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di Maurizio Gentile e Pamela Pelagalli*

2. Diritto all’educazione, diritto all’inclusione

2.2. L’Italia e l’integrazione scolastica

Il percorso legislativo relativo all’integrazione nelle scuole degli alunni disabili è iniziato negli anni ’70. Fino a quel momento, le Leggi n. 1859 del 1962 e n. 1518 del 1967 avevano stabilito l’inserimento degli studenti disabili in due percorsi diversi. Il primo riguardava le scuole speciali, che potevano accogliere alunni disabili con problematiche tali da non poter garantire la regolare frequenza e con la necessità di assistenza medica. Il secondo prevedeva le classi differenziali, dove gli alunni potevano avere disabilità o disagi tali da essere affrontati con l’obiettivo di un successivo inserimento nelle classi comuni. Questo tipo di percorso però non tutelava gli apprendimenti degli allievi dato che era presente nella Circolare Mini- steriale del 1962 l’indicazione di affidare le classi differenziali proprio agli insegnanti senza specializzazione e quindi senza una preparazione adegua- ta (Ciambrone e Fusacchia, 2014).

Il primo cambiamento è stato dato dalla Legge n. 118 del 30 marzo 1971 nella quale si offre agli alunni disabili meno gravi la possibilità di frequen- tare le classi «normali» e non quelle speciali o differenziali, se richiesto dalla famiglia, garantendo il trasporto gratuito, l’abbattimento delle barrie- re architettoniche e l’assistenza in classe (art. 28). Si apre così un periodo di dibattito per valutare il percorso d’integrazione e per ampliarlo a tutte le disabilità. Documento di passaggio tra la Legge n. 118 e la successiva n. 517 del 1977, è stata la Circolare Ministeriale n. 227 del 1975, dove nell’Al- legato 1 si ritrova la «Relazione conclusiva della Commissione Falcucci concernente i problemi scolastici degli alunni handicappati» molto attuale rispetto alle indicazioni di una concreta integrazione scolastica (Tortello, 1997). Nella relazione si riporta che:

Il superamento di qualsiasi forma di emarginazione degli handicappati passa attraverso un nuovo modo di concepire e di attuare la scuola, così da poter vera-

mente accogliere ogni bambino ed ogni adolescente per favorirne lo sviluppo per- sonale […]. Lo stesso criterio di valutazione dell’esito scolastico, deve perciò fare riferimento al grado di maturazione raggiunto dall’alunno sia globalmente sia a livello degli apprendimenti realizzati, superando il concetto rigido del voto o della pagella. Fondamentale è l’affermazione di un più articolato concetto di apprendi- mento, che valorizzi tutte le forme espressive attraverso le quali l’alunno realizza e sviluppa le proprie potenzialità e che sino ad ora sono state lasciate prevalente- mente in ombra. L’ingresso di nuovi linguaggi nella scuola, se costituisce infatti un arricchimento per tutti, risulta essenziale per gli alunni che non rispondono alle richieste di un lavoro formale, in quanto offre loro reali possibilità di azione e di affermazione. Si dovrebbe giungere per questa via ad allargare il concetto di apprendimento affinché, accanto ai livelli d’intelligenza logica-astrattiva, venga considerata anche l’intelligenza sensorio-motrice e pratica e siano soprattutto te- nuti presenti i processi di socializzazione.

Nel 1977 la Legge 517 riprende i punti fondamentali della Relazione Falcucci ed apre la scuola a tutte le disabilità, con l’indicazione di attuare forme di integrazione attraverso la presenza di insegnanti specializzati, mettendo così l’Italia al centro dell’attenzione internazionale come nazio- ne che permette a quasi tutti gli alunni disabili di frequentare la scuola dell’obbligo fuori dalle classi speciali (Vianello e Di Nuovo, 2015). Si pas- sa così da una scuola che seleziona ad una scuola che prova ad attuare l’in- tegrazione (Campana, 2014) attraverso percorsi individualizzati, e in parti- colar modo si comincia a pensare veramente al diritto di tutti i bambini e i ragazzi di apprendere, con una attenzione mirata ai disabili.

Una delle implicazioni più importanti della L. 517 è che tutti gli studen- ti, indipendentemente da loro status socio-economico e dalle disabilità di natura mentale o fisica, sono ammessi ad un percorso scolastico regolare. Fin dalla sua approvazione, si contano numerosi tentativi e buone prati- che d’integrazione scolastica (Canevaro e Ianes, 2002). Sul versante della ricerca educativa gli studiosi hanno approfondito quattro ambiti: l’alloca- zione dei fondi, gli indicatori per la valutazione della qualità tecnica e am- ministrativa dell’integrazione, la diagnosi funzionale, le strategie educative (D’Alessio, 2008).

