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Con una manovra a vasto raggio operata con legge numero 332 del 1995, la quale ha coinvolto gli articoli 335 e 369 c.p.p. e l’art. 38 disp. att. c.p.p., il tema della conoscibilità dell’iscrizione è stato totalmente rivisitato con la precisa finalità di rafforzare la posizione della difesa.

L’attuale comma 3 dell’art. 335 c.p.p. consente all’indagato, alla persona offesa ed ai rispettivi difensori di avere comunicazione delle iscrizioni avvenute, e quindi dell’esistenza di un procedimento, attraverso la presentazione di una richiesta alla segreteria del pubblico ministero.

Su tale base, l’art. 110 bis disp. att. c.p.p. delinea il comportamento della segreteria nel caso di richiesta a norma del terzo comma dell’art. 335 c.p.p.

Sulla base di queste premesse va sottolineato come, alla totale riservatezza iniziale, la legge oggi consente una generalizzata possibilità di conoscenza dell’esistenza dell’indagine, fatta eccezione per il caso in cui si debba procedere per reati di criminalità organizzata ex art. 407 comma 2 e per l’ipotesi in cui sia preminente l’esigenza di segretezza investigativa di cui all’art 335 comma 3 bis c.p.p.

Controverso risulta il profilo della conoscibilità circa le iscrizioni nell’apposito registro di tutte quelle informative che, per un motivo od un

altro, non sono ritenute costituenti una notitia

criminis.

Invero, la disciplina disposta dall’art. 335 c.p.p. mal si adatta alle iscrizioni nel registro degli atti non costituenti notizia di reato, anche se questo rende molto difficoltoso l’accertamento di un possibile uso sproporzionato ed anomalo da parte del pubblico ministero del registro modello 45 93.

Per quanto attiene ai profili soggettivi della richiesta alla segreteria del pubblico ministero, mentre non vi sono dubbi che tale facoltà di apprensione riconosciuta all’indagato vada estesa anche a chi attualmente non è ufficialmente entrato nel procedimento, non avendo ancora quindi assunto formalmente la qualità di persona sottoposta ad indagine, residuano incertezze in relazione al ruolo del difensore 94.

In particolare, è incerto se il difensore possa avanzare richiesta unicamente in virtù della sua nomina o se debba avere un espresso mandato in tal senso.

La risposta ruota attorno all’esclusività della natura del diritto de quo, dato che a norma dell’art. 99 c.p.p. al difensore si estendono le

93 In tal senso M. Maddalena, Registro delle notizie di

reato: i problemi dopo la riforma. Il punto di vista di un magistrato, in Dir. pen. e proc., 1996, p. 490.

94 Cfr. G. Saccone, Nuove prospettive per l’esercizio del

diritto di difesa, in Annali ist. dir. proc. pen. Univ. Salerno, 1995, p. 351.

facoltà ed i diritti dell’indagato, salvo che siano riservati esclusivamente a quest’ultimo.

La richiesta costituisce un atto formale, ma la legge non determina il contenuto che deve avere ed il punto non è pacifico.

Tuttavia, un’indicazione in merito al contenuto è stata fornita dalla Corte costituzionale. Attivata per pronunciarsi in materia di contenuto dell’avviso di richiesta di proroga delle indagini, la Consulta ha stabilito che nell’oggetto della comunicazione ex art. 335 comma 3 c.p.p. siano comprese le indicazioni prescritte dall’art. 369 c.p.p. 95

Una volta presentata, v’è da chiedersi quali siano gli obblighi del pubblico ministero in ordine alla sua risposta.

Certamente auspicabile è che la redazione della risposta sia rimessa unicamente al magistrato dell’accusa titolare dell’indagine.

Sul punto, benché l’art. 110 bis disp. att. c.p.p. faccia un riferimento generico alla segreteria, i commi 3 e 3 bis dell’art. 335 c.p.p. inducono ad optare per il solo magistrato d’accusa titolare delle investigazioni 96.

Assai problematica appare la questione relativa al termine entro il quale il magistrato è tenuto a dare la risposta alla richiesta.

95 Corte cost., 20 maggio 1999, n. 182, in Giur. cost.,

1999, p. 1780.

96 In tal senso L. D’Ambrosio, La riforma dell’8 agosto

L’art. 335 c.p.p. non fornisce alcuna indicazione esaustiva in tal senso 97.

Parte della dottrina ritiene che l’atto della richiesta sia unicamente uno dei casi di sollecitazione al pubblico ministero ex art. 367 c.p.p 98.

In questo caso, la risposta andrebbe fornita ‘’senza ritardo’’.

Altri autori 99 ritengono più coerente

configurare la richiesta come una vera e propria certificazione, con conseguente applicazione dell’art. 116 c.p.p.

Qui la risposta da parte del magistrato andrebbe rilasciata ‘’senza ritardo’’, fatta salva la facoltà per il pubblico ministero di rigettare la richiesta con decreto motivato.

La legge è chiara nel fornire l’indicazione delle ragioni in virtù delle quali il pubblico ministero può rigettare la richiesta.

