LE POLITICHE PER L’IMPRENDITORIA FEMMINILE
2.4 Interventi a livello italiano
In Italia si giunge alla costruzione di un ambiente istituzionale favorevole all’imprenditorialità femminile grazie all’entrata in vigore della Legge Nazionale n. 215 del 25/02/1992: Azioni positive per l’imprenditoria femminile.
Tale intervento legislativo si pone la finalità di favorire e promuovere la creazione e lo sviluppo dell’imprenditoria femminile anche in forma cooperativa; di promuovere la formazione e di agevolare l’accesso al credito delle donne imprenditrici oltre che di far crescere la loro partecipazione nei settori più innovativi. Le agevolazioni previste sono nelle forme di contributo in conto capitale fino al 50% delle spese affrontate dalle aziende per impianti ed attrezzature per l’avvio; contributi fino al 30% delle spese sostenute per l’acquisizione di servizi destinati alla crescita della produttività ed all’innovazione organizzativa. Per far fronte a tale incentivazione economica è stato istituito il Fondo nazionale per lo sviluppo dell’imprenditoria femminile, i cui beneficiari sono società di persone e di capitali, cooperative e ditte individuali dirette da donne (in questo caso non si fa riferimento a particolari categorie di utenza).
Tra gli aspetti innovativi introdotti dalla legge, assume rilievo la costruzione di un apposito Comitato per l’imprenditoria femminile, con compiti di indirizzo e programmazione generale, composto dai ministri dell’Industria, del Lavoro, dell’Agricoltura, del Tesoro, oltre che da un rappresentante degli istituti di credito.
I Comitati sorti negli ambiti camerali a livello territoriale, possono e
parti sociali dialogano e si confrontano per poi concertare e condividere strategie comuni d’intervento per sostenere la nascita di una nuova imprenditoria, dando attuazione ad una strategia di tipo globale e valutando sotto ogni aspetto tutte le problematiche connesse al ruolo dell’imprenditoria femminile.
Ad esempio, l’informazione è scarsa, spesso parziale e non circolante. Inoltre, non basta far circolare l’informazione; questa deve essere di qualità ed è proprio questa una delle funzioni prevalenti del Comitato. Deve consentire, infatti, alle rappresentanti locali delle categorie imprenditoriali di creare una rete d’interscambio e di confronto anche a livello decentrato, favorendo l’intervento territoriale e la sua qualificazione.
La strada che viene percorsa è quella della promozione, del sostegno e dell’accompagnamento delle donne, per incoraggiare quella voglia d’impresa che spesso fatica a manifestarsi.
Inoltre le Camere delle regioni italiane hanno risposto positivamente alla chiamata del Protocollo Ministero dell’industria e Uniocamere e presso di esse operano i relativi Comitati per la promozione dell’imprenditorialità femminile.
I Comitati così costituiti agiscono all’interno di un’architettura di rete: network di lavoro al cui interno le componenti interagiscono, si confrontano ed interscambiano, mettendo a fattor comune, le esperienze più positive e rilevanti, in uno sforzo corale di integrazione e condivisione di capacità, risorse, tecniche professionali ed intenti.
La legge 215/92, essendo nazionale, sostiene l’intero territorio, ma con differenze di impatto, anche piuttosto rilevanti, rispetto alle diverse aree geografiche.
A questo va aggiunto, che si generano grandi aspettative nei confronti della legge, che, però, possono poi essere soddisfatte solo in parte rispetto alle domande pervenute.
Per quanto riguarda le difficoltà di accesso al credito ed il conseguente ricorso a risorse economiche familiari e/o personali, aspetti che da sempre vengono considerati nodali per l’impresa femminile, va ridimensionata la loro valenza, contestualizzandole nella tendenza generale delle imprese a ricorrere all’autofinanziamento. Infatti, secondo il rapporto annuale 2002 dell’Istat: “Nel biennio 2000-2001 oltre metà delle imprese investitrici ha finanziato l’investimento con mezzi propri. Più in particolare, per oltre un terzo delle imprese questo canale di finanziamento ha assunto grande rilevanza. La diffusione dell’autofinanziamento è significativa a prescindere dalla classe di addetti; tuttavia, al crescere della dimensione delle imprese aumenta significativamente la diversificazione delle modalità di finanziamento” (Annuale Istat, 2002: 152).
