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L'analisi dei dati a supporto della strategia

Case study Marchesi Antinor

5.4 L'analisi dei dati a supporto della strategia

I risultati dell'ultimo periodo disponibile, quelli del 2014, della Marchesi Antinori evidenzia nettamente uno dei migliori risultati di sempre, con una crescita del fatturato dell’8%, margini in miglioramento su livelli mai toccati prima e un utile netto per la prima volta sopra i 30 milioni di euro, 34 per l’esattezza, +29%.

Tab.5.1 Andamento del fatturato 2004-2014

In relazione ai risultati del 2014 si prevede un 2015 in crescita, con allo sfondo il rafforzamento del dollaro americano, il miglioramento dell’economia italiana, e la notevole mole di investimenti che l'azienda ha effettuato nel 2014.

Tab 5.2 Variazione delle vendite per area geografica

Fonte: i numeri del vino 2015

Le vendite sono cresciute dell’8% a 185 milioni, forti del miglioramento sul mercato italiano, già tornato positivo nel 2013 ma rafforzatosi ulteriormente (+7%). L'andamento è stato influenzato da una riduzione delle attività promozionale nella GDO che ha comportato un ridimensionamento delle vendite anche se il tutto è stato compensato da una crescita del mercato tradizionale e della Ristorazione in particolare, che hanno permesso di migliorare la qualità delle vendite e di raggiungere gli obiettivi d budget .

Le vendite sul mercato estero sono cresciute di circa il 6% rispetto all’esercizio precedente, con buoni risultati in Usa (+21% a 37 milioni),

tale risultato è stato ottenuto grazie all'investimento, visto nel precedente paragrafo, in California nella produzione di vino, per cui non si tratta unicamente di export Italia su USA ma anche di vendite USA su USA (circa 12 milioni di dollari, o 9 milioni di euro nel 2014), Germania, Canada e sostanzialmente in crescita in tutta Europa. Approfondendo l'analisi si può evidenziare:

Fonte: Relazione sulla gestione bilancio 2014 Marchesi Antinori

come la società ha chiuso l’esercizio 2014 con un utile di 15.556.545 euro, sia superiore se pur di poco rispetto al risultato ottenuto nell’esercizio precedente di 308.616 euro. Nel dettaglio la composizione dei ricavi delle vendite di prodotti è aumentata passando da 151.751.756 euro a 160.320.911 (+8.569.155).

INDICI DI REDDITIVITA' 2014 2013

EBITDA 33.245.039€ 31.935.281€

EBITDA/vendite 20,22% 20,26%

Redditività del totale attivo (ROA) 6,39% 6,32%

Redditività del capitale

investito(ROI) 7,27% 6,98%

Redditività delle vendite (ROS) 16,96% 16,45% Redditività del capitale proprio

(ROE) 4,33% 4,42%

Tasso di indebitamento (ROD) 1,96% 3,99%

Leverage 1,62 1.46

Fonte: Dati AIDA

Dall’analisi degli indicatori di redditività si ricava che l’azienda si pone in una buona posizione economica dato che assumono valori elevati, evidenziando subito il legame tra il margine operativo lordo e i ricavi di vendita che portano ad un rapporto di circa il 20% in entrambi gli esercizi, segno di un elevata redditività. Il ROE, indicatore della redditività del capitale proprio è diminuito rispetto all'anno precedente di solo 0,10% ma comunque elevato. Il ROI è di 7,27% anch'esso è aumentato rispetto l'anno precedente 6,98%, dimostrando una buona reddittività del capitale investito collegato alla gestione caratteristica. Dalla comparazione fra Il ROD, indicatore dell’onerosità del capitale di terzi, e il ROI, si evince che è inferiore ciò indica che c'è la convenienza a finanziare gli investimenti con il capitale di debito, poiché gli investimenti produco risorse sufficienti

per il pagamento degli interessi passivi. Il livello di indebitamento, leverage presenta una situazione di positività, in quanto l’azienda possiede un buon rapporto tra capitale proprio e di terzi. Infatti assumendo valori compresi tra 1 e 2 punti, rispettivamente 1,62 e 1,46 evidenzia che in livello di capitale proprio è superiore al capitale di terzi. La gestione non caratteristica incide sul risultato netto per oltre la metà della gestione in entrambi gli esercizi, indicando l’influenza della gestione finanziaria, straordinaria, e tributaria sul risultato d’esercizio.

Conclusioni

La tesi qui esposta, ha avuto come fulcro lo studio del settore vinicolo italiano e le strategie di internazionalizzazione poste in essere dalle aziende vitivinicole al fine di conquistare e/o consolidare i livelli di esportazione nei mercati in cui si detiene o si vuole acquisire una posizione di rilievo.

