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Interpretazione/ricostruzione

PARTE SECONDA

3.1 FASE 1a: LA NUOVA COSTRUZIONE DEL TEMPIO AD ALAE 1 Sequenza stratigrafica

3.1.3 Interpretazione/ricostruzione

Le strutture emerse nel corso dello scavo coincidono con la pianta canonica del cd tempio ad alae. È questa una tipologia alla quale afferiscono solo pochi edifici di età romana giunti fino a noi91, anche per la difficoltà che si incontra spesso nel distinguere la sua pianta da quella del tempio a tre celle. Diversamente da quest’ultimo, infatti, il tempio ad alae ha una cella centrale e due vani laterali più stretti aperti. Esso va inoltre distinto dal periptero sine postico 92, altra categoria trattata da Vitruvio, in cui la cella è affiancata da un lato e dall’altro da due stretti portici colonnati.93

88 Il perché del reimpiego di questi elementi si spiega con la necessità di rinforzare la muratura in corrispondenza dell’appoggio delle basi delle colonne della fronte.

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Tale edificio doveva datarsi, sulla base delle analisi delle modanature dei blocchi, a quarto di cerchio rovescio definito in alto e in basso da listelli a profilo liscio, alla fine del II secolo a.C.: FABRINI 2003, p. 131.

90 Ad esempio la Lex Municipii Tarentini, dell’89 a.C., la Lex Coloniae Iuliae Gaenetivae del 44 a.C. e la Lex Municipii

Malacitani dell’82-84 d.C.: v. ANGUISSOLA 2002 p. 13; MARANO 2011, pp. 141-142.

91 Cfr. BIANCHI 1951 e CASTAGNOLI 1968, il quale scrive a p. 117, a proposito della scoperta del tempio dei Castori a Cori: “si ha così un nuovo esempio da aggiungere alla serie non certo numerosa dei templi ad alae”.

92 Un caso che vale la pena di segnalare a tal proposito è quello del tempio romano repubblicano di Carteia, in Spagna, datato al II secolo a.C. e ricostruito come tempio ad alae, anche se si pone il dubbio di identificarlo con un periptero

sine postico, sul modello del tempio C di Largo Argentina: BENDALA GALÀN, ROLDÀN GOMEZ 2005, p. 157.

93 CASTAGNOLI 1955 p. 142. spiega la differenza tra il periptero sine postico ed il tempio ad alae: in quest’ultimo si ha la tripartizione e le proporzioni tra le parti di tradizione tipicamente etrusco-italica, mentre il periptero sine postico si rifà, nonostante l’alto podio e la frontalità, tipiche del tempio etrusco-italico, a dirette esperienze greche, quali la pianta allungata e i portici laterali stretti come nei templi peripteri greci.

41 L’origine del tipo è intimamente legata alla formazione del tempio etrusco come categoria architettonica a sé nel VI secolo a.C., anzi ne è la naturale evoluzione in età romana. È il tempio etrusco, in effetti, l’edificio di culto i cui caratteri influenzeranno i successivi templi di epoca romana: innanzitutto la frontalità e il podio che sopraeleva l’edificio. Anche l’uso delle tre celle, o della cella centrale con ali laterali, ha origine in ambiente etrusco. L’esempio più antico è il complesso di Sant’Omobono a Roma, con i templi di Fortuna e Mater Matuta fondati da Servio Tullio nel 570 a.C. che propongono l’utilizzo delle alae laterali. Il tempio a tre celle o con cella e ali è documentato per l’età arcaica in Etruria a Tarquinia (Ara della Regina), a Veio (Portonaccio), a Orvieto (tempio del Belvedere), a Pyrgi (tempio A) e a Marzabotto (tempio C), e nel Lazio nei templi di Velletri, Lanuvio, Segni e Ardea94.

