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Case study Marchesi Antinor

5.3 Strategia di internazionalizzazione

La Antinori è un’azienda internazionalizzata in quanto opera in paesi diversi da quelli di origine con proprie strutture organizzative che riguardano non solo le attività di commercializzazione del bene, ma anche di produzione nel settore vitivinicolo. L’impresa vanta un’estensione reale, finanziaria e geografica della propria attività in: USA, Cile, Ungheria, Malta e un nuovo progetto in Nuova Zelanda. La presenza estera della Antinori risulta essere data da un orientamento strategico essenzialmente tecnocratico (acquisisce operatori esteri già insediati.) e basato sulla ricerca di mercati “vicini” (psychic distance). Inoltre, l’orientamento strategico consapevole dell’impresa trova corrispondenza “da un lato nella formalizzazione di un piano ed un investimento di risorse

e dall’altro nel coinvolgimento dell’impresa in maniera stabile e significativa in una rete di relazioni strategiche con altri soggetti presenti nelle varie aree” (Caroli,1994).

Seguendo il contributo dell’internationalization process e degli studi di Bartlett e Ghoshal, la Antinori può esser definita un’impresa transnazionale. L’azienda svolge principalmente funzioni di holding del gruppo, in particolare fornisce alle società controllate servizi nelle aree Amministrazione, Finanza, Controllo, Legale e Gestione del personale. Le sussidiarie strategiche39, integrate40 e leader41, sono dei veri e propri centri di eccellenza ed operano attraverso dirigenti locali. La delocalizzazione della produzione, insieme ad altre attività, rappresenta una criticità strategica importante a tal punto da spingere la Antinori ad effettuare controlli di qualità stringenti e meticolosi nelle varie tenute estere. Questa attività cruciale viene realizzata attraverso figure professionali (enologi esperti) sotto la diretta supervisione della corporate.

39 Bartlett e Ghoshal (1987;1989) definiscono la sussidiaria strategica come un’impresa che detiene un

ammontare di risorse e di competenze molto significativo per lo sviluppo di tutto il gruppo; essa inoltre opera in un’area geografica di notevole importanza. Questo tipo di consociata offre un approccio rilevante allo sviluppo della posizione internazionale dell’impresa.

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Jarrillo-Martinez (1990) individuano nella sussidiaria integrata il tipo di sussidiaria più avanzato. È caratterizzato da fatto che nella propria area geografica la sussidiaria svolge direttamente un insieme di attività rilevanti che sono fortemente coordinate con quelle realizzate nelle altre sedi del gruppo. Questa sussidiaria ha, quindi, una presenza al contempo significativa nel proprio contesto territoriale e nella rete interna, agendo da fattore di connessione tra la dimensione globale e il radicamento locale dell’impresa.

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Birkinshaw e Morrison (1996) definiscono la sussidiaria leader come unità dotata di notevoli risorse e competenze operante in un’area di elevata importanza strategica ed economica. Essa è fortemente integrata nelle rete interna e ha una posizione rilevante nella rete esterna di cui è parte. Ha un ruolo molto importante nell’evoluzione internazionale del gruppo di cui è parte in quanto assume la diretta responsabilità di un’attività o di un’area di business. A riguardo, la sussidiaria, acquisisce un mandato globale.

L’Antinori per la formazione di figure professionali si appoggia ad enti di ricerca specifici, con cui collabora nella sperimentazione, nella viticoltura e in campo enologico, attivando corsi di tecnica vitivinicola.

Nell’ottica dello sviluppo della strategia di internazionalizzazione, notevole importanza hanno avuto le relazioni con i distributori; l’esempio più rilevante è l’accordo con la Ste. Michelle Wine Estates, subentrando alla Remy Cointreau USA, che prevede una nuova rete distributiva dei vini italiani Antinori su tutto il territorio degli USA. Il processo di espansione estera dell’azienda è stato anche agevolato dall’utilizzo, con successo, di incentivi pubblici ex L.394/ 81 che favoriscono l’internazionalizzazione attraverso la realizzazione di strutture permanenti, attività di supporto promozionali in paesi non appartenenti all’UE. I finanziamenti sono stati utilizzati, per esempio, per realizzare la “Cantinetta di Zurigo”, oltre che in campagne pubblicitarie ed altre azioni di penetrazione al fine di avere agevolazioni economiche che danno all’azienda un vantaggio rispetto ai concorrenti internazionali.

Negli Stati Uniti l’Antinori occupa i terreni della California (Napa Valley) Washington State (Columbia Valley). L’azienda era già presente nel mercato estero sotto la direzione del padre Niccolò ma il vero processo di internazionalizzazione inizia dalla Napa Valley nel 1985 quando, in un periodo di crisi economica, Piero Antinori è costretto a cedere quote della propria azienda alla Withbread ( produttore di birra). Attraverso questa partnership decide di entrare nel mercato americano; l’attenzione è stata

rivolta alla tenuta di Atlas Peak, sita in una zona collinare che presenta un microclima e un terreno prevalentemente roccioso che porta il ricordo della Toscana. Lo scopo di tale azione era, non solo quello di reperire capitale finanziario, ma anche di rilanciare le sorti dell’azienda toscana. Nel 1995 l’intera proprietà viene riacquistata dalla Fam. Antinori assieme all’azienda in California. Grazie all’esperienza con Withbread, l’Antinori acquisisce non solo fonti economiche ma anche competenze manageriali come il sistema di reporting per la misurazione delle performance delle tenute in modo da poter valutare quali abbiano le condizioni climatiche e territoriali più adatte per una miglior produzione (pur considerando le loro differenze distintive). In questo primo processo di espansione estera, come anche nei successivi, l’Antinori applica una strategia di esplorazione mirando soprattutto ad acquisire le competenze e l’esperienza necessaria per poter ampliare e consolidare la propria presenza all’estero.

