρι καὶ τὰς αἰσθήσεις ἀνάπτει· διὸ καὶ δόξειεν ἂν τῷ ὁμοίῳ ποιεῖν (οὐδὲ γὰρ τὸ ποιεῖν εἶναι καὶ πάσχειν, εἰ μὴ πάντα ἦν ἐξ ἑνός)· τὴν μὲν ὄσφρησιν τῷ περὶ τὸν ἐγκέφαλον ἀέρι· τοῦτον γὰρ ἄθρουν εἶναι καὶ σύμμετρον τῇ ὀσμῇ· τὸν γὰρ ἐγκέφαλον αὐτὸν μανὸν καὶ ‹τὰ› φλεβία, λεπτότατον δ' ἐν οἷς ἡ διάθεσις ἀσύμμετρος, καὶ οὐ μίγνυσθαι ταῖς ὀσμαῖς· ὡς εἴ τις εἴη τῇ κράσει σύμμετρος, δῆλον ὡς αἰσθανόμενον ἄν. τὴν δ' ἀκοήν, ὅταν ὁ ἐν τοῖς ὠσὶν ἀὴρ κινηθεὶς ὑπὸ τοῦ ἔξω διαδῷ πρὸς τὸν ἐγκέφαλον. τὴν δὲ ὄφιν [ὁρᾶν] ἐμφαινομένων εἰς τὴν κόρην, ταύτην δὲ μιγνυμένην τῷ ἐντὸς ἀέρι ποιεῖν αἴσθησιν· σημεῖον δέ· ἐὰν γὰρ φλεγμασία γένηται τῶν φλεβῶν, οὐ μίγνυσθαι τῷ ἐντὸς οὐδ' ὁρᾶν ὁμοίως τῆς ἐμφάσεως οὔσης. τὴν δὲ γεῦσιν τῇ γλώττῃ διὰ τὸ μανὸν καὶ ἁπαλόν. περὶ δὲ ἁφῆς οὐδὲν ἀφώρισεν, οὔτε πῶς οὔτε τίνων ἐστίν. ἀλλὰ μετὰ ταῦτα πειρᾶται λέγειν, διὰ τί συμβαίνει τὰς αἰσθήσεις ἀκριβεστέρας εἶναι καὶ τῶν ποίων. ὄσφρησιν μὲν οὖν

