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Interazioni sociali e spazio: il modello “a bersaglio”

2. La partecipazione: concetti, fasi e spazi

2.1 Paradigmi, contesti e approcci operativi

2.1.3 Interazioni sociali e spazio: il modello “a bersaglio”

I due modelli presentati evidenziano una serie di elementi accomunanti e al contempo discordanti. Relativamente all'impiego della terminologia, ad esempio, ricorrono in entrambi i modelli parole-chiave come “consultazione”, “potere delegato” e “informazione”, mentre sull'impostazione stessa del modello, che poi esprime la visione dell'autore su cosa significhi la partecipazione, emergono differenze sostanziali che, non a caso, coincidono con formulazioni grafiche non comparabili. Non sarà sfuggito, inoltre, che tanto il modello “a scala”, quanto quello “a ruota” tengono sullo sfondo una dimensione che in realtà dal punto di vista sociologico riveste un ruolo chiave nelle interazioni sociali e, nel caso specifico, sui meccanismi che regolano i processi partecipativi: lo spazio66. In buona sostanza, il fatto che le pratiche partecipative fin qui descritte producano effetti che si riverberano su uno spazio ben definito e analogamente da quest'ultimo ne vengono influenzate rimane

66 In questa sede non sarà possibile ripercorrere nel dettaglio la tradizione sociologica

che si è cimentata con lo studio del tema dello spazio, tuttavia si ritiene utile richiamare una serie di concetti che aiuteranno a delineare meglio i contorni e i contenuti del terzo e ultimo modello che compone questa rapida ricognizione sui modelli della partecipazione.

pressoché implicito.

Dal punto di vista delle scienze sociali, lo spazio assume un rilievo significativo nella comprensione e interpretazione dei fenomeni sociali non solo in quanto cornice entro la quale gli individui agiscono e interagiscono, ma anche in relazione all'influenza che questo è in grado di esercitare sulle azioni stesse. Le riflessioni sullo spazio svolte da Georg Simmel rappresentano un contributo ancora oggi importante e attuale al quale riferirsi in relazione al nesso che il sociologo mette in rilievo “tra esperienza dello spazio e alcune dimensioni importanti del mondo moderno (intellettualità, razionalismo, economia monetaria)” che oltre un secolo fa ha anticipato “concetti come quello di disembedding, di separazione dello spazio dal luogo”67(Mandich 1996, 37). Pur mutuando da Kant l'idea di spazio come “possibilità dell'essere insieme”, il concetto simmeliano ne prende tuttavia le distanze rispetto al suo essere una “necessaria rappresentazione a priori, che sta a fondamento di tutte le intuizioni esterne” (2004,119 [1781]), in termini di “intuizione pura non empirica” (ibid., 123). Per il sociologo tedesco, infatti, lo spazio assume rilievo come “attività dell'anima”, ovvero come “il modo umano di collegare in visioni unitarie affezioni sensibili in sé slegate” (1998, 524 [1908]). Lo spazio “in sé” viene definito, non a caso, privo di efficacia senza l'intervento dell'azione reciproca affinché “lo spazio prima vuoto e nullo, divenga qualcosa per noi” (ibid., 525). In estrema sintesi, lo spazio per Simmel non solo può essere pensato unicamente a partire dalle interazioni che in esso hanno luogo, ma “sono queste che concettualmente creano lo spazio (Mazzette 1990, 1991).

Ancor più distante dall'idea kantiana di spazio è la posizione espressa da Emile Durkheim, secondo cui lo spazio ha un'origine sociale: la sua esistenza non risiede nell'intelletto dell'individuo, bensì si fonda esclusivamente sull'esperienza68. Per affermare questo, il sociologo francese attinge all'osservazione di società dell'Australia e dell'America settentrionale nel corso delle quali rilevò come la percezione dello spazio sotto forma di un cerchio immenso, derivasse dal fatto che l'accampamento stesso avesse una forma circolare.

Studi più recenti hanno approfondito ulteriormente il ruolo dello spazio,

67 Va ricordato che per Simmel lo spazio, insieme al tempo, costituiscono le due

variabili che influenzano la vita moderna attraverso le quali quest'ultima può essere osservata.

