1. La componente internazionalistica delle ideologie tradizionali.
Per comprendere la natura del rapporto esistente tra internazio nalismo operaio e unità europea, bisogna individuare la sua colloca zione nella storia. I grandi movimenti rivoluzionari liberale, demo cratico, nazionale e socialista, che, dalla fine del XVIII secolo, a par tire cioè dalla Rivoluzione francese, hanno affermato nuovi modelli di convivenza politica, sono stati caratterizzati, fin dall’origine, da una forte componente internazionalistica.
I valori della libertà, dell’uguaglianza, dell’indipendenza naziona le e della giustizia sociale non erano intesi come princìpi validi in un solo paese e limitati al solo spazio nazionale. L ’universalità è infatti un carattere costitutivo della natura in questi valori. Persino i valori nazionali nella loro prima formulazione erano impregnati di idee cosmopolitiche1. Semplicemente, la realizzazione di quei valori sul piano nazionale era intesa come una tappa sulla via della loro esten sione sul piano europeo e mondiale.
In prima approssimazione e in termini generali, non c’era quindi contraddizione tra internazionalismo ed europeismo. In questa fase essi tendenzialmente coincidono.
1. Anche in Germania avevano questo carattere. Cfr. F. Meinecke, Cosmopolitismo e Stato nazionale (1922, 6 a ed.), trad. it., Firenze, La Nuova Italia, 1975.
2. La base materiale dell'internazionalismo.
Occorre ora domandarsi quale sia il fondamento storico di un punto di vista così diffuso. Per comprendere la sua base reale, cioè per individuare la tendenza storica di fondo che sta dietro alla mute vole superficie degli avvenimenti storici, continua a essere utile la concezione materialistica della storia. Quest’ultima non deve però es sere confusa con la visione del corso storico che assegna alla lotta di classe il ruolo di motore della storia, la quale trova la sua formulazio ne classica nella frase con la quale comincia il Manifesto del partito co
munista: «L a storia di ogni società esistita fino a questo momento è
storia di lotte di classi»2. Tuttavia lo stesso Marx, in una lettera a Joseph Wejdemayer del 5 marzo 1852, chiarirà che non intendeva af fermare che la lotta di classe fosse il motore della storia: « L ’esistenza delle classi è soltanto legata a determinate fasi di sviluppo storico del la produzione»3. Dunque, le fasi di sviluppo del modo di produrre determinano, in ultima istanza, la natura della lotta di classe, così co me delle altre strutture della vita collettiva. In sostanza, il modo di produzione, cioè il modo in cui sono organizzate le attività dalle quali dipende la riproduzione della vita materiale degli uomini, costituisce, secondo Marx, il fondamento sul quale si sviluppano tutti gli altri aspetti della vita sociale.
La rivoluzione industriale rappresenta il filo conduttore che sog giace ai cambiamenti più profondi della storia contemporanea, inclu sa l’internazionalizzazione del processo produttivo, che costituisce la base materiale dell’internazionalismo. Essa ha determinato un co stante aumento della produttività e, di conseguenza, ha determinato la formazione di mercati sempre più vasti e una sempre più stretta interdipendenza delle relazioni sociali su territori via via più ampi.
In una prima fase, l’evoluzione del modo di produzione industria le ha determinato lo sviluppo in profondità delle relazioni di produ zione e di scambio e di tutti gli altri aspetti della vita sociale ad essa direttamente o indirettamente collegati. Successivamente, le relazio ni sociali si sono sviluppate progressivamente in estensione al di là
2. K. Marx-F. Engels, Manifesto del partito comunista (1848), trad, it., Torino, E i naudi, 1970, p. 100.
dei confini degli Stati, hanno fatto uscire le singole società, tra le quali è diviso il genere umano, dal loro originario isolamento e hanno reso ogni società sempre più strettamente dipendente dalle altre. Si è così formato un sistema economico-sociale di dimensioni mondiali, il mercato mondiale, dal quale dipendono tutti gli uomini e tutti i po poli per il soddisfacimento dei loro bisogni.
Entrambe le tendenze possono essere analizzate da un punto di vista storico-sociale, istituzionale e ideologico.
