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Sequenza stratigrafica

PARTE SECONDA

3.2 FASE 1b: LA DISTRUZIONE E RICOSTRUZIONE DELL’ALA SUD DEL TEMPIO AD ALAE

3.2.1 Sequenza stratigrafica

In un momento di poco successivo alla costruzione del tempio ad alae, da connettere con la risistemazione urbanistica dell’area che si realizzerà con la costruzione dell’adiacente complesso del tempio tetrastilo, il muro d’ala Sud (US 166) viene rasato.

Un saggio di approfondimento condotto nell’ambiente E7-A1, l’ala Sud, si è rivelato fondamentale per capire le dinamiche di questo intervento strutturale, che interessa soltanto questo lato dell’edificio. Ciò che è emerso mette in luce una sequenza di livelli che vanno in appoggio alla struttura di fondazione Est (US 131) e al muro Sud (US 166). Il primo di questi strati è un livello pavimentale in calce visibilmente inclinato/collassato (US 244) e coperto da uno strato, di colore bianco-giallo e consistenza friabile, caratterizzato da una forte presenza di intonaci dipinti principalmente in rosso, frammentari, depositati in parte con la faccia dipinta rivolta verso l’alto (US 241). Segue uno strato a matrice argillosa mista a ghiaia, con superficie livellata a costituire un piano orizzontale (US 242), sopra il quale è disteso uno strato di limo marrone e ghiaia (US 239) che ha l’aspetto di una lente disposta in modo disomogeneo, al di sopra della quale è stesa una preparazione pavimentale in ghiaia giallo-rosata (US 231) che dovette costituire per un certo tempo la preparazione pavimentale più superficiale, sopra la quale poggiava la pavimentazione, prima che il muro Sud dell’ala fosse rasato e fosse steso il livello di calce più superficiale (US 121). I pochi frammenti ceramici rinvenuti in strato orientano per una datazione al I secolo a.C. – età augustea: un frammento di sigillata italica dallo strato a matrice argillosa-ghiaiosa (US 242), un frammento di ceramica a vernice nera dalla lente limosa (US 239).

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Fig. 3.8 Il saggio di approfondimento nell’ala sud del tempio.

Il livello di calce (US 121) si stende in maniera uniforme su tutta l’ala, sulla pars antica dell’edificio, sopra la rasatura del muro d’ala sud (US 166) e, al di fuori di esso, immediatamente a Sud, dove ricopre un’area che doveva fungere da raccordo tra il tempio ad alae e il santuario di nuova costruzione (US 84 = US 86). In questa fase viene evidentemente rifatto il pavimento di alae e pars antica, dei quali però non abbiamo traccia se non, in negativo, nei segni lasciati dalle lastre quadrangolari asportate nei Periodi successivi sul livello più superficiale di calce (US 97 = US 94 = US 121). La presenza di alcune trincee per la coltivazione realizzate in età postclassica che attraversano diagonalmente in più punti il tempio tagliandolo letteralmente a spicchi, lasciano intravvedere che mentre nell’ala abbiamo la successione di più livelli di preparazione pavimentale frammista a ghiaie, come verificato nel saggio di approfondimento condotto nell’ala sud, la pars antica è invece colmata da più livelli di calce bianca molto compatta, in qualche tratto frammisti a concentrazioni di pietre di media e piccola pezzatura: in sezione è possibile vedere le differenti gettate di calce. Probabilmente tale ingente ingombro di calce serve sia per regolarizzare il piano che per innalzare il tempio evidenziandolo rispetto al piano stradale: la quota rispetto al piano del

48 cardine massimo risulta infatti più alta di circa 1,20 m114. Sentinum è costruita su un terrazzo fluviale costituito da un alternarsi di livelli argillosi e ghiaiosi, nei quali sono direttamente fondati gli edifici, come è emerso chiaramente dalle indagini condotte lungo la ferrovia115. Il terrazzo fluviale non è regolare, pertanto il grosso ingombro di calce che caratterizza il podio nella pars antica non si riscontra nell’ala sud. Non è dato sapere se vi fosse una cesura netta tra le preparazioni pavimentali dell’ala e della pars antica o se al contrario la calce della pars antica vada a sovrapporsi gradualmente alle ghiaie man mano che digradano verso il cardine massimo: il livello di calce (US 121 e US 94 = US 97 = US 121) che sigilla i pavimenti non consente di cogliere i rapporti stratigrafici tra le differenti preparazioni.