68 “Di per sé lo spazio non ha né destra né sinistra, né alto né basso, né settentrione né

mezzogiorno: tutte queste distinzioni derivano evidentemente dal fatto che alle regioni sono stati attribuiti valori affettivi diversi. E siccome tutti gli uomini di una stessa civiltà si rappresentano lo spazio nello stesso modo, occorre evidentemente che questi valori affettivi e le distinzioni che ne derivano siano ugualmente comuni ad essi, il che implica quasi necessariamente che esse siano di origine sociale” (Durkheim 2005, 61 [1912])

soffermando l'attenzione, ad esempio, sul nesso che intercorre fra le azioni individuali e il contesto in cui queste hanno luogo. Si pensi, ad esempio, ai ragionamenti condotti dall'etnometodologia con la teoria dell'azione situata69 dalla quale si evince che le azioni degli individui non sono mai completamente pianificate, poiché debbono necessariamente adattarsi di volta in volta alle circostanze in cui agiamo, le quali a loro volta cambiano di continuo intorno a noi (Mantovani 2003).

Ma è probabilmente attraverso la prospettiva di Erving Goffman che il nesso fra spazio e azioni individuali può essere meglio apprezzato: il ricorso alle metafore dello spazio come “palcoscenico” e “retroscena” suggeriscono, infatti, come questo assuma connotazioni differenti a seconda delle rappresentazioni che in esso avvengono sulla base delle relazioni che si stabiliscono fra i soggetti (Goffman 1997 [1959]). Inoltre, anche la geografia urbana più recentemente si è confrontata con gli studi sullo spazio, arrivando a identificarne una molteplicità di forme, a seconda che lo spazio coincida con un'entità omogenea, assimilabile come “cosa in sé” (thing in itself) alla res extensa cartesiana (spazio assoluto), oppure possa essere considerato come “relazione” fra oggetti che esiste solo in virtù dell'esistenza degli oggetti stessi e della reciproca interazione dentro una rete di flussi formata da persone, informazioni, denaro, etc. (spazio relativo) oppure ancora come “contenuto” dei processi che avvengono nei frame spaziali, la cui esistenza è definita dalla produzione stessa dei processi (Harvey 1973; 2004)70. Tuttavia, questa tripartizione non deve essere intesa come una sequenza di alternative della rappresentazione dello spazio fra cui scegliere, giacché “space is neither absolute, relative or relational in itself, but it can become one or all simultaneously depending on the circumstances.” (1973, 13) Gli studi che hanno affrontato la diffusione delle nuove tecniche dell'informazione e del trasporto su scala globale necessariamente si sono confrontati con le modificazioni che queste hanno prodotto relativamente al concetto di spazio. Si pensi alle riflessioni sulla modernità sviluppate da Giddens in merito alla separazione fra spazio e luogo - quest'ultimo inteso come “ambiente fisico

69 Per un approfondimento specifico, si rimanda ai lavori di Rogoff, Lave (1984),

Suchman (1987) e Cole (1995).

70 “When I look at a house, for example, I recognize it as a physical and legal entity that

situates it in absolute space. I also recognize its position in relative space given its location with respect to places of employment, recreation, services and the flows of people, electricity, water, and money that sustain it as a living habitat. But then I also understand its relationality to global property markets, changing interest rates, climatic change, the sense of what is or is not a historic building, and its significance as a place of personal and collective memories, sentimental attachments, and the like. What happens to the house over time can only be fully understood, I argue, by working through effects constituted through the three forms of spatio-temporality simultaneously.” (Harvey 2004, 7).

dell'attività sociale geograficamente situata” - che si porta a compimento per mezzo della tecnica (1994, 29). In questa condizione si amplificano, come conseguenza, le possibilità di “rapporti tra persone «assenti», localmente distanti da ogni data situazione di interazione «faccia a faccia»” (ivi) su uno spazio che si è dilatato e nel quale il luogo risulta essere sempre più fantasmagorico.

