3.3 INTERVENTI PUBBLICI A FAVORE DELLE STARTUP 77
3.3.2 INTERVENTI DI POLITICA PUBBLICA A FAVORE DELLE IMPRESE PRIMA DEL 2012 84
In questo paragrafo verrà presentata la strategia di politica pubblica italiana a sostegno dell’imprenditorialità innovativa elaborata ed implementata a partire dagli anni 1960 fino al più recente anno 2012. Si specifica che prima che fosse riconosciuta legalmente la startup innovativa non c’erano misure dirette a questa tipologia di impresa ma provvedimenti rivolti ad un più ampio spettro di aziende di cui le startup, nell’accezione in cui le conosciamo oggi,
indirettamente beneficiavano.
Nel prosieguo della trattazione verranno presentate le caratteristiche salienti della politica messa in atto senza citare i singoli interventi e disposizioni legislative.
A tale fine verranno riportati i risultati di due studi condotti da ricercatori italiani attraverso cui sarà possibile approfondire le specifiche della politica italiana a supporto dell’innovazione e delle imprese innovative. Vedremo in particolare come mai essa viene definita:
• Orizzontale, ovvero si sostanzia in provvedimenti che inglobano diverse tipologie di imprese, non rivolti a determinate classi di imprese, come ad esempio startup.
• Diretta: vengono concessi in maggior misura finanziamenti e conferimenti monetari rispetto ad incentivi indiretti, come agevolazioni fiscali.
• Automatica: le imprese che soddisfano determinati requisiti prefissati risultano beneficiarie delle misure previste. L’assegnazione automatica si contrappone a quella selettiva, che si basa sul principio secondo cui la concessione di fondi avviene sulla base della performance aziendale e delle caratteristiche specifiche dell’impresa.
• Diffusiva: la politica italiana in materia di innovazione è affidata prevalentemente alle amministrazioni pubbliche regionali e locali.
Il primo studio di cui si riportano i risultati è quello condotto dai ricercatori del Politecnico di Milano L. Grilli e M. Colombo (2006) sulla base di un campione di 507 startup (che loro definiscono NTBF, New Technology Based Firms) italiane fondate tra il 1980 e il 1990, che operano nei settori manifatturiero e terziario e che utilizzano tecnologie avanzate. Questi ricercatori hanno studiato la distribuzione settoriale e regionale delle imprese facenti parte del campione che hanno beneficiato di agevolazioni o finanziamenti pubblici e secondo quali criteri questi sono stati assegnati.
Per prima cosa gli studiosi hanno classificato gli interventi pubblici messi in atto in Italia tra l’anno 1965 e il 2001, osservandone i cambiamenti avvenuti nel corso degli anni. Le variabili di classificazione, riportate nella tabella 11, sono le seguenti:
-‐ Obiettivo principale della disposizione di legge: si effettua una classificazione degli interventi pubblici in base a tre macro-‐obiettivi, a)investimento in R&S; b)investimento di tipo generico (impianti, attrezzature, impiego del personale; c)aree geografiche depresse (il Mezzogiorno).
-‐ Metodo di selezione e valutazione delle imprese destinatarie del provvedimento: si distingue tra il metodo automatico (risultano beneficiarie di un provvedimento le imprese che possiedono tutti i requisiti necessari per essere elette) ed il metodo selettivo, che si fonda su una attenta e ragionata valutazione e selezione di applicants meritevoli in base a criteri predefiniti. In questo caso l’autorità nazionale nomina degli esperti in grado di fare uno screening in base a delle indicazioni e dei requisiti.
-‐ Strumento principale: le misure vengono valutate in base alla modalità con cui si attuano, ovvero attraverso benefici o incentivi di tipo fiscale oppure contributi di tipo monetario.
-‐ Target di imprese a cui si rivolgono: la distinzione avviene in questo caso tra la popolazione generica delle imprese e le piccole medie imprese di recente costituzione, di cui le startup rappresentano un sottoinsieme.