Oltre alle eccezioni già richiamate dall’art. 335 c.p.p., la norma prevede una declaratoria negativa nel caso di totale assenza di iscrizione a carico del richiedente.

97 Nella versione approvata dalla Camera si prevedeva, al

contrario, che il pubblico ministero avesse un termine massimo di 10 giorni per rispondere alla richiesta. La proposta venne poi di fatto soppressa nel corso dell’iter parlamentare.

98 R. Orlandi, Commento all’art. 18, p. 258. In G. Giostra,

Modifiche al codice di procedura penale. Nuovi diritti della difesa e riforma della custodia cautelare, Padova, 1995.

99 Cfr. P. Gualtieri, Registro delle notizie di reato: i

problemi dopo la riforma. Il punto di vista di un avvocato, in Dir. pen. e proc., 1996, pp. 499-500.

Data simile evenienza, ciò non esclude che possibili iscrizioni siano pendenti a carico del medesimo richiedente presso un altro ufficio della procura, né che vengano effettuate dopo il controllo del registro da parte del magistrato. La domanda, formulata all’ufficio della procura nel suo complesso, esclude la possibilità di risposta negativa o di inammissibilità a causa del solo fatto che non sia stato correttamente individuato il magistrato titolare delle indagini, posto che la norma si riferisce alle iscrizioni a proprio carico nel registro generale.

Diversa ipotesi è quella che, pur essendo effettivamente pervenuta una notizia di reato all’ufficio, essa sia stata iscritta in registri diversi da quello generale.

Si è già accennato ai dubbi che circondano la comunicazione di annotazioni nel registro modello 45.

Il rapporto fra iscrizione e comunicazione agli interessati si fa più complesso non appena si prendano in considerazione i possibili abusi ed usi illegittimi che possono essere tenuti dagli inquirenti in danno delle parti.

Può accadere, ad esempio, che il pubblico ministero che abbia provveduto ad una iscrizione di una informativa nel modello 44 o nel modello 45, ed abbia in un secondo momento individuato l’autore del reato, ritardi il trasferimento della notizia di reato e nella sua iscrizione nominativa allo scopo di celare la pendenza del procedimento.

Come già verificato, in merito a tale patologia non resta che aggrapparci al principio della lealtà processuale e fedeltà nella tenuta dei registri.

L’assenza di iscrizioni a proprio carico deve essere certificata con la formula ‘’Non risultano iscrizioni suscettibili di comunicazione’’ a norma dell’art. 110 bis disp. att. c.p.p.

La locuzione è di difficile comprensione, dato che non lascia intendere infatti se vi siano iscrizioni e queste siano oggetto di segretazione, oppure se manca qualsivoglia formale annotazione a proprio carico.

Il vero aspetto critico della disposizione in esame è quello della ‘’mancanza di qualunque indicazione legislativa sui dati da comunicare all’interessato’’ 100.

Non sono mancati in verità tentativi da parte della dottrina di colmare la lacuna 101, secondo

le quali le iscrizioni comunicabili riguardano le generalità dell’indagato e dell’offeso, il fatto di reato, la data di iscrizione della notizia di reato e la data di pervenimento della notizia all’ufficio.

A queste informazioni vanno aggiunte, peraltro, il numero d’ordine nel registro del procedimento e l’indicazione del magistrato.

100 Cit. di A. Marandola, I registri del pubblico ministero,

Padova, 2001, p. 338.

101 L. D’Ambrosio, La riforma dell’8 agosto 1995, in Dir.

Sorgono dubbi sulla possibilità di divulgare all’interessato i nomi di altri ed eventuali co- indagati 102.

Nella prassi è emersa inoltre l’esigenza di dissipare i dubbi circa la necessità di rendere nota anche la data di iscrizione della notizia o quella di trasmissione degli atti presso altra procura della Repubblica.

Il ruolo fondamentale dell’istituto della iscrizione, come momento che segna il decorso dei termini per le investigazioni, e la funzione assegnata al controllo sulla legittimazione del procuratore procedente, hanno indotto a dare risposta affermativa.

Risposta di segno negativo sembra prevalere invece in merito al quesito sull’ostensibilità del contenuto dell’iscrizione qualora il pubblico ministero abbia proceduto, per un motivo o per un altro, ad iscrizione simultanea, sotto un unico numero di registro generale, di una pluralità di persone 103.

La ratio della limitazione alla cognizione è data dal fatto che è del tutto ininfluente per l’interessato la scelta dell’accorpamento operato.

Tale conclusione non pare condivisibile anche per il caso in cui a carico dello stesso indagato

102 Cfr. L. D’Ambrosio, La riforma dell’8 agosto 1995, in

Dir. pen. e proc., 1995, p. 1210.

103 Cfr. M. Maddalena, Registro delle notizie di reato: i

problemi dopo la riforma. Il punto di vista di un magistrato, in Dir. pen. e proc., 1996, p. 492.

vi sia iscrizione di più fattispecie delittuose unite dal vincolo della connessione.

Il richiedente ha evidentemente tutto l’interesse a sapere di eventuali e plurime fattispecie iscritte a suo carico, ma soprattutto nessuna indicazione in senso limitativo proviene dal dato normativo.

