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L’industria italiana è principalmente composta da piccole e medie imprese (PMI), che si sono sviluppate secondo il modello dei distretti industriali e che risultano fortemente caratterizzate dalla loro specializzazione produttiva nei settori tradizionali, strettamente legate al Made in Italy e fortemente associate all’immagine del nostro paese nel mondo. I distretti sono composti da agglomerati di imprese situate in un contesto territoriale circoscritto, specializzate in una determinata produzione di beni, che si sviluppano in una comunità locale legata da valori comuni, diffusi anche a livello istituzionale (Becattini, 1989).

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Le PMI italiane ritraggono pertanto un elevato livello di artigianalità e stile, che è radicato in una determinata cultura locale (Garofoli, 2006) e, allo stesso tempo, denota anche un’inadeguatezza strategica ed organizzativa per la gestione del percorso internazionale. Tuttavia, negli ultimi decenni, anche le imprese di dimensioni minori, aggregate secondo modelli distrettuali, hanno attuato un processo di espansione sui mercati esteri (Lipparini, 2002). Rispetto al resto dell’Europa, le imprese italiane presentano un approccio all’internazionalizzazione principalmente focalizzato sull’esportazione di merci (63,5% rispetto ai 45,4% della Francia e 41,2% della Germania) e meno sugli investimenti produttivi, a causa delle dimensioni dell’impresa e delle risorse disponibili, che sono piuttosto limitate. Invece, gli insediamenti esteri con nuovi impianti di produzione richiedono ingenti investimenti, divenendo di fatto la scelta adottata dalle compagnie di dimensioni più grandi. Le imprese italiane preferiscono forme di ingresso nel mercato meno onerose come gli accordi di outsourcing internazionale (Borin & Cristadoro, 2014). Attualmente in Italia il settore industriale è composto per il 99,9 % da PMI, che assorbono un numero di dipendenti e producono un valore aggiunto nettamente superiori a quelli delle grandi imprese. Esse, rappresentano infatti la colonna portante dell'economia italiana, che sostiene e promuove lo sviluppo del Paese. Per classificare le dimensioni delle imprese, si utilizzano criteri economici come l'organico, il fatturato prodotto, ed il bilancio totale annuale, come proposto dall'Unione Europea (Raccomandazione Commissione Europea 2003). Un'impresa è ritenuta “piccola”, quando occupa un organico inferiore a 50 persone, e se il fatturato o il totale del bilancio annuale non supera i 10 milioni di euro. Un' impresa è invece considerata “media”, quando il numero degli occupati è inferiore a 250 persone, il fatturato realizzato non è superiore a 50 milioni di euro o il totale di bilancio non eccede i 43 milioni di euro. Se invece l'organico è inferiore a 10 persone ed il fatturato o totale di bilancio non raggiunge i 2 milioni di euro, l'azienda è considerata una micro-impresa. Il processo d'internazionalizzazione è affrontato in maniera differente tra aziende di dimensioni diverse, infatti generalmente le PMI sono considerate svantaggiate nell'approccio ai mercati esteri, in quanto solitamente sono carenti di una solida struttura e possiedono risorse finanziare piuttosto limitate. Tuttavia però, negli ultimi anni la loro flessibilità ha permesso di rispondere efficacemente ad una domanda finale caratterizzata da una certa mutevolezza, mentre le imprese di grandi dimensioni soffrono maggiormente l'adattamento alla riconversione industriale. Risulta dunque necessario analizzare i punti di forza e debolezza delle PMI nel processo d'internazionalizzazione.

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- Flessibilità: indica l'idoneità di modificare agevolmente la strategia e l'organizzazione, al verificarsi dei cambiamenti ambientali. Ciò è agevolato dalle dimensioni contenute della struttura aziendale, che facilita l'adattamento alle esigenze del mercato, permettendo di ottenere soluzioni in tempi più rapidi rispetto alle grandi imprese;

- Conoscenza specialistica ed innovativa del prodotto: tale capacità favorisce la possibilità di ideare soluzioni avanguardistiche, collocando i prodotti in fasce di mercato caratterizzate da soluzioni creative e personalizzate;

- Sovrapposizione tra famiglia e impresa: le PMI italiane sono generalmente a conduzione familiare, in quanto solitamente tutta la famiglia o gran parte di essa è parte dell'organico aziendale. Tale peculiarità facilita i meccanismi per prendere decisioni ed implementarle, seppur in certi casi può essere causa di un limite allo sviluppo dell'impresa.