Il dibattito sul tempio ad alae è stato particolarmente acceso nella prima metà del XX secolo, quando si cercò di interpretare la descrizione che di esso fa Vitruvio nelle sue Tuscanicae Dispositiones (De Arch. IV,7)95. Il primo dibattito riguardò infatti la pianta dell’edificio, e ad esso poté trovarsi una risposta definitiva grazie allo scavo del tempio di Fiesole a cura di G. Maetzke negli anni ’50. Contemporaneamente si accese il dibattito sulla nascita del tempio a tre celle e sul suo rapporto col tempio ad alae, spostando di volta in volta il fulcro della discussione sulla presenza o meno di triadi di culto in Etruria, ipotesi questa oggi ritenuta del tutto erronea, e sulla anteriorità o posteriorità del modello fornito dal tempio capitolino rispetto al tempio tuscanico96.

Per quanto riguarda la questione relativa alla pianta dell’edificio, si deve a Guglielmo Maetzke il merito di aver finalmente compreso, e restituito, l’elevato alla tipologia del tempio ad alae. Fino ad allora infatti, non era mai stato rinvenuto un tempio ad alae del quale si conservasse anche l’elevato: l’interpretazione per la ricostruzione si basava solo sulla lettura del testo di Vitruvio97

. Gli scavi di Fiesole invece portano in luce un tempio98 che per le sue condizioni di conservazione si può

94 COLONNA 1985, p. 60.

95 Nella letteratura archeologica è invalso l’uso di definire “tuscanico” in senso stretto il tipo di edificio descritto da Vitruvio, chiamando invece con termine generale templi etrusco-italici tutti quelli che, dal VI secolo all’Ellenismo, presentano alcuni caratteri del tipo, senza però ricalcarlo in tutto. I principali elementi distintivi della pianta, desumibili da Vitruvio, De Arch. IV, 7, 1-2, sono così riassumibili: pianta quasi quadrata, in rapporto 5:6 tra lunghezza e larghezza; suddivisione dell’area occupata dall’edificio in uno spazio chiuso retrostante, la pars postica, e uno antistante, la pars

antica, di pari estensione; suddivisione della pars postica in tre ambienti affiancati in rapporto di 3:4:3 destinati a tre

celle o ad una cella con due ali aperte frontalmente; colonne del pronao sugli assi delle pareti e delle ante. Cfr. MELIS 1985.

96 In particolare su questa questione si pronuncia BIANCHI 1951. 97

MAETZKE 1955-56, p. 244.

98 Il tempio di Fiesole ebbe due redazioni, la prima tardo-etrusca cui succede una di età romana che, soprelevandosi, incorporò nelle sue fondazioni i resti dell’edificio precedente. È un rarissimo caso di tempio etrusco le cui

caratteristiche strutturali siano sicuramente documentate. Si tratta di un tempio prostilo in antis, di 17,20 m (lungh.) x 13,45 m (largh.), cella 8,50 x 4,40 m, alae larghe 2,80 m. Il tempio si data al III secolo a.C.; subì qualche modifica

42 proporre come modello per interpretare i templi tuscanici fin lì scoperti. Il tempio era un edificio a pianta rettangolare con una sola cella centrale e due alae; le pareti esterne si prolungavano fino alla fronte dell’edificio terminando in antae perfettamente coincidenti con la linea esterna dello stilobate.99 Questa particolarità determina una differenza nel concetto di alae espresso da Vitruvio, il quale indica con questo nome due ambienti posti ai lati della cella, privi della parete anteriore e con la parete esterna lunga quanto le pareti della cella.

Fig. 3.4 Alcune planimetrie di edifici tuscanici (da CASTAGNOLI 1966-67): 1. Tempio tuscanico secondo la ricostruzione di Wiegand; 2. Tempio di Fiesole; 3. Tempio di Lanuvio; 4. Tempio di Diana Tifanina; 5. Capitolium

di Cosa; 6-8. Tempio a tre celle di Veio, nelle tre ipotesi ricostruttive di E. Stefani.

