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ministero

Com’è ormai noto, l’iscrizione della notizia di reato nei registri custoditi presso l’ufficio del magistrato inquirente rappresenta l’avvio formale del procedimento penale.

Al momento di tale iscrizione il legislatore ha inteso ricollegare, peraltro, la decorrenza dei termini entro i quali il pubblico ministero può svolgere l’attività di investigazione, operando delle distinzioni a seconda che l’annotazione riguardi una notizia completa di individuazione nominativa o meno.

Per quanto riguarda l’iscrizione di una notizia meramente oggettiva, ovvero quella notizia di cui non sia individuato il possibile autore, all’interno del registro modello 44, il pubblico ministero ha un termine di sei mesi per richiedere una archiviazione per essere rimasto

ignoto l’autore del reato o per chiedere l’autorizzazione al prosieguo delle indagini. Dall’iscrizione nel registro modello 21 del nominativo della persona a carico della quale il reato è attribuito decorrono i termini utili per esercitare o meno l’azione penale.

Nel caso si fosse in presenza di reati per i quali sia richiesta la condizione di procedibilità, la valutazione del pubblico ministero circa l’esercizio o meno dell’azione penale deve esser formulata allorquando siano decorsi i termini ordinari, computati dal momento in cui sia sopravvenuto l’atto che ha rimosso l’improcedibilità ex art. 405 comma 3 e 4 c.p.p.

115.

Quanto appena esposto deve esser coordinato con l’art. 346 c.p.p., il quale permette il compimento di atti ritenuti urgenti nelle more fra la materiale apprensione della notizia ed il momento in cui perviene l’atto che rimuove l’improcedibilità.

Tale articolo lascia intendere che ufficialmente l’indagine inizia dal momento in cui la condizione di procedibilità viene soddisfatta, ma in presenza di un’urgenza che rischia di ledere il diritto alla prova possono essere compiuti tutti quegli atti di indagine per assicurare le prove ritenute a rischio.

115 Cfr. A. Gaito, Procedibilità (caratteri generali), in Enc.

A garanzia del rispetto dei termini stabiliti dalla legge, l’art. 407 comma 3 c.p.p. stabilisce che gli atti di indagine compiuti violando i termini temporali sono colpiti da inutilizzabilità.

La previsione di scadenze temporali entro le quali racchiudere le attività investigative rappresentano una delle peculiari caratteristiche del modello procedimentale a prevalenza accusatoria, distinguendolo da altri modelli 116.

Lo scopo perseguito è quello di rendere le indagini preliminari ragionevolmente accelerate, evitando indebiti e patologici prolungamenti e soprattutto evitando discrezionali spazi di manovra del pubblico ministero lesivi delle garanzie dell’indagato, assicurando altresì un controllo che prevenga eventuali arbitrii o inerzie 117.

La previsione di termini investigativi mira inoltre ad evitare tutti quegli inutili ritardi che comporterebbero lo svolgimento della formazione della prova in un dibattimento svolto ad eccessiva distanza di tempo dalla commissione del fatto 118.

116 Per una comparazione si veda E. Amodio, Il modello

accusatorio statunitense e il nuovo processo negli Stati Uniti d’America: miti e realtà della giustizia americana, in Il processo penale negli Stati Uniti d’America, Milano, 1988.

117 In tal senso A. Bernardi, Commento all’art. 405 c.p.p.,

in Commento al nuovo codice di procedura penale, vol. IV, Torino, 1990, p. 513.

118 In tal senso, R. E. Kostoris, Commento all’art. 405

c.p.p., in Codice di procedura penale. Commentario, vol. III, Milano, 1990, p. 5.

Si può concludere allora che nella durata delle investigazioni preliminari sia da individuare ‘’la misura temporanea del potere investigativo’’

119.

Sotto altro profilo, la delimitazione temporale delle investigazioni rappresenta il punto di incontro fra le esigenze di efficacia delle indagini e di tutela di colui che a quelle indagini è sottoposto 120.

Il sistema processuale, tuttavia, si preoccupa anche di prendere in considerazione eventuali necessità di svolgere indagini ulteriori. A tale scopo il legislatore ha previsto gli istituti della riapertura delle indagini ex art. 414 c.p.p. e dell’attività integrativa di indagine del pubblico ministero e del difensore ex art. 430 c.p.p. 121.

