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Capitolo 3 – Il caso studio: Siracusa

3.2 Inquadramento storico

Siracusa, secondo la tradizione tucididea (Tuc. VI, 3,2), fu fondata nel 733/732 a.C. da un gruppo di coloni corinzi guidati da Archías. Questi apparteneva alla famiglia dei Bakchiádai, il nobile casato che al tempo controllava Corinto.

I coloni corinzi, giunti in Occidente seguendo le indicazioni delfiche, trovarono la

Násos occupata dai Siculi (Tuc. VI, 3,2), con i quali ingaggiarono un’aspra lotta,

conclusasi con la vittoria dei Greci, la distruzione del villaggio indigeno e la sottomissione dei nativi104.

Il luogo prescelto era certamente di grande importanza strategica: si trovava al centro del Mediterraneo, e presentava caratteristiche naturali invidiabili: risorse idriche abbondanti, un doppio porto sicuro, un territorio facilmente difendibile in un punto del mediterraneo facilmente raggiungibile per i viaggi commerciali. L’abitato si espanse celermente dall’isola alla terraferma posta a nord, nella zona di Achradina. E, contemporaneamente, la chóra fu ampliata lungo la costa sud- occidentale, tanto da fondare una sub-colonia ad Eloro già alla fine dell’VIII sec. a.C. La crescita della pólis continuò per tutta la prima metà del secolo successivo come dimostrano le numerose deduzioni coloniali in tutta la Sicilia (Akrai 663 a.C., Casmene 643 a.C, Camarina 598 a.C.) Tuc. VI, 5,2. Nonostante ciò, l’instabilità interna di Siracusa continuò fino all’inizio del V sec. a.C, quando il popolo (dámos) alleatosi con gli schiavi (Kyllýrioi) cacciò i membri dell’aristocrazia terriera (Geomóroi), forse discendenti dai primi ápoikoi (Herod. VII, 155,2). Il gruppo fu reintrodotto in città nel 485 a.C., quando il Dinomenide Gélon, succeduto al tiranno di Gela Hippokratés, si impadronì di Siracusa e vi trasferì in modo coatto i Camarinesi, nonché parte dei Geloi e dei Megaresi (Herod. VII, 156,2). Così, con l’arrivo in città di nuovi residenti, l’abitato subì

104 Per la critica storica sulla fondazione di Siracusa si vedano: BERARD 1963, pp. 122-133; LA TORRE

2011, pp. 72-75. Invece, per i problemi generali sulla colonizzazione greca in Occidente: LA TORRE 2011, pp. 68-72 con biblio. prec.

65 un’ulteriore espansione sulla terraferma dove, oltre ad Achradína, venne urbanizzato anche il quartiere di Týcha.

Gélon attuò una forte politica di alleanze, in particolare strinse un accordo con il tiranno di Agrigento Théron suggellato dalle nozze con la figlia di questi, Damaréte. L’alleanza permise ai due tiranni di sconfiggere i Cartaginesi a Himera nel 480 a.C. e rinforzare le rispettive posizioni nella Sicilia centro-orientale. Nel 478/477 a.C. a Gélon successe il fratello Hiéron, sotto il quale la città aretusea perseguì la politica espansionistica soprattutto nell’area magno greca. Nel 474 a.C. infatti Siracusa vinse gli etruschi nella battaglia navale di Cuma inserendosi legittimamente nelle dinamiche commerciali del basso Tirreno. La morte di Hiéron nel 467 a.C. sancì la fine della tirannide dei Dinomenidi e la nascita di un governo democratico presto impegnato a fronteggiare le mire espansionistiche di Atene in Occidente. Questa, infatti, cercò di abbattere la rivale sia suscitandole contro varie altre città siciliane, sia con una imponente spedizione che ebbe inizio nel 415 a.C., procedette a fasi alterne e si concluse disastrosamente nel 413 a.C. per opera dei Siracusani guidati da Hermokrátes (Tuc. VI-VII). Questi, dopo la vittoria, fu destituito dal partito popolare ed esiliato. Nel 409/408 a.C. l’esercito cartaginese distruggeva i principali centri ellenici della Sicilia occidentale, Selinunte e Himera (Diod. XIII, 57-62) contro tale pericolo fu eletto stratego con pieni poteri Dionýsios. Egli non riuscì ad avere la meglio sugli avversari che, dopo aver preso Gela e Camarina, posero l’assedio a Siracusa. Tuttavia, la città riuscì a salvarsi grazie ad un’epidemia scoppiata nell’esercito nemico che, comunque, conservava i propri possedimenti nell’ovest elimo e sicano (Diod. XIII, 114). Alla fine dello scontro la posizione politica di Dionýsios si consolidò ed ebbe modo di erigere una cittadella fortificata (tyranneîa) in Ortigia, di potenziare le difese di Siracusa e di preparare una grande offensiva contro i carteginesi che si concluse nel 392 a.C., quando con un trattato venne sancita la libertà delle città greche da Cartagine e la pertinenza di quelle sicule a Dionýsios (Diod. XIV, 96).