Tuttavia, rispetto al processo di internazionalizzazione, le PMI presentano anche alcune debolezze, tra cui si annoverano (Vittori, 2013):

- Scarsità di risorse: le PMI hanno risorse finanziarie alquanto limitate, con cui si devono soddisfare molteplici esigenze, quali l'acquisizione di informazioni, la formazione del personale e la realizzazione di investimenti. Il fabbisogno finanziario è una continua necessità, che presenta difficoltà di apertura al capitale di rischio ed un complicato accesso al credito;

- Scarsità di competenze organizzative e strategiche: la gestione strategica ed organizzativa è spesso piuttosto elementare, in quanto è principalmente accentrata in capo al proprietario ed alla sua famiglia; ciò comporta un eccessivo accentramento di funzioni nell'imprenditore, che a volte genera lacune organizzative e strategiche;

- Limitata cultura dell'internazionalizzazione: frequentemente nelle PMI emerge la carenza di una cultura imprenditoriale orientata a forme di internazionalizzazione strutturate e evolute. Infatti, l'orizzonte geografico dell'attività aziendale è correlato alla lungimiranza della leadership dell'imprenditore.

1.4.1 Il Made in Italy

Tra i fattori che rendono competitive le PMI italiane nel mondo, il pilastro fondamentale è indubbiamente costituito dal valore del Made in Italy, per ciò che rappresenta e ciò che evoca. Il concetto di “country-of-origin” ha una portata molto ampia, delineando

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l'immagine del Paese d’origine come “la rappresentazione, la reputazione, lo stereotipo che gli uomini d’affari e i consumatori associano ai prodotti di uno specifico paese” (Nagashima, 1970). Con particolare riferimento al caso italiano, il concetto di Made in Italy rispecchia la storia, la cultura ed i valori, che sono il risultato millenario delle tradizioni, di un'innumerevole varietà di popoli, che nel trascorrere dei secoli, sono entrati in contatto con gli abitanti della penisola italica. Queste influenze socio-culturali, hanno conservato alcuni elementi peculiari, che si esprimono tutt'ora con la ricerca del bello, della funzionalità, della creatività, dell'eleganza, e della combinazione di genio e sregolatezza. Tali elementi rivivono nelle imprese italiane e nei loro prodotti, e sono globalmente apprezzate dai consumatori. Il Made in Italy è infatti un fenomeno che comprende molteplici settori ed attività economiche differenti. Sin dagli anni '80 viene utilizzato un criterio qualitativo, che consiste nel ricomprendere tutti quei settori tradizionalmente considerati tipici nella cultura italiana, anche all'estero (Fortis, 2005). Tra questi sono compresi settori manifatturieri ben delineati come: Alimentare-Bevande, Abbigliamento - Moda, Arredamento - Casa, Automazione Meccanica.

Fortis (Fortis, 1998) definisce il concetto di Made in Italy sostenendo che esso ricomprende: “prodotti e servizi in cui l’Italia vanta un effettivo grado di specializzazione e il cui il nostro Paese è rinomato in tutto il relativamente a profili quali la qualità, l’innovazione, il design, l’assistenza ai clienti, la tempestività delle consegne, i prezzi competitivi (Fortis, 1998)”. Esso ritrae dunque una serie di elementi intangibili, indissolubilmente connessi allo stile ed al know-how italiani.

1.4.2 Il settore Moda in Italia

A partire dagli anni ’50 la moda italiana ha ricevuto un diffuso apprezzamento al di fuori dei confini nazionali, non solo in Europa, ma anche a livello globale, per via delle relazioni internazionali sia pubbliche che commerciali che l’Italia intratteneva con gli Stati Uniti (Paulicelli, 2004).

In un primo momento gli americani acquistavano articoli di moda italiana per via del prezzo che era molto più contenuto rispetto ai prodotti della moda francese, ma ben presto il Made in Italy venne associato alla bellezza femminile italiana, ed all’eredità culturale e storica del “Bel Paese”, attribuendo un “souvenir effect” a questi prodotti (Steele, 2003). Lo stile italiano venne inoltre ammirato ed emulato dalle stelle di Hollywood perché coniugava “eleganza, colore, raffinatezza e comfort” (Paulicelli, 2010). Le attrici americane come Ingrid Bergman e Audrey Hepburn hanno pertanto inaugurato il ruolo dell’attrice come

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musa o icona della moda, simbolo di bellezza e stile, cui le masse tentavano di imitare, decretando l’elevazione elitaria della moda italiana (Merlo, 2003).