Siamo partiti dal presupposto che internazionalizzarsi rappresenta, senza dubbio il punto di svolta per uscire dal mercato interno italiano ormai caratterizzato da una domanda cristallizzata e con un trend di consumi interni in costante calo, la soluzione strategica per il vino italiano ricade quindi sull’export e sulla ricerca di opportunità di sviluppo a livello internazionale, sfruttando le capacità di competere delle aziende italiane che, se messe nelle condizioni migliori, dimostrano di saper affrontare le difficoltà incontrate nell’approccio ai mercati esteri conseguendo performance di grande valore. L'internazionalizzazione deve essere intesa come un processo atto ad entrare nei mercati emergenti, che sono predisposti verso la cultura enologica, e che quindi offrono oggi opportunità di espansione di indiscusso valore per i principali produttori. Per far ciò le aziende vitivinicole hanno bisogno di strategie efficienti e ben architettate rispetto alle caratteristiche e alle dinamiche di mercato riscontrate nei diversi paesi oggetto, in modo di poter cogliere le opportunità con tempestività, le potenziali redditività e i trend di crescita dei volumi, dando così la possibilità di scegliere la modalità migliore di insediamento.

Dalla prima analisi di carattere generale, svolta soprattutto dal punto di vista letterario, emerge la criticità nel sistema imprenditoriale italiano di sostenere quelle piccole imprese, che spesso faticano ad intraprendere un processo di espansione estera il quale può richiedere investimenti onerosi e impegnativi, come l'acquisizione o la creazione ex novo di attività produttive all'estero. Anche l’aggregazione è un tasto dolente nel settore del vino in Italia: il paese si muove spesso in maniera disunita sui mercati internazionali. Il risultato di tale disaggregazione porta a una forte regionalizzazione dei consumi che, se da un lato permette alle cantine e alle aziende agricole di produrre e vendere il prodotto al consumatore, creando un rapporto culturalmente molto stretto, dall’altro lato impedisce a molte aziende di svilupparsi in regioni diverse da quella d’origine, portandole di conseguenza a ricercare forme di sviluppo all’estero. In questa direzione, l’azione congiunta di consorzi di tutela e aziende produttrici permetterebbe di ottenere maggiori economie di scala, migliorare la logistica e i costi, diffondere al meglio la varietà di etichette italiane, creando così una maggiore massa critica capace di consolidare le posizioni conquistate e agevolare l’entrata nei nuovi paesi emergenti. E' importante anche evidenziare che fare del “branding” una strategia di vantaggio competitivo anche per il Paese è oggi importante per dare il giusto credito ad un prodotto, il vino, la cui qualità è riconosciuta a livello internazionale; il consumatore di vino mondiale è abituato, infatti, a riconoscere il livello qualitativo delle etichette italiane, questo è il risultato di un percorso difficile e lungo che ha visto il comparto compiere passi da gigante. Il tutto agevolato da una straordinaria abbondanza e varietà di vitigni

di antica coltivazione che raccontano una storia di millenni, ricchezza che permette di diversificare la proposta enologica italiana; un valore aggiunto che continua a essere sempre più riconosciuto, ma che se non ben valorizzato rischia di creare confusione per il consumatore straniero. Dall’analisi del contesto vitivinicolo globale emerge una situazione dominata da una grande competitività, ancor più accesa dal forte sviluppo dei paesi emergenti degli ultimi anni; fino a qualche tempo fa esisteva un solo tipo di vino, quello del Vecchio Mondo, prodotto in Europa, di cui Spagna, Portogallo, Francia e Italia erano i principali produttori. La globalizzazione e la crescita competitiva hanno indotto i produttori di vino tradizionali a ricercare nuove aree geografiche estere con condizioni climatiche simili e adatte alla coltivazione di quelle stesse uve; ciò ha aperto nuove opportunità di internazionalizzazione ai principali produttori, permettendo a paesi del Nuovo Mondo come America del Nord, America del Sud, Sud africa, Australia e Nuova Zelanda di entrare a far parte del mercato vinicolo mondiale da protagonisti.

In questo nuovo scenario l’Italia ricopre una posizione da primato essendo uno dei principali exporter a livello mondiale; paesi come Francia, Germania, Usa e Regno unito rappresentano mercati nei quali le aziende vinicole italiane detengono ottime quote di mercato e livelli di esportazione particolarmente elevati, ma che, allo stesso tempo, necessitano di strategie volte al mantenimento e al consolidamento della posizione ottenuta. Le maggiori potenzialità derivano invece da quei paesi che oggi rappresentano veri e propri satelliti sperimentali per i produttori italiani, quali Australia, Brasile, Argentina e Russia che con il