La visione del tempio di Fiesole come modello di riferimento per l’interpretazione di altri templi ad alae, ipotizzata dal Maetzke, viene però ridimensionata dal Castagnoli il quale non ne ribadisce l’eccezionalità ma lo riduce ad un esempio di tempio tuscanico ad ali, dove si mantiene, nonostante Maetzke fosse di parere opposto100, la partizione in pars antica e pars postica.

durante la sua vita fino alla trasformazione avvenuta in epoca post sillana. MAETZKE 1985, p. 95, FABBRI 1992, p. 125.

99 MAETZKE 1955-56, p. 234. 100

MAETZKE 1955-56, p. 249: secondo il Maetzke nel tempio di Fiesole pronao ed alae si fondono insieme in un unico ambiente a ferro di cavallo, che circonda la cella: non si ha una pars antica e una pars postica, ma una cella racchiusa da uno spazio delimitato e coperto. Nel tempio ad alae di Sentinum, per comodità e per una migliore comprensione nella descrizione delle fasi del tempio, ho preferito mantenere la distinzione tra pars antica e pars

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Fig. 3.5 Ricostruzione assonometrica del tempio di Fiesole. Da MAETZKE 1955-56.

Per quanto riguarda il dibattito sull’anteriorità o meno del tempio ad alae rispetto al tempio capitolino, esso è stato piuttosto lungo e controverso.

Vitruvio scrive che il tempio ad alae etrusco-italico deriva da quello capitolino. Egli scrive in età augustea, in un’epoca in cui il capitolium è l’edificio religioso più importante in Roma e nelle città soggette, per il suo carattere “nazionale” e per il suo valore politico ancor più che religioso101

. Il tempio ad alae che egli descrive è quello a lui contemporaneo, anzi, è un modello, di cui non menziona né podio, né spessore dei muri, facendo sì da assimilare la pianta architettonica ad un reticolo geometrico; è una revisione moderna di un tipo tradizionale.102 Quando Vitruvio componeva la sua opera, tra il 40 e il 31 a.C.,103 i più antichi templi etruschi erano scomparsi, mentre ne sopravvivevano altri, di tradizione italica, che lui senz’altro conosceva. Il modello che lui crea risulta però non una ricostruzione del tempio etrusco, ma la descrizione di un tipo esemplare visto da un’angolazione romana; l’architettura etrusca, al contrario, non ha una propria organicità perché il vero e proprio “ordine tuscanico” è una conseguenza dell’applicazione romana alle esperienze classiche ed ellenistiche.104

101

BIANCHI 1973, p. 63. La fondazione di un capitolium in un città romana ne fa un “inequivocabile segno di romanità”: BIANCHI 1973, p. 71.

102 BOETHIUS 1955-56. MAMBELLA 1982, p. 36.

103 Sullo stretto rapporto tra il trattato di Vitruvio e il programma edilizio augusteo v. ROMANO 1987 p. 17 104

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Fig. 3.6 Pianta e ricostruzione del tempio tuscanico secondo Vitruvio. Da GROS 1996.

A partire dall’affermazione di Vitruvio, numerose sono state le ipotesi fatte in merito105

