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Prima accoglienza: tra strutture fatiscenti e violazione dei diritti umani

2.2 Un’accoglienza ancora a metà

2.2.1 Prima accoglienza: tra strutture fatiscenti e violazione dei diritti umani

Facendo riferimento ad alcuni report, tra cui quelli della campagna LasciateCientrare56, dell’ONG Oxfam Italia57, di Medici per i Diritti Umani58 e di NAGA59, oltre che ad alcune pubblicazioni di Amnesty International60 e ad

54 Banca Dati Servizio Centrale SPRAR, i numeri dell’accoglienza. 55 Piano Operativo Nazionale, approvato il 17 luglio 2015.

56 LasciateCientrare, Accogliere: la vera emergenza, 2016. Consultabile all’indirizzo:

http://www.lasciatecientrare.it/j25/attachments/article/193/lasciateCIEntrare%20rapporto%202016- 2.pdf

57 Oxfam Italia, Hotspot: il diritto negato, 2016. Consulabile all’indirizzo:

https://www.oxfamitalia.org/wp-content/uploads/2016/05/Rapporto_Hotspots_Il-diritto- negato_Oxfam_DEF.pdf

58 Medici per i Diritti Umani, Asilo Precario. I Centri di Accoglienza Straordinaria e l’esperienza di

Ragusa, 2016. Consultabile all’indirizzo:

http://www.mediciperidirittiumani.org/pdf/MEDU_Rapporto_CAS_26_aprile_FINALE.pdf

59 NAGA, (Ben)venuti! Indagine sul sistema di accoglienza dei richiedenti asilo a Milano e provincia,

2016. Consultabile all’indirizzo: https://www.naga.it/tl_files/naga/(Ben)venuti_Naga.pdf

60 Amnesty International, The State Of International Human Rights, Report 2016/2017, 2017.

Consultabile all’indirizzo: https://www.amnesty.org/en/documents/pol10/4800/2017/en/;

Amnesty International, Hotspot Italia: come le politiche dell’unione europea portano a violazioni dei

diritti di rifugiati e migranti, 2016. Consultabile all’indirizzo: https://www.amnesty.it/rapporto-hotspot-

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un’inchiesta giornalistica61 andremo ad analizzare la situazione presente nei centri di

prima accoglienza (governativi e non).

I Centri di Accoglienza Straordinari (CAS) sono spesso gestiti da chi offre una sistemazione (appartamenti, ma anche hotel, ex edifici scolastici e vecchi casolari, molto spesso isolati) nel più breve tempo possibile e, in prevalenza, da “soggetti privi di esperienza in programmi di tutela e accoglienza integrata per richiedenti asilo e rifugiati62”. Un quadro che mette in luce come, spesso, uno dei problemi più rilevanti

riguardi proprio il personale dei centri di accoglienza: non sono previsti un numero minimo di operatori, né una preparazione specifica (molti sono impreparati a gestire un fenomeno complesso come l’immigrazione non parlando l’inglese o il francese, ma soprattutto non hanno conoscenze appropriate del diritto umanitario e non hanno le capacità per relazionarsi con persone vulnerabili63). Piuttosto frequente, inoltre, è un’assistenza ridotta al minimo, che non riserva l’attenzione dovuta ai migranti e, in particolar modo, ai casi vulnerabili (donne incinta, persone depresse o con problemi psichici, malati) neanche sotto l’importante profilo sanitario64 e psicologico. Si registra, inoltre, che in alcuni casi non viene neanche fornita un’assistenza legale che possa informare il migrante sulla procedura di richiesta di asilo, sui suoi diritti e doveri e che supporti la persona attraverso un incontro preparativo prima della convocazione da parte della Commissione territoriale. Dalle diverse indagini si evince, inoltre, che non sono rari i casi in cui le strutture sono fatiscenti, inospitali e prive di sufficienti servizi essenziali (ambienti freddi, acqua calda non funzionante, servizi igienici non adatti) oltre ad essere collocate in aree periferiche o già caratterizzate da problematiche sociali. Molto frequente è, inoltre, il fenomeno del sovraffollamento: i posti disponibili

61 Fabrizio Gatti, “Sette giorni all’inferno: diario di un finto rifugiato nel ghetto di Stato”, L’Espresso,

Settembre 2016. Consultabile all’indirizzo:

http://espresso.repubblica.it/inchieste/2016/09/12/news/sette-giorni-all-inferno-diario-di-un-finto- rifugiato-nel-ghetto-di-stato-1.282517

62 Medici Senza Frontiere, Op. Cit, 2016, p. 5 63 LasciateCientrare, Op. Cit, 2016 p. 87.

64 Alcuni migranti non sono iscritti al Sistema Sanitario Nazionale, altri non usufruiscono del medico e

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possono venire addirittura quadruplicati65. Risulta, inoltre, che in alcuni contesti non vi siano neanche tentativi di inclusione sociale e lavorativa: non viene proposta alcun tipo di attività o, addirittura, non vengono neppure organizzati corsi di lingua italiana66. L’analisi di LasciateCientrare va ad indagare anche lo stato d’animo dei richiedenti asilo riportando che molti di loro sono demoralizzati, si sentono abbandonati a se stessi, sono ignari di cosa li aspetti in futuro, e lamentano di non riuscire a vivere una vita dignitosa.