Pacificata la situazione in patria, il generale siracusano rivolse l’attenzione alla penisola italica dove mosse guerra alla Lega Italiota che sconfisse nel 389/388 a.C (Diod. XIV, 103-106). Nel 368 a.C. Dionýsios tornò all’attacco dei Cartaginesi in Sicilia, ma fu costretto a chiedere la pace e concedere Selinunte con i territori

66 ad ovest del fiume Halykós (Diod. XV, 17). L’anno seguente il týrannos lanciò una nuova offensiva ai Punici, durante la quale tuttavia trovò la morte.

Al potere di Siracusa succedette il figlio, Dionýsios II, che pose fine alla guerra accordandosi con i nemici. Il governo del nuovo dinasta dapprima fu improntato alla moderazione, ma successivamente la sua lotta contro Díon (allievo di Platone che lo coinvolse ingiustamente nella congiura contro Dionýsios II) fu disastrosa per la città. Dione, impadronitosi del potere, istituì una nuova tirannide, ma fu ucciso da Kállippos nel 354 a.C.

Una nuova serie di tiranni mandò in rovina la città; nel 344 a.c fu richiesto a Corinto uno stratego: fu mandato Timoléon (Diod. XVI, 68-69), il quale vinse i cartaginesi nel 339 a.C. presso il fiume Krimisós (Plut., Tim., 28-29), liberò le città siciliane e riordinò Siracusa istituendovi una democrazia moderata di tipo corinzio. Ristabilita la pace, Timoléon diede avvio ad un riassetto del territorio, promuovendo la rifondazione o il ripopolamento delle póleis greche. Tuttavia, poco dopo la sua morte si innescarono nuovi conflitti interni e si impose nuovamente una tirannide quella di Agathoklês, capo del partito popolare, eletto strategós autokrátor (Diod. XIX, 9). Egli cercò di imitare il governo di Dionisio I e riprese la guerra contro i punici con i quali fu costretto a firmare la pace nel 306 a.C. Ristabilito il potere a Siracusa, nel 305 a.C. egli assunse il titolo di basiléus e nel decennio successivo pose mano alla conquista della Magna Grecia. Dopo l’intervento di Pirro, re dell’Epiro (278), salì al potere Hiéron II, che nel 275 a.C. divenne strategós autokrátor. Egli lottò contro i mamertini e venne in urto con Roma, quando questa accolse i mamertini nella sua alleanza. Ma trattò la pace, che gli costò un indennizzo finanziario (Diod. XXIII, 4) e si mantenne estraneo alla prima guerra punica. La fine dello scontro nel 241 a.C., liberò la Sicilia dall’elemento punico, ne vide la sottomissione a quello romano che, però, riconobbe l’esistenza del regno siracusano. Inoltre, nello stesso anno, Hiéron II associò al potere il figlio Gélon II che, nel 233/232 a.C., prese in sposa la figlia di Pýrros II d’Epiro, Nereîs. Dopo la creazione della provincia Sicilia nel 227 a.C. e in seguito alla morte di Hiéron II avvenuta nel 215 a.C., le tensioni interne sfociarono in una spaccatura della città-stato che portò alla ribalta il partito popolare filo-cartaginese, capitanato dal legittimo erede al trono Hierónymos, figlio di Gélon II. La conquista romana di Siracusa giunse 212 a.c dopo un lungo assedio da parte di Marcello. La presa della città, oltre al controllo dell’intera

67 Sicilia, fruttò a Roma un ingente bottino, costituito soprattutto da opere d’arte, che arricchirono i luoghi pubblici dell’Urbe (Liv. XXV, 40,1-2; Plut., Marc. 21,1). Però, nonostante le spoliazioni e la perdita di quel ruolo primario svolto fino ad allora nel Mediterraneo, Siracusa rimase il principale centro di propagazione della koiné culturale ellenistica in ambito siciliano.