L’effetto più significativo del superamento dei termini che hanno cominciato a decorrere dal momento dell’iscrizione della notitia criminis è certamente quello della sanzione collegata al mancato rispetto dei termini stessi.

Come accennato più volte, la sanzione prevista è quella della inutilizzabilità degli atti di

119 Cit. di G. Giostra, L’archiviazione. Lineamenti

sistematici e questioni interpretative, Torino, 1994, p. 50.

120 Cfr. Corte. Cost., 18 ottobre 1996, n. 350, in Giur.

cost., 1996, p. 3046; Corte cost., 10 giugno 1994, n. 239, in Giur. cost., 1994, p. 1968.

121 S. Dragone, La chiusura delle indagini, in E. Fortuna –

S. Dragone – E. Fassone – R. Giustozzi – A. Pignatelli, Manuale pratico del nuovo processo penale, Padova, 1995, p. 574.

indagine compiuti in violazione delle cadenze temporali stabilite dal legislatore 122.

Alla scadenza dei termini sembra verificarsi quindi una decadenza del potere di compiere atti di indagine del pubblico ministero 123.

La prosecuzione delle investigazioni comporterebbe quindi la sovrapposizione fra diverse fasi processuali incompatibili, collidendo ciò con la logica assunta dal sistema processuale tracciato dal legislatore 124.

Nonostante la coerenza sistematica di un impianto così congegnato, non pochi interrogativi sono nati circa l’applicazione della sanzione dell’inutilizzabilità.

Anzitutto si è esclusa l’applicazione di tale sanzione ai casi in cui l’atto di indagine sia stato solo depositato a termini scaduti, ma sia stato realizzato nel rispetto di questi ultimi 125.

La giurisprudenza di legittimità ha inoltre chiarito la portata del significato della locuzione ‘’atti di indagine’’, affermando che la sanzione dell’inutilizzabilità colpirebbe unicamente quegli atti investigativi con efficacia probatoria,

122 Sul tema dell’inutilizzabilità si veda G. Aricò, Riflessioni

in tema di inutilizzabilità delle prove nel nuovo processo penale, in Ann. Ist. dir. proc. pen. Univ. Salerno, 1993, p. 11.

123 Cfr. E. Gironi, I termini di durata massima delle

indagini preliminari tra disciplina legale ed esigenze della pratica, in Foro it., 1994, II, c. 702.

124 In tal senso Cass. Sez. VI, 21 maggio 1993, Corvi, in

C.E.D. Cass., n. 195884; Cass. Sez. I, 23 maggio 1991, De Vitis, in C.E.D. Cass., n. 187469.

125 Così Cass. Sez. III, 27 ottobre 1995, Poli, in C.E.D. Cass.,

n. 202945; Cass. Sez. II, 4 maggio 1993, Bozzi, in C.E.D. Cass. n. 194709.

non colpendo invece i provvedimenti cautelari

126 e gli atti di mero impulso processuale 127.

Non poche perplessità sorgono per quanto riguarda l’osservazione della stessa Corte di Cassazione circa l’applicabilità della sanzione solamente a quegli accertamenti dei il quali il pubblico ministro può disporre, con conseguente utilizzabilità di tutti quegli elementi di prova acquisiti su iniziativa delle parti e compiuti a termini scaduti 128.

Non può esser taciuta altresì la tesi che ritiene comunque efficaci ed utilizzabili tutti quegli atti favorevoli al reo, basata sull’assunto che tale sanzione di inutilizzabilità sarebbe soggetta all’eccezione di parte, la quale potrebbe avere un interesse tutto contrario all’inutilizzabilità

129.