Al di sopra del livello di calce che sigilla la rasatura del muro d’ala sud (US 166) viene innalzato un nuovo muro (US 91), lievemente traslato verso Sud (circa 60 cm), ma con analogo andamento, che diventa il nuovo muro d’ala del tempio. Il muro (US 91) sfrutta come fondazione il vecchio muro d’ala (US 166) rasato, ed è realizzato nella stessa tecnica muraria del precedente. Le spoliazioni e distruzioni postantiche hanno risparmiato a malapena il primo filare di questa struttura muraria, consentendo così di individuare le due fasi dell’ala sud del tempio, di cui altrimenti non avremmo avuto altra traccia.

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In questo punto la quota sul basolato stradale risulta di 312,808 m slm; la quota sul piano di calce della pars antica è a 313, 841 m slm. Va sottolineato che la quota sulla pars antica non corrisponde alla quota originale, in quanto non si sono conservati i pavimenti in lastre di pietra.

115 CONVENTI 2008a. Nel corso delle indagini lungo la ferrovia si è riscontrato che spesso alcuni strati di riempimento o di livellamento sono realizzati in ghiaie e argille di riporto, ovvero livelli di vergine ributtati.

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Fig. 3.9 La sovrapposizione dei due muri d’ala sud (US 166 e US 91)

Mancano, sul fronte stradale, elementi di rivestimento del podio e segni di una scalinata d’accesso alla pars antica. L’unico elemento è uno strato di preparazione pavimentale (US 126) adiacente al cardine massimo e alla quota della strada, sul quale si leggono le impronte longitudinali con andamento N/S dei blocchi che costituivano il rivestimento del podio o piuttosto i gradini di accesso all’edificio, volendo ipotizzare che una scalinata corresse frontalmente alla pars antica. Il podio del tempio era piuttosto alto rispetto al fronte stradale sul quale si affacciava: la preparazione pavimentale US 94, stesa su tutta la pars antica dell’edificio fa registrare una quota di 313,953 m s.l.m., mentre il sottostante livello del basolato del cardine massimo si trova ad una quota di 313 m. Purtroppo non si possono avere dati più precisi, per via del cattivo stato di conservazione della superficie della preparazione pavimentale del podio, ma ciò che emerge è che esso doveva essere alto più di 1 m dal piano stradale. Poiché il livello di preparazione alla quota della strada (US 126) è profondo 1,50 m, se si ipotizza che il podio, completo delle lastre pavimentali, spiccasse di 1,20 m dal piano stradale, si può pensare alla presenza di una scalinata costituita da 5 gradini, calcolando un’alzata media di 23 cm e una pedata di 30 cm.

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Fig. 3.10 Tempio ad alae, Periodo II, fase 1b

3.2.2 Elementi culturali

La ristrutturazione dell’ala sud del tempio ad alae va letta nell’insieme degli interventi urbanistici che riguardano l’area sacra in età giulio-claudia e non può essere compresa se non guardando a ciò che avviene nello spazio adiacente immediatamente a sud del tempio, dove si costruisce il complesso del tempio tetrastilo.116

La città verso la fine dell’età augustea e per tutto il I secolo d.C. si dota di edifici monumentali e vive un periodo di estrema floridezza grazie anche ad atti di evergetismo che dobbiamo immaginare

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51 per Sentinum come per le altre città non solo delle Marche, ma di tutta l’Italia, sulla spinta della politica augustea di rinnovamento e monumentalizzazione. Nel programma di rinnovamento urbanistico a Sentinum trova posto infatti la costruzione di un nuovo spazio sacro, accanto al tempio principale della città. Perché la nuova costruzione si inserisca in modo armonico nell’isolato rimasto libero tra il decumano massimo e il tempio ad alae, occorre modificare lievemente la planimetria del tempio già esistente. Ecco che l’ala sud dell’edificio allora viene abbattuta, uno strato di calce bianca la sigilla, e al di sopra, traslata di 60 cm verso Sud, viene rinnalzata. Questo modo di agire non deve stupire: un confronto si trova nel già citato tempio ad alae di Fiesole che è ricostruito in età sillana al di sopra del vecchio tempio della città, ricalcandone la pianta anche se in dimensioni maggiori. In ogni caso alcune delle vecchie strutture, rasate, furono utilizzate come fondazioni per i nuovi muri del nuovo edificio117.