Tabella 11. Tassonomia delle tipologie di interventi governativi rivolti alle NTBFs in Italia dal 1965 al 2001. Fonte: Colombo & Grilli (2006, pag. 194)
In riferimento alla prima variabile, ossia l’obiettivo principale degli interventi, è possibile notare che c’è una netta prevalenza di misure di tipo generico piuttosto che mirato, che riguardano vari aspetti dell’attività imprenditoriale (acquisto macchinari, ampliamento, impiego) e non si focalizzano su un campo specifico (investimento in R&S). Si osserva, considerando l’intero range temporale, che c’è un bilanciamento tra l’adozione del metodo di valutazione automatico e quello selettivo anche se a partire dall’anno 1995 il secondo ha soppiantato il primo. In riferimento alla terza variabile, lo strumento di intervento, si rileva che storicamente i legislatori hanno preferito adottare lo strumento diretto, ovvero la concessione di finanziamenti. Solamente a partire dagli anni 1990 le misure indirette, come le agevolazioni fiscali, hanno preso piede al pari delle misure dirette. Venendo infine al target a cui gli interventi sono mirati si osserva che la maggior parte di essi, 17, supportano tutte le tipologie di imprese, mentre 11 sono specificamente rivolti alle piccole-‐medie imprese o incentivano la nascita di nuove imprese.
Dopo aver classificato gli interventi pubblici tra gli anni 1960 e 2000 si approfondiranno ora aspetti quali la distribuzione settoriale e territoriale delle imprese facenti parte del campione che hanno ricevuto finanziamenti. Lo scopo dello studio è di capire gli effetti che le politiche generiche implementate in
Italia, non rivolte specificamente alle startup, hanno avuto su quest’ultime. In particolare ci si chiede se le startup hanno beneficiato indirettamente dei provvedimenti emanati e soprattutto da quali tipologie di interventi hanno tratto vantaggio in misura maggiore.
La tabella 12 presenta la composizione del campione per settore e area geografica. La seconda colonna indica il numero di imprese che hanno ricevuto almeno una volta finanziamenti pubblici diretti, mentre la terza colonna la percentuale delle imprese finanziate sul totale. Si osserva che in tutto 123 imprese (24% del campione) hanno ricevuto fondi pubblici e la distribuzione settoriale è piuttosto uniforme tra i diversi settori considerati, ad eccezione di internet e TLC services e automation & robotics che mostrano delle percentuali più basse. Tale uniformità nella distribuzione può trovare spiegazione nella politica pubblica automatica, finalizzata ad obiettivi generali e non rivolta ad un target specifico.
Tabella 12. Distribuzione delle NTBF italiane per settore e area geografica. Fonte: Colombo & Grilli (2006)
Venendo ora alla composizione del campione per area geografica, si riscontra una percentuale molto elevata di imprese che hanno ricevuto finanziamenti nel sud Italia: le startup nel sud Italia costituiscono solamente il 12% del campione ma ben il 52% di esse ha ricevuto finanziamenti. Tale valore alto è dovuto ai numerosi schemi legislativi redatti specificamente per favorire lo sviluppo delle imprese nel Mezzogiorno.
Altro dato interessante è rappresentato nella tabella 13, ovvero la distribuzione delle imprese finanziate in base all’anno di età in cui è stata richiesta per la prima volta una sovvenzione pubblica.
Tabella 13. Numero delle imprese finanziate in base all'anno in cui è stato richiesto per la prima volta un finanziamento. Fonte: Colombo & Grilli (2006)
Considerato che la fase critica per la startup si manifesta nei primi 3 anni di vita, si osserva che il 64% delle imprese ha fatto domanda per ottenere dei finanziamenti pubblici a partire dal quarto anno dalla data di costituzione. Tale dato fa presupporre che vi siano degli ostacoli oggettivi che impediscono alle startup di conseguire dei fondi pubblici nei momenti in cui ne hanno più bisogno.