3. Lo sviluppo in profondità dell’interdipendenza tra gli uomini.
Comincerò a prendere in esame lo sviluppo in profondità dell’in terdipendenza tra gli uomini. Si tratta di una tendenza storica che è stata accompagnata innanzi tutto da profonde divisioni e da violen ti conflitti tra classi dominanti e classi emergenti. A mano a mano che queste ultime acquisivano un ruolo crescente nel processo pro duttivo, prendevano coscienza del loro diritto a partecipare al con trollo dello Stato e a determinare gl’indirizzi politici del governo. Questa fase storica è stata caratterizzata dalla lotta della borghesia per abbattere il potere dell’aristocrazia, poi dalla lotta delle classi me die per affermare il loro potere contro quello della borghesia, infine dalla lotta del proletariato per piegare il potere della borghesia e delle classi medie.
Ciò significa che il potere delle classi dominanti era difeso da una determinata organizzazione delle istituzioni politiche, che era stata concepita in modo da escludere le classi subalterne dalla gestione del potere. E questo il nesso che esiste tra l’aspetto storico-sociale e quel lo istituzionale del processo storico che stiamo esaminando. L ’aspet to istituzionale dal quale dipendeva il dominio dell’aristocrazia era la monarchia di diritto divino. Il potere della borghesia determinò la trasformazione delle monarchie di diritto divino in monarchie costi tuzionali, fondate sulla divisione del potere tra un esecutivo monar chico e un parlamento dotato del potere legislativo, ma eletto in base a un suffragio limitato. L ’affermazione delle classi medie fu accompa gnata dalla crescita dello Stato democratico, basato sul suffragio uni versale. Infine, il proletariato impose la trasformazione dello Stato democratico in Stato sociale, basato sui princìpi della pianificazione e dell’equità nella distribuzione delle risorse.
In sostanza, le trasformazioni istituzionali sopra esaminate sono state l’effetto dell’ascesa sulla scala sociale delle classi subalterne, con
la conseguenza che si è progressivamente allargata la base sociale del potere.
Resta, a questo punto, da prendere in esame l’aspetto ideologico di queste trasformazioni storiche. Le classi di volta in volta emergen ti nella società erano portatrici di valori, in nome dei quali giustifica vano i mutamenti nella struttura dello Stato e la loro pretesa alla ge stione del potere. La borghesia fondò il suo impegno politico sul valo re della libertà politica, le classi medie sul valore dell’uguaglianza, il proletariato sul valore della giustizia sociale. Queste classi ispirarono rispettivamente il movimento liberale, quello democratico e quello socialista.
4. L ’affermazione del nazionalismo.
Con l’affermazione dei diritti del proletariato, il processo di inte grazione in profondità tra le classi sociali in seno agli Stati nazionali è sostanzialmente compiuto. Anche la più profonda frattura sociale, quella tra borghesia e proletariato, è nel complesso superata. Tutte le classi partecipano effettivamente alla vita politica delle nazioni. I popoli nazionali, che si formano in seguito all’integrazione delle classi sociali negli Stati nazionali, appoggiano la politica nazionale. In con seguenza di ciò, gli Stati nazionali diventano il veicolo delle aspira zioni e degli interessi dei popoli.
L ’aspetto più significativo del periodo storico compreso tra l’uni ficazione tedesca e la seconda guerra mondiale è rappresentato dal l’affermazione del nazionalismo. Ciò che caratterizza l’epoca del na zionalismo dal punto di vista storico-sociale è, da una parte, l’esten sione delle relazioni di produzione e di scambio, determinata dal pro cesso di industrializzazione, e la tendenza a creare mercati e società di dimensioni nazionali e, d’altra parte, l’attenuazione dei conflitti di classe e l’affermazione dell’interesse nazionale al di sopra degl’in teressi di classe.
L ’aspetto istituzionale del nazionalismo è lo Stato burocratico ac centrato, che porta a compimento l’opera di abbattimento delle bar riere nelle quali erano frammentate le attività economiche e politiche e di sradicamento dei vecchi lealismi feudali, che ostacolavano l’at tuazione dell’unità nazionale. Questo processo di centralizzazione del potere è accompagnato dall’accrescimento dei poteri dello Stato nazionale, in conseguenza dell’estensione dell’intervento pubblico nel settore economico-sociale, a seguito dell’affermazione dello Stato
sociale, e nel settore militare, per effetto della virulenza delle tensio ni internazionali. La conseguenza sul piano internazionale del nazio nalismo è l’approfondimento delle divisioni e dell’ostilità tra le na zioni.