A livello di tecnica costruttiva, l’utilizzo ingente dei piani di calce per la costituzione di un riempimento della fondazione regolare sul quale erigere il tempio pone alcuni problemi. Una tale abbondanza di calce può giustificarsi infatti solo con la presenza o nell’areale o al contrario al di fuori della città, di un centro di produzione, dunque di un impianto di fornaci da calce attive per soddisfare ai fabbisogni del cantiere. Siamo in un momento di grandi monumentalizzazioni urbanistiche a Sentinum, non solo nell’area sacra, ma in tutto il centro urbano, per cui bisogna ipotizzare l’esistenza di una o più calcare. Dove potesse essere la calcara non è dato sapere. Difficile, comunque, pensare che fosse installata sul luogo del cantiere di costruzione o nelle immediate vicinanze, dato che, come si diceva, Sentinum in età augustea e giulio-claudia vive la spinta alla sua massima urbanizzazione e monumentalizzazione. L’impianto di produzione della calce doveva allora porsi al di fuori della città, com’è documentato per altre realtà coeve, come la grande calcara del suburbio di Aquileia o le calcare di Lucus Feroniae, che rifornivano di calce Roma in età augustea118. La collocazione al di fuori della città di un impianto produttivo è in linea con la Lex Ursonensis della metà del I a.C. che mirava ad evitare incendi imponendo forti limitazioni all’interno della città: la lex Ursonensis in particolare regolamentava la produzione fittile, tuttavia doveva adattarsi anche alle calcare dato l’utilizzo, in entrambi i cicli produttivi, della fornace.119 E un’ulteriore calcara recentemente rinvenuta a Lucus Feroniae, a ridosso dell’area urbana, ma a poco più di 200 m dal foro, potrebbe essere messa in relazione proprio con la grande stagione di attività edilizie che a Lucus Feroniae si pone tra l’età augustea e quella neroniana.120 117 MAETZKE 1955-1956. 118 MAGGI, ORIOLO 2008. 119 MAGGIO, ORIOLO 2008, p. 244. 120 SAVI SCARPONI 2013, p. 10.

52 Pur non avendo dati sulla collocazione di una calcara per i grandi cantieri di Sentinum, sempre il confronto con la calcara di Aquileia può permetterci di ipotizzare che essa fosse installata lungo una viabilità importante, che nel caso di Sentinum è il diverticolo della via Flaminia che attraversava la città e lungo il quale potevano avvenire più facilmente le operazioni di trasporto sia della materia prima che del prodotto finito.

Le spoliazioni e distruzioni postantiche hanno risparmiato ben poco dell’apparato architettonico: si tratta di frammenti di ridotte dimensioni di trabeazione, di cornici architettoniche, cornici di rivestimento, capitelli. Troppo poco per poter ricostruire l’apparato decorativo, ma abbastanza per capire che non è in marmo, ma in pietra e che l’ordine impiegato è il corinzio.

Livelli di pulizia del tempio ad alae Frammento di cornice cassettonata n. inv 81727

Descrizione: Elemento di piccole dimensioni e decisamente frammentario: del kyma ionico rimane solo la porzione

inferiore e anteriore, ed è lacunosa la parte inferiore del frammento.

Decorato su tre lati. Si susseguono dall’alto verso il basso un kyma ionico a ovoli e sgusci alternati a lancette, listello, kyma di foglie continue, mensola. Gli ovoli non sono particolarmente distinti dagli sgusci e nell’elemento maggiormente conservato si nota una certa piattezza nell’esecuzione; la cuspide delle lancette termina a punta piena e nello spazio di risulta tra essa e gli sgusci un forellino determina chiaroscuro. Il kyma di foglie continue mostra 3 elementi particolarmente longilinei e lanceolati, distinti tra loro, di cui quelli angolari particolarmente arcuati nell’estremità superiore. La mensola è lacunosa, pertanto non se ne legge l’eventuale decorazione.

Confronti: il kyma ionico con ovoli non particolarmente distinti dagli sgusci e lancette terminanti a punta

piena si riscontra in un blocco di cornice angolare da Roma (MUSEO NAZIONALE ROMANO I, 3 Le sculture, n. I,9) nel quale gli ovoli poco scavati nel guscio orientano verso una datazione alla seconda metà del I secolo a.C.

Interpretazione: mensolina pertinente ad una cornice cassettonata.

Datazione: le caratteristiche di esecuzione del kyma ionico (ovoli non separati dagli sgusci, lancette a punta

piena) orientano verso una datazione all’età tardorepubblicana/augustea: solo più tardi infatti la lancetta viene sostituita da una freccetta.

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US 123

Capitello di lesena? Architrave? Cornice? n. inv

Descrizione: foglia d’acanto frontale

Il frammento si presenta fortemente abraso nella sua metà destra, nella parte superiore e lungo la costolatura centrale, dove si leggono appena accennate le nervature. Manca la parte inferiore.

