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Uno dei punti cardini toccato dal legislatore con la riforma Orlando, attuata con legge 23 giugno 2017 n. 103, è indubbiamente quello della ragionevole durata del processo.

In quest’ottica, la mano dei conditores è stata guidata dall’intento di trovare soluzione all’emergenza di recuperare il processo penale ad una durata ragionevole, la quale è una caratteristica imprescindibile del giusto processo.

Sotto questo profilo il nostro paese ha subito nel corso degli anni innumerevoli condanne da parte della Corte europea, a causa della patologica ed eccessiva dilatazione delle tempistiche necessarie per giungere alla definizione del processo penale 139.

La lentezza rappresenta allora ‘’il più grave dei punti dolenti del nostro procedimento’’ 140.

La nuova disciplina relativa ai termini delle indagini preliminari si pone come il cavallo da battaglia delle novità legislative che hanno come scopo primario, per lo meno nelle intenzioni, quello di accelerare la dinamica del procedimento penale.

139 Si veda V. Fanchiotti, La durata ragionevole del

processo tra l’inidoneità degli strumenti interni e la prospettiva europea, in www.penalecontemporaneo.it.

140 Cit. ripresa da Corte Cost., 1 febbraio 1982, n. 15, in

Secondo le statistiche elaborate dal Ministero della Giustizia nel 2013, il 55,3 % dei procedimenti penali si definiva con provvedimento di archiviazione da parte del giudice per le indagini preliminari 141.

Questo dato non può che portare alla conclusione che il vulnus al principio costituzionale, contenuto nell’art. 111 della Costituzione, della ragionevole durata del processo non deriva dalle meccaniche processuali complessive, ma nasce nella fase iniziale del procedimento delle investigazioni preliminari e, nello specifico, da una irragionevole conduzione e gestione delle stesse.

Gli argini cronologici a tale problema posti dal legislatore del 1988 con gli articoli 335, 405, 406, 407 e 412 c.p.p. non sembrano idonei a svolgere efficacemente la funzione di dare attuazione al principio costituzionale suddetto. Nonostante il problema sia drammaticamente attuale, la lettera dell’art. 335 c.p.p. è chiara nello stabilire che una volta acquisita la notizia di reato il pubblico ministro debba ‘’immediatamente’’ iscrivere la stessa all’interno del registro appositamente custodito presso l’ufficio assieme, contestualmente o dal momento in cui risulta, al nome del soggetto cui è attribuito il reato.

141 A. Matteucci, Le modifiche in materia di indagini

Altrettanto chiaro è che entro sei mesi, o un anno per quei reati indicati dall’art. 407, comma 2, lettera a), il pubblico ministero deve sciogliere il nodo relativo all’esercizio o meno dell’azione penale. Sono fatte salve le eventuali proroghe a tali termini che il giudice per le indagini preliminari abbia concesso.

Ad avvalorare la previsione di questi argini temporali, è stata prevista una sanzione ad hoc per la loro violazione: l’inutilizzabilità.

Tutti quegli atti di indagine compiuti fuori dai limiti massimi delle investigazioni sono infatti colpiti da inutilizzabilità.

Oltre a ciò, la violazione dei suddetti termini comporta il così detto controllo verticale rappresentato dal potere di avocazione delle indagini che porta il Procuratore generale a sostituire il pubblico ministero rimasto inerte. Come è stato brillantemente osservato, oltre alla carenza di organico, il fattore che ha determinato e continua a determinare la patologica dilatazione temporale è la progressiva erosione del concetto di notitia

criminis 142.

La difficoltà nello stabilire univocamente la portata di tale concetto si aggiunge oltretutto all’incertezza circa l’identificazione semantica dell’avverbio ‘’immediatamente’’ espresso nell’art. 335 c.p.p., il quale avrebbe il cruciale

142 A. Matteucci, Le modifiche in materia di indagini

compito di evitare inutili ritardi temporali circa le tempistiche di iscrizione.

Proprio questa mancata definizione da parte dei conditores circa i tratti essenziali della notizia di reato, ha favorito la nascita di interpretazioni e ricostruzioni contrastanti ed impossibili da conciliare 143, aprendo altresì il

varco a facili elusioni dei termini massimi di durata delle investigazioni preliminari.

In questo contesto si inserisce l’aspro dibattito circa la tardività delle iscrizioni nel registro delle notizie di reato e quello, collegato, relativo al potere del giudice di retrodatare il dies a quo. A suo tempo, la Commissione Canzio, istituita con l’intento di elaborare una proposta di interventi in tema di processo penale, la quale ha rappresentato un punto di riferimento per la riforma Orlando, nella sua relazione conclusiva propose una modifica totale dell’art. 407 c.p.p. e totalmente diversa da quella che poi sarebbe uscita dalle aule parlamentari.

La modifica consisteva nella possibilità per il giudice di sindacare l’operato del pubblico ministero circa il tempestivo adempimento dei compiti previsti dall’art. 335 c.p.p. e, in caso di accertato mancato rispetto degli stessi, nella possibilità di determinare il momento esatto

143 Si veda D. Vicoli, La ‘’ragionevole durata’’ delle

nel quale l’inquirente avrebbe dovuto provvedere 144.