: inizialmente si andava dal negare l’esistenza di templi etruschi tripartiti (ipotesi sconfessata dalla scoperta dei templi del Belvedere di Orvieto e A di Pyrgi), all’ammettere che i templi tripartiti etruschi dipendessero dal modello del capitolium urbano; altra ipotesi riteneva che i templi tripartiti in area etrusca e italica fossero in realtà tutti templi a cella unica fiancheggiata da alae. Per risalire all’origine della questione si pose il problema di chi e perché avesse realizzato il tempio capitolino all’epoca di Tarquinio il Superbo creando, di fatto, una nuova tipologia di tempio. A questo problema diede una soluzione Maetzke: gli architetti etruschi chiamati a realizzare il capitolium si trovarono a dover adattare al culto locale le forme architettoniche già consolidate in Etruria e dal tempio ad una cella con due spazi laterali crearono il tempio a tre celle convertendo i due spazi laterali in altrettante celle per le divinità minori, chiudendoli sul lato anteriore.106 Secondo altri in tempi più recenti107, la tripartizione templare è etrusca e Roma, adattandola per sé, le ha dato più importanza religiosa e politica: il tempio capitolino sarebbe formalmente etrusco, ma concettualmente si caratterizza già come romano, dato che il culto triadico in Etruria è assente o, per lo meno, non ha quell’importanza che un tempo gli si voleva attribuire. È questa, dunque, l’ipotesi più accreditata: il tempio Capitolino, il cui primo impianto risalirebbe al 580 a.C., sarebbe un

105 BIANCHI 1973.

106 MAETZKE 1955-56 p. 253. 107

45 connubio tra il tempio tuscanico a tre celle e il periptero sine postico, punto di arrivo di ricerche ed esperienze sia etrusche che latine108.

Va rilevato che il tempio ad alae si sviluppa in ambiente italico con variazioni a livello di planimetria che vale la pena di registrare: il tempio B di Ordona ad esempio è maggiormente esteso in larghezza che in lunghezza, invertendo nel senso della larghezza il canone vitruviano del rapporto tra lati brevi e lati lunghi109: questa variante si riscontra specialmente in Italia meridionale, in area di influenza sannitica e forse è proprio a tale influenza che si deve questa variazione planimetrica110: infatti il tempio del santuario medio italico di Casalbore, in area sannitica, presenta le stesse caratteristiche a livello plenimetrico, con la pianta più estesa in larghezza che in lunghezza, e cella quasi quadrata111.

Fig. 3.7 Le piante del tempio B di Ordona e di Casalbore.

Punto di arrivo del tempio ad alae è quello che viene definito pseudoperiptero sine postico: un caso studiato recentemente è quello del tempio rinvenuto ad Alba Pompeia, nell’area indagata archeologicamente di Palazzo Marro e Piazza Pertinace: inizialmente interpretato, sulla base della planimetria, come tempio ad alae112, ne è stata in seguito riletta la pianta come pseudoperiptero sine postico113, in seguito al ritrovamento di rivestimenti di colonne in intonaco bianco che ha fatto

108

COLONNA 1985, pp. 60-61.

109 Si tratta di un tempio ad alae dalle proporzioni molto insolite: la fronte è infatti larga 16,25 m, mentre l’intero tempio è profondo 13,51 m: si veda VAN WONTERGHEM 1979, p. 66.

110 MERTENS 1995, p. 167. Tale variazione si avverte per il tempio tuscanico ad alae e anche per il tempio a tre celle: è il caso del tempio di Pietravairano, loc. Monte San Nicola (Teano), in cui il tempio, a tre celle mostra un rapporto tra lati brevi e lunghi analogo al tempio B di Ordona: TAGLIAMONTE 2007, p. 62. Per aspetti metrologici, il tempio di Ordona sembra rifarsi ad una tipologia, contraddistinta per l’appunto da una maggiore estensione in larghezza, attestata in Lucania e nel Sannio irpino: STRAZZULLA 2008 p. 261.

111

JOHANNOWSKY 1991. 112 PREACCO ANCONA 2004.

113 PREACCO ANCONA 2007a; PREACCO ANCONA 2007b, p. 16, nota 45. La definizione di pseudoperiptero sine

postico suscita qualche perplessità, anche perché viene citata in riferimento a GROS 2001, p. 174, il quale però parla

46 pendere, pur nell’assenza di ulteriori elementi dell’elevato, per una ricostruzione in questo senso. Il tempio è datato, sulla base dei dati di scavo, all’inizio del I secolo d.C.

3.2 FASE 1b: LA DISTRUZIONE E RICOSTRUZIONE DELL’ALA SUD DEL TEMPIO