Lo studio si conclude con la distribuzione delle startup finanziate per tipologia di intervento pubblico, classificato sulla base delle variabili riportate nella tabella 11. Da questi dati si può desumere quali schemi di intervento hanno
impattato maggiormente e sono stati più efficaci per le startup innovative (tabella 14).
In riferimento all’obiettivo dei provvedimenti, si nota che le startup del campione hanno beneficiato maggiormente degli interventi rivolti a promuovere la R&S, che sono di maggiore interesse per le startup rispetto ad interventi di carattere generico, come ad esempio gli investimenti in impianti e macchinari.
La percentuale delle startup che sono ricorse a finanziamenti stanziati per il Mezzogiorno (depressed areas) è più bassa rispetto alle altre voci ma tutto sommato alta, se si considera l’esiguo numero delle startup presenti nell’area. Le startup hanno ricevuto finanziamenti in misura maggiore grazie all’adozione del metodo selettivo (63%) poiché probabilmente esse non soddisfacevano i requisiti patrimoniali richiesti con il metodo automatico.
Considerando lo strumento con cui sono stati espletati gli interventi pubblici, si osserva che le startup hanno beneficiato maggiormente di incentivi fiscali che di conferimenti monetari. Come visto precedentemente, le startup hanno avuto accesso ai finanziamenti diretti soprattutto a partire dal quarto anno di vita. Concludendo, si analizza l’ultimo criterio, ovvero il target di imprese a cui sono dirette le misure di intervento pubblico. La maggior parte delle startup (78%) è stata finanziata grazie a provvedimenti rivolti a tutte le imprese mentre solo un’esigua percentuale ha beneficiato di disposizioni previste esclusivamente per le PMI o le nuove imprese.
Tabella 14. Distribuzione delle startup finanziate in base alla variabili di classificazione degli interventi pubblici considerate nello studio condotto da Colombo & Grilli (2006)
Si introduce ora la seconda ricerca effettuata da Elena Cefis e Rinaldo Evangelista (Università di Bergamo e Utrecht University, Università di Camerino, 2007) avente come oggetto il confronto tra le politiche innovative messe in atto in Italia e in Olanda. Dallo studio, tralasciando la comparazione tra i due paesi, si ricaveranno informazioni utili ad approfondire ulteriori aspetti sulla politica italiana a sostegno dell’innovazione prima dell’anno 2012.
Lo studio si basa su dati elaborati dal CIS (Community Innovation Survey), un’indagine promossa dall’Eurostat che raccoglie le informazioni fornite dagli istituti nazionali di statistica sull’attività innovativa delle imprese europee. Le imprese oggetto dell’indagine avevano più di 9 addetti; pertanto, non si trattava di startup ma, dato che gli interventi pubblici in Italia nel periodo considerato erano rivolti alla generalità delle imprese, i dati si ritengono significativi anche per le startup che ne risultavano indirettamente influenzate.
La tabella 15 contiene le percentuali delle imprese innovatrici (che hanno introdotto almeno un’innovazione di prodotto o di processo nel periodo considerato) che hanno ricevuto un finanziamento pubblico (finanziamenti, agevolazioni creditizie o fiscali) di sostegno alle attività innovative nel triennio
1998-‐2000, suddivise per paese e settore.
Tabella 15. Imprese che hanno ricevuto un sostegno pubblico per l'innovazione (1998-‐2000; % imprese innovatrici). Fonte: Cefis & Evangelista su dati Eurostat 2004 (2007, pag. 250)
L’Italia emerge con una percentuale del 41%; si tratta di un indice elevato, secondo solo alla Finlandia. In tutti i paesi considerati le imprese manifatturiere hanno usufruito degli incentivi pubblici in misura maggiore rispetto alle imprese di servizi. Ciò è dovuto probabilmente alla natura degli incentivi pubblici, che favorivano maggiormente le attività di investimento e di R&S nel settore dell’industria.