Se il legislatore si è mosso nel senso di escludere la conoscenza in casi tassativamente stabiliti, come pare essere, il pubblico ministero non può estendere il diniego di informazione oltre le ipotesi indicate.

Le carenze normative non possono ricadere a danno del soggetto interessato alle e dalle indagini.

La clausola di riserva al principio generale dell’ostensibilità dell’iscrizione, prevista dal comma 3 bis dell’art. 335 c.p.p., prevede che il pubblico ministero chiamato a decidere sulla richiesta può disporre con decreto motivato il segreto sulle iscrizioni, non sine die, ma per un periodo che la legge fissa in tre mesi.

Tale ultimo termine, inoltre, non è rinnovabile. Il legislatore si dimostra particolarmente sensibile al tema della segretezza interna delle indagini, escogitando la soluzione di ancorare l’impossibilità di conoscenza dell’iscrizione ad un atto totalmente discrezionale dell’inquirente, il quale si sottrae quindi ad ogni tipo di possibile controllo e sanzione.

Invero, sembra poco efficace il tentativo di vincolare lo stesso pubblico ministero ai soli casi in cui sussistono specifiche esigenze attinenti all’attività di indagine, in quanto l’ampiezza di tale formula gli lascia, di fatto, un immenso margine di manovra.

Autorevole dottrina non ha mancato di sottolineare come tale formula risulti tautologica, dato che per consentire la non comunicabilità dell’iscrizione basta appellarsi alla stessa ratio o funzione dell’indagine, la quale è per sua stessa natura riservata 104.

La disposizione prevede, tuttavia, un obbligo di motivazione da parte dell’autorità.

Non appena però si consideri che l’inadempimento a tale ultimo obbligo non risulta in alcun modo censurabile, che la stessa motivazione può essere oltremodo generica e che vi è totale assenza di controlli sul piano processuale, si è portati a concludere nel senso della più ampia discrezionalità goduta dal pubblico ministero.

Gli effetti di una motivazione omessa e quelli relativi ad una motivazione carente sono stati ricompresi dagli interpreti tra le cause di nullità di ordine generale, di cui all’art. 178 comma 1 lettera c) c.p.p. 105.

104 Cfr. P. Gualtieri, Registro delle notizie di reato: i

problemi dopo la riforma, il punto di vista di un avvocato, in Dir. pen. e proc., 1996.

105 Cfr. R.E. Kostoris, La riforma della custodia cautelare,

La soluzione appare condivisibile, seppur prestando il fianco a talune difficoltà dal punto di vista applicativo.

Infatti il provvedimento, una volta emesso, sarà celato alle parti e depositato nel fascicolo del pubblico ministero fino alla chiusura delle indagini 106.

Parte della dottrina ha inoltre affermato che l’insindacabilità dell’operato del pubblico ministero nel caso di specie possa esser controbilanciata dalla ristrettezza del lasso temporale entro il quale il provvedimento deve essere adottato 107.

Sotto ulteriore e distinto profilo, il panorama interpretativo è diviso circa il tema della decorrenza del termine massimo di tre mesi, termine da intendersi come meramente ordinatorio.

Tale problema viene risolto ritenendo che il trimestre concesso per la non ostensibilità decorra dal momento dell’emissione del decreto motivato 108.

A questo punto sorge l’interrogativo circa un’eventuale reiterazione del segreto, con la medesima procedura di cui al comma 3 bis

106 L. D’Ambrosio, La riforma dell’8 agosto 1995, in Dir.

pen. e proc., 1995, p. 1210.

107 In tal senso G. Conti, La ‘’radiografia’’ della nuova

normativa su misure cautelari e diritto alla difesa, in Guida al dir., 1995, f. 33, p. 44.

108 A. Marandola, I registri del pubblico ministero,

dell’art. 335 c.p.p., a seguito della riproposizione della richiesta.

La risposta non può che propendere per la totale inammissibilità.

Secondo alcuni 109, la decorrenza dei tre mesi

andrebbe ancorata al momento dell’iscrizione della notizia di reato, con la conseguenza che, se la richiesta è proposta dopo tale termine, la non comunicabilità non sarebbe opponibile. Ulteriore evenienza, del tutto patologica, è quella in cui, pur decorso il termine per la segretazione, il pubblico ministero si rifiuti nonostante tutto di fornire l’informativa, neghi l’esistenza dell’iscrizione che al contrario esiste, ovvero giustifichi il diniego sostenendo illegittimamente che si tratta di iscrizione non comunicabile.

In tutte le menzionate ipotesi, l’illegittimità della condotta dell’inquirente configurerebbe una nullità per violazione del diritto di difesa e di intervento ai sensi dell’art. 178 comma 1 lettera c).

Passando alle concrete modalità con le quali venga opposto il diniego per motivare le esigenze di segretezza investigativa, la formula impiegata è ancora quella relativa all’art. 110

bis disp. att. c.p.p.

109 Cfr. A. Cristiani, Misure cautelari e diritto di difesa,

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