L ’aspetto di valore del nazionalismo è l’idea dell’unità e dell’indi pendenza della nazione. Quest’idea designa una solidarietà tra gl’in dividui appartenenti alla nazione, che si realizza non solo al di sopra delle divisioni di classe, ma anche di quelle di carattere etnico e regio nale. Nello stesso tempo, in conseguenza dell’inasprirsi delle tensioni internazionali, gli Stati nazionali furono spinti a esigere dai cittadini una fedeltà esclusiva, in modo da preparare i giovani a sacrificare la loro vita in caso di guerra. Per questa ragione, i governi nazionali svi lupparono l’idea di nazione, cioè l’idea di un legame naturale, cemen tato dalla fede nell’esistenza di un’affinità di razza, di lingua, di tra dizioni ecc., che permettesse di rappresentare le altre comunità na zionali come straniere e nemiche. Così il senso di appartenere a una comune umanità proprio delle aspirazioni universali delle religioni e delle ideologie liberale, democratica e socialista era oscurato dal carat tere esclusivo che tendeva ad assumere l’appartenenza alla nazione.
5. Lo sviluppo in estensione dell’interdipendenza tra gli uomini.
L ’affermazione del nazionalismo segna il momento di transizione dal processo di sviluppo in profondità al processo di sviluppo in estensione dell’interdipendenza tra gli uomini. Questa nuova tenden za comincia a manifestarsi a partire dall’inizio del X X secolo. Per la prima volta nella storia si registra un crescente ritardo nel ritmo di sviluppo dell’Europa rispetto agli Stati Uniti.
Fin dal 1883, il grande storico inglese John Robert Seeley, osser vando come lo sviluppo della rivoluzione industriale favorisse la ten denza a moltiplicare e a intensificare le relazioni economiche e sociali e a unificarle su aree sempre più vaste e a creare così le basi materiali dell’organizzazione dello Stato su spazi di dimensioni continentali, formulò nella sua opera su L ’espansione dell’Inghilterra questa previ sione: nel giro di mezzo secolo «la Russia e gli Stati Uniti supereran no in potenza quelli che ora chiamiamo grandi Stati, come i grandi Stati territoriali del secolo XVI superarono Firenze»4.
4. J.R. SEELEY, L ’espansione dell’Inghilterra (1883), trad. it., Bari, Laterza, 1928, p. 259.
Nei tre decenni che precedettero lo scoppio della prima guerra mondiale, l’espansione industriale aveva ricevuto una forte spinta dalla poderosa crescita della quantità di energia disponibile, grazie al l’impiego del motore elettrico e del motore alimentato dal petrolio, che diede uno straordinario impulso alla meccanizzazione della produ zione, all’applicazione di nuove tecniche produttive (linea di produzio ne e nastro trasportatore) e all’introduzione della produzione di massa.
Lo sviluppo delle forze produttive premeva nel senso dell’allarga mento dei rapporti di produzione e di scambio, mentre la base mate riale degli Stati europei stava diventando insufficiente rispetto alle possibilità di sviluppo della moderna società industriale. La causa della crisi dello Stato nazionale è dunque la crescente contraddizione, che comincia a profilarsi già verso la fine del X IX secolo, tra la ten denza delle forze produttive a organizzarsi su spazi sempre più vasti e le dimensioni nazionali del potere politico. Questa tendenza, men tre non incontrava ostacoli negli sterminati spazi dell’Impero degli Zar e degli Stati Uniti, era frenata dalla divisione politica dell’Euro pa e dall’antagonismo tra gli Stati nazionali, che si opponevano alla formazione di una società, di un’economia e di un potere politico sul piano europeo, che permettesse agli europei di competere con le po tenze di dimensioni continentali e di continuare a svolgere un ruolo mondiale. Tuttavia questa tendenza, aggravando le tensioni tra gli Stati del sistema europeo e spingendoli a cercare lo «spazio vitale» al di là delle loro frontiere, condannava la formula dello Stato nazio nale a una fatale decadenza storica.