Sebbene, come si è detto, lo spazio possa essere inteso in senso goffmaniano come cornice entro cui la vita sociale si esprime alternativamente come ribalta e retroscena, non è solamente in questi termini che lo spazio esaurisce la sua funzione. Secondo il modello “a bersaglio” (o modello “spazio- partecipazione”), proposto da Daniela Ciaffi e Alfredo Mela (2006; 2011) lo spazio può altresì rivestire un ruolo da co-protagonista nell'ambito delle pratiche di coinvolgimento dei cittadini finalizzate alla progettazione urbana. Il ricorso all'immagine del bersaglio rimanda espressamente all'idea di una sintesi o, più precisamente, a un “incrocio” fra la dimensione spaziale, intesa come insieme dei livelli entro i quali i processi inclusivi possono avere luogo, e la dimensione sociale, riferita all'individuazione di quattro categorie di azione attraverso cui la partecipazione può essere concepita. La partecipazione, secondo gli autori, costituisce, infatti, un fenomeno al contempo sociale e territoriale, che deve essere osservato tenendo sempre presente il fatto che “gli aspetti territoriali interagiscono con quelli sociali in forme complesse” (2011, 77). Inoltre, analogamente a quanto evidenziato dal modello precedente, lo scopo dello schema “a bersaglio” non è orientato alla definizione di un “ideale partecipativo” all'interno di una scala gerarchica. Ciò su cui invece si intende porre l'accento per la valutazione della qualità di un processo partecipativo è, in primo luogo, la coerenza con gli obiettivi iniziali e, in secondo luogo, l'adeguatezza delle pratiche di partecipazione con il contesto di riferimento (ibid., 56-57).

In relazione alla dimensione spaziale, il modello “a bersaglio” si presenta come una successione di anelli concentrici che hanno la funzione di illustrare i vari ambiti della vita e delle relazioni sociali riferibili a ciascun individuo (nicchie ecologiche concentriche). Al centro del bersaglio si colloca l'ambito più intimo della vita dell'individuo, ovvero gli spazi privati. Le nicchie successive presentano una superficie progressivamente più ampia verso l'esterno a seconda che il focus di riferimento siano gli spazi locali o gli spazi sovra-locali.

Figura 24: Rappresentazione grafica del modello di partecipazione "a bersaglio" (Ciaffi, Mela 2011) Considerare gli spazi privati non solo come ambito dell'intimità, ma anche come punto di partenza per l'avvio di iniziative capaci di generare ricadute positive su persone e luoghi a scala più vasta significa affermare e perseguire l'idea secondo la quale gli interventi sull'abitare domestico sono in grado di creare condizioni tali da poter consentire agli individui di abitare meglio il condominio e in prospettiva il quartiere fino alla città nel complesso. Come evidenziano gli autori, infatti, “i problemi della città sono anche leggibili come somma di difficoltà di individui e famiglie e comunità nei propri alloggi” (2011, 81). Oltre ad essere lo scenario dell'intimità dell'individuo, la casa, non di rado, può costituire il rifugio o il nascondiglio per alcuni gruppi sociali che presentano difficoltà - di tipo fisico o anche psicologico - a raggiungere e fruire degli spazi pubblici situati nelle nicchie adiacenti alla propria casa. Da questa prospettiva, gli interventi a partire dall'abitare domestico possono, quindi, rivelarsi particolarmente efficaci tanto sul piano del recupero e del rafforzamento del senso di sicurezza urbana, quanto sul piano del reinserimento sociale. Peraltro, gli interventi che privilegiano taluni spazi privati in grado di rispondere anche a un uso pubblico – si pensi ai cortili condominiali e in generale agli spazi comuni all'interno di un quartiere – sono in grado di esprimere una componente educativa e di rinsaldamento del legame affettivo con il luogo di residenza. Al di là dei riscontri più palesi in termini di maggiore rispetto e cura nei riguardi dell'ambiente circostante, il perseguimento di queste pratiche esprime potenzialità anche di ordine sociale sotto il profilo della riduzione dell'isolamento individuale e di rafforzamento delle relazioni interpersonali di vicinato.

La seconda nicchia ecologica riguarda l'insieme degli spazi pubblici locali nei confronti dei quali l'individuo percepisce un senso di appartenenza per ragioni di prossimità

rispetto a quelli privati (gli spazi comuni condominiali, le strade, le piazze e i servizi della zona di cui usufruisce quotidianamente71) e per ragioni di frequentazione che dipendono dalla qualità dell'ambiente in senso ampio e non necessariamente dalla