La Corte di Cassazione ha assunto poi una granitica posizione circa l’impossibilità di prevedere, de iure condito, un potere giurisdizionale di controllo e censura dei ritardi relativi alle iscrizioni delle notizie di reato, avallata poi in altre successive pronunce 145.

I giudici di legittimità hanno rimarcato l’accentuato carattere indeterminato della locuzione notitia criminis, il quale impedirebbe di compiere un effettivo controllo a posteriori sui comportamenti del pubblico ministero. Nonostante ciò, non è mancato chi ha non banalmente sottolineato che l’iscrizione della notizia di reato a norma dell’art. 335 c.p.p. rileva solo ai fini della decorrenza temporale delle investigazioni, non rilevando invece per la validità delle indagini compiute prima dell’iscrizione.

Pertanto, nell’ipotesi di iscrizione ritardata od omessa, si dovrebbe concludere che il termine decorra dalla data nella quale si sarebbe dovuto iscrivere, accertata dal giudice ex post.

144 Per un riscontro su quanto detto, si rinvia agli atti della

Commissione Canzio pubblicati in

www.penalecontemporaneo.it.

145 Si veda, Cass. Sez. Un., Tammaro, 30 maggio 2000;

Cass. Sez. Un., 23 aprile 2009, n. 23868; Cass. Sez. Un., 24 settembre 2009, n. 40539.

La conseguenza a siffatta impostazione è quella che la non corretta iscrizione dovrebbe incidere sull’utilizzabilità delle indagini finali 146.

Anche la Corte costituzionale ha preso parte alla questione per arginare la patologica prassi di ritardare le iscrizioni, ponendosi quest’ultima in contrasto con i precetti della Costituzione. La Consulta ha affermato che ‘’nell’ipotesi […] in cui il pubblico ministero procrastini indebitamente l’iscrizione nel registro, il problema che può porsi attiene unicamente all’artificiosa dilazione del termine di durata massima delle indagini preliminari: vale a dire alla possibile elusione della sanzione di inutilizzabilità che colpirebbe, ai sensi dell’art. 407 comma 3 c.p.p., gli atti di indagine collocati temporalmente ‘a valle’ della scadenza del predetto termine, a partire dal momento in cui l’iscrizione avrebbe dovuto essere effettuata’’

147.

Non può esser taciuto che alcuni momenti di controllo da parte dell’organo giurisdizionale sono presenti all’interno delle logiche procedimentali: il potere di sindacato del giudice per le indagini preliminari, quando riceve una richiesta di archiviazione; le considerazioni fatte ancora dai giudici di legittimità 148, le quali, ‘’nell’individuare il

regime più consono alla particolare qualità del

146 In tal senso, Cass. Sez. V, 8 ottobre 2003, n. 41131. 147 Corte cost., 7 luglio 2005, n. 307.

soggetto dichiarante – da sentire non come testimone ma, con le garanzie dell’art. 64 c.p.p., come imputato – lasciava aperto un varco alla possibilità di prescindere e, implicitamente, di sindacare le scelte della Procura di omessa iscrizione di quel dichiarante nel registro delle notizie di reato’’ 149.

Alla luce di quanto esposto, il legislatore è intervenuto edificando una nuova struttura di termini incentrata sulla fase finale delle indagini, senza quindi prendere alcuna posizione in merito al dibattito relativo alla tardività delle iscrizioni.

Stabilisce infatti il nuovo art. 407 comma 3 bis c.p.p. che ‘’in ogni caso il pubblico ministero è tenuto ad esercitare l’azione penale o a richiedere l’archiviazione entro il termine di tre mesi dalla scadenza del termine massimo di durata delle indagini e comunque dalla scadenza dei termini di cui all’art. 415 bis c.p.p.’’, termine elevato a 15 mesi per i reati di cui all’art. 407 comma 2 lettera a) numero 1), 2), 3) e 4).

Nelle restanti ipotesi di investigazioni particolarmente complesse, il pubblico ministero può chiedere al Procuratore generale presso la Corte d’Appello di prorogare di ulteriori tre mesi il termine massimo per

149 Cit. di A. Matteucci, Le modifiche in materia di indagini

sciogliere l’alternativa fra l’esercizio o meno dell’azione penale.

Va specificato che quest’ultimo ulteriore lasso temporale non può essere impiegato per svolgere ulteriori attività investigative, essendo funzionale unicamente a sciogliere l’alternativa fra esercitare o meno l’azione penale.

La riforma Orlando interviene inoltre in tema di avocazione delle investigazioni, modificando il dettato dell’art. 412 comma 1 c.p.p.

Ad oggi infatti l’obbligo di avocazione non sorge più allo spirare del termine previsto per la fine delle investigazioni, bensì decorsi tre mesi, oppure sei o quindici, a seconda delle ipotesi di reato, assegnati al pubblico ministero per sciogliere l’alternativa fra esercizio o meno dell’azione penale.