Come visto all’inizio del paragrafo, la politica italiana a sostegno dell’innovazione viene definita diffusiva, che si contrappone a centralizzata. Gli incentivi pubblici, infatti, vengono concessi e gestiti principalmente dalle amministrazioni locali piuttosto che dalle autorità nazionali; in questo modo essi hanno carattere molto più capillare che in altri paesi europei. A conferma di questo concetto, la percentuale delle imprese innovative che nel triennio 1998-‐ 2000 ha ricevuto incentivi da amministrazioni pubbliche regionali e locali è pari al 22,6% mentre nel caso di finanziamenti erogati da amministrazioni pubbliche statali tale percentuale è pari al 16,6% (Eurostat, 2004).
Il modello politico italiano diffusivo trova giustificazione nel fatto che le piccole medie imprese di cui è costituito il nostro tessuto imprenditoriale difficilmente accedono a finanziamenti europei o nazionali. La barriera dimensionale è uno
dei motivi per cui si è scelto di decentrare la politica in materia di innovazione, delegando molti poteri, nonché fondi, alle amministrazioni locali.
Oltre ai programmi pubblici nazionali e locali, anche gli incentivi europei possono costituire per le imprese un’interessante fonte di sviluppo. La maggior parte dei finanziamenti europei di cui beneficia l’Italia sono in realtà rivolti alle regioni svantaggiate e vengono impiegati nelle imprese del Mezzogiorno. Le imprese italiane invece sono meno competitive nel richiedere i fondi messi a disposizione dal Quarto e Quinto programma quadro europeo per la ricerca, volti a sostenere le attività di R&S. Le imprese italiane, infatti, non presentano progetti di un livello di innovatività tale da passare il test di selezione per l’assegnazione dei finanziamenti.
La conseguenza è che i stanziamenti comunitari vengono impiegati nel sud Italia in attività a basso contenuto tecnologico, in quanto le startup qui presenti sono molto poche. Con questo modus operandi le imprese che realizzano innovazioni incrementali e di processo ottengono più facilmente contributi, a discapito di quelle che creano innovazioni di prodotto a maggiore tasso tecnologico, che sono presenti in numero minore in Italia.
Riassumendo, la politica italiana in materia di innovazione precedente al 2012 rapportata alle specificità delle startup presenta queste debolezze:
-‐ gli interventi che promuovono l’attività di R&S, che favorirebbero lo sviluppo delle startup e le aiuterebbero a realizzare molti progetti, sono minori dei contributi a carattere generico, rivolti ad esempio all’acquisto di macchinari;
-‐ i provvedimenti nazionali e comunitari a sostegno del Mezzogiorno assorbono molte risorse utili, sprecate in attività a basso contenuto tecnologico ed innovazioni incrementali, che non fanno crescere le regioni svantaggiate. Le startup qui sono un numero esiguo;
-‐ le imprese riescono ad ottenere dei fondi a partire dal quarto anno di età, troppo tardi per le startup, le quali necessitano di sostegno
finanziario soprattutto nei primi 3 anni di vita;
-‐ il metodo con il quale vengono concessi i contributi è automatico. I requisiti necessari per ottenere i finanziamenti sono gli stessi per tutte le imprese, indipendentemente dalla loro attività caratteristica, età e potenzialità di crescita;
-‐ non vi sono interventi specifici rivolti alle startup, che beneficiano indirettamente e con difficoltà di provvedimenti previsti per tutte le tipologie di imprese;
-‐ la politica automatica di concessione degli incentivi non valuta le reali potenzialità di successo delle imprese. Essa crea pericolosi effetti di sostituzione, in cui imprese inefficienti restano nel mercato, grazie agli aiuti statali, più al lungo di quanto permarrebbero in uno scenario normale;
-‐ la politica in materia di innovazione è affidata alle amministrazioni pubbliche regionali e locali che, non coordinate con quelle nazionali, non consentono la corretta canalizzazione di fondi nazionali e comunitari alle realtà imprenditoriali più interessanti.