A completamento della costruzione di un ambiente giuridico-istituzionale favorevole all’imprenditorialità femminile, intervengono tutte le leggi ed iniziative in favore della creazione d’impresa oltre quelle a loro specificatamente indirizzate.
Inoltre, un fondamentale ruolo hanno le associazioni di rappresentanza degli interessi, le agenzie centrali e territoriali di sviluppo e formazione. Esse costruiscono una rete territoriale di diffusione delle informazioni sugli incentivi e sulle opportunità, sull’orientamento e sul sostegno a carattere consulenziale nel passaggio dalla formulazione di un’idea imprenditoriale al progetto d’impresa ed all’avvio dell’attività ed
Secondo il monitoraggio della strumentazione legislativa a sostegno della creazione d’impresa realizzato dall’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile, il periodo 1998-2000 registra un interessante fermento di iniziative legislative in favore della creazione d’impresa, che risentirebbe delle strategie comunitarie e della programmazione del Governo italiano nel rilancio delle politiche di sviluppo economico.
Inoltre, le norme risultano essere coerenti con le indicazioni comunitarie rispetto ai beneficiari degli interventi, dando priorità ai gruppi sociali con maggiori difficoltà di inserimento lavorativo come i giovani e le donne.
Purtroppo, la concreta attuazione della normativa, è stata possibile solo alcuni anni dopo la sua emissione. Dopo 5 anni dall’entrata in vigore della 215/92 è stato emanato il relativo regolamento di attuazione, anche in conseguenza del fatto che la Commissione Europea, in applicazione della disciplina degli aiuti di Stato, aveva avviato un iter, che si è chiuso con la definizione di un regime di benefici limitati alle piccole imprese, non cumulabili con altri aiuti, di intensità relativa e compatibile con indicatori standard.
Il primo bando per partecipare all’assegnazione dei fondi, è stato pubblicato solo nel 1997. Complessivamente, ad oggi, sono stati emanati 5 bandi, l’ultimo dei quali, nel 2002, ha previsto l’erogazione di 134 milioni di euro da parte del ministero e di circa 20 milioni di euro da parte delle regioni, cifra decisamente inferiore a quella impegnata nel bando precedente.
Le imprenditrici, in effetti, continuano a lamentare l’inadeguatezza dei finanziamenti, i costi di presentazione delle domande troppo elevati, i ritardi nella definizione delle graduatorie delle domande agevolate e nell’erogazione dei finanziamenti. Da più parti è stata invocata una revisione della legge 215/1992, soprattutto per ottenere una capacità maggiore di orientamento degli investimenti sul territorio.
In effetti, il nuovo regolamento attuativo introdotto nel 2000 ha posto la corresponsabilità delle regioni, sia in termini finanziari sia gestionali e programmatici delle agevolazioni. Responsabilità, peraltro, oggi pienamente accettata dagli enti regionali che in effetti, negli ultimi anni, sono intervenuti direttamente a sostegno dell’imprenditoria femminile, non solo con fondi, ma anche con leggi e programmi propri.
Il I° Rapporto nazionale sulle imprese femminili permette di fare una valutazione della legge 215/1992, basandosi sull’analisi comparata dei risultati relativi ai primi 4 bandi, avendo presente che tra i primi tre ed il quarto è intervenuto un elemento di discontinuità rappresentato dal nuovo regolamento del 2000, appena citato.
Prima di tutto, si deve rilevare l’altissimo numero di domande presentate in occasione del quarto bando (quasi 27.000), un vero e proprio aumento, che le vede quasi raddoppiate rispetto a quelle conteggiate globalmente nei primi tre. Anche la percentuale delle domande approvate cresce, passando dall’80% dei primi tre bandi, all’84% del quarto.
Le richieste che hanno ottenuto un contributo sono state, però, meno di un quarto di quelle ammesse, con una differenza piuttosto esigua tra i primi bandi ed il quarto. In effetti, anche se i fondi stanziati sono
agevolate non ha variato né la percentuale delle richieste finanziate, né l’investimento medio agevolato, che anzi è risultato decrescente.
Si registra invece, un leggero incremento dell’agevolazione media che per il quarto bando è pari a poco più di 50.000 euro, rispetto ai 440.000 circa fatti registrare nei primi tre (David, 2006).
In conclusione la legge 215/92 concerne azioni positive per l’imprenditoria femminile ed è nata per promuovere l’eguaglianza sostanziale e le pari opportunità per uomini e donne nell’attività economica ed imprenditoriale.