La parte conservata tuttavia rivela poca accuratezza nella resa delle fogliette e delle nervature. Solo due occhi d’ombra profondi e allungati nella parte superiore danno profondità all’elemento distinguendo il lobo superiore dai laterali. Le singole fogliette sono larghe ma appuntite, quasi triangolari, ben distanziate le une dalle altre nella parte più esterna, mentre all’attaccatura non si coglie distinzione.

La foglia è stata staccata di netto dall’elemento architettonico del quale costituiva la decorazione: lo si evince dal taglio verticale netto operato sulla faccia posteriore del frammento (v. tabella cap. 6).

Confronti: analogo impiego di foglie d’acanto frontali sia nella sima della cornice che nelle mensole delle

cornici si riscontra nel tempio ad alae di Carteia, datato ad epoca augustea (BENDALA GALÁN, ROLDÁN GÓMEZ 2005 pp. 157-158, fig. 6). Le fogliette ricordano l’acanto presente su un frammento di capitello corinzieggiante da Roma (MUSEO NAZIONALE ROMANO I, 3, Le sculture, n. II,12) nel quale si riscontra sia la forma larga e appuntita, assimilabile ad un triangolino, delle singole fogliette che gli occhi d’ombra a goccia triangolari e obliqui.

Interpretazione: La foglia d’acanto, realizzata per una visione frontale, doveva appartenere ad un capitello di

lesena (cfr. fr. di capitello di lesena dal foro di Luni, (SCAVI DI LUNI 2, CM 2723), che ha analoga resa semplificata della foglia), ad un’architrave, ad una sima di cornice o ancora alla decorazione di una mensola. Il disegno molto semplice della foglia, che non mostra il raggruppamento in lobi delle fogliette laterali, si riscontra solitamente proprio sulle foglie di acanto che decorano cornici e mensole. Il cattivo stato di

conservazione del frammento, tagliato verticalmente sul lato posteriore, e incompleto nella sua parte inferiore non consente di appurarne l’eventuale curvatura dovuta al profilo ad S proprio delle mensole. D’altro canto, l’impiego di serie di foglie d’acanto a decorare l’architrave si riscontra ad esempio nella cella del tempio di Apollo in Circo a Roma (VISCOGLIOSI 1996, architrave 1.2.a p. 70)

Datazione: l’occhio d’ombra triangolare allungato e la resa morbida delle fogliette ogivali orientano verso una

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US 123

Frammento di fregio o di sima di cornice con anthemion n. inv 81701

Descrizione: Frammento di fregio o di sima di cornice con decorazione a palmetta (anthemion)

Il piccolo frammento conserva la parte finale di una palmetta: si nota la lamella centrale lanceolata a forma romboidale, mentre i due lobi laterali sono piatti e arrotondati, ben separati gli uni dagli altri; quello più basso presenta l’estremità tondeggiante particolarmente prominente. La lancetta centrale e i due lobi laterali adiacenti ad essa terminano alla stessa altezza, mentre non è raro trovare anthemia nei quali la lancetta è più sviluppata. Il frammento, molto minuto di per sé, è ulteriormente abraso sul lato destro, dove si intravvede però la traccia di un caulo che nella sequenza decorativa del fregio doveva collegare la palmetta ad un altro elemento decorativo andato perduto, forse una palmetta rovescia o altri elementi come gorgoneia o foglie d’acanto.

Confronti: lo schema della palmetta richiama per la rotondità dei lobi a contrasto con la lamella lanceolata

centrale un fregio dalla trabeazione del Grande Mausoleo di Aquileia, nel quale si alternano palmette dritte a palmette rovesce e gorgoneia, unite da cauli a S (CAVALIERI MANASSE 1978 n. 45 a). Nonostante l’esiguità del frammento, sembra che la palmetta sia piuttosto tozza, rispetto ad altri esempi in cui i lobi risultano molto più affusolati e distinti gli uni dagli altri (ad es. anthemion su un blocco di cornice n. II, 28 MUSEO NAZIONALE ROMANO, I, 3 Le sculture, datato al primo quarto del I secolo d.C. e anthemion su capitello corinzieggiante n. II, 12, MUSEO NAZIONALE ROMANO, I, 3 Le sculture, datato ad età

tardoaugustea, nel quale i singoli lobi, molto allungati e separati tra loro, si avvicinano al nostro esemplare per la terminazione molto tondeggiante).

Interpretazione: frammento di fregio della trabeazione del tempio ad alae, oppure di sima di cornice. Le

dimensioni esigue del frammento e della decorazione non consentono di appurarne l’esatta natura.

Datazione: il confronto con il fregio del mausoleo aquileiese orienta per una datazione all’età augustea.