CAPITOLO 4. L’ECOSISTEMA INNOVATIVO ISRAELIANO E LE
POLITICHE PUBBLICHE A SUPPORTO DELLE STARTUP
Nella classifica dei più importanti ecosistemi innovativi nel mondo, stilata da Compass e denominata Startup Genome Project (approfondita nel paragrafo 2.2.1), Tel Aviv si posiziona al quinto posto. Israele è un ambiente favorevole per chi vuole avviare attività imprenditoriali, in particolar modo a carattere tecnologico.
Questo capitolo è volto allo studio dei fattori che rendono il paese un ecosistema innovativo di successo; particolare attenzione sarà dedicata, tra questi, alla politica pubblica implementata negli anni a sostegno delle startup e dell’innovazione. Essa, come si vedrà nel prosieguo dell’esposizione, ha avuto un ruolo dominante nel trasformare il paese da inospitale e privo di risorse a tecnologico.
Dapprima verrà presentata l’economia israeliana dell’innovazione attraverso lo studio dei suoi elementi chiave: l’industria delle startup, l’investimento in R&S e la presenza di imprese straniere. Successivamente si farà un sintetico excursus sulla storia economica della nazione, dalla fondazione (1948) agli anni 1990. Dall’analisi emergerà chiaramente la funzione di pianificatore sociale ed economico assunta dallo Stato.
Al fine di comprendere la strategia perseguita dal governo a supporto delle startup e dell’innovazione, verranno descritti i progetti più importanti implementati nel corso degli anni. Lo scopo è di apprendere i punti di forza del modello politico israeliano, il quale può rappresentare una fonte di ispirazione per l’Italia.
Le principali qualità della politica pubblica israeliana sono la visione di lungo periodo e il legame tra amministrazioni pubbliche centrali e locali, elementi che mancano nel sistema italiano. Naturalmente non si pretende che il sistema pubblico israeliano, in quanto di successo, possa essere applicato indistintamente in qualsiasi ambito. La costituzione recente dello stato, le ondate migratorie, l’instabilità politica sono alcune delle condizioni di contesto che non si trovano in Italia, come in molti paesi. Sarebbe pretenzioso e
soprattutto non oggettivo considerare la politica pubblica israeliana un modello esemplare e ovunque replicabile. Dallo studio del caso israeliano si apprenderanno piuttosto delle linee guida e degli atteggiamenti propositivi da adottare nel nostro paese.
Il governo israeliano ha sempre reagito prontamente a situazioni economiche e sociali critiche, considerandole opportunità di crescita. A tale proposito, Karni Flug e Michal Strawczynski del dipartimento di ricerca della Banca di Israele hanno condotto uno studio sui cicli di crescita del paese dall’anno 1960 al 2007 ed affermano, grazie a vari modelli di regressione, che i periodi di espansione economica sono stati in larga parte influenzati da shock esogeni (ondate di immigrazione, apertura dei mercati, Intifada) (Flug & Strawczynski, 2007).
4.1 BREVE INTRODUZIONE ALL’ECONOMIA E ALLA STORIA DI ISRAELE
Sin dalla costituzione dello stato, avvenuta nell’anno 1948, l’economia israeliana ha conosciuto tassi di sviluppo esponenziali. Tra il 1950 e il 1955 il Pil è aumentato del 13% all’anno (Senor & Singer, 2009, pagina 113). Nel decennio 1990-‐2000 la crescita si è attestata su una percentuale del 5,9, restando comunque superiore alla media del 2,7% registrata nei paesi OCSE (organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economici) (Avidor, 2011, dati World Bank WDI data, pagina 14).
