3.4 La salute riproduttiva delle donne immigrate in Italia
3.4.3 Interruzione volontaria di gravidanza
L'interruzione volontaria di gravidanza in Italia è regolata dal 1978 dalla nota Legge 19420, legge discussa e dibattuta, spesso al centro di un controverso di-
scorso pubblico. Al momento della sua stesura, la legge si proponeva il duplice ambizioso obiettivo di porre ne alla piaga dell'aborto clandestino, che ogni anno mieteva vittime su tutto il territorio nazionale e al contempo mettere al
20Legge 22 maggio 1978, n. 194 Norme per la tutela sociale della maternità e sull'interruzione
volontaria della gravidanza (Pubblicata sulla Gazzetta Uciale Gazzetta Uciale del 22 maggio 1978, n. 140)
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ANNO ITALIANE STRANIERE % TASSO STIMATO STRANIERE
1995 118116 8967 7,1 27,4 1996 127700 9850 7,1 29,1 1997 119292 11978 9,1 26,4 1998 123728 13826 10,1 28,7 1999 118818 18806 13,7 30,5 2000 111741 21201 15,9 ND 2001 106166 25094 19,16 ND 2002 101314 29263 22,4 ND 2003 91275 31836 25,9 ND
Tabella 3.2: IVG per cittadinanza (Italia 1995-2003) Fonte: ISS, ISTAT e Ministero della Salute
centro la donna e la sua facoltà di scelta in materia di riproduzione. I dati a nostra disposizione per quanto riguarda l'interruzione volontaria di gravidanza (IVG) provengono direttamente dall'ISTAT, che richiede la compilazione di un modello (Modello D12) ad ogni intervento di interruzione eettuato dalla strut- tura ospedaliera, pubblica o privata. I dati raccolti, relativi alle caratteristiche socio-demorgache delle donne, allo stato di salute, alle zone di provenienza vengono poi periodicamente analizzati e presentati al Ministero della Salute, che annualmente ne fa relazione al Parlamento.
Una ricerca dell'Istituto Superiore di Sanità (ISTISAN et al., 2005) condotto nel 2004 in quattro regioni italiane (Emilia Romagna, Piemonte, Lombardia e Lazio) e pubblicata nel 2005 sul Rapporto annuale ha raccolto e analizzato dati sull'interruzione volontaria di gravidanza di donne straniere, fenomeno che già aveva destato l'attenzione dei medici e degli studiosi alla metà degli anni Novanta. Negli ultimi anni, infatti, il graduale decremento del ricorso all'aborto da parte delle donne italiane è stato mascherato dal grande contributo della popolazione femminile straniera, il cui tasso di abortività è cresciuto di anno in anno, e presenta una partecipazione al fenomeno di almeno tre volte maggiore rispetto alla popolazione italiana.
Lo studio dell'ISS, volto ad approfondire le caratteristiche della popolazione straniera che ha fatto ricorso all'IVG registra una popolazione piuttosto gio-
vane, per il 64% 21 composta da donne sotto i 30 anni; la maggior parte delle
donne è coniugata o vive con il partner, il 64% è già madre, il 70% ha almeno un glio all'estero.22
Tra le donne intervistate solo il 7% ha dichiarato di non essere occupata in un'attività lavorativa per scelta: il 25% ha dichiarato di essere in cerca di un'occupazione, il 44% di essere occupata nel settore della cura. Un dato interessante è ancora quello che riguarda la permanenza in Italia: oltre la metà delle donne che hanno ricorso all'IVG erano arrivate sul territorio da meno di due anni; il 41% delle donne non era in possesso di un regolare permesso di soggiorno. Riporto, in citazione, i proli emersi da questa ricerca, come possibili situazioni di rischio
1. donne a elevata precarietà sociale, tendenzialmente giovani, ar- rivate in Italia nell'ultimo anno, senza permesso di soggiorno, disoccupate e provenienti dalla Romania e dalla Nigeria; 2. donne lavoratrici impegnate in attività di assistenza familiare
(colf, baby-sitter, assistenti familiari), con un buon livello di istruzione, integrate, in possesso di permesso di soggiorno e in Italia da diverso tempo, prevalentemente sudamericane;
3. donne un po' meno integrate, più giovani e con un più basso livello di istruzione rispetto a quelle del prolo 2, nubili o sepa- rate, da poco tempo in Italia (1-2 anni), prevalentemente della Moldavia e dell'Ucraina;
4. inne, donne coniugate o conviventi, immigrate al traino del partner o della famiglia d'origine, di età più avanzata, casa- linghe o lavoratrici dipendenti (soprattutto cinesi e marocchi- ne).(ISTISAN et al., 2005)
21Anche qui il dato varia molto in riferimento alla provenienza geograca, il 79% delle nigeriane è
sotto i 30 anni , mentre il 51% delle cinesi presenta un'età avanzata.
