3.3 Essere straniere in Italia
3.2.2 Invecchiamento della popolazione e bisogni di caring: la necessità italiana d
Il consistente numero e la costante crescita di donne giunte in Italia a seguito di un ricongiungimento familiare o per un progetto migratorio autonomo ha portato, negli ultimi anni, a cambiamenti nel tessuto sociale del nostro Paese. Per renderci conto della portata di questo fenomeno è sufficiente esaminare i dati Istat: dal gennaio 2012 al gennaio 2017 le donne straniere residenti sul territorio italiano sono aumentate quasi
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del 23% passando da 2.160.521 a 2.642.899 (Figura 9). La presenza di immigrate si concentra, principalmente nelle regioni del Nord-Ovest (885.298), del Nord-Est (645.714) e del Centro (687.836), mentre nel Sud e nelle Isole (424.051) i numeri sono decisamente più esigui.
I dati Istat116 sui cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti sul territorio
italiano ci mostrano che su un totale di 3.931.133 soggiornanti il 49% sono donne (Tabella 2). Dai dati si nota, inoltre, come in questo caso la componente femminile prevalga per quanto riguarda le nazionalità non comunitarie europee (58%) e americane (62%), mentre la componente maschile prevale nei migranti provenienti dall’Africa (56,7%) e dall’Asia (53%).
Figura 9: Stranieri residenti in Italia (2012-2017)
Fonte: Istat, Stranieri residenti al 1° Gennaio 2017, http://stra-dati.istat.it/Index.aspx# (consultato il 18/11/2017)
116 Consultabili sul sito: https://www.istat.it/it/archivio/129854 (consultato il 2/12/2017)
0 2000000 4000000 6000000 8000000 10000000 12000000 2012 2013 2014 2015 2016 2017
Stranieri residenti in Italia 2012-2017
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Tabella 2:Cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti per area geografica al 1° gennaio 2016
Area Geografica Totale % Donne
Europa Centro-Orientale 1.152.225 58% Africa 1.227.781 43,3% Asia 1.140.920 47% America Settentrionale 39.869 61% America Centro-meridionale 367.072 63% Oceania 2.594 60,8% Apolidi 672 43,2% Totale 3.931.133 48,7%
Fonte: rielaborazione dati Istat, Cittadini non comunitari regolarmente soggiornanti.
In Italia concorrono diversi fattori a una forte richiesta di donne immigrate per lo svolgimento di compiti di domestici e di caregiver: socioeconomici e demografici (invecchiamento della popolazione, scomparsa della famiglia allargata, emancipazione del ruolo della donna117 e offerta di manodopera a costi contenuti) e un sistema di welfare “familistico” basato principalmente su trasferimenti di reddito e non sull’erogazione di servizi pubblici alla persona118. Questa incapacità di far fronte ai
bisogni di cura delle famiglie ha fatto sì che venisse reclutato un numero molto alto di lavoratrici straniere per svolgere a basso costo quei lavori domestici e di assistenza che erano eseguiti dalle italiane fino a pochi anni prima. Possiamo di conseguenza affermare che “l’emancipazione delle donne italiane dall’incombenza delle attività domestiche e di cura non retribuite, è stata ottenuta in molti casi delegando ad altre donne una parte dei compiti di cura delle persone e delle abitazioni119”.
Le donne straniere rispondono così alla domanda di lavoro, intraprendendo lunghi e difficili percorsi migratori, nella speranza di riuscire a perseguire un proprio progetto: “contribuire al ménage familiare, dotarsi di un patrimonio personale o inviare rimesse ai propri parenti120”.
117 Col trascorrere degli anni si è registrato, anche nel nostro Paese, un graduale allontanamento delle
donne dal ruolo di casalinga e di caregiver in favore di lavori remunerati fuori casa. L’aumento delle disponibilità finanziarie e il minor tempo a disposizione hanno comportato una crescente richiesta di assistenti domestiche.
