Strategie e processi di internazionalizzazione
2.4 Modalità di entrata nel mercato estero
2.4.3 L'investimento diretto estero (IDE)
L'impresa che si internazionalizza pone la propria strategia sulla creazione di una base commerciale e produttiva nei mercati nei quale vuole espandersi, prevede la costituzione di nuove filiali all’estero, e può essere intrapresa in diverse modalità. La prima prevede un investimento diretto estero (IDE) volto alla costituzione ex novo di unità produttive, dotandole di specifiche risorse tangibili e intangibili; in questo caso l’investimento può essere effettuato andando a rafforzare la struttura operativa di una controllata già esistente e che già opera nel paese di riferimento. La seconda modalità prevede l’acquisizione di una società già operante sul mercato, con le quali l’investitore “eredita un sistema di competenze, una cultura manageriale e un sistema di valori ben consolidato e con un certo grado di rigidità rispetto al cambiamento”.13 Chiaramente gli IDE rappresentano la strategia di internazionalizzazione più onerosa e impegnativa, in quanto
incorpora la piena assunzione del rischio Paese. Tale impegno cambia a seconda che si tratti di acquisizione o creazione ex novo. Infatti, nel caso di un’acquisizione, l’investimento finanziario sarà inevitabilmente maggiore; ciò viene in parte compensato dal fatto che creare da zero un’impresa all’estero, comporta sicuramente maggiori problematiche legate all’organizzazione, alla conoscenza del mercato e dei clienti, e alla poca esperienza che non le permette di avere le stesse informazioni dei competitors.
In base a quanto descritto, gli IDE si distinguono in due categorie.
Gli investimenti greenfield riguardano quelli relativi alla creazione ex novo delle attività produttive; complessivamente essi rappresentano una quota marginale, circa il 10% - 15% del flusso mondiale degli IDE. Gli investimenti brownfield riguardano invece i processi di fusione e acquisizioni di strutture operative già esistenti, e rappresentano la parte più consistente del flusso totale degli IDE. Nella scelta localizzativa di un investimento diretto estero, è importante tenere in considerazione diversi fattori, tra i quali, oltre alle caratteristiche qualitative e alle opportunità offerte dal mercato di riferimento, vi sono le caratteristiche dell’investitore; la sua dimensione e il suo grado di consolidamento internazionale possono incidere sul raggiungimento degli obiettivi di insediamento. Un altro aspetto rilevante nella scelta strategica riguarda il fatto di essere già presenti in quel territorio con altri investimenti o se ci si presenta in quel paese per la prima volta; avere alle spalle esperienze concrete in quel mercato, infatti, può essere un vantaggio molto importante, giacché permette di
disporre di un buon bagaglio di conoscenze ed evita alla stessa impresa di effettuare sforzi eccessivi nel reperire informazioni sul mercato.
Certamente gli IDE, rispetto alle esportazioni, richiedono una partecipazione diretta dell’azienda allo svolgimento delle attività, e di conseguenza un maggior impiego soprattutto in termini di investimenti. Le esportazioni invece si caratterizzano per il basso coinvolgimento necessario all’impresa per realizzare l’operazione commerciale, poiché non richiedono la partecipazione al capitale o lo svolgimento in comune con partner esteri. L’obiettivo principale degli IDE è quello di aumentare la produttività sia a livello nazionale che internazionale. Per questo molti paesi si sforzano di attirare tali investimenti in modo da accogliere conoscenze e competenze di industrie sviluppate e aumentare così la loro produttività e competitività. Non sempre però tale asserzione trova conferma nella realtà.
Risulta inoltre evidente quanto sia importante, nella definizione di una strategia internazionale, fare un’analisi molto accurata degli elementi positivi e negativi derivanti da quella strategia, e capire quali azioni mettere in atto per raggiungere realmente i successi sperati. Nonostante la stragrande maggioranza delle imprese decida di servire un mercato estero attraverso le esportazioni, prima di stabilire una relazione con un affiliato in quel mercato, capita spesso che le imprese siano dubbiose su quale strategia di entrata nel mercato estero implementare, ritrovandosi ad operare in condizioni di incertezza. Tale incertezza può portare ad un processo di internazionalizzazione graduale, per cui l’impresa opera sul mercato estero tramite esportazioni, prima di impegnarsi in investimenti diretti
esteri. Infatti, Conconi, Sapir e Zanardi (2014) hanno osservato che la maggior parte delle imprese che operano all’estero, cominciano a servire un mercato esportando i propri prodotti; nei primi anni successivi all’entrata, molte di loro abbandonano il mercato, altre invece sopravvivono e si espandono come esportatori, altri ancora cominciano a stabilire rapporti con affiliati esteri. Da queste affermazioni si evince come l’esperienza dell’esportazione di un’impresa in un mercato estero aumenti la sua probabilità di ingresso tramite investimenti diretti, effetto che diminuisce nel tempo e aumenta con l’aumentare dell’incertezza del mercato estero. Seguendo questo pensiero, Clerides, Lach e Tybout (1996) introducono il concetto di learning by exporting. Nel momento in cui le imprese si affacciano su quei mercati considerati più competitivi dei mercati domestici, devono cercare di ridurre al massimo le inefficienze e incrementare la produttività, spingendo le imprese a crescere e ad aumentare la propria presenza estera nel tempo. Tale crescita graduale può spostare la produzione di alcuni settori fortemente orientati all’export verso prodotti di qualità superiore. E’ possibile perciò associare all’aumento della produttività, dovuta al learning by exporting, un nuovo orientamento verso prodotti a maggior valore aggiunto, comportando dinamiche di upgrading qualitativo.
Secondo quanto detto finora, possiamo dedurre che le esportazioni indirette, possono essere viste come la prima fase di quello che Johanson e Vahlne (1977) definiscono “processo gerarchico incrementale”. Perciò, per approfondire la presenza sul mercato estero, è consigliabile procedere per linee esterne: anziché investire fin da subito, meglio avvalersi prima di un’alleanza con l’importatore
locale; poi rafforzare tale rapporto con una partecipazione anche azionaria al fine di allineare interessi e prospettive; infine acquisirne il controllo quando diventa possibile e vantaggiosa l’internazionalizzazione di quel determinato anello della filiera. In conclusione a tale analisi potremmo affermare come l’importanza dell’esperienza in campo internazionale, acquisita attraverso l'esportazione, può portare le imprese a iniziare a investire all'estero, riconoscendo quindi che vi è una potenziale complementarietà tra esportazione e investimento diretto estero in contrapposizione alla visione tradizionale che vede l’export e gli IDE come due strategie sostitute.
Fig 2.1 Forme di inserimento nel mercato e impegno finanziario connesso