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19 ὀξυτάτην οἷς ἐλάχιστος ἀὴρ ἐν τῇ κεφαλῇ, τάχιστα γὰρ μίγνυσθαι· καὶ πρὸς τούτοις ἐὰν ἕλκῃ διὰ μακροτέρου καὶ στενωτέρου, θᾶττον γὰρ οὕτω κρίνεσθαι· διόπερ ἔνια τῶν ζῴων ὀσφραντικώτερα τῶν ἀνθρώπων εἶναι· οὐ μὴν ἀλλὰ συμμέτρου γε οὔσης τῆς ὀσμῆς τῷ ἀέρι πρὸς τὴν κρᾶσιν μάλιστα ἂν αἰσθάνεσθαι τὸν ἄνθρωπον. ἀκούειν δ' ὀξύτατα, ὧν αἵ τε φλέβες λεπταὶ καθάπερ †τῇ αἰσθήσει καὶ τῇ ἀκοῇ τέτρηται βραχὺ καὶ λεπτὸν καὶ ἰθὺ καὶ πρὸς τούτοις τὸ οὖς ὀρθὸν ἔχει καὶ μέγα· κινούμενον γὰρ τὸν ἐν τοῖς ὠσὶν ἀέρα κινεῖν τὸν ἐντός. ἐὰν δὲ εὐρυτέρα ᾖ, κινουμένου τοῦ ἀέρος ἦχον εἶναι καὶ τὸν ψόφον ἄναρθρον διὰ τὸ μὴ προσπίπτειν πρὸς ἠρεμοῦν. ὁρᾶν δ' ὀξύτατα, ὅσα τε τὸν ἀέρα καὶ τὰς φλέβας ἔχει λεπτάς, ὥσπερ ἐπὶ τῶν ἄλλων καὶ ὅσα τὸν ὀφθαλμὸν λαμπρότατον. μάλιστα δ' ἐμφαίνεσθαι τὸ ἐναντίον χρῶμα· διὸ τοὺς μελανοφθάλμους μεθ' ἡμέραν καὶ τὰ λαμπρὰ μᾶλλον ὁρᾶν, τοὺς δ' ἐναντίους νύκτωρ. ὅτι δὲ ὁ ἐντὸς ἀὴρ αἰσθάνεται μικρὸν ὢν μόριον τοῦ θεοῦ, σημεῖον εἶναι, διότι πολλάκις πρὸς ἄλλα τὸν νοῦν ἔχοντες οὔθ' ὁρῶμεν οὔτ' ἀκούομεν. ἡδονὴν δὲ καὶ λύπην γίνεσθαι τόνδε τὸν τρόπον. ὅταν μὲν πολὺς ὁ ἀὴρ μίσγηται τῷ αἵματι καὶ κουφίζῃ κατὰ φύσιν ὢν καὶ κατὰ πᾶν τὸ σῶμα διεξιών, ἡδονήν· ὅταν δὲ παρὰ φύσιν καὶ μὴ μίσγηται συνιζάνοντος τοῦ αἵματος καὶ ἀσθενεστέρου καὶ πυκνοτέρου γινομένου, λύπην. ὁμοίως καὶ θάρσος καὶ ὑγίειαν καὶ τἀναντία. κριτικώτατον δὲ ἡδονῆς τὴν γλῶτταν· ἁπαλώτατον γὰρ εἶναι καὶ μανὸν καὶ τὰς φλέβας ἁπάσας ἀνήκειν εἰς αὐτήν· διὸ σημεῖά τε πλεῖστα τοῖς κάμνουσιν ἐπ' αὐτῆς εἶναι, καὶ τῶν ἄλλων ζῴων τὰ χρώματα μηνύειν· ὁπόσα γὰρ ἂν ᾖ καὶ ὁποῖα, τοσαῦτα ἐμφαίνεσθαι. τὴν μὲν οὖν αἴσθησιν οὕτω καὶ διὰ τοῦτο γίνεσθαι. φρονεῖν δ', ὥσπερ ἐλέχθη, τῷ ἀέρι καθαρῷ καὶ ξηρῷ· κωλύειν γὰρ τὴν ἰκμάδα τὸν νοῦν· διὸ καὶ ἐν τοῖς ὕπνοις καὶ ἐν ταῖς μέθαις καὶ ἐν ταῖς πλησμοναῖς ἧττον φρονεῖν. ὅτι δὲ ἡ ὑγρότης ἀφαιρεῖται τὸν νοῦν, σημεῖον, διότι τὰ ἄλλα ζῷα χείρω τὴν διάνοιαν· ἀναπνεῖν τε γὰρ τὸν ἀπὸ τῆς γῆς ἀέρα καὶ τροφὴν ὑγροτέραν προσφέρεσθαι. τοὺς δὲ ὄρνιθας ἀναπνεῖν μὲν καθαρόν, φύσιν δὲ ὁμοίαν ἔχειν τοῖς ἰχθύσι· καὶ γὰρ τὴν σάρκα στιφράν, καὶ τὸ πνεῦμα οὐ διιέναι διὰ παντός, ἀλλὰ ἑστάναι περὶ τὴν κοιλίαν. διὸ τὴν μὲν τροφὴν ταχὺ πέττειν, αὐτὸ δ' ἄφρον εἶναι. συμβάλλεσθαι δέ τι πρὸς τῇ τροφῇ καὶ τὸ στόμα καὶ τὴν γλῶτταν· οὐ γὰρ δύνασθαι συνεῖναι ἀλλήλων. τὰ δὲ φυτὰ διὰ τὸ μὴ εἶναι κοῖλα μηδὲ ἀναδέχεσθαι τὸν ἀέρα παντελῶς ἀφῃρῆσθαι τὸ φρονεῖν. ταὐτὸν δ' αἴτιον εἶναι καὶ ὅτι τὰ παιδία ἄφρονα. πολὺ γὰρ ἔχειν τὸ ὑγρόν, ὥστε μὴ δύνασθαι διὰ παντὸς διιέναι τοῦ σώματος, ἀλλὰ ἐκκρίνεσθαι περὶ τὰ στήθη, διὸ νωθῆ τε εἶναι καὶ ἄφρονα. ὀργίλα δὲ καὶ ὅλως ὀξύρροπα καὶ εὐμετάπτωτα διὰ τὸ ἐκ μικρῶν κρίνεσθαι τὸν ἀέρα πολύν· ὅπερ καὶ τῆς λήθης αἴτιον εἶναι· διὰ γὰρ τὸ μὴ ἰέναι διὰ παντὸς τοῦ σώματος οὐ δύνασθαι συνεῖναι· σημεῖον δέ· καὶ γὰρ τοῖς ἀναμιμνησκομένοις τὴν ἀπορίαν εἶναι περὶ τὸ στῆθος, ὅταν δὲ εὕρωσιν, 'διασκίδνασθαι' καὶ ἀνακουφίζεσθαι τῆς λύπης.