22Anche in questo caso il dato varia per le donne provenienti dall'Africa: è nubile il 73% delle
58 Capitolo 3. Donne immigrate e salute
Il 56% delle intervistate ha dichiarato di non aver usato nessun metodo contraccettivo per evitare la gravidanza per cui poi ha fatto richiesta di IVG, il 26% si era adato a metodi poco ecaci (coito interrotto, metodi tradizionali). I dati nazionali del 2003 (elaborazione ISTAT su dati ISS) hanno rilevato che il 36% delle donne che hanno fatto ricorso all'IVG ha già avuto un abor- to in passato, mentre nella ricerca sopracitata viene evidenziato che il 50% delle intervistate aveva già avuto un'IVG in Italia. Un così forte fenomeno di recidività, anche se preoccupante perché sicuramente inuenzato da fattori socioeconomici legati alle condizioni di vita degli immigrati in Italia, è da con- siderare alla luce del fatto che molte delle donne provengono da paesi in cui i tassi di abortività sono molto superiori alla media italiana.
Sempre secondo questa ricerca sarebbero un terzo le donne che hanno deciso di abortire per problemi economici, dato che sale al 40% se consideriamo anche le donne che hanno motivato la loro scelta con la paura di perdere il posto di lavoro. Sono dunque le condizioni materiali, oltre al fatto di avere già dei gli
23, le motivazioni più diuse che spingono le donne immigrate a fare ricorso
all'aborto assistito.
Una ricerca (Farina and Ortensi, b) eettuata dai docenti dell'Università di Milano Bicocca sulla provincia di Milano conferma che più alti livelli di aborti- vità si hanno tra le nazionalità dove the rst generation female worker model è più diuso, dove quindi è emergente il fenomeno delle immigrate lavoratrici sole che aprono per prime il canale migratorio. È il caso dell'Est Europa, dell'A- merica Latina e della Nigeria. Spesso, oltre alle motivazioni universali (l'età, il non trovarsi in una situazione idonea alla crescita di un bambino), sono proprio le condizioni sociali ed economiche legate allo status di immigrate che spingono le donne a questa scelta. Le condizioni di lavoro, la precarietà dell'impiego e di conseguenza del soggiorno, la mancanza di diritti connessa alla condizione di irregolarità, il disagio abitativo e familiare, il depauperamento delle relazioni
23Anche questa motivazione dà da pensare; rimanda infatti ad un immaginario in cui l'interruzione
volontaria di gravidanza viene usato come regolatore della fertilità ad ultima ratio e non come scelta. L'Ivg in questi casi è spesso richiesta da donne che hanno già raggiunto il numero di gli desiderato, che convivono già con i gli o che magari li hanno lasciati nel paese d'origine e non desiderano formare un nuovo nucleo familiare.
Motivazioni % problemi economici 34,2 Perdita del lavoro 5,1 Non volere gli 3,8 Non volere altri gli 28,2 Paura dei genitori 3 Paura di essere giudicata male 2,2 Dicoltà con il partner 9 Paura maternità e parto 4,5
Altro 9,6
Non risponde 0,5
Tabella 3.3: Motivazioni dichiarate interruzione volontaria di gravindanza. Rapporto Istisan 2005
sociali e il senso di isolamento sono tutti fattori che inuiscono sul desiderio di portare avanti una gravidanza. Riprenderemo in seguito, in fase di analisi delle interviste quest'ultimo punto, cardine sul quale si basa il lavoro svolto per la stesura di questo elaborato.