Il Made in Italy ha rivestito un ruolo crescente nel commercio estero, presentando un saldo commerciale con l’estero costantemente attivo dal secondo dopoguerra (ICE, 2003). Il sistema tessile-abbigliamento-moda, nonostante la pesante crisi congiunturale che ha investito il settore e l’economia italiana in genere, rimane all’avanguardia a livello mondiale, soprattutto grazie ai fattori della creatività, dell’originalità, del design, e delle tecnologie, confermandosi uno dei settori trainanti dell’economia italiana (www.sistemamodaitalia.it)

Nel 2017 il settore del Tessile-Moda italiano ha fatto registrare un discreto tasso di crescita con un +3,5 %, che raggiunge i 30 miliardi di euro di vendite di prodotti esportati all’estero. I due macro comparti della filiera hanno però raggiunto risultati diversi: il Tessile ha subito una variazione del +1,8%, mentre l’Abbigliamento-Moda ha presentato una maggiore crescita con il +4,7%. La distribuzione geografica delle vendite ha fatto registrare un +4,1% per le vendite intra-UE, i cui maggiori partner commerciali europei sono Germania con un +4,2%, Regno Unito con un +3,3% e Spagna con un +6,2%. Le esportazioni con i paesi extra-UE mostrano un incremento del +3,3%, ed i paesi più virtuosi sono stati la Cina con un +12,6% e la Russia con una crescita dell’11,4%. (Sistema Moda Italia, 2018). Dopo la considerevole riduzione dell’occupazione negli scorsi anni, il 2017 segna un cambio di tendenza per gli addetti al settore Tessile-Moda, con una crescita del +0,1% che corrisponde a circa 400 posti di lavoro.

Attualmente il sistema moda è ancora uno dei settori chiave per l’economia italiana: supera i 24 miliardi di euro di valore aggiunto rappresentando il 10% del manifatturiero, occupa 500.000 addetti (i 15,5% del totale manifatturiero, il secondo settore dopo la Siderurgia) e vanta un saldo commerciale di circa 20 miliardi annui (Intesa- San Paolo su dati Istat, 2018).

In questo settore l’industria italiana si colloca al primo posto in Europa in termini di produzione e valore aggiunto (pari a 3 volte quello tedesco, 4 volte quello spagnolo e quasi 5 volte quello francese) (Intesa-Sanpaolo su dati Eurostat, 2018), mentre a livello globale rappresenta il quarto paese nella catena globale del valore (GVC) in termini di produzione, dopo Cina, India e Turchia. Allo stesso tempo, la produzione della Moda italiana localizzata nei distretti industriali mantiene l’elevata qualità di produzione ed il know-how tipico del Made in Italy: infatti il 70% delle esportazioni si posiziona sull’alta gamma (Intesa- San Paolo su dati Baci, 2018).

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Nel 2018 lo scenario economico globale appare in crescita, al punto che il Fondo Monetario Internazionale parla di “brighter prospects” per il biennio 2018-2019, in quanto si percepiscono condizioni positive nel contesto macro-economico, derivante da: crescita del PIL mondiale in lieve aumento, euro in moderata flessione, prezzi delle commodities energetiche stabili.

Prometeia, società specializzata nel risk management, conferma che grazie al positivo andamento nei mercati internazionali “l’export italiano risulta essere sempre meno sensibile all’effetto del cambio”. Si prevede pertanto la prosecuzione di un trend economico positivo globale anche dalle previsioni del Fondo Monetario Internazionale e dalla BCE (secondo le stime del modello econometrico si considera il seguente scenario: GDP Mondo: crescita 2018 +3,9%, GDP Italia: crescita + 1,4% secondo lo scenario IMF-World Economic Outlook), di cui beneficerà anche la l’industria italiana del Tessile-Moda con crescita del +2,2% del Tessile e del + 3,0% per l’Abbigliamento-Moda.

Al fine di confermare questo andamento economico positivo, le imprese italiane del settore Moda devono investire nella digitalizzazione per compensare i ritardi con i competitor stranieri, e mantenere il proprio vantaggio competitivo.