118 M. Tognetti Bordogna, Op. Cit, 2012, p. 115. 119 M. Ambrosini, Op. Cit, 2011, p. 142.
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Gli extracomunitari impiegati nel mercato del lavoro italiano rappresentano l’8,4% del totale dei lavoratori: il 9,9% sono uomini e il 6,2% donne121. Prendendo in considerazione la distribuzione territoriale delle donne vediamo come queste lavorino principalmente in 4 regioni: Toscana (9,9%), Emilia Romagna (9,2%), Lombardia (7,9%) e Veneto (7,2%). I dati ci mostrano che la posizione delle donne all’interno del mercato del lavoro italiano è peggiorata notevolmente negli ultimi anni a causa della crisi economica. In questo contesto la probabilità di svolgere attività manuali non qualificate è aumentata notevolmente. Il settore in cui le immigrate sono principalmente impiegate è quello del lavoro domestico e, in particolare, quello coresidente. Questo tipo di impiego non presenta soltanto vantaggi sul piano logistico (abitazione) ed economico (maggior guadagno), ma risulta anche “essere fortemente protettivo per le irregolari, fino a renderle invisibili122”.
Un ruolo fondamentale all’interno del mercato del lavoro viene ricoperto, come abbiamo già visto, dalle reti di solidarietà che si sono create col passare degli anni tra le migranti. Questi network non solo garantiscono ospitalità, credito economico e sostegno morale, ma favoriscono anche la ricerca e il procacciamento del lavoro123. Queste reti appaiono però inefficaci per favorire la conciliazione tra vita familiare e vita lavorativa. Molte donne immigrate, ad esempio, dopo la nascita di un figlio sono costrette a rinunciare al lavoro non potendo fare affidamento sui servizi pubblici/privati o sul sostegno dei familiari (generalmente rimasti nel Paese di origine)124.
Oltre all’inserimento nel mercato del lavoro, un altro elemento che consente e facilita una maggiore autonomia delle donne è l’accesso ai servizi e alle risorse pubbliche. Ciò dà loro la possibilità di essere incluse nella società in quanto “contribuisce a
121 Direzione Generale dell’immigrazione e delle politiche di integrazione, Gli Stranieri nel Mercato
del Lavoro in Italia, 2017, p. 80. Consultabile all’indirizzo: http://www.lavoro.gov.it/temi-e-
priorita/immigrazione/Documents/Settimo_RapportoAnnuale_GlistranierinelmercatodellavoroinItalia _DEF.pdf
122 M. Tognetti Bordogna, Op. Cit, 2012, pp. 116-117. 123 F. Decimo, Op. cit., 2005, p. 84.
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performare i comportamenti ed insegnare le regole della società ospitante125”. Le disuguaglianze di accesso ai servizi sanitari tra la popolazione autoctona e quella immigrata sono sempre più marcate e possono essere imputate a diversi fattori tra cui troviamo la scarsa conoscenza del funzionamento del Sistema Sanitario Nazionale, ma anche l’insieme delle conoscenze, le credenze, i valori, le tradizioni e la lingua. Ricerche condotte nelle varie regioni Italiane126 hanno messo in evidenza come le condizioni di salute degli immigrati mutino in relazione al genere, alla provenienza e ai rischi derivanti dall’attività lavorativa. Le donne risultano essere più esposte degli uomini a malattie legate a fattori psicologici e a malattie professionali derivanti da condizioni di vita e di lavoro di forte sfruttamento (lunghissimi orari di lavoro, mancato utilizzo di dispositivi di protezione, ecc.). Si rileva, tuttavia, che le donne, e i migranti in generale, ricorrono in modo minore a visite mediche e ad accertamenti diagnostici e, quando lo fanno, si affidano in modo quasi esclusivo al settore pubblico. Questi dati mettono così in evidenza come il nostro sistema sanitario non sia in grado di garantire un accesso ai servizi e come questa problematica contribuisca a isolare e a escludere dalla nostra società i migranti e le donne in particolare.