Al pari del vivere e del pensare, Diogene riconduce all’aria anche le sensazioni. Sembrerebbe, dunque, che egli le faccia derivare dal simile (infatti, è impossibile che le cose agiscano o patiscano, se non derivano tutte da un unico principio). Così la sensazione olfattiva si ha attraverso l’aria che avvolge il cervello: quest’aria, infatti, è densa e proporzionata all’odore; il cervello è molle, le sue vene sono molto sottili, e nei punti in cui l’assetto dell’aria non è proporzionato non si mescola con gli odori, perché se ci fosse un assetto proporzionato alla mescolanza, si avrebbe certamente percezione. La sensazione uditiva si ha allorché l’aria presente nelle orecchie, mossa da quella esterna, si spinge fino al cervello. La sensazione visiva, allorché le immagini si offrono alla pupilla, e questa, mescolandosi con l’aria che si trova all’interno, genera la sensazione. Ed ecco la prova: se si ha un’infiammazione delle vene, non si ha più mescolanza con l’aria che sta all’interno e la pupilla non può più vedere, benché l’immagine sia presente. La sensazione gustativa si ha attraverso la lingua, dato che è molle e morbida. Circa il tatto, egli non ha detto nulla, né come si produca, né di quali organi sia propria. Dopo tutto ciò, invece, egli cerca di spiegare perché capita che alcune sensazioni siano più precise, e a chi appartengano. Egli afferma che l’olfatto è particolarmente vivo in quelli che hanno poca aria nella testa, in quanto in quel caso la mescolanza è molto rapida, soprattutto se l’effluvio penetra attraverso un condotto olfattivo piccolo e stretto, perché in questo modo discerne più velocemente: perciò certi animali sono provvisti di odorato più fine degli uomini. In ogni caso, allorché l’odore è proporzionato all’aria in modo che favorisce la mescolanza, l’uomo può avere sensazioni molto vive. Hanno un udito più acuto quelli che possiedono vene sottili e che, come capita per l’odorato, hanno un condotto breve e sottile e diritto; e, inoltre, hanno l’orecchio dritto e grande, in quanto l’aria che si trova nelle orecchie, una volta mossa, muove l’aria interna. Se, invece, i condotti sono molto larghi, quando l’aria è mossa si produce un rimbombo e, non scontrandosi con aria ferma, il suono è indefinito. Hanno vista più acuta quelli che hanno aria e vene sottili, come per le altre sensazioni, e quanti hanno l’occhio più lucido. Quello che appare meglio è il colore opposto: ecco perché chi ha gli occhi neri vede meglio di giorno e più facilmente le cose che luccicano; chi li ha di colore opposto, di notte. E la prova che le sensazioni le possiede l’aria interna, che è un frammento di dio, sta nel fatto che, quando siamo sovrappensiero, non vediamo né ascoltiamo. Piacere e dolore hanno origine nel modo che segue: quando al sangue si mescola molta aria, in misura

