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Capitolo 4 Il webGIS archeologico di Siracusa

4.4 Descrizione del dataset e organizzazione dei dati

4.4.3. Ortigia

4.4.3.1. Via dei Tolomei

Un’intensa attività estrattiva, testimoniata dalla presenza di numerose latomie, la ritroviamo anche nell’isola di Ortigia. La latomia in questione (OUT 1 – OUT 16) nell’attuale Via dei Tolomei (Fig. 4.5), fu segnalata già da Cavallari e Holm alla fine del XIX secolo. La ben nota planimetria allegata alla loro opera reca, in corrispondenza dell’evidenza in questione, la dicitura “Orifizi circolari di pozzi antichi o cisterne con avanzi ai lati di cavi nella roccia, che indicano costruzioni di edifizi”. La destinazione d’uso di quest’area, dunque, fu ben compresa dai due studiosi. Del tutto fraintesi, tuttavia, i tagli di forma circolare, o sub-circolare, che sono stati recentemente interpretati come gli incassi di bitte, dei punti di attracco per le imbarcazioni adibite al carico e al trasporto del materiale da costruzione

Fig. 4.4 - Foto mosaico raddrizzato, in evidenza la posizione delle bitte (da FELICI, LANTERI 2012)

88 qui cavato. Anche in questo caso, come per le cave rinvenute nella Borgata di Santa Lucia, la datazione è tra l’età greca arcaica e classica.

4.4.3.2. Via dei Mille

In occasione della posa della nuova condotta fognaria in Ortigia, tra il 1999 e il 2001, la lunga trincea che ha interessato in estensione tutto il quartiere umbertino ha consentito di indagare una zona particolarmente ricca di depositi archeologici. La natura dei lavori, tuttavia, il continuo affioramento di acqua a basse profondità (a circa m. 2) e lo sconvolgimento di gran parte dei depositi dovuto alle secolari stratificazioni hanno spesso inficiato la piena comprensione degli strati archeologici per i quali, in assenza di contesti certi, non è stato sempre possibile fissare una cronologia precisa e univoca151.

La trincea aperta in via dei Mille ha messo in luce, nei pressi dell’angolo con via Chindemi (OUT 132 - OUT -133 OUT 134), un lacerto murario attualmente posto al di sotto del livello del mare al di sotto del piano di calpestio moderno. La

151BASILE, MIRABELLA 2003

Fig. 4.5 – Fotoaerea di Via dei Tolomei, resti di balate coltivate con incassi di bitte (da FELICI, LANTERI 2012)

89 struttura è costituita da due blocchi di calcarenite disposti a gradoni su un vespaio di fondazione di scheggioni di calcarenite e pietre152. La presenza di sabbia su

entrambi i lati della struttura muraria ha fatto ipotizzare una sua esposizione totale al mare. Essa, costruita presumibilmente nel IV secolo a.C. (sono stati rinvenuti materiali ceramici, soprattutto anfore, databili tra il IV e il III secolo a.C.), dovette fungere da molo (ipotesi ulteriormente confortata dalle tracce di bitume qui rinvenute), esposto sul lato meridionale verso il mare aperto come lascia supporre lo spesso strato di sabbia e l’alto grado di erosione dei blocchi. Sul lato settentrionale, invece, tale struttura portuale doveva fungere da barriera.

4.4.3.3. Lungomare Alfeo, Largo Aretusa

In prossimità dell’emiciclo della fontana Aretusa e lungo Lungomare Alfeo sono presenti le cosiddette “Concerie” (Fig. 4.6). Si tratta di vasche intagliate nel tenero calcare all’interno delle quali era convogliata, mediante dei canali scavati allo stesso modo nella roccia, l’acqua sorgiva della falda freatica (OUT 17 - OUT 18- OUT19). Il nome con il quale tali installazioni sono oggi note deriva dall’uso protratto nel tempo di tali impianti per la lavorazione del cuoio, attività che dovette caratterizzare l’isola almeno dal Cinquecento, stando alla testimonianza del Fazello153.

