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Capitolo 3. La procedura di mobilità: art 4 Legge n 223/1991

3.2. I soggetti

Importante, prima di descrivere le singole fasi della procedura, individuare i soggetti che ne sono protagonisti. Questo è fondamentale se si tiene presente che qualunque tipo di omissione comporta l’invalidazione di tutta la procedura e dei conseguenti recessi.102 Per quanto attiene ai destinatari dell’obbligo, essi vengono individuati nella nozione di licenziamento collettivo.

Si vogliono in questa sede delineare due problemi. Il primo attiene all’applicabilità della procedura sancita dall’Accordo Interconfederale del 1965 che all’art. 3 recita “la

procedura di cui al presente accordo riguarda stabilimenti che occupano normalmente

oltre 10 dipendenti” alle imprese che però non rientrano nel campo di applicazione previsto dall’art. 24 della legge 223/1991, ma sono contrattualmente costrette ad applicare l’Accordo Interconfederale. Sembra qui doverosa la soluzione in senso positivo in quanto si sa che una normativa contrattuale non può essere abrogata dalla legge, ne invalidata salvo esplicita previsione. Specificando, il disposto dell’art. 24, comma 5°, della legge n. 223 del 1991 non fa altro che non ammettere la disponibilità della nozione di licenziamento collettivo alle parti sociali, ma non impedisce a queste ultime l’opportunità di presumere ulteriori procedure, soprattutto in ambito di

giustificato motivo oggettivo. Di conseguenza si collocano tutte le procedure sancite dall’Accordo Interconfederale sopra citato, come condizioni di efficacia del singolo licenziamento.103

Il secondo problema attiene al comma 2 dell’art. 4 della legge n. 223/1991, nell’ultima parte in cui recita “La comunicazione alle associazioni di categoria può essere

effettuata per il tramite dell’associazione dei datori di lavoro alla quale l’impresa

aderisce o conferisce mandato.” La questione si pone in merito al grado di

coinvolgimento che deve avere l’associazione dei datori di lavoro. In questa sede si

102 Fabrizio Giglio Vincenzo, 2014; Cass. 20 marzo 2013, n. 6959. 103 Pera 1993, Spagnuolo Vigorita, Guaglione, Scarpelli 1994.

intende appoggiare la tesi della mera eventualità, sebbene si è consci del fatto che esista un’interpretazione estensiva che ritiene questo intervento obbligatorio. Ma d’altronde è lo stesso art. 4 che al secondo comma, letteralmente si esprime dicendo “può essere effettuata”, e non “deve”.

Più difficoltosa è l’identificazione degli individui aventi diritto ad essere informati e a trattare con l’impresa. Questo perché sebbene il secondo comma dell’art. 4 sembri chiaro nell’individuare le r.s.a. e le rispettive associazioni di categoria, si pongono delle questioni per quanto riguarda la corretta interpretazione della norma da una parte, e dall’altra in merito a ciò che è avvenuto dopo l’emanazione della legge n. 223, come l’avvento delle r.s.u. che ne hanno adulterato il quadro di riferimento.

La prima parte dell’art. 4 al secondo comma recita “Le imprese che intendano

esercitare la facoltà di cui al comma 1 sono tenute a darne comunicazione preventiva per iscritto alle rappresentanze sindacali aziendali costituite a norma dell’articolo 19 della legge 20 maggio 1970, n. 300, nonché alle rispettive associazioni di categoria. In

mancanza delle predette rappresentanze la comunicazione deve essere effettuata alle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni maggiormente rappresentative sul piano nazionale.” La perplessità interpretativa riguarda l’obbligo per il datore di lavoro di mandare o meno la comunicazione con cui si da inizio alla procedura anche alle istanze locali delle associazioni di categoria aderenti alle confederazioni

maggiormente rappresentative, nel cui campo non siano state formate r.s.a. Il dubbio

nasce solo nella circostanza in cui nell’unità produttiva interessata operino r.s.a., nel caso opposto infatti nessuna associazione maggiormente rappresentativa può essere tenuta fuori.

Sembra certo che la legge opti per il criterio della maggiore rappresentatività delle organizzazioni sindacali nei confronti dei lavoratori.104 Questa conclusione arriva

letteralmente dalla legge, come si vede infatti l’obbligo di comunicazione primario è quello verso i sindacati effettivamente vigenti nel luogo interessato dai recessi, mentre è solo residuale quello sancito dalla seconda parte del 2° comma dell’art. 4. Tra l’altro tale interpretazione è coerente con la scala di interessi esistenti nella vicenda, che vede come preponderanti quelli dei lavoratori dell’impresa, che sicuramente non hanno

attribuito nessuna legittimazione ai sindacati per cui non si siano adoperati per istituire proprie rappresentanze. È fondamentale quindi l’effettiva rappresentatività dei

lavoratori nell’impresa.

Maggiore rappresentatività che viene individuata da un importante sentenza della Corte Costituzionale del 1996: “le associazioni sindacali maggiormente rappresentative sono

qualificate essenzialmente, oltre che dall’effettività dell’azione sindacale, dalla loro

articolazione a livello nazionale e dai caratteri di intercategorialità e

pluricategorialità. Il criterio selettivo stabilito dall’art. 19 Statuto Lavoratori vale esclusivamente per l’individuazione dei sindacati … destinatari dei diritti e delle tutele previsti nel titolo III …”.105 La nozione di maggiore rappresentatività la si individua nell’art. 19 St. Lav., alla stregua però delle modifiche appena citate.

Quindi, riepilogando, la partecipazione delle associazioni di categoria avviene solo come sostegno alle rappresentanze sindacali aziendali, esse non hanno competenza diretta al di là dell’effettiva rappresentatività. Non si può affermare infatti che il livello di interesse di cui sono portatori i lavoratori direttamente colpiti dai licenziamenti sia lo stesso della globalità dei lavoratori subordinati o, ancor peggio, sia inferiore.

Se, come si è detto, l’avvento delle r.s.u. ha introdotto elementi di cambiamento nel campo del sistema di relazioni industriali, per ciò che concerne i licenziamenti collettivi resta centrale il ruolo delle r.s.a.

Nel caso siano state incaricate r.s.u. sembra fuor di dubbio che esse rimpiazzino le r.s.a. per quanto attiene ai sindacati aderenti all’accordo costitutivo.