La situazione non è migliore nei centri governativi (Hotspot, CARA, CPSA e Hub): dal rapporto di LasciaCientrare67 emerge che anche in questo caso sovente le strutture

sono vecchie, decentrate dai centri cittadini e riportano danni strutturali dovuti all’usura, i servizi essenziali sono malfunzionanti (bagni spesso non utilizzabili, mancanza di acqua calda, ambienti troppo freddi) e si registra sovraffollamento. Da sottolineare, però, che in questi progetti è più facile ricevere assistenza legale, oltre alla maggiore disponibilità di corsi di italiano, sostegno psicologico e medico, anche se non in maniera del tutto efficace per il grande numero di ospiti presenti68. L’inchiesta di Fabrizio Gatti pubblicata sull’Espresso nel settembre 2016 mette in evidenza le condizioni di vita nel CARA di Borgo Mezzanone: cani randagi ovunque, docce malfunzionanti, ambienti sporchi e pericolosi, stanze sovraffollate, cibo di scarsa qualità. Il giornalista denuncia, inoltre, la diffusa criminalità presente all’interno della struttura governativa che va dallo sfruttamento della prostituzione di giovanissime ragazze nigeriane (affronteremo in modo più approfondito questo argomento più avanti), allo sfruttamento lavorativo, fino ad arrivare alla presenza di veri e propri gangster nigeriani nella più totale indifferenza delle forze di polizia. Sembra ora doveroso fare una riflessione sul trattamento che viene riservato ai migranti e al rispetto dei diritti umani nei centri di prima accoglienza italiani. Come abbiamo già detto, le persone ospitate nei centri di accoglienza sono estremamente

65 Emblematico il caso del CAS di Lamezia Terme (gestito dalla Cooperativa Malgrado Tutto) in cui

sono ospitate 300 persone, quando i posti disponibili sarebbero solo 80. I migranti dormono in 8 o 9 per stanza, non hanno acqua calda e le condizioni igieniche sono pessime.

66 LasciaCientrare, Op. Cit, 2016, pp. 86-87. 67 LasciateciEntrare, Op. Cit, 2016, pp. 70-106.

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vulnerabili: basti pensare che i dati di Medici per i Diritti Umani riportano che il 90% dei migranti da loro assistiti ha dichiarato di “essere stato vittima di violenza estrema, di tortura e di trattamenti inumani e degradanti nel paese di origine oppure lungo la rotta migratoria, ed in particolare in luoghi di detenzione e sequestro in Libia69”. Proprio per questi motivi ai migranti dovrebbe essere riservato un trattamento che tenga in considerazione il loro vissuto. Per quanto riguarda gli Hotspot, i report di Amnesty International mettono in luce come per attuare il cosiddetto “approccio hotspot70”, tuttora privo di una vera e propria cornice giuridica, vengano spesso violati i diritti umani. Le storie dei migranti che sono passati da questi centri (ma anche da commissariati di polizia in tutta Italia) documentano trattamenti disumani. Una prima criticità riguarda la distinzione tra richiedenti asilo e migranti economici, e quindi irregolari, eseguita subito dopo lo sbarco da funzionari di Polizia a seguito di interviste sommarie71. Così facendo si conferisce alla Polizia di frontiera l’incarico di stabilire se un migrante può o non può accedere alla richiesta di protezione internazionale. La legge, tuttavia, è chiara: questo compito spetta solo ed esclusivamente alla Commissione Territoriale72. Dopo lo screening coloro che vengono ritenuti richiedenti

asilo sono trasferiti in centri dove possono iniziare l’iter legale per il riconoscimento dello status, mentre nei confronti di chi viene identificato come “irregolare” sono adottati dei provvedimenti di allontanamento dal territorio italiano. Dal report effettuato dall’ONG Oxfam Italia73 emerge, inoltre, che durante questo primo

colloquio identificativo non è presente nessun ente di tutela (ad esempio: UNHCR o

69 Alberto Barbieri (Medici per i Diritti Umani), Una malattia chiamata tortura: rotte migratorie

dall’Africa Sub-Sahariana all’Europa, Roma, 2017. Consultabile all’indirizzo: http://www.mediciperidirittiumani.org/pdf/UNA_MALATTIA_CHIAMATA_TORTURA.pdf

70 Termine che, come riportato dall’Agenda Europea sulle Migrazioni del 13 Maggio 2015, individua

gli obiettivi principali degli hotspot: identificazione e rilevazione delle impronte digitali, uno screening per separare i richiedenti asilo dai cosiddetti “migranti irregolari” e il rimpatrio di questi ultimi.