Siracusa fu sottoposta a nuovi attacchi durante la prima guerra servile, scoppiata in Sicilia nel 135 a.C. e protrattasi fino al 132 a.C. per le condizioni disumane a cui gli schiavi erano sottoposti (Diod. XXXIV, 2,1-9).

Sulla prosperità di Siracusa, poi, si abbatté l’avidità del propraetor G. Verres, che governò la provincia fra il 73 ed il 71 a.C. e che l’anno seguente fu condannato per concussione grazie all’accusa sostenuta da Cicerone che aveva svolto l’istruttoria in Trinacria nel 70.

La situazione in cui versava l’isola fu aggravata ulteriormente dalle devastazioni inferte da Sextus Pompeius che, iniziate nel 43 a.C., cessarono soltanto nel 36 a.C. con la vittoria di M. Vipsanius Agrippa a Nauloco. Pertanto, per arginare la crisi dilagante, Ottaviano Augusto decise di dedurre una colonia romana a Siracusa nel 21 a.C., ricostruendo la parte dell’antica metropoli prossima ad Ortigia, (Str. VI, 2,4).

Durante la prima età imperiale, il ruolo di capitale provinciale svolto dalla città fu sottolineato dalla costruzione o dal restauro di edifici monumentali, destinati ad attività ludico-celebrative e religiose105. Poi, a partire dal III e soprattutto nel IV

sec. d.C., l’importanza della pólis crebbe grazie al suo porto, che divenne uno dei principali caricatori dell’annona romana, nonché uno degli scali più frequentati lungo le rotte fra la penisola italica e le coste meridionali ed orientali del Mediterraneo106. Tali attività rinfoltirono anche le comunità giudaica e cristiana

già presenti nei suoi quartieri periferici107.

Tuttavia, le attività commerciali richiamarono l’attenzione dei Franchi che, intorno al 280 d.C., sferrarono un duro attacco contro il caput provinciae Siciliae (Zos., Hist. Nova I, 71,2)108.

105 Al riguardo si veda: BELVEDERE 1988 pp. 349-358, 380-382

106 Per l’inquadramento storico in epoca imperiale si vedano: MANGANARO 1988 pp. 11-22, 65-86;

CRACCO RUGGINI 1997-1998 pp. 250-266

107 Per la comunità giudaica di Siracusa si vedano: GEBBIA 1979 pp. 244-249; MESSINA 1981 pp. 206-

207; MANCUSO 1994 p. 224.

68 Due secoli dopo, fu la volta delle scorrerie vandale effettuate nel 438, nel 440, nel 455, poi ad anni alterni fra il 461 ed il 465 e ancora nel 468. A questa, infine, tennero dietro la caduta dell’Impero Romano d’Occidente nel 476 e la conquista gota della Sicilia avviata nel 487.

Il controllo dell’isola rimase in mano barbarica fino al 535, quando il generale bizantino Belisários, cacciati i Goti, annesse la Sicilia all’Impero Romano d’Oriente (Procop., Bellum Gothicum V, 5,12)109. E, anche sotto la nuova

dominazione, Siracusa mantenne un ruolo primario, divenendo capitale del

théma istituito alla fine del VII sec., dopo la riforma attuata dall’imperatore

Heráklios I nella prima metà dello stesso secolo110.

La presenza araba lungo le coste settentrionali dell’Africa divenne sempre più massiccia, sfociando nella fondazione di Qayrawān nel 670 e nella presa di Cartagine nel 695. Allora, le scorrerie islamiche contro le coste della Sicilia cominciarono ad infittirsi, costringendo i Siracusani a barricarsi dentro Ortigia. Gli attacchi si susseguirono con celerità fino al 21 maggio dell’878 quando gli Arabi espugnarono Siracusa. Questa dapprima fu sottoposta al sacco, che fruttò un’enorme bottino e poi, abbattute le fortificazioni, fu data alle fiamme111.

