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Ipotesi escluse dalla legge

Capitolo 2. Fattispecie e Ambito di applicazione: art 24 Legge n 223/1991

2.6. Ipotesi escluse dalla legge

L’art. 24 della legge n. 223/1991, al suo quarto comma, prevede alcune ipotesi di esclusione dal campo di applicazione della stessa: “le disposizioni di cui al presente

articolo non si applicano nei casi di scadenza dei rapporti di lavoro a termine, di fine lavoro nelle costruzioni edili e nei casi di attività stagionali o saltuarie”.

Siccome si sta parlando di esclusioni che circoscrivono l’ambito di applicazione di una disciplina applicante obblighi di armonizzazione, le relative previsioni sono da

considerarsi tassative. Inoltre “secondo le tradizionali regole ermeneutiche e avendo a mente le finalità della legge di recepimento della normativa comunitaria, il carattere eccezionale della previsione esclusiva ne impone un’interpretazione restrittiva e

79 Cass. 25 agosto 2005, n. 17332; Cass. 30 agosto 2005, n. 17517; Cass. 30 dicembre

2009, n. 27764.

rigorosa.”81

Il motivo delle esclusioni qui elencate, già previste nella superata disciplina

interconfederale, pare essere il naturale risolversi dei contratti legato all’esaurirsi del lasso di tempo lavorativo inizialmente programmato o al termine dei lavori cui contratti fanno riferimento per quanto riguarda i cantieri edili o le attività stagionali.

Relativamente ai contratti a termine, dubbi sono sorti in relazione all’applicabilità della legge in esame per quanto attiene alla possibilità della risoluzione anticipata dal

rapporto per i medesimi motivi inerenti una classica riduzione del personale (non dovrà trattarsi chiaramente di recessi da rapporti a termine aventi motivazioni soggettive, o comunque avulse dalla sfera delle riduzioni del personale). Anche in questo caso vi sono opinioni contrastanti in merito.

Per una certa visione dottrinale non si rinvengono sufficienti ragioni affinché si possa valicare l’esclusione espressa, che deve essere tassativa anche per quanto attiene tentativi di ampliamento del campo di applicazione delle norme di riferimento.

Pur consapevoli di questa opinione, in questa sede si intende sposare la visione opposta di chi ricorda da una parte la direttiva comunitaria di riferimento, che sancisce

l’esclusione “…dei licenziamenti collettivi effettuati nel quadro di contratti di lavoro a

tempo determinato, a meno che tali licenziamenti non avvengano prima della

scadenza del termine”, e dall’altra la necessità della distribuzione dei sacrifici il più possibile solidale, facente parte della visione della legge n. 223.

Per quanto riguarda l’esclusione dalla disciplina dei licenziamenti collettivi del recesso

per “fine lavori” nell’edilizia da parte della legge n. 223/1991, ci sono state non poche

discussioni, con opinioni giurisprudenziali contrapposte.

Si riflette sulle motivazioni dell’esclusione dell’applicazione della suddetta legge dal concetto di “fine lavori” nell’edilizia: una prima opinione favorevole all’esclusione appena citata è l’’interpretazione letterale della norma che stabilisce: “le disposizioni di

cui al presente articolo non si applicano…”. Si sta affermando che pur nella sussistenza

di tutti i requisiti (numerici, temporali, causali), il licenziamento in questo caso è da

81 Rotondi F., “Licenziamenti collettivi” 2012; in tal senso si esprimono le sentenze di

valutarsi come “individuale plurimo” a detta della legge. Si va cioè ad escludere letteralmente l’applicabilità degli artt. 4 e 5 della legge n. 223/1991.

Ma le argomentazioni a favore dell’esclusione sono altre. Bisogna assolutamente tenere in considerazione la netta tipicità del settore edile82 e di conseguenza, la peculiarità

della posizione che ricoprono gli incaricati di tali lavorazioni. Sono proprio queste particolarità che hanno portato il legislatore ad assoggettare ad una normativa speciale per molti differenti aspetti gli avvenimenti patologici dell’attività edile.