US 123

Frammento di lastra di soffitto n. inv 81704

Descrizione: superficie liscia con una sottile rifilatura lungo i lati dritti. Nell’angolo una rosetta a 4 petali larghi e

piatti, tendenzialmente cuoriformi, e bottone semisferico. I petali presentano una lievissima costolatura centrale e sono ben separati gli uni dagli altri e dal bottone centrale. Non sono precisamente identici per dimensioni l’uno con

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l’altro. I petali non sono particolarmente rilevati, mentre il bottone, per quanto semisferico, appare tuttavia piuttosto schiacciato.

Il frammento, segato obliquamente, non consente di apprezzare nel complesso l’intera decorazione dell’elemento, di cui la rosetta costituiva uno degli elementi angolari.

Confronti (suddivisi per elementi decorativi): il rilievo basso, pur se ben distinto, della rosetta trova un

confronto in un analogo esemplare da un pilastro di capitello da Cuma (HEINRICH 2002, n. S2), il quale però presenta i 4 petali, appena distinti da una sottile incisione, tanto che il fiore è assimilabile ad una forma circolare: le irregolarità riscontrabili invece sulla rosetta del nostro esemplare danno un’impressione di maggiore naturalismo nella resa.

Interpretazione: elemento angolare di lastra di soffitto. Più precisamente potrebbe trattarsi dell’angolo di un

cassettone quadrato decorato con un rombo centrale, negli spazi di risulta del quale sarebbe inserita la rosetta secondo uno schema piuttosto diffuso di cui si ha testimonianza in un cassettone frammentario di cornice in travertino da Roma (MUSEO NAZIONALE ROMANO, Le sculture, I, 7, n. XIV, 21), datato alla prima età augustea e di un blocco di soffitto a cassettoni da Roma, via Garibaldi, nel quale è ben esemplificata questa pratica (MUSEO NAZIONALE ROMANO, Le sculture, I, 7, n. XV, 43), datato alla I metà del I secolo d.C. Analoga soluzione si trova anche su un soffitto di cornice dal portico di Gaio e Lucio (MATTERN 2001, I.19, taf. 11) anche se in questo caso nello spazio triangolare di risulta è inserito un fiore a cinque petali.

Se così fosse, si spiegherebbe la frattura intenzionale lungo il lato obliquo del frammento.

Datazione: fine I secolo a.C. – inizi I secolo d.C.

Livelli di pulizia del tempio ad alae Capitello corinzio

n. inv 81731

Descrizione: frammento di caulicolo di capitello corinzio. Si conserva la parte superiore, percorsa da lunghe

foglioline parallele concave, morbide nell’esecuzione, più simili a baccellature, dall’estremità tondeggiante, separate da una lieve incisione che determina un’ombra triangolare in prossimità dell’orlo. Impossibile dire se si tratti di foglie dall’andamento diritto oppure lievemente tortile (sul modello, ad esempio di un esemplare da Pompei, tempio della Fortuna Augusta, I secolo d.C.: HEINRICH 2002, n. K7d). Sul breve collarino lievemente convesso e liscio, e indistinto dal caulicolo, si imposta l’elice, completamente abrasa.

Il frammento risulta staccato di netto dal corpo del suo kalathos : si tratta di una rottura intenzionale da attribuire alle attività del cantiere di distruzione installato nel tempio ad alae

Confronti: l’estremità tondeggiande delle foglie lunghe che corrono lungo il caulicolo, e la loro lieve e

morbida concavità trovano un confronto in un capitello corinzio dal duomo di Grado (SCRINARI 1952, n.15) datato a fine I secolo a.C., anche se in questo esemplare le zone d’ombra che creano nella parte terminale sono separate dal collarino del caulicolo, a differenza che nel nostro esemplare, dove esso non risulta distinto. Un altro confronto si può leggere in un capitello di lesena dall’augusteo di Pozzuoli (HEINRCH 2002 n. K8), anche se le zone d’ombra tra le foglie del caulicolo sono meno profonde e il collarino è distinto.

Interpretazione: caulicolo pertinente al kalathos di un capitello corinzio. Le dimensioni, esigue per quanto

riguarda il frammento, fanno invece intendere che il frammento doveva essere pertinente ad un capitello di grandi dimensioni pertinente alla fronte del tempio.

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Livelli di pulizia del tempio ad alae Capitello corinzio

n. inv NULL 4823

Descrizione: traccia della voluta, del calice dell’orlo del calulicolo sinistro di un capitello corinzio. La foglia

d’acanto aderente alla voluta che, secondo lo schema consueto, doveva sporgere dal caulicolo, è stata scalzata di