prossimità oppure dalla presenza di gruppi sociali affini per interessi (circoli culturali, sportivi, religiosi, etc.). A livello europeo, gli spazi di prossimità si sono rivelati particolarmente adatti nell'ambito delle iniziative di rigenerazione urbana in forma partecipata, poiché rappresentano scenari intermedi che fungono da cuscinetto fra l'ambito privato della casa e quello pubblico del quartiere. Inoltre, la disponibilità di luoghi pubblici su scala locale costituisce uno dei requisiti che consentono alla partecipazione di mantenersi attiva e rinnovarsi nel tempo. Da un lato, si pensi a spazi come cortili e giardinetti condominiali, frequentemente in stato di degrado e abbandono, a partire dai quali possono essere avviati interventi di riqualificazione con il coinvolgimento di soggetti svantaggiati che presentano il duplice obiettivo di promuovere l'attivazione sociale da parte delle popolazioni più deboli e di mantenere viva la cura nel tempo degli spazi recuperati, sottraendoli così all'incuria e restituendoli alla fruizione nel quartiere. Dall'altro lato, la disponibilità di spazi pubblici nel quartiere può rivelarsi funzionale anche alla creazione dei cosiddetti “laboratori di quartiere”, finalizzati ad “accompagnare socialmente i lavori di riqualificazione fisica in programma nel quartiere” (ibid., 83). Per la verità, le ricadute di un “laboratorio di quartiere” appaiono di portata più ampia, giacché si prefiggono il coinvolgimento e l'attivazione diretta dei differenti gruppi sociali nella gestione e manutenzione dei servizi di quartiere, ma promuovono al contempo la costruzione di reti di

71 A questo proposito Bulmer (1992) sostiene che la comunità locale intesa in termini

geografici è oggi fortemente significativa per famiglie povere, con figli piccoli, per i malati cronici e gli anziani disabili, privi di adeguati mezzi di trasporti. Sul concetto di comunità si tornerà più avanti, ma qui vale la pena osservare il fatto che la fruizione degli spazi sembra dipendere primariamente dalle risorse di tipo fisico ed economico in capo a ciascun soggetto, in assenza delle quali la stessa fruizione degli spazi urbani appare preclusa e quei “confini geografici” eretti da parte dei soggetti più deboli rischiano di diventare veri e propri muri invisibili difficili da abbattere (Mazzette 2009).

Figura 25: La "dimensione spaziale" della partecipazione: spazi privati, spazi pubblici locali, spazi sovra-locali (Ciaffi, Mela 2006)

collaborazione con le altre esperienze dell'associazionismo già esistenti sul territorio. Il legame con l'associazionismo su scala locale rimanda anche alla disponibilità di spazi per la partecipazione di cui si è accennato in precedenza, in particolare per quanto riguarda le associazioni ricreativo-culturali (sale riunioni) e quelle religiose (oratori, campeggi). Inoltre, nei confronti delle iniziative “dal basso” a regia istituzionale si è diffusa nel tempo una maggiore fiducia e convinzione, giacché si è potuto osservare come la supervisione politica abbia limitato il rischio che interventi di rigenerazione ad ampio respiro mutassero in forme di intervento puntuali e del tutto slegate da un'ottica di miglioramento del sistema locale complessivo (2006, 111-112).

La nicchia ecologica più esterna, infine, comprende l'insieme degli spazi “non familiari o sconosciuti” all'individuo. La prospettiva è quella di un progressivo allontanamento dagli spazi pubblici locali e, in misura superiore, da quelli privati. In questo scenario gli spazi pubblici (il quartiere, i quartieri circostanti, la città e tutti i successivi livelli fino a considerare il resto del mondo) non necessariamente appaiono come “non familiari o sconosciuti” solo in quanto maggiormente distanti dagli spazi privati e da quelli di frequente utilizzazione: gli autori precisano, infatti, che uno studio sulle mappe mentali dei soggetti pendolari, ad esempio, potrebbe rivelare al contrario una familiarità analoga anche con spazi che ricadono all'interno della nicchia ecologica più distante dalla propria casa. In questa prospettiva, la prossimità spaziale appare, dunque, come un fattore del tutto relativo a stabilire la familiarità dell'individuo con gli spazi di fruizione. Sotto il profilo degli interventi di rigenerazione urbana in forma inclusiva a scala sovra-locale emerge il fatto che questi siano in grado di esprimere potenzialità soprattutto se inquadrati in una logica a rete con altre realtà con cui condividono medesime problematiche. La scala di intervento può, dunque, interessare quartieri di una stessa città, regione o nazione, ma niente impedisce che questa possa estendersi ulteriormente fino a coinvolgere realtà urbane internazionali. Pensando al panorama nazionale, viene messo in risalto il fatto che raramente tali collaborazioni siano volte al recupero dei legami fra quartieri limitrofi, mentre più frequentemente coinvolgono quartieri accomunati da interventi rigenerativi. A ben guardare, tuttavia, le forme di collaborazione fra quartieri appartenenti a realtà nazionali differenti costituiscono, secondo gli autori, l'approccio maggiormente in grado di condurre alla soluzione di problemi locali e di produrre ricadute positive tanto in termini ambientali, quanto per ciò che concerne l'attivazione della società.