Nel 1990 Piero Antinori, dopo essere rimasto affascinato dalla bellezza dei luoghi e dalla qualità dei vini locali della Columbia Valley, decide di costituire una joint venture con Chateau Sant Michell. Antinori avrebbe portato il suo patrimonio di conoscenza e la passione per l’innovazione, mentre Chateau Sant Michell avrebbe offerto dei vigneti adatti alla produzione di vini rossi di grande struttura. Questa collaborazione diede come risultato la creazione di uno dei vini più originali al mondo: “ COL SOLARE” che sta per SHINING HILL un chiaro richiamo al clima e al paesaggio toscano. Col solare rappresenta un progetto ambizioso che ha

visto la realizzazione, inaugurata il quattro agosto 2006, di una cantina ad hoc per la produzione esclusiva del rosso in questione. Piero Antinori è stato estremamente coinvolto nel progetto e nel design della cantina che prevede una “BARREL ROOM “ sotterranea. Nel 2007, inoltre, è prevista una seconda fase che vede l’impianto del vitigno accanto alla neo cantina al fine di aumentare il potenziale produttivo. Sempre nei primi anni ‘ 90, quando L’Ungheria aprì le frontiere alle possibilità di investimenti stranieri, Piero Antinori acquistò in joint venture con Peter Zwack la tenuta di Bataapàti. I nuovi proprietari erano stati colpiti, oltre dalla qualità dei vini prodotti in quelle zone, anche dalla bellezza del paesaggio e dalla storica presenza di vigneti e di antiche cantine sotterranee.

Nel 2000 l’Antinori prende il controllo diretto della tenuta; la filosofia produttiva è quella di realizzare la migliore espressione varietale di vino attraverso la vinificazione in purezza delle diverse varietà di uve. Particolare attenzione è rivolta alle varietà autoctone sia bianche che rosse rispettando le leggi ungheresi relative alle varietà di uve utilizzate, le tecniche e procedure di coltivazione e vinificazione, nonché le indicazioni obbligatorie da rispettare in etichetta. L’arrivo sul territorio maltese non è dettato da scopi economici ma dalla ricerca della qualità e di immagine grazie alla bellezza del luogo e al fatto di essere il primo vino di qualità prodotto in questo paese (la produzione attuale riguarda solo vino da tavola realizzato con uve promiscue importate). Attraverso una joint venture con partners locali, Mark Micheu, Forruggia e Roger Aquilina,

avvia una collaborazione tecnica e finanziaria al fine di creare vini internazionali. Il ruolo della casa vinicola toscana è stato fondamentale e lo è tutt’oggi per il suo contributo nella ricerca e sviluppo di vitigni (piantati a Cabernet Savignon, Merlot, Petit Verdot varietà che sono valorizzate dal clima e dal territorio offerto da Malta) per competere sulla scala internazionale, Meridiana è l’unica cantina che produce vini con uve coltivate elusivamente sull’isola. In Cile, dopo il ritorno alla democrazia, si verificò un vero e proprio rilancio dell’enologia cilena. La vigna di Montes è la prima delle “vigne emergenti” e ad oggi gode della reputazione di una delle migliori del paese ( 93% della produzione viene esportata) e i vini di Montes si esportano in 70 paesi compresi quelli europei, tradizionali produttori di vini di qualità.

Nel 2001 Piero Antinori arriva in Cile: il progetto Albaclara nasce dalla sfida recente che si è focalizzata sul Savignon Blanc, vitigno di grande personalità che si esprime in modo completo solo in poche aree, tra le quali le più note sono la Loira, la Nuova Zelanda ed il Friuli. La casa vinicola toscana ha iniziato questo progetto al fine di sfruttare l’habitat ideale offerto dalla zona attraverso la collaborazione tecnica e presso le cantine di Montes. Sempre in Cile nel 2003 stabilisce una joint venture con Eduardo Matte, proprietario di Vina Haras de Pirque, detenendo il 50% del capitale sociale. Il vino prodotto, Albisil cui nome significa “ il sorgere del sole di un nuovo giorno”, sfrutta le competenze dell’azienda Antinori attraverso la figura dell’enologo Renzo Cotarella coadiuvato

dall’enologo cileno Alfonso Espinoza; i due hanno lavorato sul Cabernet Savignon unito alle varietà locali più rappresentative del Cile.