Il declino dell’Europa affonda dunque le sue radici nella crisi del lo Stato nazionale, di cui si possono distinguere tre fasi successive. La prima, che comprende gli ultimi due decenni del X IX secolo e l’i nizio del X X , fino alla prima guerra mondiale, è caratterizzata dal protezionismo, espressione del conflitto tra gli Stati del sistema euro peo sul terreno economico e della lotta per la spartizione delle colo nie, proiezione oltremare dei conflitti sul vecchio continente per oc cupare tutti gli spazi esterni all’Europa.
La seconda fase comprende l’epoca delle guerre mondiali, che non sono altro che due tentativi della Germania di sottomettere l’Europa alla propria egemonia e di superare con l’imperialismo la frammentazione dell’Europa in tanti piccoli Stati nazionali.
La terza fase, che non interessa il periodo storico che è oggetto di questo convegno, inizierà nel 1945 ed è ancora in corso. Ciò che la distingue dalle precedenti è il superamento dello Stato nazionale tramite l’unificazione europea.
6. Le condizioni politiche dell’ordine economico intemazionale.
Marx ed Engels avevano identificato nello sviluppo della produ zione industriale un processo che avrebbe rapidamente trasformato la fisionomia delle società umane e le avrebbe spinte a integrarsi pro gressivamente fino alla formazione di una società e di un’economia di dimensioni mondiali. Si tratta di una visione che identifica un aspetto reale della storia contemporanea, anzi la sua tendenza di fon do, determinata dall’evoluzione del modo di produrre. Tuttavia, essi hanno sottovalutato la resistenza che la divisione politica del mondo in Stati sovrani e le particolarità nazionali erano in grado di opporre alla tendenza storica verso l’unificazione del mondo. Non hanno in sostanza tenuto sufficientemente conto della relativa autonomia che lo Stato e i sistemi di Stati possiedono rispetto all’evoluzione del mo do di produrre, che permette a tali fattori politici di favorire o di fre nare quella tendenza.
L ’Europa aveva vissuto nel secolo scorso una delle più lunghe fasi di stabilità politica e di espansione economica della sua storia. Dal Congresso di Vienna fino alla prima guerra mondiale, l’Europa visse in condizioni eccezionali di ordine internazinale, che Polanyi chiama «pace dei cento anni». «A parte la guerra di Crimea, un avvenimento più o meno coloniale», egli osserva, «Inghilterra, Francia, Prussia, Austria, Italia e Russia furono impegnate a farsi guerra in tutto per diciotto mesi»5.
La formazione e lo sviluppo dell’ordine economico internaziona le, basato sull’unità del mercato mondiale, che dominò nel corso del X IX secolo, è impensabile al di fuori di precise condizioni politiche.
Da una parte, c’era in Europa un equilibrio di potenza, che si ba sava su una distribuzione di potere tale che nessuno Stato era in gra do di diventare così forte da aspirare all’egemonia sugli altri. Bisogna riconoscere però che la ricerca dell’equilibrio non era lo scopo prima rio della politica estera dei singoli Stati. L ’equilibrio era semmai il risultato del bisogno di sicurezza e di potenza di ciascuno Stato in un sistema di Stati nel quale nessuno aveva la possibilità oggettiva di aspirare all’egemonia. Solo la politica estera britannica fu guidata dalla ricerca deliberata e consapevole dell’equilibrio tra le potenze nel sistema europeo. L ’equilibrio coincideva infatti con la ragion di
Stato inglese. Rappresentava in altri termini la condizione di una pie na libertà di movimento della Gran Bretagna nel mondo extra europeo, che sarebbe stata minacciata se uno stato fosse riuscito a imporre la propria egemonia sul continente.
D ’altra parte, è possibile individuare una precisa politica britan nica nel creare e nel mantenere le condizioni politiche che assicuraro no l’unità del mercato mondiale. La Gran Bretagna era il primo paese industriale. Essa aveva accumulato un vantaggio tale rispetto agli al tri Stati, che era suo specifico interesse mantenere e sviluppare una piena libertà nel commercio internazionale. In effetti, il principio del libero scambio universale le avrebbe permesso di godere di una posi zione dominante nel mercato mondiale.
