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2. MISURAZIONE E GESTIONE DEL RISCHIO DI CREDITO

4.2 Panoramica storica

4.2.2 Italia

La storia economica italiana si può definire più ‘stabile’ rispetto a quella argentina. L’Italia non si è mai trovata nella situazione di dover dichiarare default e gli impatti delle posizioni politiche sono più contenuti. Nonostante questo è interessante andare ad osservare come si sia evoluta l’economia italiana per cercare di spiegare le variazioni sui rendimenti obbligazionari italiani nelle varie fasi della storia.

Tra la fine della Seconda Guerra Mondiale e il 1973 si può dire che soprattutto i continenti più sviluppati hanno beneficiato di un periodo di enorme prosperità e sviluppo del benessere collettivo; definito come “l’età dell’oro” (Hobsbawm), questo periodo si caratterizzava per bassi costi di produzione, abbondanza di capitali e sovrapproduzione di merci. Il tutto sotto il meccanismo dei cambi fissi stabilito dagli accordi di Bretton Woods.

I primi sintomi di instabilità iniziarono nel ’71 quando Nixon, Presidente degli Stati Uniti, dichiarò l’inconvertibilità del dollaro in oro a causa dell’elevata quantità di dollari emessi in circolazione rispetto all’oro disponibile. Si decretò quindi l’abbandono della stabilità monetaria e la nascita di un nuovo sistema fluttuante. Questo fenomeno ebbe delle ripercussioni a livello mondiale sulle diverse valute che iniziarono ad oscillare pericolosamente rispetto al dollaro. Le conseguenze si amplificarono nel ’73 e nel ’79

99 con la crisi petrolifera, quando l’OPEC decise di sospendere la fornitura di petrolio ai paesi occidentali, i quali avevano appoggiato Israele nella guerra dello Yom Kippur, favorendone la vittoria. Questa decisione si tradusse in un forte aumento del costo del petrolio e quindi dell’energia, materia prima su cui la maggior parte delle economie erano basate.

A causa dell’aumento del prezzo del petrolio e l’adozione del regime di fluttuazione delle valute, l’Italia si trovò una valuta, la Lira, deprezzata rispetto al dollaro che rendeva più costoso l’acquisto di petrolio, espresso in dollari. La conseguenza fu la riduzione dell’attività produttiva ed il calo dei profitti imprenditoriali, i quali si tradussero quindi in aumento del prezzo delle merci portando ad un meccanismo di inflazione. Stessa cosa si manifestò nel ’79 con la seconda crisi petrolifera, scaturita dall’avvento al potere di Khomeyni in Iran e dalla guerra con l’Iraq di Sadamm Hussein. Anche in questo caso ci fu un calo dell’offerta di petrolio con conseguente aumento dei prezzi.

Grafico 19: Andamento valuta italiana (Fonte: The World Bank)

È proprio in questi anni che si inizia ad accumulare enormi livelli di debito pubblico. Si passa dal 35% del PIL degli anni ‘70 al 100% alla fine degli anni ‘8040

. Questa crescita impetuosa ha origine soprattutto da scelte politiche. Nel 1981 infatti il governo adottò un provvedimento con il quale avvenne la scissione tra Banca d’Italia ed il Ministero

100 del Tesoro; il debito pubblico non sarebbe stato più finanziato attraverso l’emissione di banconote da parte della Banca d’Italia ma attraverso l’emissione di titoli del debito pubblico da parte del Ministero del Tesoro41. Inizialmente, sotto la guida dell’allora Presidente del Consiglio Craxi, si ebbe un miglioramento della situazione economica del paese; l’elevato aumento del PIL portò l’Italia ad essere definita la quinta più grande potenza economica, ci fu una frenata sulla spinta inflazionistica che si ridusse di 7 punti percentuali ed una crescita dei salari attraverso il taglio di tre punti della scala mobile42. Le cose però iniziarono a peggiorare a causa delle politiche di indebitamento. Si registrò infatti, negli anni ’80, un progressivo aumento del debito pubblico, che si tradusse in aumento della pressione fiscale nel tentativo di arrestare la crescita del debito; l’aumento della spesa pubblica e l’elevato ammontare degli interessi che dovevano essere pagati sul debito pubblico.