Tale legge rientra in una strategia che considera la risorsa femminile fondamentale per lo sviluppo del paese, che vede nella vitalità e nel dinamismo della componente femminile e nel panorama economico e sociale una potenzialità, una risorsa ancora inespressa su cui è necessario continuare ad investire, un motore dell’economia, dello sviluppo non solo economico ma anche e soprattutto sociale.
Tuttavia, non si può parlare di imprenditoria femminile solo in vista del bando della legge 215/92, né legarla esclusivamente agli incentivi economici, contribuendo in tal modo a renderla, nell’opinione collettiva, marginale rispetto all’intero mondo imprenditoriale.
Nonostante la legge 215/92 resti il principale strumento di sostegno finanziario specificamente rivolto all’imprenditoria femminile a livello nazionale, negli ultimi anni si deve registrare un ampliamento dell’offerta legislativa in favore della creazione d’impresa in genere, proveniente in particolare dagli enti locali.
Nel 2000 erano attive, nel nostro paese, ben 96 leggi a sostegno della creazione d’impresa di cui 8 nazionali, 13 provinciali e 3 comunali.
La maggior parte di tali normative non sostiene la creazione di nuove imprese, ma costituisce un mezzo di supporto per il rafforzamento di quelle già esistenti; la tipologia di agevolazioni mette al primo posto quelle di tipo finanziario, in particolare, contributi a fondo perduto.
In un quinto circa dei casi le norme prevedono priorità per le donne, anche se non sono previsti criteri e modalità che tengano conto della specificità femminile del fare impresa. I finanziamenti agevolati, ad esempio, prevedono di solito la richiesta di garanzie patrimoniali personali. Il profilo di coloro che avrebbero l'intenzione di presentare ricorso ai dispositivi di sostegno alla creazione d’impresa mostra in maggioranza soggetti, uomini e donne, deboli per quanto riguarda le competenze d’impresa, sopratutto a causa di un percorso formativo inadeguato. Anche in questo caso, quindi emerge la necessità di realizzare oltre al supporto finanziario, un’offerta di servizi di accompagnamento articolati e personalizzati, per diminuire il rischio di mortalità dell’idea imprenditoriale avviata. L’Osservatorio per l’imprenditorialità femminile, in particolare ha riscontrato, che la maggior parte di tali misure non sono sufficienti a sostenere e valorizzare le “Idee che le donne mettono in campo […] consentendo l’avvio di iniziative imprenditoriali negli ambiti produttivi e nelle forme che le donne ritengono opportune”
(Considerazioni e raccomandazioni conclusive, in Osservatorio per l’imprenditoria femminile, 2000).
Inoltre anche in Italia, oggi è presente un ampio e diversificato patrimonio di esperienze a sostegno delle imprese femminili, prodotto e gestito, in gran parte, dalle associazioni di categoria. Abbiamo già avuto
Non meno interessanti sono esperienze analoghe, spesso legate all’avvio dei Comitati provinciali per la promozione dell’imprenditoria femminile od alla nascita di specifiche associazioni femminili, che hanno come finalità quella di un migliore inserimento delle donne nel lavoro e nei percorsi di carriera. Pur se si tratta di esperienze spesso confinate in ambiti provinciali o regionali, esse mostrano tuttavia, nella loro globalità, una modesta diffusione sul territorio nazionale, specialmente nella forma di sportelli informativi e di proposte di servizi di formazione e sostegno per la creazione d’impresa.
Più di recente, si registra la nascita di numerosi siti telematici legati al tema dell’imprenditoria femminile, anch’essi con l’obiettivo di informare ma anche di collegare, nella forma di network, imprese e imprenditrici8. Un’altra interessante linea di sviluppo di servizi relativi all’imprenditoria femminile, è quella offerta dagli Osservatori regionali o provinciali per l’imprenditorialità femminile, nati grazie alla nuova capacità informativa proveniente dai dati delle camere di commercio che, partendo dall’obiettivo di fornire dati statistici aggiornati sul fenomeno, sono degli imprescindibili strumenti di analisi per il policy making locale.
Infine, occorre registrare l’avvio, anche in Italia, sulla scorta delle esperienze europee già citate, dell’implementazione di un nuovo servizio rivolto alle imprenditrici, rappresentato dal mentoring (David, 2006).
CAPITOLO 3