2.2.1. Dal deficit alla valorizzazione delle potenzialità

L’attuazione della Legge n. 517 si presenta come una scelta coraggiosa e importante da parte dell’Italia. La norma, nota come legge sull’integrazio- ne scolastica (Ianes e Demo, 2008), obbligò il sistema a riorganizzarsi at- tivando la ricerca di strategie d’intervento e chiedendo agli insegnanti uno sviluppo professionale più avanzato (Ianes, 2006). Tuttavia, è necessario

evidenziare che nella scuola media furono cancellate le classi differenziali senza l’attivazione di nessuna misura di supporto (Ciambrone e Fusacchia, 2015), mentre sulla scuola elementare si intervenne mediante l’Art. 12 della Legge n. 104 del 1992:

L’esercizio del diritto all’educazione e all’istruzione non può essere impedito da difficoltà di apprendimento né da altre difficoltà derivanti dalle disabilità connes- se all’handicap.

Prima di questa legge, nel 1982 era stata emanata la Legge n. 270, dove si riconosceva la figura dell’insegnante di sostegno, e la Circolare Ministe- riale n. 250 del 1985 la quale permetteva un ulteriore passo in avanti del concetto d’integrazione:

[…] dal punto di vista dell’azione educativa che la scuola deve compiere, non ha importanza tanto la classificazione tipologica dell’handicap, quanto l’analisi e la conoscenza delle potenzialità del soggetto che ne è portatore e la definizione dei suoi “bisogni educativi”.

Dunque le leggi fin qui citate hanno messo la scuola di fronte alla ne- cessità di comprendere i punti forti degli allievi e i loro bisogni educativi, indipendentemente dalla tipologia di deficit, disturbo o disabilità. Queste posizioni, espresse a cavallo tra gli anni ’70 e ’90, sono state ulteriormente rinforzate dalla Legge n. 59 del 1997 riguardante la riforma della Pubblica Amministrazione. L’art. 8 e 9 della Legge chiedono alle scuole di finaliz- zare «metodologie, strumenti e tempi d’insegnamento» tenendo conto «del- le esigenze formative di ciascun allievo».

2.2.2. L’integrazione scolastica e i Bisogni Educativi Speciali

Tra la fine degli anni ’90 e l’inizio del nuovo secolo, l’interesse del le- gislatore per i temi legati all’integrazione sembra diminuire. Il 2003 vede una ripresa di attenzione grazie alla Legge n. 53 che sottolinea come fina- lità principali del sistema scolastico le seguenti: a) la valorizzazione della persona, b) il rispetto delle differenze e dell’identità di ciascuno, c) l’impor- tanza della cooperazione tra scuola e genitori.

Nel 2009, le Linee Guida per l’integrazione degli alunni disabili avvalo- rano come l’integrazione sia ormai un processo avviato e dal quale non si torna indietro. La scuola viene valorizzata nel compito importante di edu- care e di aiutare a crescere gli allievi, rispettando le differenze individuali. Nelle Premesse alla Linee Guida gli estensori presentano l’idea di scuola:

una comunità educante, che accoglie ogni alunno nello sforzo quotidiano di co- struire condizioni relazionali e situazioni pedagogiche tali da consentirne il mas- simo sviluppo. Una scuola non solo per sapere dunque ma anche per crescere, at- traverso l’acquisizione di conoscenze, competenze, abilità, autonomia, nei margini delle capacità individuali, mediante interventi specifici da attuare sullo sfondo costante e imprescindibile dell’istruzione e della socializzazione.

È evidente il richiamo agli orientamenti internazionali (si veda il para- grafo 2.1), in particolare alla Conferenza sui diritti umani del 1993, alla Convenzione ONU per i diritti delle persone con disabilità – ratificata con Legge n. 18 del 2009 – e all’“International Classification of Functioning (da qui in poi, ICF) approvato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 20012.