L’internazionalizzazione della produzione è stata possibile grazie alle dimensione aziendali, alle risorse finanziarie e alla capacità della proprietà di organizzarsi con dei patners. L’ingresso nei paesi esteri è avvenuto tramite joint venture. Al di là dei vantaggi extra gestionali e di natura fiscale, questo tipo di alleanza ha facilitato l’entrata nei mercati esteri dell’Antinori perché le ha permesso di scambiare conoscenze e competenze e di condividere il rischio di portafoglio con i propri patners, ma soprattutto le ha permesso “di trasformare un concorrente in un alleato” acquisendo una posizione di mercato forte anche grazie ad una sua conoscenza “dall’interno”. L’internazionalizzazione dell’impresa rappresenta di per se fonte di vantaggio competitivo in quanto l’azienda ha avuto così l’opportunità, non solo di diversificare il rischio aumentando la possibilità di stabilizzare l’andamento delle performance economiche e finanziarie, ma anche di mantenere e sfruttare conoscenze e competenze molto più ampie di quelle utilizzabili dai concorrenti nazionali. Un esempio per tutti la joint venture con Chateau Sant Michell. Ma le leve di cui l’Antinori può disporre in virtù della propria espansione all’estero vanno oltre la diversificazione del rischio di portafoglio e la maggiore opportunità di maturare un mix di conoscenze efficace. Infatti l’immagine internazionale che i vini Antinori acquisiscono rappresenta un elemento di vantaggio competitivo rispetto ai concorrenti che operano solo su scala

nazionale. Un secondo elemento di vantaggio, derivante dall’espansione estera dell’Antinori, consiste nell’effetto “made-in”: la scelta di Piero Antinori di paesi come l’Ungheria e il Cile, che vantano un’elevata tradizione e reputazione positiva per la produzione di vini di eccellenza, costituisce un elemento di differenziazione dei prodotti nella percezione del consumatore. L’Antinori è spinta sui mercati esteri non da esigenze dettate da maturità del mercato ma dalla ricerca di un target medio alto che sul territorio nazionale è molto circoscritto. Inoltre per garantire la sopravvivenza dell’azienda si è orientata verso Paesi in cui la concorrenza sta crescendo a livello mondiale, operando secondo una tempistica che le ha permesso una localizzazione ottimale. E’ vero che l’azienda è orientata verso l’espansione su nuovi mercati, ma nello stesso tempo opera localmente per mantenere il proprio vantaggio competitivo. Vista la crescente concorrenza straniera, ( la Costellation Group, potenza vinicola che in USA ha acquistato l’azienda Moldavi, ha acquistato diverse tenute in Italia) e la diversificazione conglomerale di Bulgari nel settore vinicolo, che ha acquistato terreni in toscana per la produzione di un Supertuscans, ha portato l’Antinori ad intraprendere una nuova sfida: combinare tecnologia e vino attraverso il supporto di figure altamente professionali, come il supporto di enologi esperti che si occupano della gestione dei processi produttivi attraverso rigidi controlli in ogni singola fase, dalla scelta dei vitigni, delle uve e delle fasi di invecchiamento; il continuo aggiornamento tecnico e la propensione verso l'innovazione e la

sperimentazione cioè una ricerca continua di modalità produttive che escono dagli schemi tradizionali, presunti come intoccabili. Si pensi alla produzione del Tiganello che dopo anni di studi e tentativi è divenuto il primo Sangiovese ad essere affinato in barrique ed il primo vino rosso moderno assemblato con varietà non tradizionali e il primo del Chianti a non usare uve bianche.

Importante per lo sviluppo dell’azienda è stato il ricorso da parte di Piero a figure professionali quali gli architetti Gae Aulenti e Marco Casamonti. La prima ha firmato il progetto per la nuova cantina della tenuta di Campo di Sasso, il secondo il progetto per una cantina supertecnologica a Bargino nel comune di San Casciano. Dove la struttura della cantina è incentrata sul legame profondo e radicato con la terra, con un basso impatto ambientale, e ad alto risparmio energetico; arrivando appare una grande collina con due fenditure incise nel terreno coltivato a vigneto. Fin dalla nascita del progetto della cantina, il punto fondamentale era la sua “invisibilità”. La costruzione doveva realizzarsi in totale armonia con il paesaggio, per questo si è pensato di piantare un vigneto che coprisse l’intero edificio.

La cantina, infatti, si affaccia sulla campagna solo tramite una terrazza circondata dal vigneto, dove la varietà prevalente è il Sangiovese oltre alle altre storicamente coltivate nel Chianti Classico quali Canaiolo, Ciliegiolo, Colorino, Malvasia nera, Mammolo ed una piccola parte di Cabernet Sauvignon e Franc. Di colore marrone-rosso come le tonalità

della terra, la cantina è costruita con materiali naturali quali cotto, legno, corten e vetro. E’ concepita anche per accogliere i visitatori e mostrare la produzione del vino in tutte le sue fasi, la storia della famiglia Antinori, l’arte e la cultura enogastronomica del territorio.

Questo progetto rappresenta il tentativo di armonizzare la struttura con l’ambiente circostante facendo incontrare contemporaneità e tradizione, lasciando intatta la bellezza del luogo.