La figura 9 evidenzia l’andamento dei tassi di crescita del Pil israeliano e del Pil dei paesi OCSE nel ventennio 1990-‐2010 (la linea rossa rappresenta il Pil dei paesi OCSE mentre la linea blu il Pil israeliano). L’anno di maggiore progresso economico del paese, nel periodo considerato, è stato il 2000, seguito però da una brusca recessione. Escludendo gli anni 1997, 2001, 2002 e 2003, il Pil israeliano è sempre stato (nel periodo 1990-‐2010) pari o superiore al valore medio degli altri paesi sviluppati nel mondo. Con riferimento agli anni più recenti, l’OCSE prevede per il 2016 ed il 2017 una crescita del Pil israeliano del 3,25%, superiore alla percentuale di 2,6 registrata nel 2015 (inferiore rispetto alla percentuale media OCSE 2015 pari a 3) (ICE, 2015).
Figura 9. Crescita dei Pil israeliano e dei paesi OCSE tra il 1990 e il 2000. Fonte: Avidor (2011, pag. 15)
Ricardo Hausmann, direttore del centro di sviluppo internazionale di Harvard, afferma che Israele è uno dei 20 paesi nel mondo in cui è avvenuto un socio-‐
economic leap-‐frogging, ovvero una crescita economica tale da ridurre
repentinamente la disparità nella qualità della vita in confronto con altri paesi. Hausmann sostiene che nel caso di Israele il “leap”, ovvero il balzo nel tenore di vita dello stato, è avvenuto grazie alle esportazioni, caratterizzate da prodotti qualitativamente elevati e ad alto valore aggiunto in quanto tecnologicamente avanzati (Reut Institute, 2008).
I settori ICT (information and communication technology) e software sono cresciuti del 20% all’anno nel decennio 1990-‐2000, grazie ad un’esplosione nelle esportazioni pari al 525%; gli impiegati nei settori considerati sono passati da 31000 nel 1990 a 69300 nel 2000 (Avidor, 2011, pagina 16). L’incremento esponenziale nelle esportazioni ha determinato un aumento del Pil. Questo concetto viene evidenziato nella figura 10.
Figura 10. Esportazioni di prodotti software e ICT israeliani tra il 1990 e il 2000. Fonte: Avidor (2011, pag. 16)
In Israele ci sono, per 8 milioni di abitanti, 5000 startup high-‐tech di cui 3000 si trovano nella famosa Silicon Wadi, il polo tecnologico che si estende dalla città di Tel Aviv ad Haifa. Nell’anno 2000, in cui il tasso di crescita del Pil ha raggiunto un valore molto elevato, Israele era il paese con il più alto numero di imprese non statunitensi quotate nell’indice Nasdaq ed il maggior numero di startup pro-‐capite (Sanor & Singer, 2009, pagina 12).
L’apertura al mercato globale delle imprese israeliane è dovuta da una parte all’insufficiente domanda interna, dall’altra all’identità multiculturale della popolazione israeliana che, grazie alla mobilità tra Israele ed i paesi di origine, ha consolidato una vasta rete di relazioni che favoriscono lo scambio di conoscenze con i mercati esteri.
Va rilevato che il 46% degli investimenti in R&S realizzati in Israele proviene da multinazionali estere che hanno deciso di localizzare nel paese, incentivate da notevoli sgravi fiscali, i loro centri di ricerca e sviluppo. Il rapporto del CBS (Central Bureau of Statistics, istituto nazionale di statistica israeliano), che ha raccolto ed elaborato i dati afferenti agli investimenti in R&S effettuati in Israele, ha evidenziato che l’85% degli investimenti è di provenienza privata, maggiore rispetto alla media OCSE (pari al 60%), mentre solamente il 12,5% è
http://mefite.ice.it/CENWeb/ICE/News/ICENews.aspx?cod=72539&Paese=624 &idPaese=624). Di primo acchito si potrebbe pensare che l’esiguo investimento pubblico in R&S sia l’espressione di una cattiva politica pubblica. L’analisi del modello politico israeliano a sostegno dell’innovazione, oggetto del prossimo paragrafo, consentirà di confutare questo ragionamento ed avvalorare la tesi contraria. La preponderanza degli investimenti privati su quelli pubblici è