tempo si stanno affermando quali nuovi riferimenti per le esportazioni di vini, contraddistinti da una fascia di consumatori che esprime una maggiore elasticità e la volontà di aprirsi a nuove esperienze di consumo. All'estero la tendenza dei consumatori, americani o europei, a sperimentare è tradizionalmente più presente essendo meno legati a prodotti regionali ed avendo una maggiore predisposizione a vini che vengono proposti da tutto il mondo. Le strategie internazionali da sviluppare per le aziende vinicole italiane, riguardano l’innovazione, l’enoturismo e le fiere internazionali. Lo sviluppo tecnologico e le innovazioni, offrono alle aziende la possibilità di relazionarsi in modo più diretto, soprattutto con i consumatori stranieri, reinventando così il modo di comunicare il prodotto. Nonostante ciò, tale rivoluzione sembra non aver stravolto più di tanto il processo produttivo del vino la cui principale caratteristica rimane l’attaccamento al passato, alle tradizioni e all’importanza primaria della dominazione d’origine. Il turismo enologico e la partecipazione alle fiere internazionali sono ulteriori strumenti utili alle aziende per avvicinare nuovi consumatori tramite un’offerta chiara, strutturata e fruibile. L’enotursimo rappresenta la linea d’azione primaria per le aziende poiché garantisce la trasmissione dei valori territoriali rendendo più forte il rapporto con il consumatore locale e internazionale. Le fiere internazionali rappresentano ormai un fattore imprescindibile; esse vengono considerate un canale di eccellenza per l’export poiché fanno in modo che domanda e offerta si incontrino, riuscendo a creare un contatto umano tra venditori e acquirenti. Sopratutto la partecipazione agli eventi internazionali nelle nuove aree è un’opportunità difficile da snobbare e volta a creare un melting

point in cui generare nuovi rapporti commerciali, conoscere le nuove mode, le tendenze dei vari settori e selezionare potenziali partner.

A supporto di tali conclusioni si è potuto evidenziare nel case study analizzato, che la Marchesi Antinori rappresenta un vincente modello per tutto il comparto vinicolo italiano. Infatti, sin dagli inizi della sua storia ha sempre avuto una vocazione internazionale iniziando ad esportare i propri vini sin dal 1898 a New York, Londra e Buenos Aires; improntando da sempre la loro mission nella ricerca maniacale di una produzione di alta qualità e di una comunicazione efficiente dove brand, reputation e legame con il territorio sono state la base delle proprie strategie e che hanno portato la Antinori ad eccellenti risultati ed essere la maggiore azienda privata nel settore a livello di fatturato, produzione ed export.

Il processo d'internazionalizzazione dell'azienda dopo una prima fase che si basava su un esperienza di learnning by exporting evolvendosi poi in accordi e alleanze strategiche con la costituzione di joint-venture che, al di là dei vantaggi extra gestionali e di natura fiscale, questo tipo di alleanza ha facilitato l’entrata nei mercati esteri dell’Antinori perché le ha permesso di scambiare conoscenze e competenze e di condividere il rischio di portafoglio con i propri patners, ma soprattutto le ha permesso “di trasformare un concorrente in un alleato” acquisendo una posizione di mercato forte anche grazie ad una sua conoscenza “dall’interno”, per poi passare a veri e propri investimenti diretti esteri di tipo brownfield attraverso processi di fusione o acquisizione delle aziende stesse.

L’internazionalizzazione dell’impresa rappresenta di per se fonte di vantaggio competitivo in quanto l’azienda ha avuto così l’opportunità, non solo di diversificare il rischio aumentando la possibilità di stabilizzare l’andamento delle performance economiche e finanziarie, ma anche di mantenere e sfruttare conoscenze e competenze molto più ampie di quelle utilizzabili dai concorrenti nazionali. Un secondo elemento di vantaggio, derivante dall’espansione estera dell’Antinori, consiste nell’effetto “made–in”; la scelta di Antinori di operare in paesi come l’Ungheria e il Cile, che vantano un’elevata tradizione e reputazione positiva per la produzione di vini di eccellenza, costituisce un elemento di differenziazione dei prodotti nella percezione del consumatore. La concorrenza globale ha portato l’Antinori ad intraprendere una nuova sfida, combinare tecnologia e vino attraverso il supporto di figure altamente professionali, come il supporto di enologi esperti che si occupano della gestione dei processi produttivi attraverso rigidi controlli in ogni singola fase, dalla scelta dei vitigni, delle uve e delle fasi di invecchiamento; il continuo aggiornamento tecnico e la propensione verso l'innovazione e la sperimentazione; ciò ha portato alla produzione del primo Chianti a non usare uve bianche e alla realizzazione di una cantina supertecnologica a Bargino. Dove la struttura della cantina è incentrata sul legame profondo e radicato con la terra, concepita per accogliere i visitatori e mostrare la produzione del vino in tutte le sue fasi, la storia della famiglia Antinori, l’arte e la cultura enogastronomica del territorio dando così anche un enorme contributo all'enoturismo della regione.

In conclusione si può evidenziare che da un lato il settore vinicolo italiano appare come uno dei pochi capace di superare la crisi continuando a garantire risultati eccellenti in tutto il mondo e di valorizzare il fattore Made in Italy grazie alla forte reputazione a livello internazionale. Dall’altro lato emergono problematiche strategiche che spesso impediscono alle imprese vinicole di esprimere al meglio le immense potenzialità che il paese offre in questo ambito, lasciando margini di miglioramento ancora molto ampi. Queste problematiche strategiche si riscontrano per lo più nel mercato interno, il quale necessita di maggior impegno e maggiori investimenti volti a renderlo un biglietto da visita capace di supportare al meglio il percorso internazionale delle aziende vitivinicole, diffondendo il “brand Italia” nel mondo. Sta alle imprese e al sistema paese, dunque, operare in modo da rendere queste opportunità dei successi reali ridando il completo e giusto vigore ad un prodotto e ad un settore di eccellenza italiano.

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