A primo impatto potrebbe sembrare illogico aver assegnato un ulteriore termine al pubblico ministero, dato che l’intento della riforma è appunto quello di una accelerazione procedimentale.

Tuttavia, va osservato come prima di tale previsione questo segmento temporale, scandito precisamente con la riforma, non conosceva limiti formali.

Nella logica del sistema congegnato nel 1988 tale spazio cronologico non sarebbe dovuto esistere, coincidendo la determinazione sull’an dell’esercizio dell’azione penale con la fine delle indagini preliminari.

Nella realtà dei fatti, al contrario, i fascicoli giacevano e giacciono in una fase morta, ricompresa fra la fine delle investigazioni ed il momento in cui il pubblico ministero effettivamente assume una posizione netta relativa all’azione penale.

Da quanto esposto, emerge che l’obbligo di avocazione sorgeva già dal giorno seguente rispetto alla chiusura delle indagini preliminari, verificandosi da questo momento l’inadempimento dell’obbligo di agire con conseguenze almeno sul piano disciplinare 150.

Chiara appare, dunque, la scelta del legislatore del 2017.

L’obiettivo di accelerare la fase iniziale del processo, per evitare tutte quelle fasi di stallo patologiche e lesive dei diritti delle parti, si pone sicuramente come un punto fermo che i

conditores hanno a ragione tentato di

perseguire.

Ad ogni modo, il meccanismo dell’avocazione pare ancora non del tutto idoneo ed efficace per svolgere la funzione di presidio al principio

150 La Corte di Cassazione, tuttavia, ha affermato con

sentenza numero 19833 del 20 marzo 2009 che non è escluso a priori un eventuale esercizio tardivo dell’azione penale da parte del pubblico ministero, salvo che il Procuratore generale non abbia già avocato le indagini. La stessa Corte di legittimità, con provvedimento numero 12086 del 19 novembre del 1992, aveva già stabilito peraltro che se al termine del periodo stabilito per le investigazioni queste ultime non fossero state completate, la mancata avocazione da parte del Procuratore generale non comporterebbe nullità alcuna, non essendo questa esplicitamente prevista, ma solamente inutilizzabilità degli atti compiuti al di là dei paletti temporali legislativamente imposti.

dell’obbligatorietà dell’azione penale di cui all’art. 112 Cost.

Abbiamo già sottolineato come questo tentativo di accelerare il procedimento si pone nella fase finale delle indagini preliminari, ma ciò non risolve minimamente il problema posto all’inizio delle stesse: la vexata quaestio circa le iscrizioni tardive ed omesse.

Alla totale assenza di una presa di posizione da parte del legislatore circa la possibilità per il giudice di effettuare un controllo sull’operato del pubblico ministero, si contrappone la possibilità per il Procuratore generale di compiere delle valutazioni inerenti al modus

operandi del pubblico ministero a norma

dell’art 407 comma 3 bis c.p.p.

L’ultimo periodo di suddetto comma dispone che il ‘’ove non assuma le proprie determinazioni in ordine all’azione penale nel termine stabilito dal presente comma, il pubblico ministero ne dà immediata comunicazione al procuratore generale presso la corte di appello’’.

Si tratta di una comunicazione che deve avere un contenuto minimo, identificabile quanto meno con quello stabilito dall’art. 127 disp. att. c.p.p.

Ad ogni modo, ‘’appare opportuna una comunicazione che consenta al Procuratore generale di operare le sue valutazioni’’ 151.

In base a quanto affermato quindi dalla Procura di Tivoli, la comunicazione che il p.m. deve effettuare, a norma dell’art. 407 comma 3 bis, è funzionale a mettere nelle idonee condizioni il Procuratore generale di svolgere le proprie valutazioni ed i propri controlli.

In tal senso, per compiere valutazioni dettagliate e complete circa l’effettiva inerzia e la natura del procedimento, il registro informatico ed in generale il processo di informatizzazione delle iscrizioni delle notizie di reato sembrano le strade più sicure e rapide affinché la Procura generale riesca nell’intento di ottenere tutta quella gamma di informazioni funzionali proprio a quelle valutazioni che costituiscono il cuore del potere di controllo del Procuratore generale.

La stessa Procura di Tivoli non ha mancato inoltre di auspicare l’opportunità di costruire ‘’un sistema di comunicazione interno tra gli uffici requirenti che, partendo dalle annotazioni effettuate sul Registro informatico (SICP), segnali in automatico i fascicoli scaduti e

151 Cit. ripresa da: Le direttive della Procura di Roma in

materia di iscrizioni nel registro delle notizie di reato, p. 32, in www.penalecontemporaneo.it.

non definiti, come tali da sottoporre all’attenzione del Procuratore generale’’ 152.

Tale programma ipotizzato dalla Procura è poi divenuto operativo, consentendo così di predisporre comunicazioni depurate di tutti quei procedimenti che non devono essere, non ancora, oggetto di comunicazione.

- Ancora

obbligatorietà

dell’azione

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