71 “Central to the hotspots approach is that it helps to identify who is and who is not in need of

international protection through a process of identification and filtering of applications.” (Communication from the Commission to the European Parliament and the Council on the State of Play of Implementation of the Priority Actions under the European Agenda on Migration, 10.02.2016, p. 10)

72 D.Lgs. 142/2015.

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EASO) che “possa garantire in modo imparziale che la volontà del migrante venga realmente compresa e correttamente registrata74”. Queste interviste si svolgono al momento dello sbarco, in una situazione per i migranti delicatissima e a seguito di un viaggio stremante. Un altro aspetto su cui soffermarsi è che ci sono casi in cui ai potenziali richiedenti viene consegnato il foglio di via senza aver effettuato nessun tipo di colloquio, ma soltanto in base alla loro nazionalità (questo accade spesso, per esempio, ai migranti Gambiani). Oxfam Italia denuncia, inoltre, che da alcune testimonianze emerge il mancato rispetto dell’obbligatorietà75 di informare il migrante

sulla procedura per fare richiesta di protezione internazionale e sulle possibili forme di protezione previste dall’ordinamento. E ancora, non viene reso chiaro quali sono i diritti e le conseguenze legali di un soggiorno irregolare sul territorio italiano. Spesso, infatti, l’informativa legale viene fatta da un operatore a centinaia di persone contemporaneamente, in un piazzale o su un autobus, oppure non viene direttamente fatta. “Mancano, nelle “procedure” hotspot, uno spazio e un tempo specificamente dedicati all’attività di informativa legale. Da cui però dipende il destino di queste persone76”.

Chiare violazioni dei diritti umani avvengono all’interno degli hotspot quotidianamente: le interviste realizzate da Amnesty International77 riportano che in molti casi, se il migrante (anche se minore) rifiuta di sottoporsi alla rilevazione delle impronte digitali, le forze di polizia usano minacce di detenzione prolungata, negano l’assistenza di base (cibo e acqua, cure mediche) o ricorrono, addirittura, a forme di violenza e di tortura78 (si parla di veri e propri pestaggi che includono l’uso dei

74 Oxfam Italia, Op. CIt., 2016, p. 22.

75 D.Lgs 25/2008, art. 10 e 10 bis; Cass., sez. VI civ.,ord. 5926 del 25.03.2015. 76 Oxfam Italia, Op. CIt, 2016, p. 26.

77 Amnesty International, Hotspot Italia: come le politiche dell’unione europea portano a violazioni dei

diritti di rifugiati e migranti…cit.

78 “24 persone intervistate da Amnesty International hanno denunciato di essere state sottoposte a tortura

o altri maltrattamenti da parte della polizia, mentre diverse altre persone hanno raccontato di essere state sottoposte a un uso della forza non necessario o sproporzionato, in diverse città, nel tentativo di costringerle a dare le impronte digitali” (Amnesty International, Hotspot Italia: come le politiche

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manganelli elettrici, ma anche di umiliazioni sessuali)79. Sullo sfondo, rimane una grande contraddizione giuridica sul tema dell’uso della violenza, da una parte, proibito all’articolo 13. della Costituzione italiana (“è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”) e, dall’altra, perfino sostenuto dall’Unione Europea che chiede all’Italia di raggiungere l’obiettivo del 100% di rilevazione di impronte digitali per evitare il fenomeno del cosiddetto wave through:

“Le autorità italiane dovrebbero accelerare gli sforzi, anche sul piano legislativo, per fornire un quadro giuridico più solido ai fini dello svolgimento delle attività presso i punti di crisi, in particolare per consentire l’uso della forza e prevedere disposizioni in materia di trattenimento a più lungo termine nei confronti dei migranti che rifiutano di fornire le impronte digitali.80”

Alla luce di queste problematiche i cambiamenti auspicabili sono molteplici e devono essere realizzati su vari livelli. Le autorità italiane dovrebbero, prima di tutto, salvaguardare il rispetto dei diritti umani assicurandosi che i migranti non vengano sottoposti a maltrattamenti e torture da parte delle forze di polizia, oltre a garantire ai richiedenti asilo condizioni di vita dignitose all’interno dei centri di accoglienza. Anche l’Unione Europea, inoltre, dovrebbe rivedere il cosiddetto “approccio hotspot” per garantire ai migranti la possibilità di accedere alle procedure di richiesta di asilo in linea con il principio di non refoulement81.

79 Amnesty International, Hotspot Italia: come le politiche dell’unione europea portano a violazioni dei

diritti di rifugiati e migranti…cit, pp. 15-25.

80 Commissione europea, Relazione sull’attuazione dei punti di crisi (hotspot) in Italia, 15 dicembre

2015.

81 Amnesty International, Hotspot Italia: come le politiche dell’unione europea portano a violazioni dei

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2.2.2 Seconda accoglienza: posti ancora limitati e integrazione