Grafico 20: Evoluzione delle tre grandezze rispetto al PIL. L’entrate totali sono costituite da imposte,

contributi sociali, contributi da ricevere e altre entrate; la spesa totale è costituita dalla spesa totale e dall'acquisizione netta di attività non finanziarie; Il debito lordo è costituito da tutte le passività che richiedono il pagamento o il pagamento di interessi e/o capitale da parte del debitore al creditore in una o più date future. (Fonte: FMI World Economic Outlook Database)

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Il Sole 24 Ore, 2016.

41 Caruso E., L’economia italiana negli anni ’80. Inizio della ripresa delle imprese italiane, 2011. 42

Strumento economico politico voltoad indicizzare i salari all’aumento dei prezzi, per mantenere costante il potere d’acquisto.

101 L’entrata in vigore dell’”Atto Unico Europeo” ha messo in luce li situazione negativa attraversata dall’Italia in quegli anni. La situazione finanziaria stava peggiorando a causa dell’elevato debito pubblico ed alti livelli di disoccupazione e bassi livelli di salario minimo portavano l’Italia ad essere considerata una nazione più povera rispetto agli altri paesi. Era necessario un riassetto della situazione finanziaria ed economica del paese, a partire da un cambiamento nelle classi politiche, le quali davano maggiore importanza ai consensi elettorali piuttosto che a decisioni impopolari necessarie per la ricostruzione della struttura italiana. La spinta decisiva avvenne nel 1992 con il “Trattato di Maastricht”. Questo fissava dei parametri legati all’inflazione, al debito e al deficit pubblico ai quali i paesi dovevano attenersi per poter entrare a far parte dell’Unione e poter indirizzare le economie verso politiche comuni. Nonostante ciò, sempre nel ’92 l’Italia uscì dallo SME (Sistema Monetario Europeo) a causa delle forti pressioni speculative subite dalla Lira ed entrò in una crisi finanziaria che si accentuò con le elezioni del ’92 dove scoppiò il caso ‘Mani Pulite’ legato allo scandalo delle tangenti. Dalle elezioni fu eletto Amato il quale si propose subito di ridimensionare la struttura finanziaria italiana per far fronte ai parametri individuati dal Trattato. Le manovre finanziarie erano mirate alla riduzione del deficit pubblico. Si ebbe una fase di leggera ripresa che però non bastava per sorreggere il sistema economico italiano. Un punto di svolta si ebbe nel 1996 con il reinserimento della Lira nello SME ed una serie di manovre poste in essere dal Governo Prodi volte a ridurre l’inflazione e la spesa pubblica, attraverso un processo di privatizzazione delle società pubbliche, e a ridurre il disavanzo pubblico attraverso l’Eurotassa, ovvero un’imposta sul patrimonio privato, che permise all’Italia, nel 1998, di entrare a far parte dell’Area Euro. Nonostante la stabilità monetaria garantita dall’Area Euro che permise di ridurre l’inflazione, ancora l’Italia doveva fare i conti con l’elevato livello di debito pubblico ed una bassa crescita economica, ostacolata dall’evasione fiscale. La situazione non migliorò con il governo di Berlusconi negli anni 2000. Si continuava a registrare l’aumento del debito pubblico e la riduzione del PIL portando ad una crescita del paese sotto le aspettative. Questo periodo fu influenzato anche dalla crisi finanziaria che si scatenò a Wall Street nel 2002 legata a scandali finanziari (es. Worldcom) per culminare poi con la crisi economica a livello mondiale nel 2008, con lo scoppio della bolla immobiliare nel mercato americano, la quale si diffuse nell’economia mondiale attraverso il possesso di “titoli