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adeguata alla sua natura e penetra in tutto il corpo alleggerendolo, si prova piacere; quando invece <l’aria> è inadeguata alla natura del sangue e non vi si mescola, allora, poiché il sangue vi si fa più denso, più debole e compresso, si prova dolore. E così avviene per l’ardimento, la salute e i loro contrari. Molto adatta a provare piacere è la lingua, in quanto è la parte più morbida e molle e convergono su essa tutte le vene: ecco perché si riscontrano in essa molti segni di malattia, indicati dai colori <della lingua> nei vari animali, dato che tali segni vi compaiono tutti, quanti e quali essi sono. La sensazione si produce, dunque, in questo modo e per questi motivi. Il pensare, come abbiamo detto, si ha tramite l’aria pura e secca: l’umidità, infatti, è di ostacolo alla mente; perciò durante il sonno, nell’ubriachezza o nella sazietà la mente è meno perspicace. E la prova che l’umidità ostacola la mente è questa: gli altri animali sono inferiori all’uomo per intelligenza; essi, infatti, respirano l’aria che sale dalla terra e hanno un cibo più umido. Gli uccelli respirano certamente aria pura, ma la loro natura è simile a quella dei pesci, perché hanno carne coriacea, e l’aria (τὸ πνεῦμα) non riesce a penetrare dappertutto nel corpo, ma si ferma nel ventre; perciò digeriscono il cibo con facilità, ma sono privi di intelligenza. A questo contribuiscono in parte, insieme al cibo, anche la bocca e la lingua, in quanto gli animali non sono capaci di vivere in gruppo. Anche le piante sono sprovviste di pensiero, in quanto non hanno cavità e non possono trattenere l’aria. Per questo stesso motivo anche i fanciulli sono poveri di senno: hanno infatti molta umidità, e così l’aria non può circolare in tutto il corpo, ma si ferma nel petto, perciò essi sono svogliati e scriteriati. Inoltre, sono irascibili, assai instabili e volubili, a causa del fatto che molta aria è mossa da petti piccoli. E questo è anche il motivo per cui dimenticano, dato che l’aria non può attraversare tutto il corpo, e quindi non può raccogliersi. La prova è questa: chi si sforza di far memoria avverte la difficoltà nel petto; una volta che ha ricordato, l’aria può espandersi ed egli è liberato dalla pena (THEOPHR. de sens. 39ss.; in DK, 64A19).

Per comodità analitica dividiamo la testimonianza di Teofrasto in più parti: A (Al

pari del... principio, 1. 1-3), B (Così la sensazione... propria, 1. 3-16), C (Dopo tutto ciò... notte, 1. 16-32), D (E la prova... ascoltiamo, 1. 32-34), E (Piacere e dolore... motivi, 1. 34-43), F (Il pensare, come... pena, 1. 43-61). Teofrasto è verosimilmente

fedele, nella sua esposizione, all’opera di Diogene anche per quanto riguarda l’ordine degli argomenti, sebbene, in base ai fini espositivi della sua opera, ometta larghe parti

non concernenti il suo proposito 20.

A. La testimonianza di Teofrasto è estrapolata dal suo Trattato sulle sensazioni, nel quale divide i pensatori a lui precedenti secondo due categorie: quanti concepiscono le sensazioni come esito di un incontro tra simili, e quanti le concepiscono invece come esito di un incontro tra contrari. Così, dopo aver imposto alla filosofia di Diogene la

ripartizione a lui estranea di vita, pensiero e sensazione21 (Al pari di... sensazioni, 1. 1),

Teofrasto annovera l’Apolloniate nella prima categoria di pensatori descritta (Sembrerebbe, dunque, che... principio, 1. 2-3).

B. Di ciascun senso nominato è messa in evidenza la diretta dipendenza dal cervello, come organo centrale percettore, configurando così un potente paradigma encefalocentrico. Contrariamente all’uso di Teofrasto è presentato per primo l’olfatto, e nella descrizione del suo funzionamento possiamo riconoscere un paradigma generale

20 Per gli argomenti addotti a sostegno della fedeltà di Teofrasto all’ordine espositivo originale di Diogene

di Apollonia cfr. A. Laks, Diogène d’Apollonie (edition, traduction et commentaire des fragments et témoignages), Academia Verlag, Sankt Augustin 1983, pp. 139-140.