Fu il Cavallari il primo a darne una descrizione analitica e a fornire, per la prima volta, documentazione grafica. Egli descrive tre di questi impianti, adibiti in età moderna a lavatoio154, come vasche dotate di un canale che conduceva l’acqua

sorgiva alla vasca e di uno che scaricava direttamente in mare. Oggi le vasche versano in pessimo stato di conservazione, a causa di interventi che ne hanno deturpato fortemente l’aspetto e la struttura e di condotti fognarii che scaricano direttamente al loro interno. Nessun elemento consente di avanzare ipotesi sulla effettiva realizzazione di tali impianti e sulla loro originaria destinazione d’uso, tanto che il Cavallari non azzarda alcuna datazione. Più di recente alcuni hanno voluto vedere nella tecnica di escavazione, forse simile a quella riscontrata nelle

152 BASILE, MIRABELLA 2003 153 FAZELLO-NANNINI 1573 154 MAUCERI 1939

90 più antiche latomie della città, un indizio per potere datare i primi impianti in età greca.

4.4.3.4. Passeggio Aretusa

Nei pressi della Fonte Aretusa, sul lungomare che conduce a Porta Marina, furono segnalati alla fine del Settecento due lacerti di muro in opera reticolata (OUT 20), certamente di età romana inglobati da un muro di età moderna e fantasiosamente attribuiti dai viaggiatori del Settecento alla dimora del governatore Verre, divenuto famoso grazie al retore Cicerone per le sue ruberie durante il suo incarico in Sicilia155.

4.4.3.5. Lungomare di Levante Elio Vittorini

Gli scavi condotti presso il Forte Casanova, avamposto della cinta muraria cinquecentesca quasi del tutto smantellata alla fine del XIX secolo, misero in luce in via Vittorio Veneto (Fig. 4.7) una serie di muri paralleli (OUT 64, OUT 65, OUT

155 VIVANT DENON 1788 p. 189

91 66 e OUT 67). I setti murari, posti alla distanza di m. 6 l’uno dall’altro, si distinguono per orientamento e dimensioni in quattro gruppi ben identificabili (vd. anche OUT65, OUT66 e OUT67). I materiali rinvenuti nel cavo di fondazione, databili tra il VI e V secolo a. C., la particolare conformazione planimetrica, hanno permesso di identificare, con un buon margine di verosimiglianza, le strutture in questione con gli arsenali, i neosoikoi, della città. Questa evidenza, unitamente alle notizie del rinvenimento di strutture del tutto simili pervenuteci da fonti più antiche, come l’opera del Fazello (Fazello-Nannini 1573), e dalle indagini archeologiche moderne (A1883SC1, O2000SC1) ci offre oggi un quadro abbastanza chiaro della dislocazione dei famigerati arsenali dell’antica città, citati più volte dagli autori antichi, da Tucidide a Diodoro Siculo.

Dalle notizie ricavate da queste antiche fonti è possibile ipotizzare l’esistenza di questi scali di alaggio sin da età classica. Se per il Porto Grande ad oggi non è stato possibile localizzare con esattezza tali strutture, per le quali, comunque, la ricostruzione dell’antica linea di riva nei pressi delle attuali via Pasubio e via Rodi lascia supporre la loro ubicazione in quest’area, l’area prospiciente il Porto Piccolo ha restituito negli anni numerose evidenze sia degli impianti originari di

Fig. 4.7 –Porto Piccolo. A sinistra, arsenali di Via dell’Arsenale. A destra, arsenali di Via Vittorio Veneto.

92 età classica, dislocati lungo l’attuale via Vittorio Veneto (OUT64-OUT67) e in cui i materiali rinvenuti nei cavi di fondazione datano chiaramente ad età classica la realizzazione di queste infrastrutture, sia dell’ampliamento e potenziamento in età dionigiana. Tale potenziamento, riportato anche dalle fonti antiche (un passo, in realtà, incerto ma attribuito a Diodoro Siculo: XIV 42, 5), incluse la realizzazione di 160 nuovi neosoikoi doppi, capaci di alloggiare, nel solo Porto Piccolo, non meno di 320 navi. Di tale imponente opera ci è rimasta una chiara traccia nelle strutture viste e descritte dal Cavallari alla fine del XIX secolo nei pressi dello scalo di Santa Lucia (odierna via Piave) (AUT27), nei pressi del forte Casanova, sull’isola (OUT130) e nell’odierna via dell’Arsenale, dove, come si diceva, rimangono a vista unicamente gli scali della fila superiore.

Le evidenze sinora disponibili ci consentono di ricostruire una linea di costa, intorno al Porto Piccolo, costellata di tali scali d’alaggio. La dislocazione e le notevoli differenze di orientamento dei neosoikoi rinvenuti, tuttavia, sembrano suggerire l’esistenza di piccoli scali separati e inframezzati da altre strutture (officine artigianali, magazzini, etc.) alle quali dovevano risultare del tutto funzionali e in connessione156.

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