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3.3 I rischi reputazionali derivanti dal web e dalle piattaforme social

3.3.2 La diffusione delle opinioni nei social media

I fattori che favoriscono la diffusione delle opinioni nei social media sono molteplici. I più evidenti sono la velocità ed il volume, dato che i messaggi nei social media avvengono in tempo reale, e sono generati da milioni di utenti con flusso costante. Nei mezzi di comunicazione tradizionali come i giornali, l’arco temporale tra la divulgazione di una notizia e la reazione del pubblico era di circa un giorno, mentre nei social media, tutto ciò avviene in ore o addirittura minuti. Recenti studi hanno infatti dimostrato che in Twitter, i

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meme e gli hashtag raggiungono il 50% degli utenti in qualche minuto o al massimo in poche ore, rendendola la più veloce piattaforma social (Fang et al., 2007). Un altro importante fattore che influisce nella creazione degli online firestorm è la creazione dei network cluster. A causa dell’elevato numero di utenti connessi facenti parte contemporaneamente di gruppi di vario genere, (Watts et al., 1998) ogni informazione è ripetuta all’utente da diverse fonti del suo social network, creando l’impressione che tutti parlino degli stessi argomenti ed abbiano la stessa opinione (Sunstein, 2001).

In letteratura si è descritta l’evidenza empirica del ruolo dei clusters locali per la diffusione epidemica di opinioni nei social media, (Lotan, 2012) che è stata anche dimostrata con esperimenti di simulazione (Pfeffer et al., 2013).

L’influenza reciproca tra utenti “amici” e/o “follower” di pubblicare post che vertono su medesimi topic, è chiamata “echo chambers”. Tale termine deriva da un concetto introdotto mezzo secolo fa per descrivere gli effetti amplificati delle opinioni che si formavano tra politici, media e la popolazione, ed è stato adottato come metafora per descrivere gli effetti dei social media (Key, 1966).

Il “filter bubble” è invece un concetto che descrive l’eccessiva enfasi che viene data a singole opinioni e topic, operando in due diversi direzioni. Da un lato la connessione sociale funge da filtro, creando collegamenti tra persone che hanno cose in comune: la stessa età, sesso, status socioeconomico, interessi, ed opinioni. Dall’altro lato, i social media classificano alcune informazioni, ritenendole interessanti per l’utente nel caso in cui anche il network di amici è stato coinvolto nell’argomento, oppure se l’utente stesso in passato ne era stato affascinato (Pariser, 2011). Echo chamber and filter bubble sono interpretazioni del processo decisionale all'interno di un regime di razionalità limitata (Simon, 1972.) Infatti, con una raccolta limitata di informazioni non può essere adottata una soluzione ottimale, in quanto, le notizie condivise sono spesso anche faziose. Nei social media il processo decisionale è innescato dal network, in cui, il filter bubble domina la fase della conoscenza, limitando le informazioni che raggiungono l’utente, mentre l’echo chamber garantisce l’efficiente persuasione.

I social media, creando l’impressione che tutti abbiano il medesimo parere, producono implicazioni drammatiche per la formazione di giudizi individuali, in quanto, i processi cognitivi sono sostituiti dagli effetti del network perpetrati nei social media. La comprensione del meccanismo che genera gli online firestorm, permette alle aziende di adottare comportamenti che contrastino la tempesta d’indignazione (Pfeffer al., 2014). Vi sono vari esempi di aziende che nel momento in cui sono divenute “vittime” di online

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firestorm, hanno adottato una strategia inadeguata per farvi fronte, subendo così gravi ripercussioni. Questa situazione si è verificata quando alcune imprese dopo essere state fortemente criticate ed attaccate da utenti indignati, hanno scelto di non proferir parola, evitando di rispondere alle numerose accuse giunte nei social media. Le conseguenze sono state nefaste, in quanto le aziende ha perso credibilità, la loro reputazione è stata compromessa e l’immagine fortemente danneggiata (Zorbach, 2011). Anche i risultati della ricerca condotta da Kimmel e Audrain-Pontevia, suggeriscono che la scelta del non rispondere ai post contenenti critiche, ignorando tali commenti, sia percepito dal pubblico come un atteggiamento molto negativo per la reputazione aziendale. La suddetta ricerca è avvenuta tramite questionario, in cui ci si interrogava circa l’atteggiamento aziendale da adottare nel caso di “scandali aziendali” (Kimmel & Audrain-Pontevia, 2010).

Per combattere gli effetti causati da WOM negativi, è necessario ideare una strategia aziendale a lungo termine. Per pianificare il piano d’azione, bisogna dunque tenere in considerazione che gli effetti del network nei processi decisionali sono condizionati dalle informazioni limitate che vi circolano, e dalla percezione che tutti abbiano la stessa opinione. Ciò, permette di creare una controstrategia che ostacoli il WOM negativo, e che sia basata nell’infondere con prontezza informazioni provenienti da fonti attendibili (Ajzen e Fishbein, 1980).

L’obiettivo della controinformazione deve essere quello di destabilizzare l’atteggiamento negativo individuale del maggior numero possibile di persone. Immaginando ad esempio di ascoltare storie negative sul conto di un’impresa espresse da un amico, e poco dopo, ricevere notizie esattamente contrarie sul giudizio della stessa azienda da parte di un’altra persona fidata, ridurrà sensibilmente la possibilità di iniziare attivamente una propaganda negativa contro il marchio interessato, in quanto sarà complicato formarsi un’opinione certa (Pezzo e Beckstead, 2006).

Le piattaforme dei social networks possono dunque essere considerate reti di comunicazioni, in cui i nodi (utenti) sono connessi tra loro da legami di amicizia o interesse (follower). Dalla struttura di queste reti, è possibile identificare gli utenti rilevanti, le comunità locali ed i sottogruppi (Rogers et al., 1981).

Nel paragrafo successivo viene esaminata la “sentiment analysis” come modalità di analisi per i social network e per il web, che permette di utilizzare i feedback, i commenti e reazioni espresse dagli utenti, per migliorare la strategia gestionale dell’impresa.

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3.4 Sentiment analysis: l’analisi qualitativa e quantitativa che