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comune anche agli altri sensi: l’aria esterna, in questo caso l’odore, raggiunge attraverso canali specifici, in questo caso le vie respiratorie, l’aria interna, o cerebrale in senso lato, con la quale si accorda per una reciproca complementarietà, e che nel caso dell’odorato consiste in un’aria situata alla periferia del cervello (Così la sensazione...

odore, 1. 3-5). La complementarietà tra le tipologie d’aria è giustificata attraverso un

ragionamento negativo, che ci dà inoltre alcune informazioni fisiologiche sul cervello (Il cervello è... percezione, 1. 5-8). Segue la breve analisi dell’udito che, analogamente ai due sensi successivi, raggiunge l’interno tramite un intermediario: l’aria contenuta nelle orecchie, diversa sia da quella esterna sia da quella cerebrale (La sensazione

uditiva... cervello, 1. 8-9). La vista, allo stesso modo, ha come intermediario tra

l’interno e l’esterno la pupilla, che è infatti colpita dalle immagini esterne, di carattere aereo intuiamo, che a sua volta riporta all’interno congiungendole all’aria cerebrale (La

sensazione visiva... sensazione, 1. 9-11). Ed anche qui viene fornita una dimostrazione

negativa dell’enunciato: quando le vene della pupilla, attraverso cui le immagini aeree esterne incontrano l’aria interna, sono inibite da un’infiammazione, la sensazione visiva non si produce, perché viene meno la funzione di tramite tra le due tipologie d’aria (Ed

ecco la... presente, 1. 11-13). In ultimo, il gusto ha come organo la lingua, sulla quale il

filosofo tornerà subito oltre allorché tratterà del piacere e del dolore (La sensazione

gustativa... morbida, 1. 14). La parte dedicata al funzionamento generale dei sensi si

conclude, infine, con la constatazione che Diogene non trattò la sensazione tattile (Circa

il tatto... propria, 1. 15-16).

C. Le sensazioni sono poi indagate nelle loro condizioni superlative, quelle cioè in cui si verificano con maggior potenza, velocità e precisione (Dopo tutto ciò...

appartengano, 1. 16-17). L’eccellenza delle sensazioni è riportata alle caratteristiche

strutturali del soggetto che percepisce: l’odorato è più fine quando è accompagnato da poca aria nella scatola cranica e da canali recettori stretti e diritti come in certuni animali (Egli afferma che... uomini, 1. 17-21), ciò nonostante l’uomo ha comunque sensazioni molto vive qualora ci sia complementarietà tra l’effluvio e l’aria interna (In

ogni caso... vive, 1. 22-23); l’udito è più fine quando è accompagnato da vene sottili,

condotti lunghi e diritti, orecchie dritte e grandi, mentre nel caso in cui il condotto auricolare sia largo ne viene, al muoversi dell’aria, un rimbombo oppure un suono indistinto (Hanno un udito... indefinito, 1. 23-28); la vista è più acuta quando è accompagnata da vene sottili e pupille lucide (Hanno vista più... lucido, 1. 28-30),

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inoltre il colore della pupilla condiziona la percezione, di modo che la tonalità opposta a quella posseduta è vista meglio rispetto alle altre (Quello che appare... notte, 1. 30-32).

D. Il riferimento ad una prova che dia ragione del fatto che l’aria interna è il solo

organo percettivo è accompagnata dalla rimarcazione della divinità di quest’ultima22.

E. Per quanto riguarda i fenomeni che Teofrasto assume sotto la rubrica del piacere e del dolore, è stata avanzata l’ipotesi interpretativa, da tenere ben presente, per cui questi sono coglibili nella loro pienezza soltanto se affrontati da un’altra prospettiva: ci è qui fornita infatti in filigrana non una semplice spiegazione di come si genera il piacere, ma una spiegazione complessiva degli stati di benessere e malessere del corpo umano,

piacere e dolore compresi23. E conseguentemente Teofrasto spiega il dolore in base

all’inversione del medesimo principio comune. I termini negativi sono legati, così, all’impossibilità dell’aria di congiungersi al sangue, e dunque ad una maggiore solidità e compressione di quest’ultimo (Piacere e dolore... contrari, 1. 34-39). La lingua gioca poi un ruolo di primo piano: in essa è identificato il centro convergente di tutte le vene, non solo tanto poroso da essere estremamente sensibile al piacere ed al dolore, ma anche tanto affidabile da essere un valido testimone del malessere degli animali (Molto

adatta a... sono, 1. 39-43). Con questo accenno alla metodologia diagnostica si chiude

la trattazione sulla funzione percettiva (La sensitività si... motivi, 1. 43), e si passa a quella intellettiva, che però abbiamo già visto non essere per Diogene di Apollonia, a differenza che per Teofrasto, altro che un aspetto dello stesso principio ricettore: l’aria interna o anima che dir si voglia.