Quest’ultima posizione ha trovato forti critiche in dottrina. Anzitutto, nessuna indicazione da parte del legislatore sembra opporsi ad una lettura secondo la quale l’inutilizzabilità sia

126 Così Cass. Sez. III, 12 gennaio 2000, Passiatore, in

C.E.D. Cass., n. 215306; Cass. Sez. VI, 4 febbraio 1998, Sarto, in C.E.D. Cass., n. 210439; Cass. Sez. VI, 14 ottobre 1993, Corlito, in C.E.D. Cass., n. 198450; Cass. Sez. I, 9 giugno 1993, Marrazzo, in C.E.D. Cass., n. 194643; Cass. Sez. VI, 28 agostro 1992, Ferlin, in C.E.D. Cass., n. 191669.

127 Si veda Cass. Sez. III, 24 gennaio 1994, Dionisi, in C.E.D.

Cass., n. 197494.

128 In tal senso Cass. Sez. III, 24 ottobre 1999, Rubiolo, in

C.E.D. Cass., n.215300.

129 Cfr. Cass. Sez. I, 6 agosto 1998, Coppola, in C.E.D.

Cass., n. 211291; Cass. Sez. I, 5 giugno 1998, Maggi, in C.E.D. Cass., n. 210673.

rilevabile anche di ufficio, in ogni stato e grado del procedimento 130.

Inoltre, la stessa dottrina ha efficacemente affermato che il comma 3 dell’art. 407 c.p.p. non rappresenta una categoria autonoma, ma andrebbe ricondotta comunque nell’alveo delle ipotesi riferite alla violazione di divieti alle quali si applica l’art. 191 c.p.p. 131 con la conseguente

applicazione della disciplina stabilita da quest’ultimo articolo in merito all’istituto dell’inutilizzabilità.

Un ragionamento più complesso parrebbe prospettabile ai sensi dell’art. 415 bis c.p.p., riguardante l’avviso all’indagato della conclusione delle indagini preliminari.

Tale avviso alla persona sottoposta ad indagine dà ingresso ad un’ulteriore fase processuale di indagine, nella quale protagonista assoluto è lo stesso indagato.

Quest’ultimo infatti può presentare memorie, produrre documenti, depositare documentazione relativa ad investigazioni del difensore, nonché ha facoltà di presentarsi per rilasciare dichiarazioni ovvero chiedere di essere sottoposto ad interrogatorio.

130 F. Cassibba, Inutilizzabilità degli atti e poteri probatori

del giudice nel ‘’nuovo’’ giudizio abbreviato, in Cass. pen., 2001, p. 401; A. Vitale, Nullità assoluta e inutilizzabilità delle prove nel ‘’nuovo’’ giudizio abbreviato, in Cass. pen., 2001, p. 2043.

131 N. Galantini, L’inutilizzabilità della prova nel processo

penale, Padova, 1992, pp. 26-27; M. Nobili, Commento all’art. 191 c.p.p., in Commento al nuovo codice di procedura penale, vol. II, Torino, 1990, p. 410.

L’indagato può inoltre chiedere al pubblico ministero il compimento di ulteriori atti di indagine.

Dal tenore dell’art. 415 bis c.p.p. quindi sembrerebbe discendere che, una volta notificato l’avviso di chiusura dell’indagine preliminare al soggetto indagato, il pubblico ministero non possa compiere ulteriori atti di indagine, essendo ormai entrati in una fase in cui tale potere investigativo in capo al magistrato sarebbe legittimo unicamente a seguito di richiesta dell’indagato, fatte salve quelle indagini richieste dalla difesa a norma del comma 4 dell’art. 415 bis c.p.p.

In sostanza, sarebbe la scelta di esercitare l’azione penale a determinare la consumazione di ogni potere in capo al pubblico ministero di compiere qualsiasi ulteriore atto di indagine, atteso che una diversa impostazione avrebbe come conseguenza la lesione dei diritti difensivi

132.

Anche in questo caso vale la considerazione fatta per l’art. 409 comma 4 c.p.p.: è pacifico che l’inutilizzabilità non si estenda all’attività di indagine suppletiva ed integrativa.

Se infatti si aderisse all’impostazione contraria, le disposizioni relative agli articoli 419 comma 3

132 In tal senso A. Barzetta, Gli snodi processuali: la nuova

udienza preliminare ed i riti speciali, in Ind. pen., 2000, p. 506 e 509.

e 430 comma 1 c.p.p. resterebbero del tutto prive di qualsiasi concreta applicabilità 133.

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