In relazione alla dimensione sociale, la partecipazione viene concepita come un insieme di categorie di azione, giacché sono varie le “pratiche che intervengono nel percorso partecipativo” sotto forma di momenti ricorrenti all'interno dei processi di rigenerazione (2006, 81). Da questa prospettiva, la partecipazione può essere osservata a partire da quattro grandi gruppi di azioni,

che danno luogo graficamente ai quattro quadranti del modello. Nello specifico, le azioni riguardanti i processi partecipativi richiamano pratiche di comunicazione, di animazione, di consultazione e di empowerment, queste ultime finalizzate al potenziamento dei poteri di rappresentazione e delle capacità dei cittadini (2011, 57). L'individuazione di categorie, tuttavia, non deve indurre a pensare la partecipazione come sommatoria di azioni, in modo particolare per l'impossibilità di individuare confini netti che separino inequivocabilmente una categoria dall'altra e consentano in questo modo di isolare e considerare distintamente ciascuna pratica. Al contrario, all'interno del processo partecipativo ,le azioni di comunicazione, di animazione, di consultazione e di empowerment non solo si alimentano a vicenda, ma si richiamano di continuo (2006, 119; 2011, 57).

La comunicazione come processo di trasmissione di un messaggio che si completa con la verifica della ricezione e della comprensione da parte del destinatario rappresenta frequentemente il punto di partenza per l'istituzione di un processo partecipativo. Si pensi alla campagna di comunicazione promossa da un'amministrazione comunale con l'obiettivo di coinvolgere la popolazione in un percorso di riqualificazione urbana. Come si diceva prima, la verifica della ricezione e comprensione del messaggio da parte del destinatario risulta fondamentale per l'esito dell'operazione ed è fondamentale, perciò, che le attività di comunicazione tengano conto in maniera specifica dei target di riferimento. Gli autori rilevano che spesso i messaggi e gli strumenti adottati dai piani di comunicazione privilegiano un tipo di target costituito dalla popolazione istruita, sana, maschile e adulta, in questo modo escludendo, di fatto, i cittadini con un basso livello d'istruzione o che presentano forme di disabilità. Inoltre, attribuire importanza alla comunicazione principalmente nelle fasi iniziali del processo è corretto, ma non sufficiente. La comunicazione nelle fasi iniziali risponde all'esigenza di coinvolgere un numero sufficientemente ampio e rappresentativo della popolazione nel processo partecipativo. Quando questo è in atto, la comunicazione deve assolvere ad altri scopi, fra i quali, ad esempio, quello di garantire le condizioni di interazione fra gli attori coinvolti, affinché ognuno sia in grado di poter esprimere il proprio contributo.

Figura 26: Le quattro "dimensioni sociali" della partecipazione: comunicazione, animazione, consultazione, empowerment. (Ciaffi, Mela 2006)

Le attività di animazione fanno riferimento a forme di mobilitazione del territorio ad elevata valenza espressiva e artistica e si prefiggono di stimolare la popolazione sul piano cognitivo ed emozionale e di rafforzare il senso di appartenenza territoriale (2011, 61). Sul piano pratico l'animazione può riferirsi tanto a iniziative puntuali, come gli eventi, quanto ad attività che, più in generale e in forma più prolungata sotto il profilo temporale, mirano alla promozione e al mantenimento della vivacità locale e al recupero di situazioni di marginalità sociale. Con riferimento alla prima tipologia, seppur frequentemente oggetto di polemiche riferite ai costi economici necessari a finanziarli, gli eventi presentano almeno due vantaggi: il primo è quello che consente a un'amministrazione di comunicare ai cittadini l'intenzione di ravvivare uno spazio urbano con l'auspicio di rifunzionalizzarlo in chiave di attrattività; il secondo consiste nel sancire una tappa specifica all'interno di un percorso in atto, sia che si tratti di attività di tipo materiale o immateriale72. Con riferimento alla seconda tipologia, le iniziative in quest'ambito mirano, da un lato, alla promozione dell'associazionismo e al rafforzamento delle reti di solidarietà locale e, dall'altro lato, alla gestione di situazioni di marginalità e disagio più o meno note alle istituzioni in un'ottica di “prevenzione primaria”73 (2011, 62). Il