F. Le condizioni da cui dipende l’attività intellettiva dell’essere umano sono ulteriormente specificate: l’aria interna non è aria in generale, ma aria secca e pura (Il

pensare, come... secca, 1. 43-44). E la giustificazione di questa affermazione è addotta

in negativo: l’umidità, opposta alla secchezza, inibisce il pieno manifestarsi della capacità intellettiva, fenomeno che nell’essere umano adulto si verifica in misura relativa durante gli stati di sonno, di ubriachezza e di sazietà (l’umidità, infatti, è...

perspicace, 1. 44-46). Viene poi fornita una prova di ciò, che con la sua presenza ci

permette di illuminare bene il rapporto tra archè e funzionalità intellettiva nelle piante, negli animali e nei bambini (E la prova... questa, 1. 46). Gli animali terrestri hanno più umidità nella loro struttura corporea rispetto all’uomo, perché respirano l’aria proveniente dalla terra ed il loro cibo è più umido del nostro (Gli altri animali... umido,

22 Evidente in questo caso è la dipendenza del resoconto di Teofrasto dal fr. 5 di Diogene (DK, 64B5). 23 Cfr. A. Laks, op. cit., p. 145.

(23)

23

1. 46-48). I volatili, il cui contatto con l’aria pura è indubitabile, hanno lo stesso deficit di intelligenza degli altri a causa della loro particolare conformazione strutturale, simile a quella degli animali acquatici, consistente in carne poco porosa che non consente una giusta aerazione dell’organismo; la presenza di aria pura si limita in essi allo stomaco soltanto, consentendo così loro di digerire con facilità ma non di esplicare al meglio la funzionalità intellettiva (Gli uccelli respirano... intelligenza, 1. 48-51). Non è solo la struttura umida dell’organismo ad essere fonte di un deficit cognitivo: anche la scarsa strutturazione di apparati deputati nell’uomo alla fonazione, quali la bocca e la lingua, è parzialmente responsabile di un simile deficit, perché sottrae all’animale la possibilità fisiologica di sviluppare la comunicazione verbale reciproca, e quindi la possibilità, ancora una volta, per l’aria interna di esprimere le sue potenzialità (A questo

contribuiscono... gruppo, 1. 51-53). Le piante, dal canto loro, sono del tutto prive di

capacità cognitive, perché non hanno strutturalmente la possibilità di contenere aria al loro interno (Anche le piante... l’aria, 1. 53-54). Una presenza ingente di umidità nella conformazione fisiologica non è del tutto estranea neppure all’uomo, che durante lo stadio infantile possiede infatti tanta umidità da averne compromesso lo svolgersi delle facoltà cognitive, potendo contenere l’aria soltanto nel petto (Per questo stesso...

scriteriati, 1. 54-57). Questa particolare situazione, per cui l’aria si raccoglie

instabilmente nel petto del bambino, è causa dei comportamenti infantili negativi (Inoltre, sono irascibili... piccoli, 1. 57-58), e della dimenticanza propria dei bambini (E

questo è... dimenticano, 1. 58-59). Di quest’ultima peculiarità del bambino è data infine

ragione attraverso un riferimento allo stato normale dell’adulto: il processo di rammemorazione è causato dal raggrupparsi dell’aria nel petto, che da così un senso di costrizione al soggetto, e una volta terminato è seguito dal dissiparsi dell’aria raccolta. Il presupposto concettuale del rammemorare così inteso è che l’aria possa circolare liberamente all’interno del corpo umano, ma la libera circolazione dell’aria interna, come abbiamo visto, è proprio ciò che lo stato infantile, per l’umidità, non consente (dato che l’aria... pena, 1. 59-61).

L’interscambiabilità tra aer e pneuma, ed il loro utilizzo nella riflessione filosofica, sono avvalorate anche dalle testimonianze tarde che possediamo circa la speculazione di alcuni filosofi: sebbene la loro datazione bassa non sia garanzia di aderenza agli usi linguistici dei pensatori, può essere considerata una prova che, agli occhi dei dossografi posteriori, non veniva percepita alcuna contraddizione tra il pensiero dei filosofi antichi e l’uso del termine pneuma per nominare certe entità da loro citate. Diogene Laerzio, ad

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