L’apertura definitiva verso una maggiore attenzione ai bisogni educa- tivi degli alunni si ha nel 2004, con l’emanazione della nota del MIUR n. 4099/A/4, dalla quale prende avvio il percorso che ha portato alla pro- mulgazione della legge nazionale n. 170 dell’8 ottobre 2010, riferimento fondamentale per chi lavora a scuola con soggetti con disturbi dell’appren- dimento. Nella legge, infatti, si riconoscono i Disturbi Specifici dell’Ap- prendimento (dislessia, disgrafia, disortografia e discalculia) e si indicano gli strumenti compensativi e dispensativi attuabili a scuola. L’art. 5 della Legge 170 indica l’uso di:

una didattica individualizzata e personalizzata, con forme efficaci e flessibili di lavoro scolastico che tengano conto delle peculiari caratteristiche dei soggetti […] adottando una metodologia e una strategia educativa adeguate”. […] l’introduzio- ne di strumenti compensativi, compresi mezzi di apprendimento alternativi e le tecnologie informatiche, nonché misure dispensative da alcune prestazioni non essenziali ai fini della qualità dei concetti da apprendere.

Il 12 luglio 2011 il MIUR emana le Linee Guida per il Diritto allo Studio degli alunni e degli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendi- mento, allegate al Decreto Ministeriale n. 5669, nelle quali si definiscono le misure educative di supporto necessarie per sostenere il corretto pro- cesso di insegnamento/apprendimento degli studenti con DSA. Una di queste è «l’immediato intervento da opporre alla tendenza degli alunni o degli studenti con DSA a una scarsa percezione di autoefficacia e di autostima».

2. L’ICF è un modello di classificazione bio-psico-sociale che pone l’attenzione all’in- terazione fra la capacità di funzionamento di una persona e il contesto in cui vive. Il con- testo di vita è visto come una risorsa importante per poter migliorare l’autonomia delle persone grazie al continuo adattamento di esso ai bisogni specifici (Pegoraro, 2014).

Dato che l’esperienza di fallimento può essere un importante fattore di rischio per la dispersione scolastica, all’interno delle Linee Guida si sotto- linea l’importanza di proporre agli studenti esperienze positive di appren- dimento, in cui possano sperimentare un reale senso di autoefficacia, al di là delle oggettive limitazioni imposte dal loro disturbo.

Con la Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 e la relativa Circola- re n. 8 del 6 marzo 2013, si è definitivamente ampliato il concetto integra- zione coinvolgendo non solo gli allievi con disabilità ma anche tutti quelli che, per un periodo continuativo o temporaneo, possono mostrare difficoltà nell’apprendimento e nel funzionamento in generale, estendendo a tutti gli studenti in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento. La Direttiva specifica che:

ogni alunno, con continuità o per determinati periodi, può manifestare Bisogni Educativi Speciali: o per motivi fisici, biologici, fisiologici o anche per motivi psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano adeguata e personalizzata risposta.

Per effetto della direttiva, il bisogno educativo speciale è diventato una “macrocategoria” che comprende tutte le possibili difficoltà che si possono evidenziare a scuola (Ianes e Cramerotti, 2013). All’interno della macroca- tegoria si identificano tre sotto-categorie: la disabilità, i disturbi evolutivi specifici, lo svantaggio socio-economico, linguistico e culturale.

1. Disabilità. La L. 104 del 1992, legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate definisce una persona come disabile quando «presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale,

stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione». Per poter accertare la disabilità

è necessario svolgere i passaggi previsti per una certificazione medico- legale, verificata dalle commissioni dell’Inps.

2. Disturbi evolutivi specifici. All’interno di questa categoria rientrano, oltre ai

Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), altri disturbi che non acce-

dono al percorso della 104 perché presentano un livello intellettivo nella norma, come ad esempio il deficit del linguaggio, delle abilità non verbali, di coordinazione motoria, di disattenzione ed iperattività, di funzionamento

intellettivo limite.

3. Svantaggio socio-economico, linguistico, culturale. A questo proposito la Circolare Ministeriale n. 8 del 6 marzo 2013, sottolinea che per «questi

alunni, e in particolare per coloro che sperimentano difficoltà derivanti dalla non conoscenza della lingua italiana […] è parimenti possibile attivare percorsi individualizzati e personalizzati, oltre che adottare strumenti com- pensativi e misure dispensative […]. In tal caso si avrà cura di monitorare l’efficacia degli interventi affinché siano messi in atto per il tempo stretta-

mente necessario». La Circolare sottolinea che le misure dovranno avere

un carattere transitorio, privilegiare gli aspetti didattici, essere basati sulla personalizzazione dell’apprendimento.