La direzione politica di Londra, con il sussidio di due strumenti, uno monetario, l’altro militare, assicurò il mantenimento dell’ordine economico mondiale. Il primo strumento era il sistema monetario in ternazionale, fondato sull’egemonia della sterlina ancorata all’oro, il secondo era il predominio della marina britannica sui mari (le canno niere della flotta inglese servivano a mantenere aperte le vie commer ciali con i paesi d’oltremare).
Lionel Robbins aveva osservato che il mercato è un’istituzione che ha bisogno di «un meccanismo atto a difendere l’ordine e la leg ge. Ma mentre questo meccanismo, per quanto imperfetto, esiste al l’interno delle nazioni, non esiste invece un identico meccanismo che funzioni sul piano internazionale». Non aver tenuto conto di questa differenza è stato un grave errore della maggior parte dei liberali del X IX secolo. «A ll’interno di ciascuna nazione essi facevano affida mento sul potere coercitivo dello stato per armonizzare, mediante misure restrittive, gli interessi dei vari individui. Tra le nazioni, inve ce, essi contavano sull’evidenza dell’interesse comune e dell’inutilità della violenza. In altre parole, il loro punto di vista, qui, non era libe rale, ma implicitamente anarchico»6. In effetti, le leggi del mercato non funzionano senza un potere coercitivo che offra a tutti una ga ranzia legale e una regolamentazione giuridico-amministrativa che in canali l’attività economica negli argini del diritto. Occorre soltanto aggiungere che i sistemi di Stati possono assestarsi, in determinate circostanze, su un equilibrio tale che ne può risultare un ordine inter nazionale soddisfacente, come avvenne lungo tutto il secolo XIX.
6. L. Robbins, L'economia pianificata e l ’ordine intemazionale (1937), trad. it., Mila no, Bompiani, 1948, p. 158.
Mentre l’equilibrio europeo delle potenze e l’egemonia britannica sui mari garantirono l’unità del mercato mondiale e promossero l’e spansione della produzione e dei commerci sul piano internazionale, la decadenza del ruolo imperiale della Gran Bretagna, la diffusione del principio nazionale e del protezionismo furono fattori che ostaco larono lo sviluppo delle forze produttive in Europa e determinarono la decadenza del vecchio continente. Nel determinare la crisi di que sto sistema occupa un posto decisivo la formazione dello Stato nazio nale in Germania e la decisione del governo tedesco di entrare in con correnza con l’Impero britannico sul terreno navale, commerciale e finanziario. La corsa agli armamenti, la militarizzazione crescente della società, la politica imperialistica concorsero, con la politica so ciale, ad aumentare i poteri dei governi. Ne risultò l’estensione delle politiche di intervento dei governi, che determinarono il progressivo abbandono del liberismo ortodosso e la disgregazione dell’ordine po litico ed economico internazionale. In questi fatti sta la radice della prima guerra mondiale.
La crisi del sistema europeo degli Stati e la contraddizione tra l’organizzazione dell’Europa in Stati nazionali e la tendenza all’inter nazionalizzazione dei rapporti di produzione e di scambio cominciò a diventare operante negli anni successivi all’unificazione tedesca, opponendosi alla marcia della storia verso l’unificazione del pianeta. Da questo momento si apre una fase storica nel corso della quale il mercato mondiale si trasforma progressivamente in una somma di mercati nazionali chiusi. Le divisioni e gli antagonismi nazionali non tendono a scomparire, come era stato previsto da Marx e da Engels nel Manifesto, ma al contrario tendono ad approfondirsi e a esasperar si. Le guerre mondiali sono l’espressione della volontà dello Stato na zionale di sopravvivere in un mondo che esige forme di integrazione economica, sociale e politica sempre più strette sul piano internazio nale. Solo nel 1945, con la formazione del sistema mondiale degli Stati, l’egemonia degli Stati Uniti sul mercato mondiale e l’avvio del processo di integrazione europea, la tendenza all’unificazione mon diale potrà riaffermarsi. Tutto ciò prova che la tendenza di fondo del