102 tossici” provenienti dagli Stati Uniti nel bilancio degli istituti mondiali. Ovviamente questa turbolenza colpì anche il mercato italiano provocando una crescita negativa con il crollo del PIL al di sotto dello zero. Il debito pubblico iniziò a risalire e la classe politica non si dimostrò capace di affrontare la situazione attraverso manovre efficaci, risultando in ritardo con le misure anti crisi. Il continuo aumento del debito portava gli investitori ad avere timori nei confronti dei titoli emessi dal governo italiano; ciò portò alla riduzione di investimenti in obbligazioni italiane e conseguente aumento dei tassi di interesse. Questo altro non faceva che aumentare ancora di più il debito italiano e lo spread tra i rendimenti obbligazionari italiani e quelli tedeschi. Un’atmosfera di insicurezza si diffuse tra gli investitori che vedevano i titoli italiani sempre più rischiosi. Le ripercussioni colpirono il sistema bancario italiano; le perdite subite portarono all’adozione di misure di stretta sul credito nei confronti delle famiglie e delle imprese indebolendo di fatto ulteriormente la crescita economica. Un segno di miglioramento venne percepito dai mercati con le “politiche di austerità” realizzate dal governo Monti, le quali prevedevano una serie di provvedimenti volti a ridurre la spesa pubblica e contenere i bilanci statali. È ovvio come questo abbia portato un malessere generale tra l’opinione pubblica italiana. Le nuove direttive colpirono l’occupazione e la produzione portando ad un brusco rallentamento del tasso di crescita. La depressione economica italiana ha portato alla deindustrializzazione del paese, con imprese che hanno ridotto la capacità produttiva e quindi la domanda di lavoro e imprese costrette ad indebitarsi o chiudere definitivamente, anche a causa dell’elevata pressione fiscale a cui sono soggette. Gli anni successivi alla crisi si sono caratterizzati per misure volte a riportare la crescita del paese a livelli positivi. Dal 2015, a sostegno dell’economia europea e anche italiana, la BCE ha promosso il “Quantitative easing” (QE). Questo è uno strumento che permette di dare respiro alle economie attraverso l’immissione di liquidità alle banche. Cosi facendo si spera che le banche utilizzino tale liquidità in eccesso per finanziare l’economia del paese.

103 Grafico 21: Andamento delle grandezze economiche italiane dal 1970 al 2019 (Fonte: Datastream)

L’intervento della BCE ha senz’altro aiutato la ripresa economica soprattutto sui mercati, i quali hanno reagito positivamente agli annunci di QU facendo registrare rialzi sulle quotazioni e la riduzione dello spread. Nonostante sia stato utile, l’intervento della BCE è stato considerato spesso tardivo ed il contributo dato alle economie, soprattutto quella italiana, è alquanto limitante in quanto non sostenuto da politiche di sviluppo sostanziose. Qualsiasi manovra non ha portato ai risultati sperati; l’Italia resta il paese con il minor tasso di crescita, stimato recentemente pari a 0.0%.

Ovviamente la situazione italiana, rispetto a quella di altri paesi, è influenzata anche dall’elevati livelli di evasione fiscale, corruzione e criminalità che soffocano la ripresa economica, ma certamente si può affermare come le dinamiche internazionali (caso della Grecia) e l’incapacità di gestione dei partiti politici hanno influenzato fortemente lo sviluppo italiano, in quanto non sono stati capaci di attivare alcuna politica di stimolo per il paese. -10 -5 0 5 10 15 20 25 1970 1972 1974 1976 1978 1980 1982 1984 1986 1988 1990 1992 1994 1996 1998 2000 2002 2004 2006 2008 2010 2012 2014 2016 2018

ITALIA (Valori %)

PIL

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4.3 Fenomeni che hanno dato vita all’importanza dei CDS come strumento

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