La caduta di Siracusa permise di ridisegnare la geografia politica della Sicilia che, dopo essere stata inclusa nel regno islamico, aveva assurto a propria capitale Palermo nell’831. Il controllo del territorio fu mantenuto saldamente dagli arabi fino al 1086 con la conquista della città da parte dei Normanni112 che le

riconfermarono il ruolo secondario svolto già durante il periodo precedente, sebbene ne avessero favorito i commerci con le repubbliche marinare della penisola italiana.

Successivamente, fra il regno di Enrico VI di Svevia e la minorità di Federico II, la città fu in balia degli scontri fra Genovesi e Pisani. Ma, tornata sotto il diretto controllo dello Stupor mundi non oltre il 1221, cominciò a prosperare grazie alla ricchezza del territorio ed alla convenienza del porto, ora difeso dal Castello Maniace posto a guardia del suo ingresso.

109 Per la storia della Sicilia fra epoca vandala e bizantina si veda: FASOLI 1980 pp. 96-110 110 OSTROGORSKY1968 pp. 87-90

111 Per la presa della città da parte degli Arabi si vedano: GABRIELI 1978-1979 pp. 208-219; AMARI 2002 112 Per le vicende delle città siciliane fra l’epoca bizantina e quella normanna si veda: FASOLI 1956 pp. 65-

69 La storia della città continuò in sordina sotto gli Angioini, per poi tornare a nuovo splendore con gli Aragonesi113. Infatti questi, nonostante avessero mantenuto la

capitale del regno a Palermo, nel XV sec. stabilirono a Siracusa la sede della Camera reginale, una signoria feudale istituita nel Duecento come dote delle regine. Tuttavia, la conquista di Costantinopoli da parte dei Turchi nel 1453 diede inizio ad una profonda trasformazione dello scenario internazionale, ora caratterizzato dalla spinta ottomana contro i confini orientali dell’Europa.

Per contrastare l’avanzata barbaresca, l’imperatore Carlo V pose mano ad un grande progetto di fortificazione del regno, che fece di Siracusa la “chiave” del sistema difensivo aragonese. Quindi, abolita la Camera reginale nel 1536, la città passò al regio demanio, che a partire dal 1537 intraprese la realizzazione di bastioni e fossati lungo il fronte settentrionale di Ortigia114. Oltre alla realizzazione

delle opere difensive, la seconda metà del XVI sec. vide l’arrivo in città di diversi ordini religiosi, che contribuirono alla trasformazione dell’impianto urbano con la creazione di chiese e di complessi monastici115.

Nei due secoli successivi Siracusa mantenne quel ruolo di fortezza che ne impedì lo sviluppo, tenendo imprigionato l’abitato all’interno delle mura, anche dopo i gravi disastri causati dal terremoto del 1693.

Con l’unità d’Italia nel 1861, Siracusa vide inaugurare un nuovo periodo della propria storia. Venute meno le necessità difensive la città assurse a centro primario nella realtà locale116.

Tale funzione, poi, fu rimarcata fra il 1920 ed il 1942 quando, sotto il regime fascista, Siracusa divenne uno dei porti più attivi nelle operazioni coloniali del Ventennio.

Un’intensa attività edilizia modificò il volto medioevale della città a scapito di interi quartieri del centro storico. La “valorizzazione” dei monumenti antichi estrapolati dai loro contesti, aveva come obbiettivo di rievocare la grandezza dell’antica Siracusa e di annunciare quella moderna veicolata dal fascismo117.

113 Per la storia di Siracusa fra l’epoca normanna e quella aragonese si vedano: FASOLI 1955 pp. 08-14;

GATTO 1992 pp. 195-223.

114 Per le vicende siracusane del XVI sec. si veda: GALLO 2008 pp. 40-44 115 Al riguardo si vedano: RUSSO 2002 pp. 123-133; GALLO 2008 pp. 69-81 116 TRIGILIA 1985, pp. 38-49

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