Infatti già gli Accordi Interconfederali rispettivamente del 1950 e del 1965 recitano: “le

norme di cui al presente accordo non si applicano ai licenziamenti per scadenza dei rapporti regolati con contratto a termine, nonché a quelli per fine lavoro nelle

costruzioni edili nelle industrie stagionali o saltuarie” e “in relazione alla particolare importanza e frequenza che il caso di fine lavoro presenta a capo delle industrie edilizie, si ritiene opportuno chiarire che il concetto di fine lavoro della predetta industria, comprende anche i casi del graduale esaurirsi di singole fasi di lavoro che comportano l’utilizzazione successiva dei lavoratori di differente qualifica”.83 Le medesime considerazioni, peraltro rimaste per oltre un trentennio, sono state riproposte e confermate con la normativa del 1991 sui licenziamenti collettivi.

Bisogna però fare attenzione a non incappare in uno sbaglio in cui è caduta una parte della giurisprudenza che ha ritenuto che condizione necessaria per l’inapplicabilità dell’art. 24 fosse l’assunzione dell’addetto per lo svolgimento di quell’opera. Errore che è manifesto se si tiene in considerazione che all’addetto si applica l’obbligo di

repêchage84 e che il rispetto del suddetto obbligo non fa cambiare la logica

dell’inapplicabilità della legge n. 223/1991 alla fattispecie “fine lavori”.

Gli addetti di un cantiere, in conseguenza dell’assolvimento di tale obbligo, avranno sicuramente prestato lavoro presso più cantieri; questo non significa però che li si debba considerare come facenti parte della stabile struttura dell’impresa, esistente a

prescindere dai vari appalti.

82 Corte di Cass., Sent. n. 17273/2011.

83 Accordo Interconfederale, 5 maggio 1965, art. 6.

Se così si pensasse, si cadrebbe nell’incoerenza che è impossibile il recesso per fine fase lavorativa se non sussiste l’utilizzabilità dell’addetto in altri cantieri. Ma il lavoratore, se fosse utilizzato in altri cantieri, diventerebbe parte integrante della stabile struttura aziendale e di conseguenza non più licenziabile per il termine dei lavori nel cantiere in cui è abilitato.

Ma non è questo il ragionamento che va fatto per ritenere applicabile o meno la normativa sui licenziamenti per riduzione del personale.

Partendo dall’assunto che l’esclusione dell’applicazione della normativa sui licenziamenti collettivi riguarda gli addetti a un determinato cantiere e non quelli riconducibili sin dal principio alla stabile struttura aziendale, e quindi che per inquadrare un licenziamento come collettivo bisogna far riferimento alle ragioni del licenziamento, che deve trovar causa nella riorganizzazione decisiva dell’attività aziendale, la cosa fondamentale su cui porre la nostra attenzione è che tutto ciò deve esser valutato con riferimento a un lasso temporale ragionevolmente congruo.

Avendo chiarito che il licenziamento collettivo va inquadrato ponendo attenzione alle ragioni dello stesso, identificate in una decisione dell’imprenditore di ordine

dimensionale che prescinde dalla causa di fine lavori per una determinata commessa, si capisce la differenza tra “strutturalità” e “prestazione della propria attività su uno o

più cantieri”. Strutturalità è sinonimo di organico aziendale definitivo, di quell’azienda

che ha ragion d’essere al di là della cessazione di questo o quel cantiere.

Un’ultima precisazione per il tema dell’edilizia va fatta con riferimento al concetto di “fine fase lavorativa”, che va eguagliato alla “fine lavori” nelle costruzioni edili. Per capire questa “ulteriore” esclusione, occorre fare un altro richiamo alla particolarità del lavoro in cantiere, perché è necessario che esso si svolga per singole fasi, al cui interno spesso lavorano non contestualmente differenti profili professionali.85

Per quanto attiene l’esclusione delle attività stagionali, si pone il dubbio se per esse si intendesse il solo contratto a termine ex legge n. 230/1962, art. 1 lett. a), oppure se possano riferirsi anche ad addetti impiegati in attività stagionali con contratto a tempo però indeterminato. A logica la seconda opinione pare la più giusta, considerando che se no non avrebbe avuto alcun senso questa specificazione, perché le attività stagionali

sarebbero state ricomprese nell’esclusione dei contratti a termine. Occorre specificare però che non basta che l’attività svolta sia di per se stagionale (es. attività alberghiera), ma deve essere dimostrato dall’imprenditore che è il lavoro svolto dagli addetti

licenziati a essere stagionale.